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Competenza arbitrale: quando l’ente può rifiutarla?

Una società di costruzioni ha avviato un arbitrato contro un ente appaltante per un contratto del 1990. L’ente ha rifiutato la competenza arbitrale, basandosi su una sentenza della Corte Costituzionale del 1996 che rendeva tali clausole facoltative. La Corte di Cassazione ha confermato il diritto dell’ente di rifiutare l’arbitrato, specificando che la clausola contrattuale era un semplice richiamo a una legge successivamente dichiarata incostituzionale, e non un’autonoma volontà contrattuale.

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Competenza Arbitrale e Appalti Pubblici: La Parola alla Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3189/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per gli appalti pubblici: la validità della competenza arbitrale prevista in contratti stipulati decenni fa. La decisione chiarisce quando un ente pubblico può legittimamente rifiutare di sottoporre una controversia ad arbitri, anche se il contratto originale lo prevedeva. La chiave di volta risiede nella distinzione tra una volontà contrattuale autonoma e il semplice richiamo a una normativa all’epoca vigente.

I Fatti del Caso: La Controversia sull’Appalto

La vicenda ha origine da un contratto d’appalto per lavori stradali stipulato nel 1990 tra una società di costruzioni e un importante ente pubblico. Il contratto conteneva una clausola compromissoria che devolveva le future controversie a un collegio arbitrale.

Nel 2008, sorgono dei disaccordi e la società di costruzioni avvia la procedura di arbitrato. L’ente pubblico, tuttavia, notifica un atto con cui declina la competenza arbitrale, chiedendo che la causa sia decisa dal giudice ordinario. La base di questo rifiuto è una storica sentenza della Corte Costituzionale (n. 152 del 1996), che aveva dichiarato illegittima l’obbligatorietà dell’arbitrato negli appalti pubblici, ripristinando la facoltà per le parti di scegliere il giudice statale. Nonostante la declinatoria, l’ente nomina comunque il proprio arbitro per evitare una nomina d’ufficio, ribadendo però la propria eccezione di incompetenza. Il collegio arbitrale si costituisce, si dichiara competente e condanna l’ente pubblico al pagamento di somme aggiuntive.

La Decisione della Corte d’Appello: Nullità del Lodo

L’ente pubblico impugna il lodo arbitrale davanti alla Corte d’Appello, chiedendone la nullità. La Corte accoglie la domanda, affermando che l’ente aveva correttamente esercitato il diritto, ripristinato dalla sentenza costituzionale del 1996, di escludere la via arbitrale. Secondo i giudici d’appello, la clausola nel contratto del 1990 non era espressione di una libera e autonoma volontà delle parti (fonte pattizia), ma un mero recepimento di una norma allora obbligatoria (fonte normativa). Venuta meno l’obbligatorietà di tale norma, l’ente era libero di optare per la giustizia ordinaria.

Il Giudizio della Cassazione e la Competenza Arbitrale

La società di costruzioni ricorre in Cassazione, sostenendo che la clausola arbitrale avesse un’origine puramente contrattuale e che la sentenza della Corte Costituzionale non potesse incidere su un accordo liberamente stipulato. La Suprema Corte, tuttavia, rigetta il ricorso, confermando in toto la decisione d’appello.

Fonte Pattizia vs. Fonte Normativa: Il Cuore della Questione

La Cassazione ribadisce il principio fondamentale: quando una clausola contrattuale si limita a richiamare una disciplina legale (in questo caso, il capitolato generale d’appalto che imponeva l’arbitrato), la sua natura è ricognitiva della legge e non espressione di una autonoma volontà negoziale. Di conseguenza, le vicende che modificano quella legge (come una dichiarazione di incostituzionalità) incidono direttamente sulla clausola stessa.

L’Impatto della Sentenza della Corte Costituzionale

La sentenza n. 152/1996 ha avuto un effetto dirompente, trasformando l’arbitrato da obbligatorio a facoltativo. Ha ripristinato, con effetto dal giorno successivo alla sua pubblicazione, la facoltà di ciascuna parte di escludere la competenza arbitrale con un atto unilaterale, purché questo avvenga prima che il procedimento arbitrale sia effettivamente iniziato (cioè prima della costituzione del collegio).

Validità della Declinatoria di Competenza Arbitrale

La Corte chiarisce che la nomina dell’arbitro da parte dell’ente, effettuata contestualmente o subito dopo aver sollevato l’eccezione di incompetenza, non costituisce un’accettazione della giurisdizione arbitrale. Si tratta, al contrario, di un’attività puramente difensiva e prudenziale, finalizzata a non subire passivamente la nomina d’ufficio di un arbitro, mantenendo ferma la propria contestazione principale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Suprema Corte ha ritenuto infondati i motivi di ricorso della società. Ha stabilito che il richiamo nel contratto del 1990 alle norme sull’arbitrato previste dal capitolato generale dello Stato non creava un’obbligazione contrattuale autonoma e insensibile alle modifiche normative. Al contrario, era una semplice applicazione della legge allora in vigore. La successiva dichiarazione di incostituzionalità di quella legge ha restituito all’ente pubblico il diritto potestativo di declinare la giurisdizione arbitrale, diritto che è stato tempestivamente e correttamente esercitato. La volontà dell’ente era chiara e la nomina dell’arbitro era solo una cautela processuale, non una contraddizione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio in materia di appalti pubblici e arbitrato. Le clausole compromissorie contenute in vecchi contratti, che si limitavano a recepire la normativa sull’arbitrato obbligatorio, non sono sopravvissute alla dichiarazione di incostituzionalità del 1996. Le parti, in particolare gli enti pubblici, hanno conservato il diritto di scegliere il giudice ordinario, manifestando tale volontà prima dell’effettiva costituzione del collegio arbitrale. La decisione sottolinea la prevalenza del principio costituzionale del giudice naturale sulla rigidità di clausole contrattuali che erano, in origine, nient’altro che un’applicazione della legge.

Una clausola arbitrale in un contratto di appalto pubblico stipulato prima del 1996 è sempre vincolante?
No. Se la clausola è un semplice richiamo alla normativa dell’epoca che prevedeva l’arbitrato come obbligatorio (fonte normativa), non è più vincolante. La sentenza della Corte Costituzionale n. 152/1996 ha ripristinato la facoltà per ciascuna parte di declinare unilateralmente la competenza arbitrale.

La nomina del proprio arbitro da parte dell’ente pubblico equivale ad accettare la competenza arbitrale?
No. Secondo la Cassazione, se l’ente ha già declinato la competenza o lo fa contestualmente, la nomina del proprio arbitro è considerata una mera cautela difensiva per evitare una nomina d’ufficio e non implica l’accettazione della giurisdizione arbitrale.

Qual è la differenza tra una clausola di fonte ‘pattizia’ e una di fonte ‘normativa’ in questo contesto?
Una clausola di fonte ‘pattizia’ nasce da una libera e autonoma volontà delle parti di accordarsi per l’arbitrato. Una di fonte ‘normativa’, invece, è inserita nel contratto solo perché la legge in quel momento lo imponeva. La Corte ha stabilito che nel caso di specie la clausola era di fonte normativa e quindi soggetta alle modifiche della legge stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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