Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13759 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13759 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25427/2024 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata della quale è domiciliata per legge;
-resistente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE BANCA RAGIONE_SOCIALE;
-intimati-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 16959/2024 depositata il 06/11/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME con atto di pignoramento presso terzi intraprendeva azione esecutiva nei confronti di Banca Intesa San Paolo s.p.a. (quale debitore), con Banca d’Italia e Poste Italiane s.p.a. (quali terzi pignorati) per ottenere l’assegnazione della somma di euro 4.355,25.
A seguito di opposizione della banca esecutata, il giudice dell’esecuzione sospendeva la procedura ai sensi dell’art 624 c.p.c. ed assegnava termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito.
La COGNOME riassumeva il merito dell’opposizione avanti al Giudice di Pace di Roma, chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Si costituiva la convenuta che, contestando quanto dedotto da controparte, chiedeva il rigetto delle domande avversarie e l’accoglimento dell’opposizione.
Il Giudice di Pace di Roma, con sentenza n. 22008/2014 del 19.8.2014 accoglieva l’opposizione della Intesa Sanpaolo Spa e condannava la Tralicci, soccombente, al pagamento delle spese di lite.
Avverso detta sentenza la COGNOME proponeva opposizione avanti al Tribunale di Roma, chiedendone la riforma, con conseguente rigetto dell’opposizione e vittoria di spese.
Intesa Sanpaolo si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello ex art 339, II co. e 348 bis c.p.c. e chiedendone comunque, nel merito, il rigetto, con condanna alle spese.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 22292/2018, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla COGNOME, nel compensare tra le parti le spese processuali, dichiarava <>. Compensava le spese di lite del giudizio d’appello.
Con ricorso depositato il 28.11.2018 la COGNOME riassumeva la procedura esecutiva, chiedendo l’assegnazione delle somme.
A fronte di tale riassunzione, l’Istituto di credito proponeva nuova opposizione con ricorso ex art. 615 c.p.c. depositato il 27.11.2019, con il quale eccepiva: a) in compensazione il credito, da essa vantato in virtù dell’ordinanza n. 17673/2019 di questa Corte, con la quale la COGNOME era stata condannata al pagamento in favore di Intesa San Paolo della somma di € 3.118,24; b) l’impossibilità di procedere al pagamento, in quanto essa Banca era terza pignorata nell’ambito di un pignoramento esattoriale che vedeva la COGNOME debitrice per oltre due milioni di Euro.
Il giudice dell’esecuzione con ordinanza del 14.4.2021, da un lato, rilevava il diritto della Tralicci di agire unicamente per gli interessi legali sulla somma di € 3.095,75, decorrenti dalla data di emissione dell’ordinanza di assegnazione azionata (1.7.2003) al soddisfo, e comunque entro il limite della somma oggetto della dichiarazione del terzo; dall’altro, ritenendo fondata l’eccezione di compensazione, accoglieva l’istanza di sospensione, compensava le spese e assegnava termine perentorio per la riassunzione della causa.
Con atto di citazione in riassunzione la COGNOME conveniva in giudizio Intesa Sanpaolo Spa, chiedendo di <>. Il tutto con vittoria di spese di lite.
L’Istituto opponente, regolarmente costituitosi con comparsa di costituzione e risposta, eccepiva preliminarmente l’incompetenza per valore del giudice adito, per esser competente a decidere il Giudice di Pace; nel merito, contestava la fondatezza dell’atto di citazione in riassunzione, chiedendone il rigetto, con vittoria di spese.
Disposta con ordinanza del 25.3.2022 l’integrazione del contraddittorio con i terzi pignorati in base a quanto statuito da Cass. n. 13533/2021, si costituivano unicamente Poste Italiane ai fini dell’integrazione del contraddittorio, senza rassegnare conclusioni.
La Banca d’Italia, pur ritualmente ricevuta la notifica, non si è costituiva in giudizio.
Il Tribunale di Roma con sentenza n. 16959/2024, dichiarata la contumacia della Banca d’Italia, dichiarava l’incompetenza per valore del Tribunale ed affermava quella del Giudice di Pace.
Avverso detta sentenza ha proposto istanza per regolamento necessario di competenza la COGNOME.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria, dando atto della ricevuta notifica dell’istanza di regolamento di competenza, deducendo la propria terzietà e non rassegnando conclusioni.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale ha depositato requisitoria con la quale ha chiesto il rigetto del primo motivo e l’accoglimento del secondo.
