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Compenso progettazione appalti: no a pagamenti extra

Una società di progettazione ha citato in giudizio un’amministrazione pubblica per ottenere il pagamento di prestazioni professionali aggiuntive relative a modifiche progettuali. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha respinto il ricorso, stabilendo che il committente ha un’ampia facoltà di richiedere modifiche contrattuali senza che ciò comporti necessariamente un extra compenso per la progettazione negli appalti. La Corte ha ritenuto inammissibili i motivi del ricorso, in quanto basati su un’errata interpretazione della perizia tecnica (CTU) e diretti contro solo una delle plurime ragioni a fondamento della decisione impugnata.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Progettazione Appalti: Non Tutte le Modifiche Danno Diritto a un Extra

Nell’ambito degli appalti, soprattutto pubblici, la fase di progettazione è cruciale e spesso soggetta a revisioni e modifiche richieste dal committente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: non tutte le variazioni richieste comportano automaticamente il diritto a un compenso progettazione appalti aggiuntivo. La decisione sottolinea l’importanza delle clausole contrattuali che attribuiscono al committente un’ampia facoltà di richiedere cambiamenti.

I Fatti di Causa

Una società di progettazione, capogruppo di un raggruppamento temporaneo di professionisti, aveva citato in giudizio un’amministrazione pubblica. La richiesta era duplice: la risoluzione di un contratto per grave inadempimento e il pagamento di cospicue somme per prestazioni professionali eseguite, oltre al risarcimento dei danni. In particolare, la disputa verteva su due pacchetti di progettazione: uno relativo a una rete separata e l’altro alla sistemazione di un versante.

Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto le domande della società, riconoscendole un importo significativo. Tuttavia, la Corte d’Appello, su ricorso dell’amministrazione, aveva drasticamente ridotto tale somma. Secondo i giudici d’appello, le attività progettuali per cui si chiedeva il compenso non erano nuove opere extracontrattuali, ma semplici rivisitazioni di progetti precedenti. Tali modifiche rientravano nella facoltà del committente di richiedere cambiamenti, come previsto dal contratto, senza che ciò desse diritto a compensi aggiuntivi. Inoltre, alcune progettazioni non erano state approvate legittimamente a causa della loro eccessiva onerosità o perché esulavano dal progetto preliminare posto a base di gara.

Il Ricorso in Cassazione e il Compenso Progettazione Appalti

La società di progettazione ha quindi proposto ricorso in Cassazione, articolando diversi motivi di doglianza. I principali argomenti si basavano sulla presunta errata interpretazione, da parte della Corte d’Appello, sia della sentenza di primo grado sia delle conclusioni della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). Secondo la ricorrente, i giudici di secondo grado avrebbero commesso un errore percettivo, attribuendo al progetto approvato nel 2005 delle considerazioni che il CTU aveva invece riferito a una versione precedente e non approvata.

La Corte di Cassazione ha esaminato attentamente i motivi del ricorso, dichiarandoli tutti inammissibili e confermando la decisione della Corte d’Appello.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su principi procedurali e sostanziali molto solidi. In primo luogo, ha chiarito che il potere del committente di chiedere modifiche e integrazioni, se previsto contrattualmente, è insindacabile. Nel caso di specie, il contratto permetteva all’amministrazione di richiedere variazioni, escludendo così la possibilità di un compenso progettazione appalti aggiuntivo per progetti non approvati che costituivano mere rivisitazioni dei precedenti.

Un punto cruciale della motivazione riguarda la natura dei vizi denunciati. La ricorrente lamentava un “errore di percezione” o “travisamento della prova” riguardo alla CTU. La Cassazione ha ricordato che l’apprezzamento delle risultanze di una consulenza tecnica rientra nel giudizio di merito del giudice e non può essere censurato in sede di legittimità se non per vizi procedurali specifici. Inoltre, ha sottolineato come la decisione della Corte d’Appello non si fondasse esclusivamente sulla CTU, ma anche su altre ragioni autonome, come il potere contrattuale del committente.

Infine, la Corte ha applicato un principio consolidato in giurisprudenza: quando una decisione è sorretta da più ratio decidendi (ragioni giuridiche), ciascuna di per sé sufficiente a giustificare la pronuncia, il ricorso è inammissibile se non le censura tutte validamente. Nel caso in esame, la società ricorrente aveva attaccato solo una parte delle argomentazioni della Corte d’Appello, lasciando intatte le altre, che erano comunque in grado di sorreggere la decisione di rigetto della richiesta di compenso.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione per professionisti e amministrazioni coinvolti in appalti. La lezione principale è che la richiesta di modifiche progettuali da parte del committente non si traduce automaticamente in un diritto a un compenso extra. È fondamentale analizzare attentamente il contratto, che può legittimamente prevedere un’ampia facoltà di variazione in capo al committente senza costi aggiuntivi. Per i professionisti, diventa essenziale definire con chiarezza in sede contrattuale i limiti di tali variazioni e le condizioni per il riconoscimento di eventuali prestazioni extracontrattuali. Dal punto di vista processuale, la sentenza ribadisce il rigore necessario nell’impugnare una decisione: è indispensabile attaccare tutte le autonome ratio decidendi che la sorreggono, pena l’inammissibilità del ricorso.

Un professionista ha sempre diritto a un compenso extra per le modifiche al progetto richieste dal committente?
No. Secondo la sentenza, se il contratto conferisce al committente un’ampia facoltà di richiedere modifiche e integrazioni, queste non danno necessariamente diritto a un compenso aggiuntivo, specialmente se si tratta di rivisitazioni di progetti precedenti e non di opere completamente nuove e diverse.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso della società di progettazione?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per più ragioni: i motivi erano generici, non coglievano la vera ratio decidendi della sentenza d’appello e si basavano su una presunta errata percezione della perizia tecnica (CTU), che costituisce un apprezzamento di merito non sindacabile in Cassazione. Inoltre, il ricorso non censurava tutte le autonome ragioni che sostenevano la decisione impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso è inammissibile se attacca una sola di due ‘ratio decidendi’ concorrenti?
Significa che se una decisione del giudice si basa su due o più argomentazioni legali indipendenti (le ‘ratio decidendi’), e ciascuna di esse è sufficiente da sola a giustificare la decisione finale, il ricorrente deve contestarle tutte con successo. Se ne contesta solo una, lasciando in piedi le altre, il ricorso è inutile e quindi inammissibile, perché la decisione rimarrebbe comunque valida sulla base delle argomentazioni non contestate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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