Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22277 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22277 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso per conflitto di competenza iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO, sollevato dal Tribunale Regionale per le Acque Pubbliche presso la Corte d’appello di Napoli con ordinanza in data 30 ottobre 2023, nel procedimento vertente tra il FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE, da una parte, e il COMUNE DI SANT’ANGELO LE FRATTE, dall’altra, ed iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.NUMERO_DOCUMENTO. di quell’Ufficio.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto la dichiarazione d’inammissibilità del conflitto negativo di competenza.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, assegnataria dei lotti nn. 11, 12 e 13
dell’area PIP sita in località Isca Pantanelle del Comune di Sant’Angelo Le Fratte, riportati in Catasto al foglio 17, particelle 147-1/6, 147-1/7, 147-1/8, 298-1/2, 298-1/3, 298-1/4 e 306-1/7, ed al foglio 18, particella 306-1/11, convenne il Comune dinanzi al Tribunale di Potenza, per sentir dichiarare il proprio diritto all’acquisto della proprietà dei suoli, con la condanna del Comune al risarcimento dei danni, ed in subordine per sentir pronunciare la risoluzione del contratto di assegnazione dei predetti suoli, con la condanna del Comune alla restituzione del prezzo ed al risarcimento dei danni.
Premesso di aver ottenuto la cessione in proprietà dei suoli, con atti del 1° dicembre 1989 e del 3 novembre 1994 e di avervi costruito tre corpi di fabbrica, per la cui realizzazione aveva dovuto far ricorso ad un finanziamento bancario, riferì che lo stesso era stato revocato, essendo emerso, nel corso dei relativi accertamenti, che il Comune non era proprietario dei terreni, i quali appartenevano al demanio idrico, in quanto compresi nell’alveo del fiume Melandro.
Si costituì il Comune, ed eccepì l’incompetenza del Giudice adìto, rilevando che la competenza spettava al Tribunale delle Acque Pubbliche, in considerazione della natura demaniale dei terreni, sottoposti al regime delle acque pubbliche.
A seguito della dichiarazione di fallimento della società attrice, spiegò intervento nel giudizio il curatore del fallimento.
1.1. Con sentenza del 16 ottobre 2023, il Tribunale di Potenza rigettò l’eccezione d’incompetenza ed accolse parzialmente la domanda.
1.2. L’impugnazione proposta dal Comune fu accolta dalla Corte d’appello di Potenza, che, con sentenza non definitiva del 30 aprile 2020, accolse l’eccezione d’incompetenza, dichiarando la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli in ordine alla questione preliminare avente ad oggetto la natura demaniale dei terreni all’epoca della cessione in proprietà.
A seguito della riassunzione del giudizio da parte del curatore del fallimento, il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d’appello di Napoli ha sollevato conflitto negativo di competenza, con ordinanza del 30 ottobre 2023, rilevando che nel caso di specie non occorre procedere ad indagini tecniche per stabilire se i terreni facessero parte in passato del dema-
nio fluviale, in quanto inclusi nell’alveo di un corso d’acqua pubblico, non essendo controverso che gli stessi si siano formati per effetto dell’abbandono dell’alveo da parte del fiume Melandro, ma essendo contestate soltanto le vicende successive, costituite dall’acquisto della proprietà da parte del Comune, a seguito di procedura espropriativa promossa nei confronti dei proprietari rivieraschi, che ne avevano acquistato la proprietà ai sensi dell’art. 942 cod. civ.
Le parti non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del regolamento d’ufficio, sollevata dal AVV_NOTAIO Ministero in relazione all’inosservanza del termine di cui all’art. 38 cod. proc. civ.