La ricorrente ha depositato memoria con la quale – richiamate le ordinanze n. 918/25, n. 1058/25, N. 4678/25, n. 5795/95 e n. 5774/25 emesse ex art. 49 cpc da questa Corte – ha insistito nella declaratoria
della competenza per valore del Tribunale di Roma a conoscere le opposizioni alle esecuzioni geometricamente sovrapponibili alla presente, quanto meno in accoglimento del motivo secondo; ed ha insistito nella liquidazione delle spese di lite a favore del difensore antistatario, anche previa rimessione alle Sezioni Unite sulla seguente questione di diritto: ‘se il criterio della soccombenza deve essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare diretto riferimento all’esito finale della lite sicché è totalmente vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, a nulla rilevando che siano state disattese eccezioni di rito, fattispecie che, peraltro, non integra mai l’ipotesi di soccombenza reciproca’ .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La COGNOME articola in ricorso tre motivi.
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 10 e 17 c.p.c., rilevando che il regolamento di competenza devolve a questa Corte la “questione di competenza ” in tutti i suoi possibili risvolti, esaminati o meno che siano ed indipendentemente dal fatto che siano stati criticati dal ricorrente.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’illegittimità della pronuncia sulla competenza ex artt. 7, 10 e 35 c.p.c. , avendo il Tribunale <>, omettendo di considerare che essa ricorrente con l’atto introduttivo del giudizio di merito davanti al Tribunale di Roma aveva chiesto dichiararsi l’infondatezza dell’eccezione di compensazione, ex adverso svolta, nonché per far acclarare l’esistenza di un credito attoreo maggiore di quello opposto in compensazione dalla banca e comunque per una somma superiore ad €. 5.100,00
1.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la tardività della pronuncia sulla competenza, essendo questa intervenuta dopo la prima udienza ex art. 183 c.p.c.
Sottolinea che l’incompetenza per valore era stata eccepita da Banca Intesa, ma che il Tribunale, dopo aver ottenuto l’integrazione del contraddittorio, invece di pronunciarsi sulla competenza, ha rinviato la causa per precisazioni delle conclusioni e, soltanto ad esito di detto incombente, ha concesso un termine per note sulla questione.
Invocando principi affermati da questa Corte (precisamente, in particolare, da Cass. n. 16143/2015, n. 11866/2020, n. 19410/2010 e n. 5225/2014) sostiene che <>.
Il primo motivo è inammissibile alla stregua del principio di diritto (già affermato da Cass. n. 359/2005, seguita da numerose conformi, e ribadito, in motivazione espressa, sebbene non massimata, da Cass., Sez. Un., n. 7074/2017), secondo cui:
«Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che – in quanto, per denunciare un errore, bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione – l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora – evenienza che nel caso di specie non ricorre (ndr) i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale
requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.>>.
3. Il secondo motivo è fondato.
Occorre premettere che questa Corte, con ordinanza n. 30581/2024 – dopo aver ribadito il principio (già affermato da Cass. n. 37581/2021) per cui, ai fini di quanto previsto dall’art. 17 c.p.c., occorre far esclusivo riferimento alla somma precettata, senza neppure tener conto dell’aumento della metà ex art. 546 c.p.c., nel caso di pignoramento presso terzi – ha affermato che l’opposizione con la quale si chiede accertarsi l’intervenuta compensazione (legale o, in subordine, giudiziale) tra l’importo precettato e credito derivante da altro titolo esecutivo assurge ad eccezione riconvenzionale rispetto alla pretesa della creditrice intimante ed opposta. Ed ha precisato che il criterio di cui all’art. 17 c.p.c., che attiene certamente alla competenza per valore in tema di esecuzione forzata, non disegna affatto un’ipotesi di competenza per materia o funzionale, sicché la sua applicazione non sfugge alla necessaria combinazione con la regola generale di cui all’art. 10, comma secondo, c.p.c., che disciplina il cumulo di domande proposte, nello stesso processo, nei confronti del medesimo soggetto, ai fini della competenza per valore.
Occorre aggiungere che a tale principio si è attenuta la successiva giurisprudenza di legittimità (cfr., con specifico riferimento agli odierni ricorrenti, Cass. n. 918, n. 1058, n. 4678, n. 5774, n. 5797 e n. 7114/2025)
Disattendendo il suddetto principio, il giudice di merito nella sentenza impugnata:
da un lato, ha ritenuto che <>;
dall’altro, ha ritenuto irrilevante <>.
