Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2318 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2318 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza N. 889/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dal l’ AVV_NOTAIO, come da procura in calce al ricorso
-ricorrente – contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO o NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, come da procura allegata alla memoria difensiva;
–
resistente
– avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Vicenza, sez. spec. agraria,
recante il N. NUMERO_DOCUMENTO, depositata in data 1.12.2022;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 28.11.2023 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME, concedente di un fondo rustico in Villaverla, condotto da RAGIONE_SOCIALE per l’esercizio di attività di maneggio, agì dinanzi al Tribunale di Vicenza, sezione spec. agraria, per la risoluzione del contratto dell’1.1.2013, per inadempimento dell’affittuaria, nonché per il recupero dei canoni scaduti (per la somma di € 63.475,00 sino a dicembre 2021) e a scadere sino all’effettivo rilascio; l ‘affittuaria resistette, chiedendo in riconvenzionale la condanna dell’attore per un proprio consistente controcredito per gli esborsi affrontati per migliorie apportate al fondo; dopo una prima udienza tenutasi il 24.6.2022 in cui il Tribunale formulò una proposta conciliativa, alla successiva udienza del 23.9.2022 lo stesso giudice adito sollevò una questione di competenza ratione materiae e, concessi termini a difesa, con sentenza del 25.11/1.12.2022 si dichiarò incompetente, indicando quale giudice competente il Tribunale ordinario di Vicenza;
avverso detta sentenza, propone regolamento di competenza la RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, cui NOME COGNOME resiste con ‘memoria difensiva’, anch’essa illustrata da ulteriore memoria;
il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso;
con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 420 c.p.c., che dispone che le questioni relative alla competenza, ratione materiae , vadano sollevate alla prima udienza di discussione; sostiene dunque la ricorrente che esse dovevano essere formulate e/o rilevate all’udienza del 24.6.2022; al contrario, la Sezione RAGIONE_SOCIALE agraria del Tribunale vicentino l’ha sollevata alla successiva udienza del 23.9.2022, e dunque allorché tanto non era più consentito;
con il secondo motivo si lamenta v iolazione e falsa applicazione dell’art. 11 del d.lgs n. 150/2011, per aver la Sezione RAGIONE_SOCIALE agraria negato la natura agricola dell’attività , seppure per connessione ex art. 2135 c.c. (che, nel testo vigente, non casualmente la riferisce anche all’allevamento di animali), da essa ricorrente esercitata sul fondo ;
Ritenuto che
le eccezioni preliminari sollevate dal resistente siano infondate e vadano dunque disattese;
anzitutto, sussista lo ius postulandi del procuratore della ricorrente, AVV_NOTAIO, noto essendo che ai fini della proposizione del regolamento di competenza ex art. 42 ss. c.p.c. non occorre la qualità di cassazionista (v. Cass. n. 16219/2020), operando il regolamento come mero incidente del giudizio di merito;
ancora, la copia della sentenza, prodotta dalla ricorrente su file informatico (sub doc. 9), sia attestata conforme all’originale e firmata digitalmente dal procuratore della stessa ricorrente, sicché non ricorre alcuna causa di improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c.,
N. 889/23 R.G.
neanche in relazione alla mancata produzione del biglietto di cancelleria relativo alla comunicazione della sentenza stessa: infatti, il ricorso supera la prova di resistenza, giacché la sentenza è stata pubblicata l’1.12.2022 , mentre il ricorso è stato notificato il 27.12.2022, quindi ampiamente entro il termine di cui all’art. 47 c.p.c., a prescindere dalla data di comunicazione (la funzione della produzione mancante essendo, appunto, quella di consentire la verifica della tempestività del ricorso);
Considerato che
quanto al merito del ricorso per regolamento, il primo motivo è inammissibile e comunque infondato;
infatti, in relazione alla contestata tempestività del rilievo officioso, oggetto del mezzo che si sta scrutinando, la Sezione RAGIONE_SOCIALE vicentina ha puntualmente dato atto, in sentenza, del perché esso dovesse ritenersi tempestivamente sollevato all’udienza del 23.9.2022 ; ebbene, il ricorrente non censura affatto tale ratio decidendi , limitandosi a denunciare la mera tardività del rilievo, donde l’inammissibilità del motivo;
in ogni caso, la censura è infondata, perché dal verbale di prima udienza ex art. 420 c.p.c. emerge che, dopo la sollecitazione della Sezione ad una conciliazione, i difensori delle parti chiesero concordemente (dopo che quello di parte ricorrente aveva rifiutato la proposta conciliativa) ‘ un differimento della discussione allo scopo di poter consultare i propri clienti circa l’ipotesi di conciliazione prospettata ‘ e la Sezione a quel punto rinviò la discussione; è dunque palese che nella detta prima udienza venne
espletata un’attività prevista dall’art. 420 c.p.c. come obbligatoria e che tale attività non si ritenne esaurita, occorrendo un rinvio per completarla, in senso positivo o negativo, onde dar corso alle ulteriori attività da svolgersi ai sensi dell’art. 420 c.p.c. ;
pertanto, il rilievo dell’incompetenza svolto dal Tribunale alla successiva udienza fu tempestivo, perché quell’udienza era ancora da identificare nella sostanza come prima udienza, nel senso che nella disciplina dell’art. 420 c.p.c. deve attribuirsi al disposto dell’art. 38 , comma 3, c.p.c., allorché detta disposizione richiama l’art. 183 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis );
pur vero essendo che il raccordo dell’ultimo comma dell’art. 38 con l’art. 420 c.p.c. deve avvenire reputandosi che ‘ In tema di rito del lavoro, la disposizione dell’art. 428, primo comma, c.p.c., secondo la quale l’incompetenza territoriale può essere rilevata d’ufficio non oltre l’udienza di cui all’art. 420 c.p.c., va intesa – avuto riguardo alla disciplina riservata all’incompetenza dal nuovo art. 38 c.p.c. (come sostituito dall’art. 4 della l. n. 353 del 1990) – nel significato che detta incompetenza può essere rilevata non oltre la prima udienza in senso cronologico, ossia quella fissata con il decreto contemplato dall’art. 415 c.p.c., in quanto il legislatore, con la nuova normativa, ha inteso accelerare al massimo i tempi di risoluzione delle questioni di competenza ‘ (Cass. n. 10516/2019), ciò non toglie che quando la prima udienza in senso cronologico veda espletarsi solo un’attività necessariamente preliminare alla delibazione da parte del giudice della sua competenza ex officio (qual
è il tentativo di conciliazione) e tale tentativo non si esaurisca, con conseguente rinvio ad un’udienza successiv a per il suo eventuale perfezionamento ed astensione conseguente da altre attività logicamente successiva, la seconda udienza in cui il detto tentativo ha esito negativo è sempre ‘prima udienza’ agli effetti dell’ultimo comma dell’art. 38 c.p.c., sebbene non in senso cronologico, in quanto costituisce mero naturale sviluppo della prima;
anche il secondo motivo è infondato;
la Sezione RAGIONE_SOCIALE, sulla base della stessa prospettazione delle parti e, segnatamente, dell’odierno ricorrente, ha affermato che quella esercitata dalla società affittuaria non è attività agricola, nel senso che, cioè, l’attività consiste in quella classica di esercizio di maneggio, con mero ricovero degli animali; si tratta, cioè, di attività a vocazione commerciale: i cavalli sono impiegati per la sola attività di maneggio e a scopo ludico-ricreativo, senza che possa ravvisarsi alcuna finalità agraria e/o destinazione produttiva connessa all’utilizzo dei suddetti animali ; – in proposito, premesso che il ricorso neppure censura tale ricostruzione fattuale, ma si limita a contrapporre una diversa qualificazione del rapporto, come se il Tribunale avesse, in qualche misura, anticipato il merito della causa, deve qui ribadirsi -come anche correttamente evidenziato dal P.G. – che ‘ non è la mera natura lato sensu agricola o ad essa equiparabile dell’attività svolta sul fondo che è oggetto del contratto (tanto che risulta irrilevante il mero richiamo all’art. 2135 cod. civ. o all’elaborazione della normativa fiscale o previdenziale, dettata a fini del
tutto diversi ed a quei fini lasciata beninteso del tutto impregiudicata), ma, in modo estremamente più pregnante e caratteristico, occorre che l’allevamento di animali sia collegato funzionalmente alla produzione agraria del terreno e quindi che il bene «terra» rientri in combinazione (oltretutto preponderante, dovendo l’allevamento del bestiame restare in rapporto di complementarietà e subordinazione con la coltivazione del fondo: Cass. 18/05/2007, n. 11630) con la forza lavoro ricavabile anche da quella animale quale fattore produttivo, tanto da potersi ricondurre all’esercizio normale dell’agricoltura o da presentare utili collegamenti strutturali o funzionali con l’utilizzazione del fondo secondo la pratica agricola e zootecnica ad essa connessa ‘ ( così, Cass. n. 10577/1995; Cass. n. 15333/2011); e ancora che, come più di recente affermato, ‘ Appartiene alla competenza del tribunale ordinario, e non a quella della sezione RAGIONE_SOCIALE agraria, ogni controversia relativa alla concessione in godimento di un terreno agricolo destinato all ‘ attività prevalente di allevamento di animali quali cani e gatti, in quanto non collegata funzionalmente alla produzione agraria del terreno, né riconducibile all ‘ esercizio normale dell ‘ agricoltura quale componente o fattore produttivo ad essa connessa secondo la pratica agricola e zootecnica per l ‘ impiego della forza lavoro animale, o delle altre utilità normalmente fornite dal bestiame, nel ciclo produttivo agrario ‘ (Cass. n. 12394/2017); – pertanto, pacifico essendo che la società ricorrente non svolge attività di allevamento degli animali (in parte degli associati, in parte propri), solo utilizzati per la suddetta attività ludico-ricreativa, ne discende la piena
N. 889/23 R.G.
correttezza della sentenza impugnata, con la correlativa infondatezza del proposto regolamento di competenza;
le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza; – in relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte dichiara la competenza del Tribunale ordinario di Vicenza, assegnando termine di tre mesi dalla comunicazione della presente per la riassunzione. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in € 3.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione,