Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16836 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16836 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12908-2020 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4062/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/01/2020 R.G.N. 444/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Oggetto
Rapporto lavoro privato
R.G.N. 12908/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 19/03/2025
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello di NOME COGNOME, dipendente di RAGIONE_SOCIALE con la qualifica di Quadro I e mansioni di supervisore lavori tecnologici, confermando la sentenza di primo grado che aveva rigettato la sua domanda diretta ad ottenere il compenso ulteriore per aver svolto l’incarico di direttore di lavori per le tecnologie per la tratta AV/AC Roma Napoli.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con sette motivi. RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. Si impugna la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto essersi formato il giudicato interno sulla statuizione del tribunale che, richiamate le declaratorie contrattuali e le mansioni proprie del supervisore lavori tecnologico, ha ritenuto che al COGNOME poteva essere affidato l’incarico di direttore dei lavori per conto del committente, ai sensi dell’art. 17 delle Condizioni gen erali di contratto, con conseguente omessa pronuncia sul diritto al compenso dell’attuale ricorrente.
Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 123 del D.P.R. 554 del 1999 e succ. mod. e dell’art. 7, d.lgs. 165 del 2001. Il ricorrente premette che il direttore dei lavori, terzo rispetto all’amministrazione
committente e al soggetto appaltatore, è figura indefettibile negli appalti pubblici, ai sensi dell’art. 123 d.P.R. 554 del 1999; che le amministrazioni appaltanti possono fare ricorso, per l’espletamento delle funzioni di direttore di lavori, a risorse interne, così avvantaggiandosi del costo ridotto; assume che RAGIONE_SOCIALE, nella diposizione organizzativa del 9.11.2004, si riferisse al ruolo del direttore dei lavori quale figura terza operante nell’interesse del committente, nella specie rappresentato dalla stessa RAGIONE_SOCIALE in quanto delegata dalla committente RAGIONE_SOCIALE, e dunque quale committente nello svolgimento dell’alta sorveglianza sulla commessa, in riferimento alla quale il COGNOME, nella veste di dipendente, svolgeva il compito di supervisore dei lavori; che quella di direttore dei lavori era una funzione esterna alla società RAGIONE_SOCIALE e che questa ben poteva affidare a liberi professionisti oppure a propri dipendenti in possesso dei requisiti di idoneità previsti dalla legge; che in tal senso depone il contratto collettivo aziendale del 20 luglio 2012, art. 36.
Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 90, 91 e 92, comma 5, d.lgs. 163 del 2006 nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Il ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che l’incentivo previsto dal citato art. 92 riguardasse l’ambito della progettazione e non quello della direzione dei lavori.
Con il quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 206 e 210, d.lgs. 163 del 2006 per avere la Corte d’appello errato nel considerare tali previsioni ostative all’applicabilità dell’art. 92 a RAGIONE_SOCIALE, in relazione al tipo di attività dalla medesima svolta.
Con il quinto motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. nonché omessa pronuncia su un fatto che è
stato oggetto di discussione tra le parti. Si censura la decisione d’appello nella parte in cui ha ritenuto RAGIONE_SOCIALE società controllata da RAGIONE_SOCIALE con conseguente applicazione dell’art. 91 del d.lgs. 163 del 2006.
Con il sesto motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. dell’art. 92, comma 5, del d.lgs. 163 del 2006 nonché dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito subordinato l’applicazione del citato art. 92 all’adozione di un regolamento interno.
Con il settimo motivo di ricorso si addebita alla sentenza la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulle domande formulate in via subordinata e dirette ad ottenere la corresponsione del compenso ai sensi dell’art. 36 Cost. e dell’art. 20 41 c.c.
I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per connessione logica, sono inammissibili per più profili.
Anzitutto, i motivi di ricorso denunciano plurime violazioni di legge facendo riferimento ad atti e documenti di cui non vi è cenno nella sentenza d’appello nonché a fatti e circostanze che non risultano oggetto di specifico accertamento nei gradi di merito e sollecitano, in base a tali atti e documenti, una inammissibile revisione del procedimento decisorio.
La Corte d’appello ha accertato in fatto, in base al materiale istruttorio raccolto, che ‘il contratto di appalto … inerente la progettazione esecutiva e la realizzazione della tratta di linea ferroviaria AV/AC Roma Napoli non è stato stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE c on RAGIONE_SOCIALE. A quest’ultima è stata affidata, con accordo del 2000, la sola direzione dei lavori’ (sentenza, p. 9, primo cpv.). Inoltre, che il COGNOME, quale dipendente di RAGIONE_SOCIALE, ha svolto i compiti di supervisore dei lavori tecnici e di direttore dei lavori,
entrambi rientranti nella sua qualifica di appartenenza. Ha ritenuto che tali compiti non fossero suscettibili di remunerazione ulteriore in base al principio cardine di onnicomprensività della retribuzione nel pubblico impiego, non derogato da specifiche previsioni normative.
Il ricorrente censura questa statuizione sul presupposto fattuale secondo cui RAGIONE_SOCIALE fosse stata ‘incaricata per delega dalla committente RAGIONE_SOCIALE, e quindi nella stessa posizione di committente, dell’alta sorveglianza sull’esecuzione della commessa’ (ric orso p. 6) e, in ragione di ciò, non potesse essa stessa svolgere le funzioni di direttore dei lavori ma unicamente selezionare il soggetto cui affidare questo ruolo, attingendo a liberi professionisti oppure a propri dipendenti. Questi ultimi, ove selezionati, avrebbero svolto una funzione esterna rispetto alla propria società datoriale.
Tale prospettazione di parte ricorrente poggia su una ricostruzione in fatto che è diversa da quella contenuta nella sentenza impugnata. Il ricorrente postula una regolazione dei rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che fa perno sulla delega dalla prima alla second a dell’alta sorveglianza sulla commessa oppure dell’alta sorveglianza sulla progettazione ed esecuzione dei lavori (ricorso, p. 6 prima alinea), che non trova riscontro alcuno nella decisione d’appello. Questa ha accertato unicamente l’esistenza di un acco rdo in forza del quale RAGIONE_SOCIALE ha affidato a RAGIONE_SOCIALE la direzione dei lavori, per conto e nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE e in sostituzione di questa e che il COGNOME ha svolto null’altro che le mansioni rientranti nella sua qualifica.
Da ciò consegue che tutte le violazioni di legge denunciate, così come l’assunto di inammissibilità giuridica del ruolo di direttore dei lavori affidato al dipendente come tale e non quale
soggetto esterno e terzo, si rivelano inammissibili in quanto formulate su presupposti fattuali diversi da quelli oggetto di accertamento.
Come più volte affermato da questa Corte, non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità; il discrimine tra la violazione o falsa applicazione di norme e l’erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (v. Cass. n. 3340 del 2019; n. 640 del 2019; n. 10320 del 2018; n. 24155 del 2017; n. 195 del 2016).
Le considerazioni svolte privano di rilievo anche il primo motivo di ricorso, sull’errata affermazione di giudicato interno in ordine alla sussumibilità dell’incarico di direttore dei lavori per conto del committente nel profilo di inquadramento del COGNOME, e il quinto motivo con cui è dedotta la violazione degli artt. 115 e 112 c.p.c. Né vi è spazio per dire integrata la violazione dell’art. 112 c.p.c. oggetto dell’ultimo motivo, avendo la Corte espressamente pronunciato sulla inconfigurabilità di una violazione degli artt. 36 Cost. e 2041 c.c. (sentenza, p. 10 e 11).
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 8.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 19 marzo 2025