Occorre qui ribadire che l’eventuale pretestuosità della domanda ulteriore od accessoria (la cui proposizione è generalmente consentita al creditore convenuto in opposizione esecutiva) può rilevare ai fini dell’applicazione dell’art. 96 c.p.c., ma non può privare il giudice adito della potestà di esaminarla. Tanto è vero che questi, in caso di nullità dell’atto di dispiegamento di quella domanda (ai sensi dell’art. 164 c.p.c.), è munito non solo della potestà di conoscerla, ma financo della potestà di rilevarla per consentire alla parte di sanarla.
Ne consegue che, in conformità della richiesta della ricorrente, la sentenza impugnata deve essere cassata e deve essere affermata la competenza per valore del Tribunale di Roma a conoscere la controversia di cui alla narrativa che precede, in considerazione della natura e del contenuto delle contrapposte domande delle parti.
Il terzo motivo resta assorbito dall’accoglimento del motivo che precede.
Le spese del presente regolamento di competenza possono essere compensate tra le parti.
Trattandosi di procedimento introdotto in primo grado successivamente all ‘ 11 dicembre 2014, si applica l ‘ art. 92 comma 2 c.p.c. nella formulazione vigente (come modificato dall ‘ art. 13 comma 1 del d.l. n. 132/2014, convertito nella legge n. 162/2014, applicabile
dal 30 giorno successivo all ‘ entrata in vigore della legge di conversione), che pone il principio della compensazione (totale o parziale) delle spese processuali tra le parti, non solo in caso di soccombenza reciproca ovvero di assoluta novità delle questioni trattate ovvero di mutamenti della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti ma anche (a seguito della sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale) nel caso in sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.
Orbene, nel caso di specie, le spese vengono compensate: sia in considerazione della novità della questione, atteso che l’ordinanza n. 30581/2024 di questa Corte – che ne ha chiarito i termini, risolvendola – è sopravvenuta all’introduzione del regolamento di competenza in esame; sia perché comunque il fatto che detta ordinanza n. 30581/2024 è sopravvenuta all’introduzione del regolamento costituisce grave ed eccezionale ragione di compensazione.
Al riguardo non può essere accolta la richiesta di rimessione alle Sezioni Unite sulla questione di diritto, sopra indicata, formulata in memoria dalla ricorrente sul presupposto di un <> tra sentenze di questa Corte, che hanno dato alla questione risposta positiva (al riguardo, la ricorrente richiama Cass. n. 3422/71, n. 5373/03, n. 17351/10 e n. 18503/14), e le più recenti ordinanze, sempre di questa Corte, che alla questione avrebbero dato risposta negativa (al riguardo la ricorrente richiama le ordinanze n. 918/25, n. 1058/25, n. 4678/25 e n. 5774/25 sopra richiamate).
In primo luogo, come si è rilevato, la ragione dirimente della compensazione, nei precedenti da ultimo richiamati ed in questa sede, non è stata l’applicazione del criterio della soccombenza parziale in caso di accoglimento non integrale della domanda, ma la combinata considerazione della novità (beninteso, negli esatti termini) della questione decisiva e della sopravvenienza in corso di causa della
pronuncia di legittimità idonea a definire la controversia. Pertanto, la questione della parzialità della soccombenza è qui del tutto irrilevante.
In secondo luogo, sulla pure qui irrilevante questione neppure potrebbe ipotizzarsi un contrasto utilmente suscettibile di rimessione alle Sezioni Unite.
Infatti, vero è che l’art. 374 comma 2 c.p.c. prevede che il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già deciso in senso difforme dalle sezioni semplici.
Ma è anche vero che, ai fini della rimessione, il contrasto tra le sezioni semplici deve essere sincronico (e non diacronico), ben potendo la giurisprudenza evolversi in senso diverso da quello precedente seguito. D’altronde, l’evoluzione giurisprudenziale della Corte non nasce mai per opera spontanea della Corte, ma è indotta sempre dal tenore dei ricorsi individuali ad essa presentati. Dunque, se vi è una giurisprudenza evolutiva, è perché ancora prima è evolutivo il tenore dei ricorsi; mentre è connaturata alla funzione giurisdizionale, che non è mai statica o pietrificata in un ente immutabile, la tensione al necessario adeguamento all’evoluzione della sensibilità degli interpreti e dell’ordinamento ed alle mutate istanze di questo.
Al riguardo può essere affermato il seguente principio di diritto:
<>.
P. Q. M.
La Corte:
dichiara la competenza del Tribunale di Roma, dinanzi al quale,