Come si evince dall’ordinanza del RAGIONE_SOCIALE, all’esito dell’udienza fissata per la comparizione delle parti a seguito della riassunzione, il Giudice delegato ha rinviato la causa ad un’udienza successiva, richiamando l’attenzione delle parti sulla questione riguardante l’intervenuta formazione di un giudicato implicito in ordine alla natura privata, e non demaniale, del fondo assegnato alla società attrice, per effetto di una precedente sentenza del Tribunale di Potenza, che ne aveva accertato l’acquisto a titolo originario da parte dei soggetti nei confronti dei quali il Comune aveva successivamente disposto l’espropriazione. Alla nuova udienza, il Giudice delegato ha disposto un ulteriore rinvio, invitando le parti a produrre la relazione depositata dal c.t.u. nominato nel giudizio di primo grado, al fine di valutare la necessità di disporre una nuova c.t.u. per accertare la natura demaniale o privata dell’immobile. Alla terza udienza, la causa è stata infine rinviata per la precisazione delle conclusioni, ed all’esito rimessa al Collegio per la decisione in ordine alla questione preliminare di competenza, sempre in relazione alla natura del fondo.
Tanto premesso, non può condividersi la tesi sostenuta dal AVV_NOTAIO Ministero, secondo cui l’esaurimento della trattazione ha determinato la preclusione del regolamento d’ufficio, dovendo la questione di competenza essere rilevata, ai sensi dell’art. 38, terzo comma, cod. proc. civ., non oltre la prima udienza dinanzi al Giudice delegato, e non potendo assumere alcun rilievo, in
contrario, la circostanza che in sede di riassunzione il curatore del fallimento avesse eccepito l’incompetenza del RAGIONE_SOCIALE. Considerato infatti che la necessità di provocare il contraddittorio in ordine all’intervenuta formazione del giudicato sulla natura demaniale del fondo, addotta a giustificazione del rinvio disposto alla prima udienza, non poteva avere altra finalità che l’individuazione del giudice competente, non può ritenersi che tale questione sia stata rilevata tardivamente, non rivestendo alcuna importanza, in proposito, la circostanza che a tale rilievo non abbia fatto seguito l’immediata fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, per avere il Giudice delegato avvertito la necessità di acquisire chiarimenti in ordine all’idoneità della precedente sentenza a spiegare efficacia di giudicato. Parimenti ininfluente è la circostanza che all’udienza successiva il Giudice delegato abbia sollecitato la produzione della relazione di c.t.u., trattandosi anche in tal caso di un adempimento finalizzato all’accertamento della demanialità del fondo, come espressamente precisato dall’ordinanza di rinvio, e quindi alla risoluzione della questione di competenza, che ha in seguito giustificato la rimessione della causa al Collegio. Trova pertanto applicazione il principio più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la necessità di svolgere attività processuali (quale, ad esempio, l’assunzione di sommarie informazioni) strettamente funzionali alla valutazione riguardante la prospettazione del conflitto di competenza, consente al giudice indicato come competente da quello originariamente adìto, e dinanzi al quale la causa sia stata riassunta, di richiedere il regolamento d’ufficio anche dopo la chiusura dell’udienza di cui all’art. 183 cod. proc. civ., a condizione che, come accaduto nel caso in esame, la relativa richiesta faccia seguito senza soluzione di continuità alle predette attività processuali (cfr. ex plurimis , Cass., Sez. II, 14/03/2024, n. 6803; Cass., Sez. I, 11/07/2023, n. 19779; Cass., Sez. VI, 2/08/2018, n. 20445).
2. In ordine alla questione di competenza, si osserva poi che, non solo non è stata fornita la prova dell’efficacia di giudicato della sentenza del Tribunale di Potenza, con cui fu dichiarato l’intervenuto acquisto a titolo originario della proprietà del fondo da parte dei soggetti nei confronti dei quali il Comune ne ha disposto l’espropriazione, ma la stessa difesa del Comune si è espressa, al riguardo, in termini fortemente dubitativi, affermando, nelle note
scritte depositate dinanzi al RAGIONE_SOCIALE, che al giudizio nel quale è stata pronunciata tale sentenza non hanno partecipato né la società attrice né, a maggior ragione, il curatore del fallimento della stessa, nei confronti del quale il predetto accertamento dovrebbe fare stato, ed aggiungendo di non essere in grado di precisare neppure se il relativo atto di citazione e la sentenza siano stati trascritti.
L’esclusione dell’efficacia di giudicato non consente tuttavia di concludere senz’altro per l’inutilizzabilità dell’accertamento contenuto nella medesima sentenza, quale elemento di prova della natura privata del fondo espropriato, ai fini dell’individuazione del giudice competente in ordine alla domanda di proposta nel presente giudizio: per un verso, infatti, la questione di competenza non introduce nel giudizio un tema d’indagine sul quale possa svolgersi un’istruttoria secondo le regole che disciplinano l’istruzione finalizzata alla decisione del merito, ma dev’essere risolta in base alle risultanze degli atti introduttivi e dei documenti prodotti all’udienza di cui all’art. 183 cod. proc. civ., nonché mediante l’acquisizione di sommarie informazioni, ove ciò sia reso necessario dal tenore dell’eccezione del convenuto o del rilievo del giudice (cfr. Cass., Sez. VI, 30/07/2019, n. 20553; 22/07/2013, n. 17794; Cass., Sez. III, 21/05/2010, n. 12455); per altro verso, è pacifico tra le parti che il suolo assegnato alla società attrice, già appartenente al demanio idrico fluviale, in quanto facente parte dell’alveo del fiume Melandro, ha perso la sua natura pubblica, per effetto dell’abbandono dell’alveo da parte del fiume e del conseguente acquisto della proprietà da parte dei proprietari rivieraschi, ai sensi dell’art. 942 cod. civ., nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 37.
Può quindi condividersi la conclusione cui è pervenuto il RAGIONE_SOCIALE, secondo cui l’accertamento della proprietà del suolo assegnato alla società attrice non spetta alla competenza del Giudice specializzato in materia di acque pubbliche, ma a quella del Giudice ordinario, non richiedendo l’espletamento di particolari indagini tecniche volte ad affermarne o escluderne la natura demaniale, pacificamente venuta meno a seguito dell’abbandono dell’alveo da parte del fiume, ma solo l’individuazione dell’attuale proprietario.
Benvero, in tema di riparto della competenza fra giudice ordinario e tri-
bunale regionale delle acque pubbliche, questa Corte ha costantemente affermato che, in caso di contestazioni attinenti ai limiti dell’alveo e/o alle sponde di corsi d’acqua pubblici, il criterio di discrimine sta nella necessità, o meno, di indagini tecniche per stabilire se l’area di terreno della cui natura pubblica si discute rientri nel demanio idrico fluviale o lacuale, senza che rilevi che la questione abbia carattere pregiudiziale, o meramente incidentale, o sia stata proposta in via di eccezione, in quanto solo ove non sia necessaria una siffatta indagine sussiste la competenza del giudice ordinario (cfr. Cass., Sez. I, 14/11/2018, n. 29356; Cass., Sez. III, 11/04/2017, n. 9279). E’ stato peraltro precisato che, proprio perché giustificata dal carattere eminentemente tecnico dell’indagine necessaria alla soluzione della controversia, l’attribuzione alla competenza dei tribunali regionali delle acque pubbliche delle controversie sulla consistenza e sulla determinazione dei limiti dell’alveo e delle sponde di un corso d’acqua, al pari delle controversie sulla qualificazione come alveo di una determinata zona di terreno, viene meno, e la controversia rientra nella competenza del giudice ordinario, allorquando, pur affermandosi che il terreno conteso costituiva un tempo l’alveo di un corso d’acqua, risulti pacifico che esso abbia cessato di farne parte, per eventi naturali o ad opera dell’uomo, e si disputi esclusivamente sull’appartenenza attuale della zona abbandonata delle acque (cfr. Cass., Sez. Un., 20/02/1996, n. 1291; Cass., Sez. VI, 24/07/2014, n. 16807; Cass. 18333/2006; Cass., Sez. II, 27/01/2011, n. 1916; 10/11/ 1994, n. 9376).
La questione sollevata dal RAGIONE_SOCIALE dev’essere pertanto risolta mediante la dichiarazione di competenza della Corte d’appello di Potenza, dinanzi al quale le parti vanno rimesse.
La natura officiosa del regolamento e la mancata costituzione delle parti escludono la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
dichiara la competenza della Corte d’appello di Potenza, dinanzi alla quale il processo dovrà essere riassunto nel termine di legge.
Così deciso in Roma il 14/05/2024