Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19263 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19263 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8341-2024 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
ENTE STRUMENTALE CROCE ROSSA ITALIANA – ESACRI;
– intimato – avverso la sentenza n. 473/2023 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 26/09/2023 R.G.N. 74/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Reggio Calabria, con la sentenza in atti, decidendo sull’appello proposto dall’Ente strumentale alla Croce Rossa italiana (RAGIONE_SOCIALE) in liquidazione coatta amministrativa
Oggetto
R.G.N. 8341/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 03/04/2025
CC
contro
NOME DomenicoCOGNOME in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata ha dichiarato l’improseguibilità temporanea dell’originaria domanda ed ha compensato le spese dei due gradi di giudizio.
A fondamento della pronuncia la Corte ha rilevato che il tribunale di Reggio Calabria su domanda di NOME COGNOME aveva accolto parzialmente il ricorso condannando COGNOME in liquidazione coatta amministrativa al risarcimento del danno in favore del ricor rente liquidandolo nell’importo di € 21.744,12 oltre interessi legali e rivalutazione.
La Corte d’appello ha sostenuto che l’originario ricorso del lavoratore era volto ad ottenere la conversione del rapporto di lavoro, di fatto già stabilizzatosi in data anteriore al ricorso, e la condanna al risarcimento del danno subito nonché al pagamento del TFR; a nulla rilevando ai fini della domanda il fatto che il lavoratore avesse richiesto atecnicamente la reintegra in luogo della conversione. Per tale motivo, non discutendosi di impugnativa di licenziamento, la stessa domanda era improponibile o improseguibile per tutta la durata della procedura di liquidazione coatta amministrativa, non avendo tenuto conto il primo giudice del fatto che questa fosse intervenuta nelle more del giudizio di primo grado.
Contro la sentenza ha proposto il ricorso per cassazione COGNOME Giuseppe con un motivo. COGNOME è rimasta intimata e non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico motivo di ricorso si deduce ex art. 360, n. 3 la violazione degli artt. 208 e 209 Legge Fallimentare R.D. n. 267/1942. Erronea individuazione del criterio che definisce la competenza tra giudice del lavoro e giudice fallimentare. La disciplina relativa alle imprese sottoposte a liquidazione coatta amministrativa prevede che il lavoratore dipendente deve
proporre o proseguire davanti al giudice del lavoro le azioni che devono accertare l’esistenza del rapporto di lavoro, come quelle tendenti alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento o alla reintegrazione nel posto di lavoro, mentre divengono improponibili o improseguibili, temporaneamente, le azioni tese all’ottenimento di una condanna pecuniaria. La Corte di appello ha erroneamente qualificato la domanda, posto che il lavoratore aveva chiesto la reintegra e non la conversione del rapporto, in quanto il contratto a tempo determinato, reiterato da dieci anni , era arrivato a scadenza e non era stato rinnovato.
1.1. Il motivo di ricorso è infondato. Ed invero premesso che la qualificazione della domanda rientra nei poteri del giudice di merito, la Corte di appello ha accertato che il rapporto di lavoro del ricorrente si era già stabilizzato prima del ricorso; e che lo stesso giudice di primo grado, con sentenza non gravata dal lavoratore, si era limitato a pronunciare la condanna al pagamento del risarcimento del danno; senza minimamente disporre sul rapporto di lavoro.
1.2. Pertanto, poiché non viene in questione alcuna controversia attinente allo ‘status’ di lavoratore (Cass. n. 1646 del 23/01/2018, 7990 del 30/03/2018 ), secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte la domanda svolta appartiene alla competenza del giudice fallimentare.
1.3 Infatti, come statuito da ultimo da Cass. n. 27796/2024 ‘nei confronti di un ente in liquidazione coatta amministrativa, come anche di un’impresa in fallimento o in liquidazione giudiziale, le azioni di accertamento o costitutive sono proponibili al di fuori della procedura concorsuale di verifica dello stato passivo solo quando sussiste uno specifico interesse, non altrimenti tutelabile, alla definizione dell’assetto dei rapporti contrattuali pendenti o instaurati dalla procedura, come nel caso della reintegra nel posto di lavoro del dipendente licenziato o
dell’attribuzione di una determinata qualifica all’interno dell’ente o azienda, mentre l’accertamento di ogni altro diritto di credito, retributivo, risarcitorio o indennitario, deve avvenire mediante l’insinuazione al passivo’.
Sulla stessa scia in precedenza v. Cass. n. 30512 del 28/10/2021 : ‘Nel riparto di competenza tra il giudice del lavoro e quello del fallimento, qualora difetti un interesse del lavoratore alla tutela della propria posizione all’interno dell’impresa e sia domandato un accertamento del diritto di credito risarcitorio, in via strumentale alla partecipazione al concorso nella procedura, la cognizione spetta al giudice fallimentare’.
Nonché prima ancora, Cass. n. 7990 del 30/03/2018: ‘Nel riparto di competenza tra il giudice del lavoro e quello del fallimento il discrimine va individuato nelle rispettive speciali prerogative, spettando al primo, quale giudice del rapporto, le controversie riguardanti lo “status” del lavoratore, in riferimento ai diritti di corretta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto, della sua qualificazione e qualità, volte ad ottenere pronunce di mero accertamento oppure costitutive, come quelle di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro; al fine di garantire la parità tra i creditori, rientrano, viceversa, nella cognizione del giudice del fallimento, le controversie relative all’accertamento ed alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro in funzione della partecipazione al concorso e con effetti esclusivamente endoconcorsuali, ovvero destinate comunque ad incidere nella procedura concorsuale’
2.- Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla deve disporsi sulle spese non avendo l’intimato compiuto attività difensiva.
Sussistono invece le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater d.p.r. numero 115 del 2000, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 3.04.2025