Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 713 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 713 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
Oggetto: regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c.
ORDINANZA
sul ricorso per conflitto negativo di competenza ex art. 45 cod. proc. civ. iscritto al n. 06248/2024 R.G., sollevato dalla Corte d’Appello di Bari , con ordinanza del 6/3/2024, nella causa vertente tra
COGNOME rappresentato e difeso da sé medesimo ex art. 86 cod. proc. civ..
-ricorrente in opposizione –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei rispettivi ministri pro tempore -resistenti in opposizione – udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME
lette le conclusioni del pubblico ministero, nella persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che venisse dichiarata la competenza della Corte d’Appello di Roma.
Rilevato che:
Con ricorso ex art. 3 legge n. 89 del 2001, in data 2/4/2022, NOME chiese al Presidente della Corte d’Appello di Roma di ottenere l’equa riparazione per i tempi occorsi per l’espletamento del giudizio di ottemperanza, da lui avviato con i distinti ricorsi del 6/3/2016 e 24/4/2018 davanti al T.A.R. Lazio, esitati il primo nella sentenza n. 759/2017, depositata il 17/1/2017, che aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda per non essere ancora decorso il termine di cui all’art. 5 -sexies , comma 5, l. n. 89 del 2001, e il secondo nella sentenza n. 5699/2019, depositata il 9 maggio 2019, che aveva accolto la domanda e condannato il Ministero resistente, sebbene rimasta ancora inseguita anche in seguito alla nomina del commissario ad acta , onde ottenere l’esecuzione della sentenza della Corte di Cassazione n. 11386/2010, che aveva condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle spese del giudizio di merito, per due terzi, e di quello di legittimità, per l’intero, con distrazione delle stesse in favore del difensore.
Con decreto in data 20-21/6/2022, il consigliere designato rigettò il ricorso , mentre la Corte d’Appello di Roma, adita in opposizione, dichiarò, con decreto del 19-22/12/2022, la propria incompetenza per territorio, ritenendo che, alla stregua di quanto affermato nella sentenza n. 11386/2010 della Corte di Cassazione, costituisse giudizio presupposto quello svoltosi davanti alla Corte d’appello di Bari su iniziativa di NOME, difesa dal medesimo avv. COGNOME il cui pronunciamento del 1/2/2008, col quale era stata accolta la sua domanda di equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado davanti al T.A.R. Puglia, con compensazione delle spese di lite, era stato impugnato davanti alla Corte di legittimità e cassato in punto di
spese, sicché, dovendosi considerare il giudizio di ottemperanza unitariamente rispetto a quello di cognizione che aveva riconosciuto l’indennizzo, il ricorso andava proposto davanti al giudice che aveva trattato il giudizio di primo grado, ossia la Corte d’Appello di Bari.
Riassunto il giudizio con ricorso del 22/3/2023 a cura dell’avv. NOME COGNOME davanti alla Corte d’Appello di Bari, il giudice designato rigettò il ricorso con decreto n. 2080/2023, avverso il quale l’avv. NOME COGNOME propose opposizione con ricorso del 16/9/2023, nel cui giudizio non si costituirono né il Ministero dell’Economia e delle Finanze, né il Ministero della Giustizia.
Con ordinanza n. 859 del 6/3/2024, la Corte d’Appello di Bari, reputandosi a sua volta incompetente, ha chiesto d’ufficio il regolamento di competenza , evidenziando all’uopo che, nella specie, non costituisse processo presupposto il procedimento di equa riparazione definito dalla Corte d’Appello di Bari con il decreto del 1/2/2008 e annullato, in punto di spese da distrarsi in favore dell’avv. COGNOME, dalla Corte di Cassazione, in quanto quest’ultimo non era parte di quel processo, ma solo difensore antistatario della parte, NOMECOGNOME che lo aveva avviato davanti alla Corte d’Appello di Bari onde ottenere ristoro dal mancato rispetto della ragionevole durata della causa dinanzi al T.A.R. Puglia, sicché, avendo la domanda di distrazione delle spese valenza incidentale e non costituendo domanda autonoma, il giudizio di ottemperanza proposto in proprio dall’avv. COGNOME davanti al Tar Lazio non poteva considerarsi unitariamente al giudizio davanti alla Corte d’Appello di Bari che aveva riconosciuto il diritto all’indennizzo ai sensi della legge n. 89 del 2001 in favore della sua cliente NOME posto che il diritto che ogni persona ha alla ragionevole durata del processo
stabilito dall’art. 6 CEDU riguarda il suo processo e non quello di terzi.
Considerato che :
Il conflitto di competenza sollevato dalla Corte d’Appello di Bari è fondato.
Ai fini dell’individuazione del giudice territorialmente competente, occorre prendere le mosse dai principi affermati da questa Corte in tema di legittimazione processuale, allorché, partendo dal presupposto che la legge n. 89 del 2001 rinvii alla CEDU per l’individuazione dei soggetti legittimati alla domanda di equa riparazione e, segnatamente, all’art. 6, par. 1, che definisce il diritto alla durata ragionevole come legittima pretesa di qualsiasi persona che attenda da un tribunale la decisione “sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta”, ha affermato che la definizione del concetto di ‘parti’ corrispond e all’accezione affermata da dottrina e giurisprudenza nella definizione dei soggetti qualificabili come parti di un procedimento penale, secondo cui sono tali i titolari di un diritto di azione da cui derivi per il giudice un dovere di decidere nel merito delle sue domande (Cass., Sez. 1, 12/7/2011, n. 15250). Infatti, il diritto alla trattazione delle cause entro un termine ragionevole è riconosciuto dall’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione, specificamente richiamato dalla legge n. 89 del 2001, solo con riferimento alle cause proprie e, quindi, esclusivamente in favore delle parti della causa -sia di cognizione, sia di esecuzione -nel cui ambito si assume avvenuta la violazione e non anche di soggetti che siano ad essa rimasti estranei, essendo irrilevante, ai fini della legittimazione, che questi ultimi possano aver patito indirettamente dei danni
dal protrarsi del processo (vedi Cass., Sez. 1, 16/2/2005, n. 3118, secondo cui, allorquando nel giudizio durato eccessivamente agisca una società, non rileva l’eventuale disagio psichico del socio o dell’amministratore, giacché si tratta di soggetti diversi dalla parte, che è la società quale centro autonomo di imputazione di diritti e di doveri; Cass., Sez. 1, 12/7/2011, n. 15250; Cass., Sez. 6-1, 8/5/2012, n. 7024; Cass., Sez. 6-2, 14/7/2015, n. 14751; Cass., 6-2, 2/2/2021, n. 2310). L ‘equa riparazione, così come delineata dalla legge n. 89 del 2001, non costituisce invero una mera sanzione pecuniaria, multa o pena privata, dovuta nei confronti dell’apparato per il solo fatto del danno irragionevole, ma attribuisce, appunto, un equo indennizzo, riconducibile, in base all’art. 1173 cod. civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico, ed in tutto e per tutto corrispondente all'” equitable satisfaction ” menzionata dalla Convenzione e dalla giurisprudenza della C.E.D.U., in favore del soggetto che per effetto dell’eccessiva durata del giudizio, lesiva del riconosciuto suo diritto ad una ragionevole durata dello stesso, abbia subito un danno patrimoniale e/o non patrimoniale (Cass., Sez. 1, 16/2/2005, n. 3118).
Alla luce di tali principi, deve allora escludersi che, con riguardo al pagamento delle spese in favore del difensore antistatario, costituisca giudizio presupposto il processo nel quale questi abbia prestato la propria opera professionale, in quanto la domanda di distrazione avanzata dal predetto ha valenza incidentale e non costituisce domanda autonoma, tant’è che, come affermato di recente da questa Corte, egli non ha diritto all’indennizzo per l’irragionevole durata del processo nel quale ha prestato la propria opera professionale, non comportando ciò la violazione dell’art. 6 CEDU, proprio in quanto tale disposizione stabilisce
che ogni persona ha diritto a che si svolga in tempi ragionevoli il “suo” processo, non quello di altri al quale, per ragioni diverse e interne, sia altrimenti interessata pur senza diventarne parte in senso stretto (Cass., Sez. 2, 4/5/2023, n. 11623), mentre il conseguimento della distrazione delle spese processuali anticipate è evento che dipende, sia nell'” an ” che nel ” quando “, dalla pronuncia sulla domanda giudiziale che ha determinato l’insorgere del relativo processo, sicché l’istanza di distrazione, proprio per il suo carattere eminentemente accessorio, non può di per sé governare i tempi del processo, ma solo pedissequamente adeguarsi a quelli dettati per il giudizio sulla pretesa “principale”, siccome occasionata dal processo pendente tra le parti principali, al cui esito resta condizionata (Cass., Sez. 2, 18/5/2022, n. 15964).
Tali principi non possono allora che ridondare sulla questione della competenza oggetto dell’odierna contesa, per l’individuazione della quale, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001, come modificato dall’art. 1, comma 777, della legge n. 208 del 2015, deve aversi riguardo al distretto della Corte d’Appello in cui ha sede il giudice avanti al quale si è svolto il giudizio presupposto e che lo ha definito nel merito, anche, eventualmente, a seguito di riassunzione per intervenuta dichiarazione di incompetenza del giudice originariamente adito, e non, come in precedenza, il giudice dinanzi al quale il giudizio è stato introdotto (in tal senso, Cass., Sez. 6-2, 5/4/2019, n. 9721; Cass., Sez. 6-2, 3/10/2019, n. 24659).
E poiché, nella specie, la domanda di equa riparazione è stata formulata dall’avv. COGNOME in relazione ai tempi del processo di ottemperanza a giudicato, incardinato con il ricorso depositato 10/3/2016, col quale il predetto aveva chiesto al T.A.R. Lazio di ordinare al Ministero dell’Economia e delle Finanze il compimento
degli atti necessari a dare piena esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 11388/2010, depositata il 11/5/2010, che aveva condannato l’ente al rimborso dei due terzi delle spese del giudizio di merito da distrarsi in suo favore, è al luogo in cui ha sede il giudice che si è occupato del giudizio di ottemperanza, quale unico processo funzionale al diritto proprio del difensore e, dunque, unico giudizio presupposto, che occorre far riferimento per l’individuazione del distretto di C orte d’ Appello competente territorialmente ai fini dell’equa riparazione . Non può, infatti, trovare applicazione, nella specie, il principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudizio di ottemperanza promosso all’esito della decisione di condanna dello Stato al pagamento dell’indennizzo di cui alla legge n. 89 del 2001 deve considerarsi sul piano funzionale e strutturale pienamente equiparabile al procedimento esecutivo, sì da doversi valutare unitariamente rispetto al giudizio che ha riconosciuto il diritto all’indennizzo (Cass., Sez. Un., 23/7/2019, n. 19883), atteso che esso afferisce alla diversa ipotesi in cui vi sia coincidenza, in ordine alle parti, tra giudizio di cognizione e giudizio di esecuzione, non ravvisabile nella specie.
Va pertanto dichiarata la competenza della Corte d’Appello di Roma.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, trattandosi di regolamento di competenza richiesto d’ufficio (Cass., Sez. 2, 17/11/2004, n. 21737).
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza della Corte d’Appello di Roma, innanzi al quale rimette le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda