Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9631 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9631 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3992-2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI RADDUSA;
– intimato – avverso la sentenza n. 709/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 12/07/2018 R.G.N. 556/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO
-che, con sentenza del 12 luglio 2018, la Corte d’Appello di Catania, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Catania, accoglieva in parte, relativamente alle censure attinenti al pagamento dei compensi per il progetto finalizzato relativo alla definizione delle pratiche di condono, l’opposizione proposta dal Comune di Raddusa avverso il
R.G.N. 3992/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/02/2024
CC
decreto ingiuntivo ottenuto da NOME COGNOME e, revocato il decreto ingiuntivo, condannava il Comune al pagamento della somma residua;
-che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto non dovuti gli importi pretesi in difetto del preventivo impegno di spesa, avendo l’erogazione del compenso carattere meramente programmatico in quanto subordinata alla riscossione degli oneri concessori indicati quale copertura finanziaria ma solo preventivata e non provata nella sua effettività;
-che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a quattro motivi, in relazione alla quale il Comune di Raddusa , pur intimato, non ha svolto alcuna attività difensiva;
-che il ricorrente ha poi depositato memoria
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 182 del T.U.E.L. di cui al d.lgs. n. 267/2000, 2697 e 2699 c.c. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, imputa alla Corte territoriale l’erronea valutazione in termini meramente programmatici se non la mancata considerazione e, così, l’ error in procedendo implicante la nullità dell’impugnata sentenza, della delibera di approvazione del programma e di quelle di liquidazione delle somme spettanti al ricorrente per lo svolgimento dell’attività;
-che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2126 c.c., 191 T.U.E.L. e 36 Cost., il ricorrente, in via subordinata, lamenta a carico della Corte territoriale il disconoscimento del credito azionato in sede monitoria sotto il profilo della spettanza del corrispettivo
per l’attività lavorativa prestata sulla base di un atto inficiato da un vizio implicante la nullità del medesimo;
-che nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. è prospettata, in ulteriore subordine, in relazione al disconoscimento del credito azionato in sede monitoria in relazione all’indebito arricchimento derivato all’amministrazione dall’esecuzione dell’attività;
che con il quarto motivo è denunciata la violazione dell’art. 91 c.p.c. e si assume che «se la Corte d’appello non fosse incorsa negli errori sopra denunciati non avrebbe compensato le spese nella misura del 50% ma le avrebbe liquidato nella loro interezza»;
-che il primo motivo si rivela inammissibile, atteso che la censura con esso sollevata, del tutto inconsistente se riguardata sotto il profilo del denunciato error in procedendo , per avere la Corte territoriale, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, puntualmente preso in esame la richiamata documentazione, si risolve nella mera confutazione dell’apprezzamento che di quella documentazione ha operato la Corte medesima, desumendone la natura meramente programmatica in termini del tutto plausibili, per essere la copertura finanziaria dell’erogazione subordinata alla riscossione di specifici cespiti di fatto non comprovata;
a soli fini di completezza si deve aggiungere che nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l’orientamento secondo cui «In tema di pubblico impiego contrattualizzato, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, l’attribuzione dei trattamenti economici è riservata alla contrattazione collettiva (preordinata al perseguimento di una pluralità di obiettivi di rilievo costituzionale, non riducibili a quello della razionale distribuzione delle risorse finanziarie), sicché non è sufficiente, a tal fine, l’adozione di un atto
deliberativo negoziale da parte della RAGIONE_SOCIALE, il quale, anche nell’ipotesi in cui sia rispettoso dei vincoli finanziari, deve considerarsi nullo ove non conforme alla suddetta contrattazione» ( Cass. n. 11645/2021);
che, di contro, infondato deve ritenersi il secondo motivo; se è vero che, secondo l’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 18063/2023 e Cass. 27842/2023), l’atto volto a legittimare la remunerazione di prestazioni aggiuntive nel pubblico impiego che sia assunto in difetto del preventivo impegno di spesa, per quanto sia invalido, non consente di derogare alla disciplina, certamente applicabile nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, dell’art. 2126 c.c., così fondando la pretesa a conseguire il corrispettivo di quell’attività lavorativa, anche se giuridicamente non dovuta, ove sia stata concretamente prestata (così Corte cost. 27.1.2023, n. 8), tuttavia nella specie il principio in questione non può trovare applicazione non avendo il ricorrente neppure allegato lo svolgimento delle prestazioni aggiuntive di cui chiede il compenso oltre il debito orario che ne legittima, ove in concreto la prestazione sia stata effettuata, la remunerazione ex art. 2126 c.c;
-che, sulla base dei medesimi rilievi, va rigettato anche il terzo motivo;
che il quarto motivo sul regolamento delle spese è inammissibile in quanto non censura nel concreto la decisione sulla spese per la diretta violazione di una delle regole di distribuzione di cui agli artt. 91 segg. c.p.c. ma si limita ad una prosp ettazione alternativa, subordinata all’accoglimento delle altre censure;
-che il ricorso va, pertanto, rigettato senza attribuzione delle spese per non aver il Comune di Raddusa svolto alcuna attività difensiva.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8.2.2024.