Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3189 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3189 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7923/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende unitamente agli AVV_NOTAIOti COGNOME NOME e COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5320/2017 depositata il 07/08/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE ha notificato all’RAGIONE_SOCIALE, in data 25 novembre 2008, domanda arbitrale in relazione al contratto d’appalto stipulato il 20 dicembre 1990 per l’esecuzione dei RAGIONE_SOCIALE lungo la strada che da Fasano porta a Brindisi. L’RAGIONE_SOCIALE, con atto notificato in data 12 dicembre 2008 ha declinato la competenza arbitrale, chiedendo che la causa fosse decisa dal giudice ordinario. La società, in data 5 gennaio 2019, notificava la sua intenzione di procedere comunque all’arbitrato, ritenendo non declinabile la competenza arbitrale. L’RAGIONE_SOCIALE provvedeva a nominare il proprio arbitro e gli arbitri nominavano a loro volta il terzo arbitro con funzione di presidente: con la memoria del 5 marzo 2009 l’RAGIONE_SOCIALE sollevava l’eccezione di incompetenza arbitrale. Gli arbitri, espletata una consulenza tecnica di ufficio e ascoltati i testimoni, hanno redatto e depositato in data 18.12.2009 il lodo -numero 171 del 2009 -dichiarando la propria competenza a decidere la controversia e dichiarando illegittime le detrazioni operate in sede di collaudo dall’RAGIONE_SOCIALE condannandola al pagamento di maggiori somme oltre spese. L’RAGIONE_SOCIALE citava in giudizio la società innanzi alla Corte d’appello di Roma per ottenere la dichiarazione di nullità del lodo.
La Corte d’appello ha accolto la domanda, osservando che è stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 152 del 1996 la norma ratione temporis vigente che prevedeva che la competenza arbitrale potesse essere esclusa solo con apposita clausola inserita nel bando di gara e pertanto correttamente l’RAGIONE_SOCIALE aveva declinato la competenza arbitrale, non essendo decisiva la circostanza che successivamente l’ente avesse
nominato l’arbitro, in quanto la nomina era stata fatta solo al fine evitare la nomina d’ufficio.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società, affidandosi a quattro motivi. Si è costituita resistendo con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE a mezzo della Avvocatura generale dello Stato.
La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 21 dicembre 2023.
RITENUTO CHE
1. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione degli artt. 43 e 47 del DPR 1063/1962 e successive modifiche nonché degli artt. 1372 -1241 del codice civile, e degli artt. 1 e 3 della legge 59/1961 in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 1996. La parte deduce che la declaratoria di illegittimità costituzionale, a differenza di quanto erroneamente ritenuto dalla Corte d’appello di Roma, ha piena operatività nell’ambito della sola ipotesi in cui il capitolato generale trovi giustificazione nella fonte normativa; diverso effetto si ha nel caso in cui le disposizioni del capitolato generale d’appalto abbiano fonte -come nel caso che ci riguarda -esclusivamente nella volontà pattizia, in virtù del richiamo contenuto negli atti contrattuali. Osserva che , nel caso di specie si tratta di un contratto stipulato a trattativa privata con l’RAGIONE_SOCIALE e quindi la deroga alla competenza del giudice ordinario ha fonte pattizia e non normativa. Aggiunge che l’obbligatorietà del contratto di appalto scaturiva da una comune volontà delle parti e l’inserimento dell’articolo 21 nel capitolato speciale d’appalto ha assolto alla funzione di assicurare la necessaria forma scritta all’accordo
derogatorio della competenza, restando consacrata nello stesso capitolato la concorde volontà delle parti di deferire ad arbitri delle controversie che tra le medesime sarebbero potute sorgere. Osserva inoltre che la dichiarazione di incostituzionalità ha effetto del giorno successivo alla pubblicazione della sentenza per cui l’arbitrato era da considerare inderogabile in quanto il contratto d’appalto è del 1990.
-Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione degli artt. 1362 c.c. e seguenti, quanto all’interpretazione dell’articolo 21 del capitolato speciale d’appalto, per avere la Corte disatteso il principio secondo il quale non è ammessa una diversa interpretazione quando emerga dal dato letterale una chiara e univoca volontà di contraenti; afferma che l’articolo 21 stabilisce chiaramente la volontà delle parti di rimettersi al giudizio arbitrale.
-I motivi possono esaminarsi congiuntamente in quanto connessi e sono infondati.
In via preliminare si deve osservare che l’Avvocatura dello Stato, nel suo controricorso contesta la carenza della parte espositiva in fatto del ricorso, in evidente violazione del principio di autosufficienza.
Invero, il ricorso introduttivo salta alcuni passaggi nell’esposizione dei fatti; in particolare il narrato è piuttosto generico e privo di specificità su quanto è avvenuto tra la richiesta di arbitrato e l’instaurazione del giudizio, non esponendo con sufficienti dettagli il contenuto e le caratteristiche della declinazione di competenza arbitrale operata con atto del 12 dicembre 2008, attribuendola, come si vedrà, alla sola Avvocatura dello Stato, mentre il giudice di
secondo grado la attribuisce direttamente all’ente (pag. 3 sentenza impugnata). Inoltre, la parte ricorrente trascrive in atti solo parzialmente la clausola compromissoria (art 21) omettendo quella parte in cui, dopo aver previsto che le controversie sono deferite al giudizio arbitrale, si aggiunge ‘ ai sensi e nei modi previsti dal capitolo VI del capitolato generale per l’appalto delle opere che si eseguono per conto dei ministeri ‘, parte espressamente invece trascritta alla pagina 6 della sentenza impugnata.
3.1. -Ciò consente di ritenere infondato il richiamo alla pretesa ‘fonte pattizia’ della prevista competenza arbitrale. Secondo la Corte di merito l’RAGIONE_SOCIALE non ha espresso nel capitolato d’appalto (stipulato nel 1990) una volontà negoziale, ma si è limitata a richiamare (attività ricognitiva) una normativa all’epoca vigente e poi dichiarata incostituzionale.
La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato illegittimo l’art. 16 della legge 10 dicembre 1981 n. 741 (recante ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche), che ha sostituito l’art. 47 del d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 (concernente il capitolato generale di appalto delle opere di competenza del RAGIONE_SOCIALE), nella parte in cui non stabilisce che la prevista competenza arbitrale possa essere derogata con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti, configurandosi, in tal modo, un arbitrato obbligatorio, in spregio al principio per cui solo a fronte della concreta e specifica volontà delle parti può derogarsi alla regola della statualità della giurisdizione.
3.2. -La Corte d’appello ha quindi accertato che il contratto d’appalto non contiene clausole relative alla definizione
delle controversie tra amministrazione e impresa bensì soltanto un richiamo allegato capitolato speciale d’appalto, il cui articolo 21 prevede il deferimento delle controversie al giudizio arbitrale ‘ ai sensi e nei modi previsti dal capitolo VI del capitolato generale d’appalto ‘. Caduta la norma (art 16 cit.) per effetto della sentenza della Corte costituzionale, l’ente ha quindi legittimamente manifestato la volontà di declinare la competenza arbitrale; per effetto della citata sentenza della Corte Costituzionale è stata infatti ripristinata, con decorrenza dal giorno successivo a quello di pubblicazione della decisione di incostituzionalità, la facoltà di esclusione della competenza arbitrale ad opera di entrambe le parti (Cass. 6921/2003), volontà che non essendo iniziato il processo arbitrale nel momento in cui la Corte costituzionale si è pronunciata non poteva che esprimersi nel momento in cui una delle due parti avesse invocato la clausola arbitrale notificando la decisione di chiedere l’arbitrato.
3.3. -Così ha agito l’RAGIONE_SOCIALE perché ha declinato la competenza arbitrale immediatamente dopo la notifica di richiesta di arbitrato ricevuta dalla società. Come correttamente osserva la Corte di merito, è irrilevante la circostanza che l’RAGIONE_SOCIALE abbia nominato l’arbitro, perché ciò ha fatto solo dopo aver declinato la competenza arbitrale e al solo fine -dichiaratamente e quindi con riserva -di evitare una nomina d’ufficio, comunque costituendosi e opponendo eccezione di incompetenza arbitrale, così come risulta dalla sentenza impugnata.
3.4. -Quanto al resto, la interpretazione del contratto, resa anche al fine di valutare se, attraverso il richiamo al capitolato generale dello Stato, le parti abbiano voluto limitarsi ad
identificare la disciplina legale concretamente applicabile, ovvero abbiano inteso recepire il contenuto della normativa generale relativa agli appalti dello Stato, conferendo alla stessa un valore negoziale tale da renderla insensibile alle modifiche normative intervenute successivamente alla stipulazione del contratto, è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito (Cass. 17/10/2018, n.26007).
3.5. -La Corte di merito si è quindi uniformata al principio già affermato da questa Corte, che il Collegio condivide e che intende qui ribadire, secondo il quale ‘ In tema di controversie nascenti dal contratto di appalto di opere pubbliche, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 1996 -dichiarativa dell’incostituzionalità dell’art. 16 della legge 10 dicembre 1981, n. 741, che ha sostituito l’art. 47 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (Approvazione del capitolato generale d’appalto per le opere di competenza del RAGIONE_SOCIALE), nella parte in cui non stabilisce che la competenza arbitrale può essere derogata anche con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti -è stata ripristinata, con decorrenza dal giorno successivo a quello di pubblicazione della decisione di incostituzionalità, la facoltà di esclusione della competenza arbitrale ad opera di entrambe le parti (senza che -per gli appalti stipulati dagli enti RAGIONE_SOCIALE, tra cui l’RAGIONE_SOCIALE, tenuti per legge all’osservanza delle disposizioni del citato capitolato generale -rilevi in senso contrario la circostanza che le parti abbiano recepito la normativa poi caducata attraverso il rinvio alle norme del capitolato generale, essendo in realtà detta volontà negoziale soltanto ricognitiva della legge). Quando il procedimento arbitrale sia iniziato anteriormente alla data di
decorrenza degli effetti della detta pronuncia di illegittimità costituzionale, ma non sia ancora nominato il collegio arbitrale, il carattere facoltativo dell’arbitrato, discendente dalla decisione della Corte costituzionale, consente all’ente pubblico di esercitare la declinatoria di competenza arbitrale -costituente espressione di un diritto potestativo sostanziale, soggetto a decadenza, che si attua con un negozio unilaterale ad effetti anche processuali -in ogni momento, fino alla costituzione del collegio arbitrale; è pertanto da escludere che la scelta della P.A. di declinare la competenza arbitrale possa essere compiuta successivamente, dopo la nomina degli arbitri operata anche con il contributo della stessa P.A., avendo in tal caso quest’ultima manifestato, con la propria condotta, una volontà a favore del procedimento arbitrale ‘ (Cass. n. 6921 del 07/05/2003; v. anche n. 7535 del 23/05/2002; Cass. n. 19531 del 17/09/2014)
4. -Con il terzo motivo del ricorso si lamenta l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e la nullità della sentenza per radicale assenza di motivazione sulle allegazioni della società, in relazione alla dedotta nullità del lodo ex art. 829 c.p.c. La parte deduce di avere rilevato l’inammissibilità dell’atto di impugnazione per l’errato riferimento alle norme del codice di rito applicabili alla fattispecie, in quanto la parte ha fatto riferimento alla nullità del lodo ai sensi dell’art. 829 comma primo e comma secondo cpc; deduce che sul punto la Corte d’appello ha omesso ogni motivazione. Osserva in particolare che era eccentrico il riferimento all’art. 829 comma uno, n. 1 c.p.c. perché si riferisce alla invalidità della convenzione di arbitrato, questione che tra le parti non era mai sorta; l’art. 829 contiene
infatti un elenco tassativo dei motivi in base ai quali un lodo arbitrale può essere impugnato.
5. -Il motivo è inammissibile.
La Corte d’appello, nella sentenza impugnata, ha chiaramente fatto riferimento alla mancanza di volontà di entrambe le parti e quindi alla nullità della clausola compromissoria; come sopra esposto, il giudice di secondo grado ha ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE abbia espresso nella clausola in questione non già una volontà negoziale, ma si fosse semplicemente limitata a richiamare il contenuto di una norma all’epoca vigente, nella convinzione che fosse obbligatoria. E’ quindi chiara la ragione per la quale è stato accolto il motivo d’appello, in quanto il lodo è stato ritenuto nullo ‘ per la mancanza della volontà di entrambe le parti di radicare la competenza arbitrale ‘.
6. -Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art.47 del D.P .R. n. 1063 /1962. La parte deduce che la declinazione della competenza arbitrale è un atto di natura negoziale e quindi non poteva essere compiuto dall’Avvocatura dello Stato. La declinazione dell’arbitrato non è un atto di natura processuale perché invece si tratta di un negozio giuridico unilaterale sostanziale e osserva altresì che peraltro l’RAGIONE_SOCIALE è stata trasformata nel 2000 in una società per azioni. L’Avvocatura dello Stato è stata nominata difensore e rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE soltanto in data 2 febbraio 2009, mentre prima di tale data non rivestiva la qualifica, così che l’atto di declinatoria a firma dell’Avvocato dello Stato notificato il 10 dicembre 2008 è stato proposto da un soggetto privo del relativo potere speciale. Deduce che, in ogni caso, l’atto di declinatoria della competenza è incompatibile con l’atto di
nomina di dell’arbitro e la successiva attività difensiva nel procedimento arbitrale; osserva inoltre che l’RAGIONE_SOCIALE ha in ogni caso esercitato la sua declinatoria oltre 30 giorni dalla data in cui si è espressa la Consulta.
7. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo si osserva che gli enti cui la legge accorda la facoltà di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato -ivi compresi quelli che, pur avendo la forma della società per azioni, sono sorti dalla privatizzazione di un ente pubblico e di questo abbiano conservato le finalità e la soggezione al pubblico controllo -non hanno alcun obbligo di conferire un mandato scritto all’Avvocato dello Stato cui è affidata la loro rappresentanza, derivando il relativo ” ius postulandi ” direttamente dalla legge (Cass. n. 25268 del 16/10/2008).
Quanto al potere di declinare la competenza, come sopra si è detto, nella sentenza impugnata -alla pagina 3 -si legge che l’RAGIONE_SOCIALE con atto notificato in data 12 dicembre 2008 ha declinato la competenza (prima dell’inizio del procedimento); la parte deduce che questo atto fosse firmato dall’Avvocato dello Stato non legittimato a proporre tale declinatoria, tuttavia non trascrive l’atto medesimo, sicché sotto questo profilo il motivo difetta di autosufficienza; inoltre la circostanza è contestata dall’Avvocatura dello Stato la quale fa riferimento anche a una lettera di conferimento incarico del 4 dicembre 2008 -quindi antecedente a questo atto di declinatoria -nel quale l’RAGIONE_SOCIALE conferiva incarico all’Avvocatura di richiedere espressamente la declinatoria della competenza arbitrale.
Quanto al resto, è la stessa parte che afferma che l’Avvocatura dello Stato è stata investita da mandato in data 2
febbraio 2009 e quindi ben poteva -e poteva comunque in virtù del sopraesposto principio -rappresentare l’ente nel giudizio arbitrale e sollevare la eccezione di incompetenza. Infine, come già sopra si è detto, si osserva che la nomina dell’arbitro non è incompatibile con la declinatoria di competenza perché è chiaro che la nomina è stata fatta soltanto allo scopo di evitare la nomina di ufficio ed è stata effettuata contestualmente al mandato dato all’Avvocatura Generale dello Stato, che si è difesa eccependo in primo luogo il difetto della competenza arbitrale.
Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 9.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21/12/2023.