Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6913 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6913 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20541-2024 proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COMO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
-resistente – nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-resistente – avverso l ‘ordinanza cron. 12900/2024 del TRIBUNALE di COMO, depositata il 27/07/2024;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
vista la requisitoria scritta del P.G., nella persona del sostituto dott. NOME COGNOME
visto il provvedimento del Presidente del Collegio con cui è stato nominato estensore il Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 281 decies c.p.c. del 28.5.2008, COGNOME NOME chiedeva al Tribunale di Como di accertare che l’area pubblica antistante la sua proprietà, che egli aveva acquistato con atto del 7.11.2003, era di mq 243, come raffigurata nel rilievo del 16.5.1917, completato il 18.9.1917, allegato al decreto del Ministro delle Finanze del 26.1.1920, n. 10057, col quale l’area demaniale era stata concessa in uso, insieme all’antistante specchio d’acqua per una profondità di sei metri, ad Olliveri Margherita, e come confermato dal verbale di ricognizione redatto dall’Ufficio Tecnico del Comune di Como il 23.8.2019. Chiedeva quindi che l’Agenzia del Demanio provvedesse alle conseguenti variazioni catastali, e che fossero dichiarati non dovuti al Comune di Como i canoni richiesti per l’occupazione di aree poste a monte della suddetta area pubblica, ed erroneamente ricompresi nel mappale demaniale, anziché in quello di proprietà del ricorrente, sulla base della delimitazione amministrativa della spiaggia effettuata il 2.8.1985 dal Magistrato per il Po, poi recepita nel decreto di
delimitazione del Prefetto di Como del 27.2.1987 ai sensi dell’art. 3 del R.D. 1.12.1895 n. 726.
Costituendosi, l’Agenzia del Demanio ed il Comune di Como, al quale ultimo la gestione del bene demaniale era stata attribuita con apposito accordo di programma, in attuazione della L.R. Lombardia 29.10.1998 n.22, dalla Regione Lombardia, che a sua volta aveva ricevuto l’attribuzione di detta gestione da parte dello Stato ai sensi del D. Lgs. n. 112 del 1998, resistevano alla domanda, sostenendo la competenza territoriale del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche ai sensi dell’art. 140 del R.D. 11.12.1933 n. 1775, e chiedendo comunque, in subordine, la conversione del rito, da sommario in ordinario di cognizione, e d il rigetto delle richieste dell’COGNOME. Le due Amministrazioni ritenevano probante, ai fini dell’individuazione dell’area demaniale, la delimitazione amministrativa del Magistrato per il Po del 2.8.1985, recepita nel decreto di delimitazione del Prefetto di Como del 27.2.1987.
Con ordinanza depositata in data 29.7.2024, il Tribunale di Como dichiarava il proprio difetto di competenza in favore del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, in applicazione dell’art. 140 lettera b) del R.D. 11.12.1933 n. 1775, che a quest’ultimo attribuisce la competenza a decidere, tra le altre, le controversie relative a ‘i limiti dei corsi o bacini, loro alvei e sponde ‘ . Il Tribunale riteneva che la controversia cadesse sulla proprietà di un terreno del quale era contestata l’appartenenza al l’alveo lacuale e che essa richiedesse dunque di accertare l’appartenenza di detta area al demanio idrico.
Avverso tale ordinanza, COGNOME Paolo ha proposto ricorso per regolamento di competenza, affidandosi a due motivi, al quale hanno resistito, con separate memorie, l’Agenzia del Demanio ed il Comune di Como.
La Procura generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, COGNOME NOME ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente sostiene che l’accertamento dell’estensione dell’area del demanio lacuale, oggetto di causa, sarebbe fondato su atti pubblici (il decreto del Ministro delle Finanze del 26.1.1920, n. 10057, di concessione, ed il rilievo relativo, confermativi del precedente Regio decreto del 16.12.1888 e dell’iniziale atto di concessione del notaio NOME COGNOME del 4.8.1852 n.2002, ed il verbale di verifica e misurazione dell’Ufficio Tecnico del Comune di Como del 23.8.2019, indicanti come confine tra l’area pubblica destinata a spiaggia e quella privata un muro spondale corrispondente allo zero idrometrico). La decisione della causa, dunque, non comporterebbe accertamenti che necessitino di competenze in materia di ingegneria idraulica, ma soltanto -stante anche l’assenza di istanze delle parti di espletamento di C.T.U. finalizzate ad accertare l’effettiva ubicazione dell’alveo lacuale- di stabilire, in punto di diritto, se gli atti pubblici che l’COGNOME pone a fondamento della sua pretesa debbano essere ritenuti prevalenti, rispetto alla delimitazione amministrativa del Magistrato per il Po del 2.8.1985, recepita nel decreto di delimitazione del Prefetto di Como del 27.2.1987.
Col secondo motivo, invece, il ricorrente sostiene che il Tribunale di Como avrebbe erroneamente individuato il criterio di riparto della competenza, in quanto solo la necessità di esperire indagini tecniche sull’ubicazione dell’alveo lacuale giustificherebbe la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche ai sensi dell’art. 140 lettera b) del R.D. 11.12.1933 n. 1775. Nel caso di specie, invece, la presenza di un muro spondale di delimitazione della spiaggia, rispetto al giardino
privato di proprietà del ricorrente, posto in corrispondenza dello zero idrometrico, secondo il rilievo allegato al decreto ministeriale di concessione, escluderebbe qualsiasi incertezza o controvertibilità del confine tra la proprietà demaniale e quella privata, ed avrebbe quindi dovuto indurre il Tribunale a ritenere la controversia ricompresa tra quelle di competenza del giudice ordinario, ai sensi dei criteri affermati da Cass. 10.11.1994 n. 9376 e da Cass. 3.12.1974 n. 3936.
I due motivi, suscettibili di esame congiunto, sono infondati.
Ai fini del riparto di competenza fra giudice ordinario e Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, in caso di contestazioni che attengono ai limiti dell’alveo e/o alle sponde di corsi d’acqua pubblici, il criterio di discrimine va individuato nella necessità, o meno, di eseguire indagini tecniche per stabilire se l’area di terreno della cui natura pubblica si discute rientri nel demanio idrico fluviale o lacuale, senza che rilevi che la questione abbia carattere pregiudiziale, o meramente incidentale, o sia stata proposta in via di eccezione, in quanto solo ove non sia necessaria una siffatta indagine sussiste la competenza del giudice ordinario (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21495 del 31/07/2024, Rv. 671986; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9279 del 11/04/2017, Rv. 643849; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 16807 del 24/07/2014, Rv. 632573). Identico principio è affermato da Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3047 del 01/02/2022 (Rv. 664068), secondo la quale “Quando si controverta della proprietà di un terreno che si contesti faccia parte dell’alveo di un corso d’acqua pubblico e insorga la necessità di accertare l’appartenenza del suddetto bene al demanio idrico, sia pure con riferimento al passato (nella specie, era in discussione la portata dell’alveo del fiume Brembo, al fine di stabilire quella della sua roggia cd. Brembino, del cui alveo abbandonato si controverteva, attesa la discrepanza tra le mappe catastali), la decisione sulla questione spetta
al Tribunale delle acque pubbliche, cui deve essere rimessa la causa, atteso che l’inderogabile competenza per materia del suddetto tribunale si giustifica in relazione al carattere eminentemente tecnico delle questioni e sussiste anche quando queste siano proposte incidenter tantum in via di azione o di eccezione’ . Pertanto ‘Qualora davanti al tribunale ordinario si controverta, tra privato e P. A., della proprietà di un terreno, che si contesti costituisca l’alveo di un corso d’acqua, va rimessa al tribunale regionale delle acque pubbliche competente per materia, ai sensi dell’art. 140, lett. b, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, in ordine alle “controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro alveo e sponde” – l’intera causa nella quale vengono in rilievo tali limiti ‘ (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11348 del 21/07/2003, Rv. 565320, che esclude la possibilità di sospendere il giudizio pendente davanti al tribunale ordinario in attesa della definizione, davanti al tribunale delle acque, della sola questione pregiudiziale relativa ai limiti dell’alveo).
Ne discende che la competenza del giudice ordinario sussiste quando non vi sia alcuna controversia sulla determinazione del limite dell’alveo o delle sponde, del fiume come anche del lago, mentre in ogni altra ipotesi si configura la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. Nel caso di specie, pur esistendo, di fatto, un muro spondale che separa materialmente la spiaggia dalla restante porzione di suolo sulla quale si incentra l’odierno contenzioso, vi è controversia proprio sull’appartenenza di detta ulteriore porzione al l’alveo del lago, e dunque al demanio idrico. Tale controversia trae origin e, tra l’altro, dall’incertezza derivante dalla presenza di diversi atti, tutti promananti da diversi organi della P.A., che contengono una determinazione differente de ll’estensione del l’alveo del lago.
Si ravvisa quindi la necessità di individuare quale sia il limite dell’alveo lacuale, assoggettato al regime del demanio idrico, senza che si possa escludere, a priori, la necessità di ricorrere ad accertamenti tecnici di competenza di un ingegnere idraulico. Si configura, dunque, la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche.
Da quanto precede, discende il rigetto del regolamento di competenza.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo in favore di ciascuna parte resistente, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso per regolamento di competenza proposto da COGNOME NOME e lo condanna al pagamento, in favore di ciascuna parte resistente, delle spese del presente giudizio, liquidate, rispettivamente, in € 3.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed acces sori tutti, in favore del Comune di Como, ed in € 3.000 oltre spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia del Demanio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 06 marzo 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME