Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21495 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21495 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
per regolamento di competenza avverso la sentenza del TRIBUNALE di BERGAMO n. 2650/2023 depositata il 05/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
ORDINANZA
sul ricorso per conflitto di competenza iscritto al nr. n. NUMERO_DOCUMENTO:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME ;
– ricorrente –
contro
lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito solo RAGIONE_SOCIALE) adiva il Tribunale di Bergamo deducendo di avere usucapito la proprietà di una porzione di area appartenente al RAGIONE_SOCIALE pubblico, sita in Ponte San Pietro e prospicente i mappali 2044 e 2045 del foglio logico l e del foglio fisico 5 del C.T. del suddetto Comune.
Al riguardo, la società attrice precisava che la suddetta area, priva di autonoma identificazione catastale, aveva da tempo immemore perso l’originaria attitudine ad assolvere una funzione pubblica; ed aveva quindi concluso chiedendo al Tribunale di accertare l’avvenuto acquisto per usucapione dell’area stessa.
Il Tribunale di Bergamo con sentenza dichiarava la propria incompetenza in favore del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Milano. Infatti, dai documenti depositati da RAGIONE_SOCIALE si evinceva che la porzione di area oggetto della domanda di usucapione coincideva con l’alveo del torrente Quisa (con le relative aree spondali) il quale, secondo la tesi della società attrice, avrebbe da tempo immemore perso l ‘ originaria attitudine ad assolvere una funzione pubblica/idraulica, mentre, secondo la tesi della RAGIONE_SOCIALE, sarebbe tuttora parte del RAGIONE_SOCIALE idrico statale.
Ciò chiarito, in base ai principi consolidati in materia essendo in discussione fra le parti la attuale demanialità dell ‘ area oggetto della domanda di usucapione, l’eccezione di
incompetenza formulata dalla RAGIONE_SOCIALE andava dichiarata fondata.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto regolamento di competenza avverso la suddetta ordinanza.
L’ RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione in persona del cons. NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del regolamento di competenza.
CONSIDERATO CHE:
La ricorrente deduce l’erroneità di tale declaratoria di incompetenza sulla base di un unico motivo ed evidenzia che ricorrono i presupposti per esperire il regolamento di competenza.
Ciò premesso, con riferimento alla porzione di superficie intestata al RAGIONE_SOCIALE dello Stato, sarebbe ormai venuta meno la sua originaria attitudine ad assolvere alla funzione pubblica, in quanto la società attrice occupa di fatto, a far data dal 1975, detta area, esercitando il possesso uti dominus per un periodo ultraventennale. Nella fattispecie la cessazione della demanialità sarebbe da ascriversi alla perdita, in modo definitivo ed irreversibile, di quei caratteri fisici che avallavano l’attitudine del bene ad assolvere funzioni di uso pubblico; pertanto, si sarebbe verificato il passaggio del bene alla categoria dei beni disponibili, nonché il relativo assoggettamento al regime della proprietà privata.
In altri termini, la controversia introdotta dalla società RAGIONE_SOCIALE ha ad oggetto la domanda di riconoscimento della proprietà per intervenuta usucapione di un terreno che da tempo immemore avrebbe perso qualsivoglia funzione idraulica e non porrebbe, conseguentemente, alcuna questione, ai fini
del decidere, in ordine alla determinazione dei limiti dell’alveo e delle sponde, ovvero alla qualificazione dell’area come alveo, così che dovrebbe ritenersi appartenere alla competenza del Tribunale ordinario e non a quella del Tribunale Regionale delle acque pubbliche, in quanto oggetto sostanziale della domanda attorea, stabilire se l’area in questione sia suscettibile di usucapione per effetto di una sdemanializzazione tacita, in mancanza di uno specifico atto ad hoc da parte della pubblica amministrazione.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
L ‘Ufficio di Procura richiama l ‘art. 140 del T.U n. 1774 del 1993 dispone che «Appartengono in primo grado alla cognizione dei Tribunali delle acque pubbliche: a) Le controversie intorno alla demanialità delle acque. b) Le controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro alveo e sponde. c) Le controversie, aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica. d) Le controversie di qualunque natura, riguardanti la occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le indennità previste dall’art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza dell’esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione e utilizzazione di acque».
Dalla lettura della sentenza emessa dal Tribunale risulta che la domanda attorea si fonda sulla circostanza che il terreno di cui è causa «avrebbe da tempo immemore perso l’originaria attitudine assolvere una funzione pubblica/idraulica, mentre, secondo la tesi della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sarebbe tuttora parte del RAGIONE_SOCIALE idrico statale» precisando il giudice di merito che «nella fattispecie di causa, è in discussione fra le parti
proprio la attuale demanialità dell’area oggetto della domanda di usucapione (…)» .
Secondo l’Ufficio requirente t ali affermazioni, nell’individuare l’oggetto della controversia nell’accertamento della demanialità del bene, confutano le conclusioni contenute nel ricorso, secondo cui la competenza del Tribunale di Bergamo troverebbe ragione nella circostanza che seppure era incontroverso che il terreno conteso un tempo apparteneva al RAGIONE_SOCIALE idrico, «risulta pacifico che esso abbia definitivamente cessato di farne parte, disputandosi esclusivamente circa l’appartenenza al privato o all’RAGIONE_SOCIALE della porzione di area de qua, senza che venga in rilievo una attuale demanialità idrica, ma una proprietà pubblica di diversa natura».
Così individuato il thema decidendum , il P.G. richiama il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui è devoluta alla competenza del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la titolarità di un terreno che, pacificamente, faceva un tempo parte dell’alveo di un fiume, ma che, altrettanto pacificamente, risulta abbandonato dalle acque da molti anni o comunque ha perso da molti anni la destinazione ad uso pubblico, giacché solo in questo caso non si pone alcuna questione, ai fini del decidere, in ordine alla determ inazione dei limiti dell’alveo e delle sponde, ovvero alla qualificazione dello stesso come alveo, sia con riferimento al passato che al presente (cfr. ex plurimis Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 16807 del 24/07/2014 (Rv. 632573 – 01); Sez. 2, Ordinanza n. 17438 del 06/12/2002 (Rv. 559061 – 01)).
Ed invero, «Ai fini del riparto di competenza fra giudice ordinario e tribunale regionale delle acque pubbliche, in caso di
contestazioni che attengono ai limiti dell’alveo e/o alle sponde di corsi d’acqua pubblici, il criterio di discrimine sta nella necessità, o meno, di indagini tecniche per stabilire se l’area di terreno della cui natura pubblica si discute rientri nel RAGIONE_SOCIALE idrico fluviale o lacuale, senza che rilevi che la questione abbia carattere pregiudiziale, o meramente incidentale, o sia stata proposta in via di eccezione, in quanto solo ove non sia necessaria una siffatta indagine sussiste la competenza del giudice ordinario. (Sez. 3 n. 9279 del 11/04/2017 (Rv. 643849 – 01). Tale principio è stato ripreso da Sez. 6 – 3, n. 3047 del 01/02/2022 (Rv. 664068 – 01) secondo cui «in ipotesi di contestazioni che attengono ai limiti dell’alveo e/o alle sponde di corsi d’acq ua pubblici, il criterio di discrimine ai fini della competenza per materia – secondo un indirizzo che risale agli anni ’60 del secolo scorso, e che in sostanza è sempre stato confermato da questa Corte, pur nelle variabili applicazioni pratiche che ne sono state fatte – sta nella necessità o meno di indagini tecniche al fine di stabilire se l’area di terreno della cui natura pubblica si discute rientri (o sia rientrata in passato, se ci ò assume rilievo ai fini dell’oggetto del giudizio) nel RAGIONE_SOCIALE idric o fluviale o lacuale, in quanto inclusa nell’alveo del corso d’acqua pubblico’, sicché, in tale ipotesi, ‘la competenza del giudice specializzato sussiste anche se la questione abbia carattere pregiudiziale, o meramente incidentale, o sia stata proposta i n via di eccezione’, fermo restando che solo allorch é́ ‘non sia necessaria una siffatta indagine, in quanto è pacifico tra le parti che il terreno, pur originariamente appartenente all’alveo del corso d’acqua, abbia cessato di farne parte e si controverte sulla sua titolarità (o su diritti ad esso legati) in base a questioni di fatto o giuridiche diverse da quelle che
riguardano la sua materiale inclusione nell’alveo del corso d’acqua pubblico’ (ipotesi che non è quella che qui occupa ) .
3. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente deve evidenziarsi la nullità della notifica del ricorso in quanto effettuata presso l’Avvocatura distrettuale anziché presso l’Avvocatura generale dello Stato. In tali casi dovrebbe disporsi la rinnovazione (Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 608 del 15/01/2015) salvo che il ricorso come nel caso di specie – risulti prima facie inammissibile o infondato.
In proposito deve richiamarsi il seguente principio di diritto: Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione “prima facie” infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali
delle parti. (Sez. 2 – , Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018, Rv. 648755 – 01)
3.1 Ciò premesso, il Collegio condivide le conclusioni del P.G.
In proposito, deve ribadirsi il principio del tutto consolidato secondo cui: Ai fini del riparto di competenza fra giudice ordinario e Tribunale Regionale delle acque pubbliche, in caso di contestazioni che attengono ai limiti dell’alveo e/o alle sponde di corsi d’acqua pubblici, il criterio di discrimine sta nella necessità, o meno, di indagini tecniche per stabilire se l’area di terreno della cui natura pubblica si discute rientri nel RAGIONE_SOCIALE idrico fluviale o lacuale, senza che rilevi che la questione abbia carattere pregiudiziale, o meramente incidentale, o sia stata proposta in via di eccezione, in quanto solo ove non sia necessaria una siffatta indagine sussiste la competenza del giudice ordinario (Sez. 3 – , Ordinanza n. 9279 del 11/04/2017, Rv. 643849 – 01)
Nella specie la controversia ha ad oggetto la titolarità di un terreno rispetto al quale è in contestazione la sua appartenenza al RAGIONE_SOCIALE e non risulta pacifico, se non in tesi attorea, che le acque si siano ritirate o che abbia perso la sua natura di bene demaniale per effetto di una sdemanializzazione tacita. Infatti, il Tribunale ha evidenziato che la porzione di area oggetto della domanda di usucapione coincide con l’alveo del torrente Quisa (con le relative aree spondali) e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, costituendosi in giudizio, ha eccepito che la medesima area sarebbe tuttora parte del RAGIONE_SOCIALE idrico statale.
Di conseguenza, poiché è richiesta un’ indagine volta a stabilire se l’area di terreno della cui natura pubblica si discute rientri nel RAGIONE_SOCIALE idrico fluviale o lacuale, la competenza a
decidere appartiene per materia al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche e non al Tribunale ordinario.
Il ricorso è rigettato.
Nulla sulle spese non essendosi costituita l’RAGIONE_SOCIALE.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, principio applicabile anche al regolamento di competenza (Sez. 6 -2, Ordinanza n. 13636 del 02/07/2020).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione