Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30121 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 30121 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/11/2025
SENTENZA
sul ricorso R.G. n. 22065/2021
promosso da
NOME COGNOME , da sé stesso rappresentato e difeso, NOME COGNOME , NOME COGNOME e NOME COGNOME , rappresentate e difesi dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in atti ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE presso la quale è ex lege domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
contro
ricorrente
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Reggio Calabria n. 104/2021, pubblicata il 25/02/2021.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta all’esito dell’udienza pubblica del 27/06/2025 dal Cons. NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l AVV_NOTAIO per i ricorrenti, il quale ha illustrato le proprie conclusioni; letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Reggio Calabria ha accolto la domanda avanzata dagli attuali ricorrenti, volta ad ottenere la condanna del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento di quanto dovuto per l’attività da ciascuno svolta presso la Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica di Reggio Calabria dal 2002 al 2007 -ulteriore rispetto a quella dibattimentale in rappresentanza dell’ufficio del pubblico ministero nelle udienze monocratiche davanti al Tribunale e al Giudice di Pace (per le quali avevano ottenuto le previste indennità) -e consistente nell’istruzione, nel complesso, di n. 1432 procedimenti di competenza del giudice di pace, in virtù di delega nominativa rilasciata per ogni singolo procedimento ai sensi dell’art. 50 d.lgs. n. 274 del 2000 (in particolare, 505 procedimenti delegati ad COGNOME, 301 procedimenti delegati a COGNOME, 161 procedimenti delegati a COGNOME e 465 procedimenti delegati a COGNOME). Per l’effetto, il Tribunale ha condannato il RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 49.555,00 in favore di COGNOME NOME, € 29.537,00 in favore di NOME, € 15.798,00 in favore di COGNOME NOME e € 45.630,00 in favore di NOME NOME, oltre interessi nella misura legale dal 15/03/2004.
Con atto notificato il 27/06/2012, il RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello contro tale decisione, chiedendo che, in riforma RAGIONE_SOCIALE stessa, fosse respinta l’avversa domanda o, in subordine, che venisse ridotto l’importo delle indennità chieste.
Nel costituirsi, gli appellati hanno eccepito l’inammissibilità e/o l’improcedibilità dell’impugnazione, di cui chiedevano il rigetto, formulando in via gradata la richiesta di liquidazione di un indennizzo ex art. 2041 c.c.
La Corte territoriale ha respinto il primo motivo di appello, con il quale era stata riproposta l’eccezione di incompetenza per materia del giudice civile in favore di quello del lavoro, ma ha, poi, ritenuto fondato il secondo motivo di appello, con assorbimento delle ulteriori doglianze, rigettando l’originaria domanda di pagamento.
La richiesta subordinata di indennizzo ex art. 2041 c.c. è stata dichiarata tardiva, e dunque inammissibile.
La menzionata Corte ha rilevato che le prestazioni di cui i ricorrenti avevano chiesto il pagamento si riferivano ad attività delegate dal AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica, quali vice procuratori onorari, nel periodo compreso tra il 2002 e il 2007, anteriormente all’entrata in vigore delle modifiche apportate all’art. 4 d.lgs. n. 273 del 1989 dalla l. n. 186 del 2008, che nel convertire in legge il d.l. n. 151 del 2008, all’art. 3-bis d.l. cit. aveva così testualmente disposto: «1. All’articolo 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, sono apportate le seguenti modificazioni: …omissis… b) il comma 2 è sostituito dai seguenti: ‘ 2. Ai vice procuratori onorari spetta un’indennità giornaliera di euro 98 per l’espletamento delle seguenti attività, anche se svolte cumulativamente: a) partecipazione ad una o più udienze in relazione alle quali è conferita la delega; b) ogni altra attività, diversa da quella di cui alla lettera a), delegabile a norma delle vigenti disposizioni di legge’ » .
La stessa Corte ha, in particolare, evidenziato che le modifiche erano entrate in vigore il 02/12/2008, ma non si era trattato di norma di interpretazione autentica, né la normativa di riferimento era corredata da una particolare disposizione transitoria, sicché, in base al principio generale di irretroattività RAGIONE_SOCIALE legge, sancito dallo art. 11 prel., non potevano trovare applicazione, se non per le pre-
stazioni dei vice procuratori onorari poste in essere in epoca successiva alla predetta data.
All’epoca dei fatti di causa, dunque, per la menzionata Corte, la materia era regolata dall’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 273 del 1989, che, nel testo anteriore alla novella, all’epoca vigente, così recitava: «2. Ai vice procuratori onorari spetta una indennità di lire sessantamila per ogni udienza in relazione alla quale è conferita la delega a norma dell’art. 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sostituito dall’art. 22 del decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 22 settembre 1988, n. 449. L’indennità è corrisposta per intero anche se la delega è conferita soltanto per uno o per alcuni dei processi trattati nell’udienza. Non può essere corrisposta più di una indennità al giorno» (l’importo dell’indennità era stato successivamente aumentato con decreto-legge del novembre 2000 e, poi, con decreto-legge del dicembre 2001).
La stessa Corte ha aggiunto che, in data 01/07/2002, è entrato in vigore il Testo Unico sulle Spese di RAGIONE_SOCIALE, emanato con d.P.R. n. 115 del 2002, il quale, all’art. 64, nel testo vigente ratione temporis , testualmente aveva stabilito: «1. Ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale, ai vice procuratori onorari e ai giudici onorari aggregati spettano le indennità previste per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE loro attività di servizio, rispettivamente, e considerate le successive modificazioni, dagli articoli 11 e 15, comma 2-bis e 2-ter, RAGIONE_SOCIALE legge 21 novembre 1991, n. 374 per i giudici di pace, dall’articolo 4 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, per i giudici onorari di tribunale ed i vice procuratori onorari, dall’articolo 8 RAGIONE_SOCIALE legge 22 luglio 1997, n. 276, per i giudici onorari aggregati» .
Ad opinione RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello, tuttavia, il rinvio all’art. 72 r.d. n. 12 del 1941 (poi abrogato dall’art. 33 d.lgs. n. 116 del 2017), così come strutturato sul piano grammaticale, non permetteva di ritenere che anche le attività dei vice pretori onorari diverse dalla partecipazione alle udienze fossero indennizzabili, poiché il testo di tale norma
all’epoca vigente prevedeva come unica attività delegabile, diversa da quella di udienza, la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, mentre, nel caso di specie, anche a volere ragionare nei termini estensivi di cui alla sentenza gravata, l’attività delegata, per la quale ciascuno degli attori aveva chiesto il compenso, non aveva riguardato la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, ma solamente le attività di cui agli artt. 15 e 25 d.lgs. n. 274 del 2000, concernenti i procedimenti davanti al giudice di pace, che esulavano dal campo di applicazione dell’art. 72 cit.
Ma ancor più decisivo, e dirimente, secondo la menzionata Corte, era il dato testuale dell’art. 4 d.lgs. n. 273 del 1989 che, nel riconoscere il compenso indennitario ai vice procuratori onorari per le funzioni svolte, non parlava in maniera generica di attività in relazione alle quali era conferita loro la delega dal procuratore, ma puntualizzava a chiare lettere che l’indennità spettava «per ogni udienza» in relazione alla quale era conferita la delega medesima, così circoscrivendo alle sole attività di udienza il pagamento delle spettanze previste dalla legge.
Per questo, secondo la Corte territoriale, era stato necessario un intervento legislativo mirato (quello di cui alla novella del 2008 sopra citata) onde poter riconoscere ai vice pretori onorari il diritto al compenso per ogni altra attività, diversa da quella di udienza, delegabile a norma delle vigenti disposizioni di legge. La previsione dell’art. 64 d.P.R. n. 115 del 2002 non faceva, poi, che rimandare -quanto alle indennità spettanti ai vice procuratori onorari -al disposto del predetto art. 4 d.lgs. n. 273 del 1989, con la conseguenza che da essa non poteva trarsi alcun valido argomento tecnico-giuridico che legittimasse una interpretazione estensiva RAGIONE_SOCIALE norma, nel senso, fatto proprio dal Tribunale, di includere tra le attività dei vice pretori onorari suscettibili di compenso (pure prima RAGIONE_SOCIALE novella del 2008), non solo quelle di udienza, ma anche le prestazioni diverse, come ad esempio le attività di indagine di cui all’art. 15, comma 2, d.lgs. n.
274 del 2000 (richiamato dall’art. 50 stesso decreto) relative ai procedimenti penali davanti al giudice di pace.
Ad opinione RAGIONE_SOCIALE Corte, nessuna disarmonia normativa si riscontrava in subiecta materia , ma semmai un’innegabile lacuna creatasi ex post nel sistema, particolarmente a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 274 del 2000, che aveva dato ingresso alla possibilità (nuova per l’ordinamento) di delegare ai vice procuratori onorari, da parte del procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica, le attività di indagini e le ulteriori attività espressamente previste dagli artt. 15 e 25 del citato decreto, in combinato disposto con l’art. 50, senza però prevederne l’indennizzabilità, essendo il compenso dei vice pretori onorari rimasto correlato, sino al 2008, sempre e solo alle attività di udienza delegate, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 273 del 1989, semplicemente richiamato, senza alcuna aggiunta o integrazione, dall’art. 64 d.P.R. n. 115 del 2002. Tale lacuna non poteva essere colmata attraverso un’interpretazione RAGIONE_SOCIALE norma in senso costituzionalmente orientato, con particolare riferimento all’art. 36 Cost., a ciò ostandovi il principio consolidato RAGIONE_SOCIALE specialità dell’incarico onorario rispetto al rapporto di lavoro pubblico, ovvero all’art. 97 Cost., dovendo il buon andamento e l’imparzialità RAGIONE_SOCIALE Pubblica Amministrazione in esso enunciati essere sempre coniugato con il principio di legalità.
L’insufficienza normativa, ad opinione RAGIONE_SOCIALE Corte, non era neppure superabile, come prospettato in prime cure dagli attori, mediante il ricorso alle circolari emanate dal RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in data 21 febbraio 2002 e, successivamente, nel marzo del 2006 (versate in atti nel fascicolo di primo grado), posto che le circolari ministeriali non costituiscono fonti del diritto, essendo meri atti interni non contenenti norme giuridiche, come tali non vincolanti per il giudice, né idonee a fondare, in via interpretativa, il riconoscimento di un diritto che (come nella specie) non trova fondamento in una precisa norma di legge.
La stessa Corte ha, infine, evidenziato che una via praticabile per ottenere tutela, in relazione alle attività delegate ai vice pretori onorari non compensabili in base ad un titolo specifico previsto dalla legge, avrebbe potuto essere quella dell’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c. c., ma nella specie la richiesta era stata formulata per la prima volta solo in sede di comparsa di costituzione in appello e dunque era da ritenersi inammissibile ex art. 345 c.p.c.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidato a quattro motivi di doglianza.
Il RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso.
Con decreto del 15/11/2023 del Consigliere delegato dal Presidente RAGIONE_SOCIALE Seconda Sezione civile, il ricorso, inizialmente assegnato a tale Sezione, è stato trasmesso alla Prima Sezione civile, quale Sezione tabellarmente competente.
Fissata l’udienza pubblica di discussione, il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, nella persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, in data 05/06/2025, ha depositato memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 273 del 1989, nella formulazione successiva al d.l. n. 151 del 2008, dell’art. 11 prel., dell’art. 72 ord. giud., degli artt. 15, 25 e 50 d.lgs. n. 274 del 2000, dell’art. 162 d.lgs. n. 271 del 1989, dell’art. 64 d.P.R. n. 115 del 2002, nonché degli artt. 1, 3, 4, 36 e 97 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere il Giudice del secondo grado accolto l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, affermando che l’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 273 del 1989, nella formulazione successiva fornita dal d.l. n. 151 del 2008, non poteva trovare applicazione
se non per le prestazioni dei vice procuratori onorari poste in essere in epoca successiva alla entrata in vigore delle modifiche apportate, escludendo che il d.l. n. 151 del 2008 fosse una norma interpretativa (e, quindi, retroattiva).
Secondo i ricorrenti, la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare che l’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 273 del 1989 (nella sua formulazione anteriore al d.l. n. 151 del 2008), era già stato correttamente interpretato ( in primis dallo stesso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con le circolari, le note ed i pareri del 2002 e del 2006) nel senso di riconoscere ai vice procuratori onorari il diritto al compenso anche per le attività diverse dalla partecipazione a udienze, poiché la norma è da ritenersi interpretativa, e non innovativa, essendo obiettivamente diretta a chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi fra quelli ragionevolmente ascrivibili alla norma interpretata.
Ad opinione dei ricorrenti, il legislatore, nel novellare l’art. 4, comma 2, d.lgs. cit. con il d.l. n. 151 del 2008, non ha innovato alcunché, limitandosi piuttosto ad assegnare alla norma previgente un significato che alla stessa era già stato attribuito, laddove essa era stata interpretata – correttamente – in combinazione con l’art. 72 r.d. n. 12 del 1941 ed anche con gli artt. 15, 25 e 50 d.lgs. n. 274 del 2000, oltre che con l’art. 64 d.P.R. n. 115 del 2002.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 273 del 1989 (nella formulazione anteriore al d.l. n. 151 del 2008), dell’art. 12, comma 2, prel., dell’art. 101, comma 2, Cost., dell’art. 113 c.p.c., dell’art. 72 ord. giud., degli artt. 15, 25 e 50 d.lgs. n. 274 del 2000, dell’art. 162 d.lgs. n. 271 del 1989 e dell’art. 64 d.P.R. n. 115 del 2002, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello affermato che, nella materia de qua , sussisteva una ‘lacuna normativa’ creatasi ex post nel sistema (a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 274 del 2000) senza però applicare il disposto dell’art. 12,
comma 2, prel. e, dunque, procedere all’interpretazione analogica dell’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 273 del 1989, applicando anche alle attività delegate non menzionate nell’art. 72 r.d. n. 12 del 1941 la previsione dell’erogazione dell’indennità ivi prevista.
In particolare, secondo i ricorrenti, il caso non regolato (attività extra udienza) e il caso regolato (attività di udienza) hanno in comune il fatto che si tratta di attività delegata dal procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica, essendo la delega prevista ai sensi dell’art. 50 d.lgs. n. 274 del 2000 o per la singola udienza o per il singolo procedimento, sicché, trattandosi di casi simili, la delega per il singolo procedimento consente di essere assimilata per via analogica alla delega per la singola udienza.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 3, 4, 36 e 97 Cost. nonché RAGIONE_SOCIALE Sentenza UX RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALEe Europea, resa nella causa C-658/18 e pubblicata il 16/7/2020 (che ha chiarito che i magistrati onorari sono da considerarsi ‘lavoratori’, secondo il diritto euro -unitario) e RAGIONE_SOCIALE Carta dei Diritti Fondamentali dell’RAGIONE_SOCIALEe Europea. Secondo i ricorrenti, infatti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., una volta ravvisata la lacuna normativa creatasi nel sistema, particolarmente a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 274 del 2000, la Corte d’appello avrebbe dovuto effettuare le seguenti considerazioni: in primo luogo, avrebbe dovuto operare un’interpretazione RAGIONE_SOCIALE norma in senso costituzionalmente orientato, tenendo conto che i ricorrenti avevano svolto l’attività extra udienza a loro delegata, senza avere avuto alcun compenso, mentre, invece, il lavoratore ha diritto ad avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa; in secondo luogo, avrebbe dovuto tenere conto RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALEe europea del 16/ 07/2020 (CGUE, UX contro Governo RAGIONE_SOCIALE Repubblica Italiana, causa
C-658/18, 16/07/2020), che, ad opinione dei ricorrenti ha chiarito che i magistrati onora ri sono da considerarsi ‘lavoratori’, secondo il diritto eurounitario.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 111, comma 6, Cost. (difetto di motivazione e/o motivazione apparente) e dell’art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., avendo il Giudice del secondo grado di merito dichiarato inammissibile la domanda ex art. 2041 c.c. – formulata dagli odierni ricorrenti in via subordinata – con una motivazione apparente, ossia obiettivamente incomprensibile, avendo affermato che la domanda era inammissibile perché avanzata per la prima volta in sede di comparsa di costituzione in appello ma ciò era smentito dagli atti di causa, essendo stata – invece – la domanda espressamente formulata fin dal primo grado di giudizio, avendo in atto di citazione le parti comunque richiesto la liquidazione delle somme ritenute dovute e, poi, espressamente richiamato la spettanza, in via gradata, dell’indennizzo ex art. 2041 c.c. nella memoria ex art. 186, comma 6, n. 1, c.p.c., ribadita in sede di precisazione delle conclusioni davanti al Tribunale e, poi, nella comparsa di costituzione in appello.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Occorre prima di tutto ricostruire il quadro normativo vigente nel periodo oggetto di giudizio (anni 2002-2007).
Si deve, dunque, richiamare il testo dell’art. 72 del r.d. n. 12 del 1941, nel testo vigente al momento in cui è entrato in vigore il d.lgs. n. 273 del 1989 (e cioè il 24/10/1989), il quale prevedeva quanto segue:
«Il pretore inizia ed esercita l’azione penale per i reati di sua competenza, fa eseguire i propri provvedimenti e provvede a quant’altro rientra nella funzione del pubblico ministero, secondo le leggi di procedura.
Le funzioni del pubblico ministero in udienza, nei casi previsti dalla legge, sono esercitate da uditori, da vice pretori anche onorari, da funzionari di pubblica sicurezza del gruppo A, ed in loro mancanza od impedimento, dal podestà del comune, il quale può delegare in sua vece il vice podestà, o un consultore, ovvero il segretario o un vice segretario comunale.
Se non si può provvedere nel predetto modo, è chiamato a rappresentare il pubblico ministero nell’udienza un avvocato, un procuratore o un notaio residente nel mandamento.»
All’epoca, l’art. 4 del d.lgs. n. 273 del 1989 recava la seguente statuizione:
«1. Ai vice pretori onorari spetta una indennità di lire sessantamila per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio. Non può essere corrisposta più di una indennità al giorno.
Ai vice procuratori onorari spetta una indennità di lire sessantamila per ogni udienza in relazione alla quale è conferita la delega a norma dell’articolo 72 del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12, sostituito dall’articolo 22 del decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 22 settembre 1988 n. 449. L’indennità è corrisposta per intero anche se la delega è conferita soltanto per uno o per alcuni dei processi trattati nell’udienza. Non può essere corrisposta più di una indennità al giorno.
L’ammontare delle indennità previste dai commi 1 e 2 può essere adeguato ogni tre anni, con decreto emanato dal ministro di grazia e RAGIONE_SOCIALE di concerto con il ministro del tesoro, in relazione alla variazione, accertata dall’RAGIONE_SOCIALE, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente.
La spesa relativa graverà sul capitolo 1589 del bilancio del ministero di grazia e RAGIONE_SOCIALE.
Sono abrogati gli articoli 32 comma 2 e 208 del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 » .
In sintesi, i vice pretori onorari potevano svolgere solo le funzioni del pubblico ministero in udienza e, per tale attività, era previsto il pagamento di indennità.
Nel tempo, l’art. 72 del r.d. n. 12 del 1941 è stato più volte modificato e, al momento in cui è stata adottata la l. n. 186 del 2008, che ha convertito in legge il d.l. n. 151 del 2008, recava le seguenti previsioni:
«Nei procedimenti sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per delega nominativa del procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso il tribunale ordinario:
nell’udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio, da personale in quiescenza da non più di due anni che nei cinque anni precedenti abbia svolto le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria, o da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE legali di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398;
b) nell’udienza di convalida dell’arresto o del fermo, da uditori giudiziari che abbiano compiuto un periodo di tirocinio di almeno sei mesi, nonché, limitatamente alla convalida dell’arresto nel giudizio direttissimo, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio in servizio da almeno sei mesi;
c) per la richiesta di emissione del decreto penale di condanna ai sensi degli articoli 459, comma 1, e 565 del codice di procedura penale, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio;
d) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all’articolo 127 del codice di procedura penale, salvo quanto previsto dalla lettera b), nei procedimenti di esecuzione ai fini dell’intervento di cui all’articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell’articolo 11
RAGIONE_SOCIALE legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio;
nei procedimenti civili, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio o dai laureati in giurisprudenza di cui alla lettera a).
Nella materia penale, è seguito altresì il criterio di non delegare le funzioni del pubblico ministero in relazione a procedimenti relativi a reati diversi da quelli per cui si procede con citazione diretta a giudizio previsto dall’articolo 550 del codice di procedura penale».
In effetti, prima il d.lgs. n. 15 del 1990 e, poi, il d.lgs. n. 51 del 1998 hanno modificato il testo dell’art. 72 d.lgs. n. 12 del 1941, prevedendo la possibilità di delegare ai vice procuratori onorari l’emissione di decreti penali di condanna.
Sono state, inoltre, previste ulteriori attività delegabili ai vice procuratori onorari con l’istituzione dell’RAGIONE_SOCIALE del giudice di pace.
In particolare, il d.lgs. n. 274 del 2000, recante disposizioni sulla competenza del giudice di pace in materia penale, dopo aver disciplinato, all’art. 15, l’attività conclusiva e il compimento di ulteriori atti d’indagine da parte del pubblico ministero e, all’art. 25, le richieste del pubblico ministero a seguito RAGIONE_SOCIALE citazione diretta, all’art. 50, nel testo applicabile ratione temporis , ha, poi, stabilito quanto segue:
«1. Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace, le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per delega del procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso il tribunale ordinario:
nell’udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio … omissis ;
per gli atti del pubblico ministero previsti dagli articoli 15 e 25, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio;
nei procedimenti in camera di consiglio di cui all’art. 127 del codice di procedura penale, nei procedimenti di esecuzione ai fini dell’intervento di cui all’art. 655, comma 2, del medesimo codice, e
nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell’art. 11 RAGIONE_SOCIALE legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti all’ufficio.
Nei casi indicati nel comma 1, la delega è conferita in relazione ad una determinata udienza o a un singolo procedimento.
La delega è revocabile nei soli casi in cui il codice di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero.
Si osservano le disposizioni di cui all’art. 162, commi 1, 3 e 4, del decreto legislativo 25 luglio 1989, n. 271.»
Tali interventi normativi, riferiti ai procedimenti di competenza del tribunale e del giudice di pace, non sono stati accompagnati da una nuova disciplina delle indennità spettanti contenuta nel richiamato art. 4 d.lgs. n. 273 del 1989, che ha mantenuto la previsione dell’indennità in favore del vice procuratore onorario soltanto per la partecipazione all’udienza.
Anche l’art. 64 del d.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle Spese di RAGIONE_SOCIALE), ora abrogato, pur interessandosi espressamente delle indennità spettanti ai magistrati onorari, ha semplicemente stabilito quanto segue:
«1. Ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale, ai vice procuratori onorari e ai giudici onorari aggregati spettano le indennità previste per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE loro attività di servizio, rispettivamente, e considerate le successive modificazioni, dagli articoli 11 e 15, comma 2-bis e 2-ter, RAGIONE_SOCIALE legge 21 novembre 1991, n. 374 per i giudici di pace, dall’articolo 4 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, per i giudici onorari di tribunale ed i vice procuratori onorari, dall’articolo 8 RAGIONE_SOCIALE legge 22 luglio 1997, n. 276, per i giudici onorari aggregati.»
Solo l’art. 3-bis d.l. n. 151 del 2008, inserito dalla l. n. 186 del 2008, che ha convertito in legge il menzionato d.l., ha modificato il testo dell’art. 4 d.lgs. n. 273 del 1989, con la seguente statuizione:
«1. All’articolo 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dai seguenti:
‘ 1. Ai giudici onorari di tribunale spetta un’indennità di euro 98 per le attività di udienza svolte nello stesso giorno.
1-bis. Ai giudici onorari di tribunale spetta un’ulteriore indennità di euro 98 ove il complessivo impegno lavorativo per le attività
di cui al comma 1 superi le cinque ore ‘ ; b) il comma 2 è sostituito dai seguenti:
‘ 2. Ai vice procuratori onorari spetta un’indennità giornaliera di euro 98 per l’espletamento delle seguenti attività, anche se svolte cumulativamente:
partecipazione ad una o più udienze in relazione alle quali è conferita la delega;
ogni altra attività, diversa da quella di cui alla lettera a), delegabile a norma delle vigenti disposizioni di legge.
2-bis. Ai vice procuratori onorari spetta un’ulteriore indennità di euro 98 ove il complessivo impegno lavorativo necessario per lo svolgimento di una o più attività di cui al comma 2 superi le cinque ore giornaliere.
2-ter. Ai fini dell’applicazione dei commi 1-bis e 2-bis, la durata delle udienze è rilevata dai rispettivi verbali e la durata RAGIONE_SOCIALE permanenza in ufficio per l’espletamento delle attività di cui al comma 2, lettera b), è rilevata dal procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica ‘ .
Dall’attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.»
2.2. Per completezza, occorre ricordare che la disciplina delle indennità spettanti alle singole figure di magistrati onorari – e, in
particolare, ai giudici di pace, ai GOT e ai VPO – è stata poi superata dall’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE disciplina di cui al d.lgs. n. 116 del 2017 (recante la riforma organica RAGIONE_SOCIALE magistratura onoraria), che – unificando il trattamento economico da riconoscere a tutti i magistrati onorari – prevede, a far data dal 16 agosto 2021, la corresponsione di una indennità lorda annuale in misura fissa, destinata a sostituire i regimi finora vigenti.
2.3. La giurisprudenza di legittimità ha già esaminato la questione posta con il motivo di ricorso in esame.
In particolare, Cass., Sez. 3. Sentenza n. 6455 del 03/03/ 2023, in continuità con una precedente pronuncia (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 18779 del 02/07/2021), ha ritenuto che solo per effetto RAGIONE_SOCIALE modifica introdotta dalla legge di conversione del d.l. n. 151 del 2008, l’erogazione dell’indennità sia stata riconosciuta anche con riferimento ad attività delegabili prestate dai vice procuratori onorari fuori udienza, ma ciò – stante il principio generale dell’irretroattività RAGIONE_SOCIALE legge – può valere solo per le attività successive alla sua entrata in vigore e non anche per il periodo precedente, quando non era stabilita per i vice procuratori onorari alcuna ulteriore indennità oltre a quella prevista per la partecipazione all’udienza.
Nella menzionata decisione, questa Corte ha anche ritenuto che non può invocarsi, in senso contrario, il disposto dell’art. 64 d.P.R. n. 115 del 2002, giacché la disposizione concernente la spettanza delle “indennità previste per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE loro attività di servizio” contiene un espresso richiamo alla disciplina legislativa relativa alle singole figure di magistrati onorari e non può in alcun modo essere letta come norma che stabilisce la debenza di un compenso per ogni attività esercitata da dette figure, bensì solo per l’attività che, per ogni figura, era all’epoca prevista dalla rispettiva legge regolatrice, con la conseguenza che, per i viceprocuratori onorari, si doveva tenere conto di quella contenuta nella norma espressamente richiamata, e cioè nell’art. 4 d.lgs. n. 273 del 1989 (nel testo allora
vigente), poiché la dizione “indennità prevista” intende ribadire quanto già stabilito dalla fonte richiamata, senza comportare una previsione “nuova” di estensione dell’indennità a ogni attività svolta dal funzionario onorario.
Alle medesime conclusioni era già pervenuta Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 177921 del 02/07/2021.
Nello stesso senso si è, da ultimo, pronunciata Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 35608 del 20/12/2023, riguardante un’opposizione a cartella esattoriale, avente ad oggetto, tra l’altro, il recupero di somme indebitamente versate a un vice procuratore onorario a titolo di indennità per attività diverse dalla per la partecipazione all’udienza prima del 2008. La Corte ha ritenuto di dover dare continuità al principio già affermato, nel senso che in ossequio al principio generale di irretroattività RAGIONE_SOCIALE legge, l’indennità per le attività svolte fuori udienza – introdotta dall’art. 3-bis RAGIONE_SOCIALE l. n. 186 del 2008, che ha modificato l’art. 4 del d.lgs. n. 273 del 1989 – spetta ai vice procuratori onorari in relazione alle attività successive all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE suddetta disposizione.
2.4. Assume, inoltre, rilievo una pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale (Corte cost., sentenza n. 172 del 23/07/2021), che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97, comma 2, Cost., dal Tribunale di Genova, dell’art. 3-bis, comma 1, lettera a), d.l. n. 151 del 2008, come convertito, nella parte in cui sostituisce il comma 1 e aggiunge il comma 1-bis all’art. 4 del d.lgs. n. 273 del 1989, prevedendo la corresponsione di indennità in favore dei soli VPO, per attività svolta fuori udienza, e non anche per i GOT.
La menzionata Corte, in riferimento alla prospettata illegittimità costituzionale riferita all’art. 3 Cost., ha ritenuto che il giudice a quo , muovendo da un’erCOGNOMEa premessa interpretativa circa la disciplina riferita al compenso dei VPO, posta come tertium comparationis , ha messo a confronto situazioni non comparabili, in quanto
non omogenee, poiché la differenza di trattamento tra GOT e VPO, sotto il profilo dei criteri di determinazione dell’indennità, trova giustificazione nel più ampio ventaglio di funzioni attribuite al secondo, al quale possono essere delegate anche attività indipendenti dalla partecipazione a un’udienza.
Nell’adottare tale statuizione la Corte costituzionale ha richiamato la questione che qui interessa nei seguenti termini: «…L ‘art. 72 ordin. giud. (anch’esso successivamente abrogato dal d.lgs. n. 116 del 2017) disponeva, infatti, che il procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica potesse delegare nominativamente l’esercizio delle funzioni di pubblico ministero, relativamente a procedimenti dei quali la legge attribuiva la cognizione al tribunale in composizione monocratica, per una serie di attività, legate alla partecipazione all’udienza dibattimentale (lettera a) o di convalida dell’arresto nel giudizio direttissimo (lettera b), nonché in vari tipi di altri procedimenti camerali (lettera d) e nei procedimenti civili (lettera e). Come per i GOT, si trattava, dunque, di funzioni essenzialmente legate alla partecipazione a un’udienza, dibattimentale o camerale, con l’unica (marginale) eccezione costituita dalla possibilità di delegare i VPO anche per la richiesta di emissione del decreto penale di condanna (lettera c). Per questo motivo, l’art. 4 del d.lgs. n. 273 del 1989, vigente al momento RAGIONE_SOCIALE riforma del giudice unico di primo grado operata con il d.lgs. n. 51 del 1998, disponeva che sia ai GOT che ai VPO spettasse una indennità ‘ per ogni udienza ‘ , con il limite di due indennità al giorno. Successivamente, però, il catalogo delle attività delegabili ai VPO, in forza RAGIONE_SOCIALE clausola generale contenuta nell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 71 ordin. giud., si è arricchito, per effetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 RAGIONE_SOCIALE legge 24 novembre 1999, n. 468). L’art. 50 di tale ultimo decreto ha infatti previsto che le funzioni di pubblico ministero possono essere delegate ai VPO, oltre che nelle attività di udienza (come già davanti
al tribunale in composizione monocratica), anche per altre specifiche incombenze indicate dagli artt. 15 e 25. Si tratta di ulteriori attività che – come già era accaduto per la sola presentazione RAGIONE_SOCIALE richiesta di decreto penale di condanna innanzi al giudice per le indagini preliminari del tribunale – vengono espletate a prescindere dalla partecipazione a un’udienza, camerale o dibattimentale che sia: consistendo, ad esempio, nella formulazione dell’imputazione o nella redazione RAGIONE_SOCIALE richiesta di archiviazione, in attività d’indagine, eccetera. Veniva, dunque, ampliato il ventaglio delle funzioni delegabili al VPO, differenziandosi così, in modo netto, la sua posizione rispetto a quella del GOT: mentre quest’ultimo avrebbe continuato ad esercitare funzioni esclusivamente legate alla celebrazione di un’udienza, al VPO veniva riconosciuta la possibilità di espletare attività anche indipendentemente dalla partecipazione ad essa. Non essendo stato contestualmente modificato l’art. 4 del d.lgs. n. 273 del 1989, tuttavia, queste ultime attività non potevano essere remunerate, appunto perché diverse dalla partecipazione all’udienza, unico criterio normativo all’epoca contemplato per la corresponsione del compenso. La situazione appariva fonte di difficoltà, testimoniate anche da varie circolari del RAGIONE_SOCIALE che, in via interpretativa, riconoscevano la spettanza dell’indennità ai VPO anche per lo svolgimento di attività delegate diverse da quella consistente nel sostenere la pubblica accusa in udienza. Risultata però evidente la carenza di base legale a sostegno di simili letture, l’art. 3-bis del d.l. n. 151 del 2008 operava la modifica dell’art. 4 del d.lgs. n. 273 del 1989 nel senso oggi contestato dal rimettente: la norma censurata giungeva così a fornire copertura legislativa ad una prassi amministrativa, fondata, come si è detto, proprio sui compiti diversi – e più ampi rispetto alle attività di udienza – attribuiti ai soli VPO. … »
La stessa Corte costituzionale ha, dunque, rilevato la mancanza, fino al 2008, di una previsione normativa che consentisse di liquidare un’indennità ai vice pretori onorari per attività diversa da
quella svolta in udienza e l’assenza di una copertura normativa che consentisse l’interpretazione operata nelle circolari ministeriali richiamate.
2.5. L’opinione RAGIONE_SOCIALE menzionata Corte assume valenza di mero supporto, ancorché autorevole, all’orientamento espresso nei precedenti di legittimità menzionati.
In effetti, una norma interpretativa è una disposizione legislativa che chiarisce il significato di una norma preesistente, senza modificarne il contenuto. Essa interviene per fissare il corretto significato di una disposizione precedente, scegliendo tra le diverse interpretazioni possibili, spesso eliminando le interpretazioni che si ritengono non corrette.
È del tutto estraneo alle norme interpretative il compito di riempire un vuoto normativo, il quale non può essere colmato in sede interpretativa ma richiede un intervento innovativo proprio del legislatore.
Nel caso di specie, l’intervento operato dall’art. 3-bis d.l. n. 151 del 2008 non è stato quello di attribuire un significato alla norma tra tanti significati possibili, ma di aggiungere alle ipotesti previste dalla disciplina altre ipotesi in precedenza non contemplate.
2.6. Come già affermato da questa Corte, nessun rilievo assume il disposto dell’art. 64 d.P.R. n. 115 del 2002, che ha semplicemente rinviato alla disciplina già prevista dalle norme in vigore per ciascuna categoria di magistrato onorario e, dunque, all’art. 4 d.lgs. n. 273 del 1989, nel testo applicabile ratione temporis , per quanto riguarda i vice procuratori onorari.
2.7. Neppure possono ritenersi utilizzabili, quale ausilio interpretativo, le note, i pareri e le circolari del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che, come evidenziato dalla Corte d’appello, non costituiscono fonti del diritto, essendo atti interni dell’Amministrazione, destinati ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti, che devono comunque rispettare il principio di legalità e non sono
vincolanti né per il giudice né per l’Amministrazione stessa, la quale può anche mutare orientamento (v. in materia tributaria Cass., Sez. U, Sentenza n. 23031 del 02/11/2007 e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 35098 del 29/11/2022), come risulta avere effettuato il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in fattispecie analoghe (v. la fattispecie esaminata da Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 35608 del 20/12/2023).
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
3.1. Com’è noto, il ricorso all’analogia è consentito dall’art. 12 preleggi solo quando manchi nell’ordinamento una specifica disposizione regolante la fattispecie concreta e si renda, quindi, necessario porre rimedio ad un vuoto normativo altrimenti incolmabile in sede giudiziaria (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 2656 del 11/02/2015; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4754 del 29/04/1995).
Come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, la regola secondo cui l’applicazione analogica presuppone la carenza di una norma ‘ indispensabile ‘ nella disciplina di una materia o di un caso, discende dal rilievo per cui, altrimenti, la scelta di riempire un preteso vuoto normativo sarebbe rimessa all’esclusivo arbitrio giurisdizionale, con conseguente compromissione delle prerogative riservate al potere legislativo e del principio di divisione dei poteri RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Non costituisce ex se una lacuna normativa da colmare facendo ricorso all’analogia ai sensi dell’art. 12 preleggi, dunque, il mero fatto che una disposizione normativa non preveda una certa disciplina, in altre invece contemplata. Ciò tanto più quando si tratti di estendere l’applicazione di una disposizione specifica oltre l’ambito di applicazione delineato dal legislatore, ovvero di applicarla analogicamente a vicenda concreta da questi non contemplata ed in presenza di diversi presupposti integrativi RAGIONE_SOCIALE fattispecie (Cass. Sez. U, Sentenza n. 38596 del 06/12/2021).
Ovviamente l’analogia si sostanzia nella applicazione RAGIONE_SOCIALE norma così come essa è a casi simili o a materie analoghe, rispetto a quelle espressamente disciplinate, senza alcun intervento manipo-
lativo del testo normativo, rivelandosi altrimenti il ricorso all’analogia una surrettizia attività normativa effettuata dall’interprete in luogo del legislatore.
3.2. Nel caso di specie, i ricorrenti hanno dedotto che la Corte d’appello, una volta riscontrato il vuoto normativo, avrebbe dovuto applicare analogicamente la disposizione prevista dall’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 273 del 1989 alle attività delegate ex art. 50 d.lgs. n. 274 del 2000 diverse dall’attività d’udienza, perché si trattava pur sempre di attività delegata, anche se l’indennità avrebbe dovuto essere liquidata, considerando non l’udienza, che non vi era stata, ma il singolo fascicolo in relazione al quale l’attività diversa da quella dell’udienza era stata compiuta.
Tale opinione non può essere condivisa.
Pur trattandosi, in entrambi i casi, di svolgimento di funzioni delegate, l’attività disciplinata dall’art. 4 d.lgs. n. 273 del 1989 è del tutto diversa dall’attività d’indagine o dalle richieste al giudice da parte del pubblico ministero e il criterio di liquidazione dell’indennità suggerito dalle parti è del tutto diverso da quello previsto dalla norma.
Nel caso regolato dal legislatore, l’indennità viene liquidata per ogni udienza, a prescindere dal numero dei fascicoli trattati, mentre invece l’interpretazione suggerita dai ricorrenti prescinde dall’attività di udienza, e tiene conto proprio dei fascicoli oggetto RAGIONE_SOCIALE delega.
La soluzione offerta dai ricorrenti, in sintesi, non estende la liquidazione prevista dal legislatore a casi simili rispetto a quelli espressamente regolati, ma la estende a casi del tutto diversi, prevedendo, inoltre, un criterio di liquidazione del tutto diverso e nuovo rispetto a quello legale.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile con riferimento a tutti i profili di doglianza.
4.1. I ricorrenti hanno, in primo luogo, censurato la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello, nella parte in cui ha escluso la possibilità di
liquidare l’indennizzo richiesto, mediante il ricorso ad una interpretazione delle norme in senso costituzionalmente orientato (secondo il disposto degli artt. 1, 3, 4, 36 e 97 Cost.), affermando che il Giudice del gravame ha fondato la decisione richiamando precedenti che hanno riguardato fattispecie del tutto diverse da quella in esame, ove i magistrati onorari o chiedevano di potere superare il tetto massimo indennitario previsto per i giudici di pace (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 10774 del 05/06/2020) o invocavano una tutela previdenziale (Cass., Sez. L, Sentenza n. 17862 del 09/09/2016), mentre invece, nella specie, si trattava di pagare l’indennità per il compimento di attività istruttoria effettivamente espletata nel corso delle indagini in esecuzione RAGIONE_SOCIALE delega conferita dal procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica.
Ad opinione dei ricorrenti, la Corte d’appello ha argomentato in modo incongruo, nella parte in cui ha escluso la possibilità di invocare le tutele lavoristiche di cui all’art. 36 Cost in presenza di emolumenti non irrisori comunque riconosciuti, perché, nella specie, gli emolumenti non vi erano stati, visto che la controversia aveva ad oggetto il mancato pagamento delle indennità di legge a quattro vice procuratori onorari che in cinque anni (dal 2002 al 2007) avevano lavorato complessivamente 1.432 procedimenti di competenza del giudice di pace, giusta delega nominativa rilasciata per ogni singolo procedimento ai sensi dell’art. 50 d.lgs. n. 274 del 2000 (in particolare, 505 procedimenti erano stati delegati ad COGNOME, 301 procedimenti erano stati delegati a COGNOME, 161 procedimenti erano stati delegati a COGNOME e 465 procedimenti erano stati delegati a COGNOME), senza avere alcun compenso.
Le stesse parti hanno aggiunto, che, se anche taluna giurisprudenza (di merito e di legittimità) distingue l’indennità dalla retribuzione, ritenendo che la prima (a differenza RAGIONE_SOCIALE seconda) sia diretta non a remunerare un lavoro ma a sovvenzionare lo svolgimento di una funzione onoraria destinata a durare per un tempo determinato,
non si comprende per quale ragione giuridica gli odierni ricorrenti dovevano ritenersi negate le indennità di legge destinate a ‘sovvenzionare’ appunto – lo svolgimento di una funzione onoraria.
4.1.1. La Corte d’appello risulta avere così statuito: «Le considerazioni sin qui svolte inducono a ritenere che nessuna disarmonia normativa si riscontra in subiecta materia , ma semmai un’innegabile lacuna creatasi ex post nel sistema, particolarmente a seguito dell’ entrata in vigore del decreto legislativo n. 274/2000 … che ha dato ingresso alla possibilità (nuova per l’ordinamento) di delegare ai vice procuratori onorari, da parte del procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica, le attività di indagini e le ulteriori attività espressamente previste dagli artt. 15 e 25 del citato decreto in combinato con l’art. 50, senza però prevederne l’indennizzabilità, essendo il compenso dei v.p.o. rimasto correlato, sino al 2008, sempre e solo alle (delegate) attività di udienza ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d. lgs. n. 273/1989 (nel testo anteriore alla novella, che, come si è detto, risulta richiamato sic et simpliciter , senza alcuna aggiunta o integrazione, dallo stesso art. 64 D. P. R. 115/2002). Essa non potrebbe colmarsi attraverso un’interpretazione RAGIONE_SOCIALE norma in senso costituzionalmente orientato, come prospettato da parte appellata con particolare riferimento all’art. 36 Cost., a ciò ostandovi il principio illustrato in alto, continuamente ribadito dalla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Suprema Corte, RAGIONE_SOCIALE specialità dell’incarico onorario – quello dei v.p.o., così come degli altri giudici onorari – rispetto al rapporto di lavoro pubblico, non essendo il magistrato onorario equiparabile ad un pubblico dipendente né ad un lavoratore parasubordinato, in quanto la categoria dei funzionari onorari presuppone un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi caratterizzanti l’impiego pubblico, come l’accesso alla carica mediante concorso, l’inserimento nell’apparato amministrativo RAGIONE_SOCIALE P.A., lo svolgimento del rapporto secondo lo statuto apposito per tale impiego, il carattere retributivo del compenso e la durata potenzial-
mente indeterminata del rapporto. Ciò che esclude, anche sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE remunerazione ed a fronte di emolumenti non irrisori comunque riconosciuti, la possibilità di richiamare le tutele lavoristiche di cui all’art. 36 Cost. Inadeguato si appalesa altresì il richiamo all’art. 97 Cost., in quanto il buon andamento e l’imparzialità RAGIONE_SOCIALE pubblica amministrazione in esso enunciati devono sempre essere coniugati con il principio di legalità che fonda la norma costituzionale: la disposizione de qua tutela infatti il buon andamento sulla base delle disposizioni di legge che regolano l’attività pubblica (principio RAGIONE_SOCIALE riserva di legge) e quindi, pure a voler richiamare tale norma costituzionale per profili attinenti all’organizzazione RAGIONE_SOCIALE magistratura, da essa non potrebbe tuttavia desumersi la possibilità per il giudice onorario di ottenere un’indennità per l’attività svolta che non trovi fondamento in una specifica disposizione di legge e che vada oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE misura massima indennitaria prevista dalla legge per tale categoria di funzionari onorari [si veda da ultimo in proposito Cass. civ. n. 10774/2020 che (con specifico riferimento al giudice di pace, ma affermando un principio di carattere generale, valevole per tutti coloro che svolgono funzioni di giudice onorario) ha ritenuto ‘manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che disciplinano la posizione del giudice di pace, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 Cost., non essendo quest’ultimo equiparabile ad un pubblico dipendente, né ad un lavoratore parasubordinato, in quanto la categoria dei funzionari onorari, RAGIONE_SOCIALE quale fa parte, presuppone un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi caratterizzanti l’impiego pubblico, come l’accesso alla carica mediante concorso, l’inserimento nell’apparato amministrativo RAGIONE_SOCIALE P.A., lo svolgimento del rapporto secondo lo statuto apposito per tale impiego, il carattere retributivo del compenso e la durata potenzialmente indeterminata del rapporto. Ne consegue l’impossibilità di pa-
rificare le indennità percepite dai giudici onorari alla retribuzione (…)’] … » .
4.1.2. Occorre tenere conto che, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento RAGIONE_SOCIALE pronuncia impugnata (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017).
Il motivo di impugnazione è, infatti, costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erCOGNOMEa e si traduce in una critica RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo. Tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1341 del 12/01/2024; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015).
La censura deve, tuttavia, riguardare la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE statuizione impugnata, e non anche le argomentazioni svolte ad abundantiam , in quanto le stesse, non costituendo il fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione, non spiegano alcuna influenza sul dispositivo RAGIONE_SOCIALE pronuncia e, pertanto, essendo improduttive di effetti giuridici, la loro impugnazione è priva di interesse (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 18429 del 08/06/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 8755 del 10/04/ 2018).
4.1.3. Dalla lettura RAGIONE_SOCIALE sentenza si evince con chiarezza che i ricorrenti non hanno colto e censurato in modo specifico le ragioni che hanno fondato la decisione.
Come si evince da quanto appena riportato, la Corte d’appello ha spiegato di ritenere non liquidabile alcuna indennità per attività diverse dalla partecipazione all’udienza, svolte dai vice pretori onorari prima del 2008, perché non vi era la corrispondente previsione
di legge, escludendo la possibilità di operare l’interpretazione delle norme vigenti in senso costituzionalmente orientato, in ragione RAGIONE_SOCIALE impossibilità di parificare il magistrato onorario a un lavoratore subordinato o parasubordinato ed escludendo il carattere retributivo del compenso. La Corte ha, quindi, ritenuto che ciò escluda, anche sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE remunerazione ed a fronte di emolumenti non irrisori comunque riconosciuti, la possibilità di richiamare le tutele lavoristiche di cui all’art. 36 Cost.
Il riferimento agli emolumenti non irrisori costituisce un mero inciso, chiaramente espresso ad abundantiam , non correlato alla ratio RAGIONE_SOCIALE decisione, che si risolve inequivocamente nell’affermazione impossibilità di estendere ai vice procuratori onorari la disciplina lavoristica sopra menzionata.
Sotto tale profilo, i ricorrenti si sono limitati ad affermare genericamente che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa, come previsto dall’art. 36 Cost., senza controdedurre in modo specifico agli argomenti utilizzati dalla Corte d’appello per escludere l’assimilazione dei vice procuratori onorari alla figura del lavoratore subordinato.
Né gli stessi ricorrenti hanno attinto la ratio RAGIONE_SOCIALE decisione, laddove hanno ritenuto non pertinente il richiamo al precedente di legittimità citato dalla Corte d’appello (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 10774 del 05/06/2020, che a sua volta menziona Cass., Sez. L, Sentenza n. 17862 del 09/09/2016), poiché, come si evince dalla motivazione sopra riportata, il riferimento al menzionato precedente è esplicitamente effettuato dalla Corte di merito per affermare un principio generale, posto a fondamento anche RAGIONE_SOCIALE decisione in questa sede impugnata come anche nella pronuncia menzionata, riconducibile alla impossibilità di equiparare il magistrato onorario ad un pub-
blico dipendente, con conseguente impossibilità di equiparare l’indennità da questi percepita ad una retribuzione.
I ricorrenti, infine, hanno meramente affermato che non si comprendeva per quale ragione giuridica gli erano state negate le indennità di legge destinate a ‘sovvenzionare’ lo svolgimento di una funzione onoraria, senza contrastare gli argomenti utilizzati dalla Corte d’appello, ove ha ampiamente spiegato, in modo chiaro e comprensibile, che l’indennità per l’attività d’indagine dei vice procuratori onorari, nel periodo oggetto di giudizio, non era prevista e che non poteva invocarsi la tutale lavoristica, perché non si trattava di lavoro subordinato e l’indennità non poteva essere equiparata alla retribuzione.
4.2. In secondo luogo, i ricorrenti hanno dedotto che la decisione RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale non ha tenuto in alcun conto RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE dell’UE del 16 luglio 2020 (CGUE, 16 luglio 2020, UX contro Governo RAGIONE_SOCIALE Repubblica Italiana, C-658/18), ritenendo che con tale sentenza la Corte di RAGIONE_SOCIALE abbia affermato che i magistrati onorari sono da considerarsi ‘lavoratori’, secondo il diritto eurounitario (p. 53 del ricorso per cassazione).
In particolare, i ricorrenti hanno affermato che secondo la Corte di RAGIONE_SOCIALE, il magistrato onorario può rientrare nella nozione di ‘lavoratore’ ai sensi dell ‘art. 7 RAGIONE_SOCIALE direttiva n. 2003/88/CE (relativa all’organizzazione del lavoro) e dell’art. 31, par. 2 RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentali dell’UE (punto 113 RAGIONE_SOCIALE decisione) e, ai sensi dell’Accordo quadro europeo sul lavoro a termine e RAGIONE_SOCIALE direttiva n. 1999/70/CE, il giudice onorario rientra nella nozione di ‘lavoratore a tempo determinato’
Ad opinione dei ricorrenti, verificata la presenza delle condizioni richieste dalla Corte europea, i giudici nazionali, anche in mancanza di norme di recepimento, non possono sottrarsi dal recepire le indicazioni europee, comprese quelle RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE, assumendo queste ultime una valenza uguale, se non RAGIONE_SOCIALE, alla
legge nazionale, applicando i principi affermati dalla UE e disapplicando le disposizioni nazionali che con tali principi confliggono.
Le parti hanno così dedotto che a fronte di una sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE dell’ RAGIONE_SOCIALEe Europea che qualifica come ‘lavoratore’ il magistrato onorario – e che, di conseguenza, riconosce a quest’ultimo il diritto alle ferie retribuite, il diritto al congedo di maternità, la tutela previdenziale e assistenziale, la copertura INAIL – la gravata sentenza nega addirittura le indennità di legge (dopo che i ricorrenti hanno svolto l’attività di indagine loro delegata).
Le stesse parti hanno, poi, aggiunto che, nella specie, è stata violata la dignità dei ricorrenti, tutelata dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’RAGIONE_SOCIALEe Europea, che, al suo art. 1, sancisce che «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata» , poiché è stata loro delegata l’attività di indagine facendo credere (attraverso le circolari ministeriali) che, per la stessa, riceveranno le indennità di legge, salvo poi non corrispondere nulla, cos evidenziando l’esistenza di un rapporto contrattuale fortemente asimmetrico e sbilanciato in cui la parte pubblica non tiene per nulla in considerazione l’interesse economico RAGIONE_SOCIALE parte privata (lavoratore autonomo) che, per di più per ragione di servizio, subisce una severa incompatibilità professionale territoriale con l’effetto ultimo, da un lato, di non potere lavorare da autonomo per non violare il patto con il RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, di vedersi negate le indennità per l’attività di servizio regolarmente svolta.
4.2.1. Occorre prima di tutto precisare la effettiva portata RAGIONE_SOCIALE pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE del 2020 richiamata dai ricorrenti (CGUE, 16 luglio 2020, UX contro Governo RAGIONE_SOCIALE Repubblica Italiana, C-658/18) ed anche di quelle successivamente intervenute nella stessa materia.
La menzionata sentenza ha esaminato la questione RAGIONE_SOCIALE eventuale violazione da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE italiano RAGIONE_SOCIALE direttiva 2003/88/CE (sull’orario di lavoro e sul riconoscimento di un periodo
di ferie annuali retribuite) e RAGIONE_SOCIALE direttiva 1999/70/CE (sul lavoro a tempo determinato) in relazione al diritto alle ferie di un giudice di pace che dal 2001 svolgeva tali funzioni.
La Corte di RAGIONE_SOCIALE ha subito precisato che, ai fini dell’applicazione RAGIONE_SOCIALE direttiva 2003/88/CE, la nozione di lavoratore non può essere interpretata in modo da variare a seconda degli ordinamenti nazionali, ma ha una portata autonoma, propria del diritto dell’RAGIONE_SOCIALEe.
La stessa Corte ha pure evidenziato che la qualificazione relativa alla nozione di lavoratore spetta, in ultima analisi, al giudice nazionale, ma quest’ultimo deve basarsi su criteri obiettivi e valutare nel loro complesso tutte le circostanze del caso di cui è investito, riguardanti la natura sia delle attività interessate sia del rapporto tra le parti in causa, fornendo comunque al giudice del rinvio i principi e criteri di cui quest’ultimo deve tenere conto nell’ambito del suo esame proprio guardando alla figura del giudice di pace e alla specifica situazione del giudice di pace che aveva proposto l’azione nel giudizio principale.
In particolare, per quanto in questa sede d’interesse, la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha affermato quanto segue:
«91. Nell’ ambito RAGIONE_SOCIALE qualificazione relativa alla nozione di ‘lavoratore’, che spetta, in ultima analisi, al giudice nazionale, quest ‘ultimo deve fondarsi su criteri obiettivi e valutare nel loro complesso tutte le circostanze del caso di cui è investito, riguardanti la natura sia delle attività interessate sia del rapporto tra le parti in causa (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2010, RAGIONE_SOCIALE, C-428/09, EU:C:2010:612, punto 29).
92. La Corte può tuttavia fornire al giudice del rinvio i principi e criteri di cui quest’ultimo dovrà tener conto nell’ambito del suo esame.
Occorre quindi ricordare, da un lato, che deve essere qualificata come ‘lavoratore’ ogni persona che svolga attività reali ed effettive, restando escluse quelle attività talmente ridotte da poter essere de-
finite puramente marginali e accessorie (sentenza del 26 marzo 2015, RAGIONE_SOCIALE, C-316/13, EU:C:2015:200, punto 27).
94. Dall’altro lato, secondo una giurisprudenza costante, la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è data dalla circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in cambio delle quali percepisca una retribuzione (sentenza del 20 novembre 2018, RAGIONE_SOCIALE, C-147/17, EU:C:2018:926, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
95. Anzitutto, per quanto riguarda le prestazioni svolte dalla ricorrente nel procedimento principale in qualità di giudice di pace, dalla ordinanza di rinvio risulta che esse sono reali ed effettive e che, inoltre, essa le svolge in via principale. In particolare, per un certo periodo di tempo, nella fattispecie nel periodo tra il 1º luglio 2017 e il 30 giugno 2018, essa, da un lato, ha emesso 478 sentenze nonché 1326 ordinanze in qualità di giudice penale e, dall’altro, ha tenuto due udienze alla settimana. Tali prestazioni non appaiono puramente marginali e accessorie.
96. In tale contesto, occorre ricordare, per quanto riguarda la natura del rapporto giuridico di cui trattasi nel procedimento principale, nell’ambito del quale la ricorrente nel procedimento principale svolge le sue funzioni, che la Corte ha già dichiarato che la natura giuridica sui generis di un rapporto di lavoro riguardo al diritto nazionale non può avere alcuna conseguenza sulla qualità di ‘lavoratore’ ai sensi del diritto dell’RAGIONE_SOCIALEe (sentenza del 26 marzo 2015, RAGIONE_SOCIALE, C316/13, EU:C:2015:200, punto 31).
97. Inoltre, per quanto riguarda la retribuzione, occorre esaminare se le somme percepite dalla ricorrente nel procedimento principale vengano versate come corrispettivo RAGIONE_SOCIALE sua attività professionale. 98. A tale riguardo, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che i giudici di pace percepiscono indennità connesse alle prestazioni da essi effettuate, di importo pari a EUR 35 o EUR 55, soggette alla
medesima tassazione RAGIONE_SOCIALE retribuzione di un lavoratore ordinario. In particolare, essi beneficiano di dette indennità per ciascuna udienza civile o penale, anche se non dibattimentale, e per l’attività di apposizione dei sigilli, nonché per ogni altro processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo. Inoltre, tali giudici percepiscono indennità per ciascun mese di effettivo servizio a titolo di spese per l’attività di formazione, aggiornamento e per l’espletamento dei servizi generali di istituto.
99. Sebbene dall’ordinanza di rinvio risulti che le funzioni del giudice di pace sono ‘onorarie’ e che talune delle somme versate lo sono a titolo di rimborso delle spese, resta il fatto che il volume di lavoro svolto dalla ricorrente nel procedimento principale e, di conseguenza, le somme percepite da quest’ultima per tale lavoro sono considerevoli. Da tale ordinanza risulta infatti che, nel periodo compreso tra il 1º luglio 2017 e il 30 giugno 2018, la ricorrente nel procedimento principale ha definito circa 1800 procedimenti.
100. Pertanto, la sola circostanza che le funzioni del giudice di pace siano qualificate come ‘ onorarie ‘ dalla normativa nazionale non significa che le prestazioni finanziarie percepite da un giudice di pace debbano essere considerate prive di carattere remunerativo.
101. Peraltro, anche se è certo che la retribuzione delle prestazioni svolte costituisce un elemento fondamentale del rapporto di lavoro, resta comunque il fatto che né il livello limitato di tale retribuzione né l’origine delle risorse per quest’ultima possono avere alcuna conseguenza sulla qualità di ‘lavoratore’ ai sensi del diritto dell ‘RAGIONE_SOCIALEe (v., in tal senso, sentenze del 30 marzo 2006, COGNOME e COGNOME, C10/05, EU:C:2006:220, punto 22, nonché del 4 giugno 2009, COGNOME e COGNOME, C-22/08 e C-23/08, EU:C:2009:344, punto 27).
102. In tali circostanze, spetta al giudice nazionale, in sede di valutazione dei fatti, per la quale è il solo competente, verificare, in ultima analisi, se gli importi percepiti dalla ricorrente nel procedimento
principale, nell’ambito RAGIONE_SOCIALE sua attività professionale di giudice di pace, presentino un carattere remunerativo idoneo a procurare a quest’ultima un beneficio materiale e garantiscano il suo sostentamento.
103. Infine, un rapporto di lavoro presuppone l’esistenza di un vincolo di subordinazione tra il lavoratore e il suo datore di lavoro. L’esistenza di un siffatto vincolo dev’essere valutata caso per caso in considerazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze che caratterizzano i rapporti tra le parti (sentenza del 20 novembre 2018, RAGIONE_SOCIALE., C-147/17, EU:C:2018:926, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
104. È certamente insito nella funzione dei giudici il fatto che questi ultimi debbano essere tutelati dagli interventi o dalle pressioni esterne suscettibili di compromettere la loro indipendenza nell’esercizio delle loro attività giurisdizionali e RAGIONE_SOCIALE funzione giudicante.
105. Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 83 delle sue conclusioni, tale requisito non impedisce di qualificare i giudici di pace come ‘lavoratori’.
106. A tale riguardo, dalla giurisprudenza risulta che la circostanza che i giudici siano soggetti a condizioni di servizio e possano essere considerati lavoratori non pregiudica minimamente il principio di indipendenza del potere giudiziario e la facoltà degli Stati membri di prevedere l’esistenza di uno statuto particolare che disciplini l’ordine RAGIONE_SOCIALE magistratura (v., in tal senso, sentenza del 1° marzo 2012, COGNOME‘Brien, C-393/10, EU:C:2012:110, punto 47).
107. In tale contesto, sebbene la circostanza che, nel caso di specie, i giudici di pace siano sottoposti al potere disciplinare esercitato dal RAGIONE_SOCIALE magistratura (in prosieguo: il «CSM») non sia di per sé sufficiente a farli considerare vincolati ad un datore di lavoro in base ad un rapporto giuridico di subordinazione (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 1987, Commissione/Paesi Bassi,
235/85, EU:C:1987:161, punto 14), occorre tuttavia tener conto di tale circostanza nel contesto di tutti fatti del procedimento principale. 108. Si devono quindi prendere in considerazione le modalità di organizzazione del lavoro dei giudici di pace.
109. A tale riguardo, dall’ordinanza di rinvio risulta che, sebbene possano organizzare il loro lavoro in modo più flessibile rispetto a chi esercita altre RAGIONE_SOCIALE, i giudici di pace sono tenuti a rispettare tabelle che indicano la composizione del loro ufficio di appartenenza, le quali disciplinano nel dettaglio e in modo vincolante l’organizzazione del loro lavoro, compresi l’assegnazione dei fascicoli, le date e gli orari di udienza.
110. Dalla decisione di rinvio risulta altresì che i giudici di pace sono tenuti ad osservare gli ordini di servizio del Capo dell’RAGIONE_SOCIALE. Tali giudici sono inoltre tenuti all’osservanza dei provvedimenti organizzativi speciali e generali del CSM.
111. Il giudice del rinvio aggiunge che detti giudici devono essere costantemente reperibili e sono soggetti, sotto il profilo disciplinare, ad obblighi analoghi a quelli dei magistrati professionali.
112. In tali circostanze, risulta che i giudici di pace svolgono le loro funzioni nell’ambito di un rapporto giuridico di subordinazione sul piano amministrativo, che non incide sulla loro indipendenza nella funzione giudicante, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare».
In tale quadro, la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha in sintesi affermato: « 113. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima parte RAGIONE_SOCIALE seconda questione dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 1, RAGIONE_SOCIALE direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, RAGIONE_SOCIALE Carta devono essere interpretati nel senso che un giudice di pace che, nell’ambito delle sue funzioni, effettua prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, può
rientrare nella nozione di «lavoratore», ai sensi di tali disposizioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare» .
Con riferimento all’applicabilità RAGIONE_SOCIALE direttiva 1999/70/CE e del relativo “Accordo Quadro”, la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha affermato che spetta al giudice del rinvio verificare se la situazione del magistrato onorario sia comparabile a quella di un magistrato ordinario, in base ai criteri che anche in questo caso ha fornito, ai fini di una valutazione autonoma e unitaria in ambito europeo, aggiungendo che, ove sia accertata detta comparabilità, occorre anche di verificare se esista una ragione oggettiva che giustifichi una differenza di trattamento.
La Corte di RAGIONE_SOCIALE ha, quindi, concluso, per quanto in questa sede di rilievo, nei seguenti termini:
«L’articolo 7, paragrafo 1, RAGIONE_SOCIALE direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del RAGIONE_SOCIALE, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’articolo 31, paragrafo 2, RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentali dell’RAGIONE_SOCIALEe europea devono essere interpretati nel senso che un giudice di pace che, nell’ambito delle sue funzioni, svolge prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, può rientrare nella nozione di «lavoratore», ai sensi di tali disposizioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
La clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato RAGIONE_SOCIALE direttiva 1999/70/CE del RAGIONE_SOCIALE, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che la nozione di «lavoratore a tempo determinato», contenuta in tale disposizione, può includere un giudice di pace, nominato per un periodo limitato, il quale, nell’ambito delle sue funzioni, svolge prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali
percepisce indennità aventi carattere remunerativo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato RAGIONE_SOCIALE direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale che non prevede il diritto per un giudice di pace di beneficiare di ferie annuali retribuite di 30 giorni, come quello previsto per i magistrati ordinari, nell’ipotesi in cui tale giudice di pace rientri nella nozione di «lavoratore a tempo determinato», ai sensi RAGIONE_SOCIALE clausola 2, punto 1, di tale accordo quadro, e in cui si trovi in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario, a meno che tale differenza di trattamento sia giustificata dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui detti magistrati devono assumere la responsabilità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare» .
Occorre precisare che, in pendenza del presente giudizio di legittimità, con la sentenza del 7 aprile 2022, n. 236 (CGUE, 7 aprile 2022, P.G. contro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e altri C-236/20), la Corte RAGIONE_SOCIALE UE ha ripreso i principi di cui alla sentenza del 16 luglio 2020 affermando che:
«1) L’articolo 7 RAGIONE_SOCIALE direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del RAGIONE_SOCIALE, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997, che figura in allegato alla direttiva 97/81/CE del RAGIONE_SOCIALE, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’RAGIONE_SOCIALE, dal RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, come modificata dalla direttiva 98/23/CE del RAGIONE_SOCIALE, del 7 aprile 1998, nonché la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del RAGIONE_SOCIALE, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sul lavoro a tempo determinato, devono
essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non prevede, per il giudice di pace, alcun diritto a beneficiare di ferie annuali retribuite di 30 giorni né di un regime assistenziale e previdenziale che dipende dal rapporto di lavoro, come quello previsto per i magistrati ordinari, se tale giudice di pace rientra nella nozione di «lavoratore a tempo parziale» ai sensi dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e/o di «lavoratore a tempo determinato» ai sensi dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, e si trova in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario.
2) La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale in forza RAGIONE_SOCIALE quale un rapporto di lavoro a tempo determinato può essere oggetto, al massimo, di tre rinnovi successivi, ciascuno di quattro anni, per una durata totale non RAGIONE_SOCIALE a sedici anni, e che non prevede la possibilità di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo il rinnovo abusivo di rapporti di lavoro» .
Successivamente, la medesima Corte di RAGIONE_SOCIALE ha adottato un’altra sentenza (CGUE, 27 giugno 2024, Peigli contro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e altri, C-41/23), statuendo sulle questioni pregiudiziali rimesse dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (Cons. RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, Sez. VII, Ordinanza n. 906 del 26/01/2023) con la quale ha dichiarato che:
«1) L’articolo 7 RAGIONE_SOCIALE direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del RAGIONE_SOCIALE, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del RAGIONE_SOCIALE, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e
RAGIONE_SOCIALE sul lavoro a tempo determinato, devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano a una normativa nazionale che, a differenza di quanto prevede per i magistrati ordinari, esclude, per i magistrati onorari che si trovano in una situazione comparabile, qualsiasi diritto alla corresponsione di un’indennità durante il periodo feriale di sospensione delle attività giudiziarie ed alla tutela previdenziale e assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato
alla direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che:
essa osta a una normativa nazionale ai sensi RAGIONE_SOCIALE quale il rapporto di lavoro dei magistrati onorari può essere oggetto di rinnovi successivi senza che siano previste, al fine di limitare l’utilizzo abusivo di tali rinnovi, sanzioni effettive e dissuasive o la trasformazione del rapporto di lavoro di tali magistrati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.»
Queste ultime due pronunce RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE, in sintesi, a parte la tematica relativa ai rinnovi contrattuali reiterati, hanno affrontato il tema dell’applicazione del principio di non discriminazione, guardando alle specifiche questioni ad essa poste (ferie annuali, indennità per il tempo RAGIONE_SOCIALE sospensione feriale, regime previdenziale e assistenziale), ove ricorrendone i presupposti, il magistrato onorario possa essere considerato, sempre dal diritto eurounitario come un lavoratore a tempo parziale o a tempo determinato, che si trova in una situazione comparabile a quella del magistrato togato.
4.2.3. La Corte d’appello non ha esaminato la questione dell’incidenza RAGIONE_SOCIALE pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE del 2020 sopra descritta (le altre sentenze RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE sono, infatti, intervenute prima RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata) e i ricorrenti non hanno
dedotto, nel ricorso per cassazione, di averla prospettata al giudice di merito, sicché tale questione deve ritenersi esposta per la prima volta in sede di legittimità.
Com’è noto, le decisioni RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE, al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili, hanno operatività immediata negli ordinamenti interni (Corte cost., Sentenza n. 284 del 13/07/2007; Corte cost., Sentenza n. 389 dell’11/07/1989; Corte cost., Sentenza n. 113 del 23/04/1985).
Sotto questo profilo, dunque, è ammissibile il motivo di ricorso che denunci la violazione del diritto comunitario, conseguente ad una sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE successiva alla decisione di “prime cure”, ma anteriore a quella d’appello, sebbene non dedotta nel precedente grado, in quanto non esistono preclusioni alla rilevabilità, anche d’ufficio e per la prima volta, in sede di legittimità RAGIONE_SOCIALE questione relativa alla compatibilità RAGIONE_SOCIALE norma interna con quella comunitaria sopravvenuta, che opera in modo analogo allo ius superveniens , essendo tenuto il giudice di ultima istanza a tale controllo (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15032 del 02/07/2014; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9375 del 05/04/2023).
4.2.4. Nel presente giudizio, la censura non è volta a far valere un diritto a una retribuzione pari o proporzionale a quella spettante al giudice togato, essendo la doglianza formulata soltanto per rivendicare il diritto alla percezione di un compenso per l’attività d’indagine prestata, da qualificare come retribuzione spettante al lavoratore subordinato, invocando a sostegno delle proprie ragioni la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE del 2020 (cfr. in materia Cons. RAGIONE_SOCIALE, Sez. VII, Sentenza n. 1334 del 09/02/2024 e Cass., Sez. 4, Sentenza n. 10080 del 14/04/2023).
In altre parole, i ricorrenti non hanno dedotto che, in virtù del principio di non discriminazione proprio del diritto unionale, avrebbero diritto ad emolumenti analoghi a quelli percepiti dal magistrato togato, ma hanno affermato che, dovendo essere considerati lavo-
ratori, in base alla sentenza sopra menzionata, avrebbero dovuto avere il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE retribuzione per l’attività delegata d’indagine svolta.
La doglianza si sostanzia nella non condivisione RAGIONE_SOCIALE decisione RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello – nella parte in cui ha ritenuto di non poter considerare retribuzione l’indennità richiesta, per non essere l’attività del magistrato onorario riconducibile a quella di un lavoratore subordinato – fondata soltanto sull’intervento RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE del 2020.
La Corte di RAGIONE_SOCIALE, però, come sopra evidenziato, non ha affermato che tutti i magistrati onorari sono automaticamente lavoratori dipendenti, ma ha ritenuto che, ai fini dell’applicazione delle norme eurounitarie sopra menzionate, e in presenza di determinati requisiti, i giudici di pace possano essere considerati come lavoratori dipendenti.
Dopo aver fornito la definizione di lavoratore secondo il diritto dell’RAGIONE_SOCIALEe e individuato i criteri da utilizzare per ricondurre a tale nozione la figura del giudice di pace, anche in relazione alla situazione concreta del magistrato onorario che ha agito in giudizio, la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha affermato che « … 113. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima parte RAGIONE_SOCIALE seconda questione dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 1, RAGIONE_SOCIALE direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, RAGIONE_SOCIALE Carta devono essere interpretati nel senso che un giudice di pace che, nell’ambito delle sue funzioni, effettua prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, può rientrare nella nozione di ‘ lavoratore ‘ , ai sensi di tali disposizioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare … »
I ricorrenti non hanno dedotto nel ricorso argomenti per contrastare la soluzione adottata dalla Corte d’appello, limitandosi a richiamare la pronuncia indicata, così formulando una censura del
tutto generica, che non indica le ragioni per cui, proprio tenendo conto dei criteri indicati dalla Corte di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello avrebbe operato una valutazione contraria al diritto dell’unione.
La doglianza si sostanzia nell’attribuzione alla sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALE del 2020, di conclusioni che, invece, avrebbero dovuto essere frutto di una valutazione del giudice nazionale, i cui elementi avrebbero dovuto essere illustrati nel ricorso per cassazione e rispondere al requisito di specificità del motivo ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.
4.2.5. Deve ritenersi inammissibile la censura anche nella parte in cui è dedotta la violazione dell’art. 1 CDFUE, in ragione di condotte asseritamente lesive RAGIONE_SOCIALE dignità umana, consistenti, secondo la prospettazione dei ricorrenti, nell’indurre i vice procuratore onorari ad eseguire l’attività istruttoria delegata, ingenerando l’affidamento in ordine alla sua remunerazione, poi negata.
Si tratta di questione mista in diritto e in fatto (senza peraltro alcuna specificazione delle conseguenze giuridiche di tale asserita condotta), che non è stata trattata dalla Corte d’appello, in relazione alla quale i ricorrenti non hanno precisato e dimostrato di avere proceduto alla relativa prospettazione negli atti dei precedenti gradi di merito.
Com’è noto, infatti, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità RAGIONE_SOCIALE censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, che non siano trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024; Cass., Sez. 2, Sentenza n.
20694 del 09/08/2018; v. più in generale Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 15196 del 12/06/2018).
Il quarto motivo è invece fondato, sia pure nei limiti di seguito evidenziati.
5.1. I ricorrenti hanno prospettato la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., deducendo, oltre al vizio di motivazione, la violazione dell’art. 183, comma 6, c.p.c., evidenziando in particolare che nell’atto di citazione avevano domandato il pagamento RAGIONE_SOCIALE somma comunque dovuta, formulando espressamente la richiesta ai sensi dell’art. 2041 c.c. nella memoria ex art. 186, comma 6, n. 1, c.p.c. e, infine, nelle conclusioni definitive di primo grado. Tali allegazioni sono accompagnate dal deposito degli atti di causa richiamati.
5.2. A prescindere dal dedotto vizio di motivazione, che in realtà attiene non alla mancanza, ma alla ritenuta erCOGNOMEità RAGIONE_SOCIALE stessa, i ricorrenti hanno dedotto che la Corte d’appello ha ritenuto che la domanda di indennizzo fosse inammissibile, perché tardiva, non considerando che la stessa, oltre ad essere implicita nelle conclusioni dell’atto di citazione, era stata esplicitata nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis .
5.3. Com’è noto, le Sezioni Unite hanno precisato che l’errore revocatorio ricorre soltanto in caso di svista del giudice nella consultazione degli atti del processo, la quale può avere ad oggetto fatti sostanziali o fatti processuali, quando il fatto supposto, esistente o inesistente, è il fatto probatorio che non abbia costituito un punto controverso, sul quale il revocando provvedimento si è pronunciato. Se, invece, l’errore percettivo sul fatto probatorio non può essere intercettato mediante la revocazione, perché controverso ed oggetto di pronuncia, nulla osta a che esso costituisca motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 o n. 5, c.p.c., a seconda che attenga a fatti processuali o sostanziali, poiché quando il giudice ritiene l’esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, op-
pure l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, tale errore ha sempre una componente omissiva riferita all’angolo visuale del risultato che ha portato all’esito del giudizio (Cass., Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024).
5.4. In tale quadro, si deve tenere conto che, nel processo introdotto mediante domanda di adempimento contrattuale, è ammissibile la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento formulata, in via subordinata, con la prima memoria ai sensi dell’art. 183, comma 6, c.p.c., qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22404 del 13/09/2018; Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 27620 del 03/12/2020; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 3127 del 09/02/2021).
5.5. Nel caso di specie, i ricorrenti hanno dedotto di avere precisato le conclusioni nella memoria ex art. 186, comma 6, n. 1, c.p.c. richiamando, in via subordinata, il diritto ad ottenere l’indennizzo per ingiustificato arricchimento dell’Amministrazione e tale allegazione risulta confermata dalla documentazione prodotta (doc. F n. 5 allegato al ricorso per cassazione), sicché la censura risulta fondata.
La questione di legittimità costituzionale, formulata in via gradata, per il caso di mancato accoglimento del primo motivo di ricorso per cassazione, è inammissibile per manifesta infondatezza.
I ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità dell’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 273 del 1989, nella formulazione risultante a seguito dell’art. 3-bis d.l. n. 151 del 2008, convertito nella l. n. 186 del 2008, in relazione all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che l’indennità giornaliera da corrispondersi per lo svolgimento di ogni altra attività diversa dall’attività di udienza, delegata a norma delle vigenti disposizioni di legge, spetti ai vice procuratori onorari anche per il periodo precedente alla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE detta disposizione, in particolare spetti dal momento in cui è stato istituito l’RAGIONE_SOCIALE
del Giudice di Pace con d.lgs. n. 274 del 2000, che, all’art. 50, appunto prevede la delegabilità al vice procuratore onorario dell’attività di indagine relativa ai reati di competenza del Giudice di Pace.
Come emerge chiaramente dalla previsione normativa, la disposizione censurata non ha creato alcuna ingiustificata disparità di trattamento, ma, anzi, è intervenuta per riempire un vuoto normativo.
La violazione dell’art. 3 Cost. è dai ricorrenti prospettata in ragione RAGIONE_SOCIALE mancata previsione RAGIONE_SOCIALE retroattività RAGIONE_SOCIALE disposizione.
Com’è noto, il divieto di retroattività RAGIONE_SOCIALE legge, previsto dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, pur costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 Cost., tant’è che -nel rispetto di tale previsione -il legislatore può emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti ‘ motivi imperativi di interesse generale ‘ , ai sensi RAGIONE_SOCIALE Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica, quindi, non può dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario. In tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire ‘ situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo, in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto ‘ , o di ‘ ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore ‘ , a tutela RAGIONE_SOCIALE certezza del diritto e dell’eguaglianza dei cittadini, cioè di principi di preminente interesse costituzionale.
Si tratta, comunque, di una eccezione alla regola, la cui operatività è lasciata alla discrezionalità del legislatore in base ad una valutazione che è riservata alla sua scelta, soprattutto in fattispecie
in cui l’eventuale applicazione retroattiva può incidere sugli impegni di spesa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, chiamato ad effettuare un bilanciamento tra gli interessi costituzionalmente rilevanti.
7. In conclusione, deve essere accolto il quarto motivo di ricorso e, dichiarati infondati il primo e il secondo e inammissibile il terzo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, perché il giudice di merito compia gli accertamenti omessi.
Il Giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il quarto motivo di ricorso e, dichiarati infondati il primo e il secondo e inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per la statuizione del presente grado di giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Prima Sezione Civile RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME