Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19326 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19326 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 26565/2017 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in atti;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del curatore p.t., elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il decreto del 12/10/2017 pronunciato nel procedimento nr. rg 6361/2017 dal Tribunale di Venezia;
udita la relazione della causa svolta nella camera di AVV_NOTAIOiglio del 13 settembre 2023 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Venezia, con decreto del 12/10/2017, ha parzialmente accolto il reclamo ex art 26 l.fall. proposto dal AVV_NOTAIO contro il provvedimento del giudice delegato al Fallimento di RAGIONE_SOCIALE che, rilevato che la società in bonis gli aveva già versato € 146.176,00, gli aveva liquidato la somma di € 37.000,00 ‘a saldo’ dell’attività difensiva svolta in favore della procedura nel giudizio di appello promosso dall’RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, nel quale era in discussione la validità di due avvisi di accertamento per IVA, IRES e IRAP 2005, notificati a RAGIONE_SOCIALE nel 2009, annullati dalla Commissione Tributaria Provinciale.
Il tribunale ha rilevato: a) che la somma di € 146.176 corrisposta a RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE in bonis costituiva il corrispettivo di prestazioni professionali anteriormente svolte dal reclamante, anche in relazione al contenzioso di primo grado e, pertanto, non poteva essere computata ai fini della liquidazione del compenso per l’attività espletata in favore del Fallimento; b) che detto compenso andava perciò determinato nella maggior somma di € 57.155,00 ottenuta sulla base della percentuale minima (1% del valore della causa, pari ad € 11.431.000) indicata nella tabella di cui all’art 28 comma 2 del D.M. 140/2012, decurtato del 50%, tenuto conto che il lavoro di studio e di difesa in cui era AVV_NOTAIOistita l’opera di COGNOME era stato già svolto nel giudizio dinanzi alla CTP ed era stato adeguatamente retribuito; c) che non era dovuto al AVV_NOTAIO alcun compenso per asserite attività professionali stragiudiziali espletate dopo la sentenza della CTR, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE aveva annullato gli avvisi di accertamento in via di
autotutela, mentre nulla risultava « in ordine alla negoziazione e stipulazione di accordi transattivi propriamente intesi ».
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione del decreto sulla base di tre motivi; il Fallimento ha resistito con controricorso, col quale ha proposto ricorso incidentale, illustrato da memoria, cui il ricorrente ha a sua volta replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 Vanno respinte le eccezioni svolte in via preliminare di rito dal Fallimento.
1.1 Secondo il controricorrente, il ricorso per cassazione sarebbe inammissibile per due ordini di ragioni: in primo luogo perché il decreto ex art 26 l. fall. emesso dal tribunale in parziale accoglimento del reclamo proposto da COGNOME contro il provvedimento di liquidazione degli onorari del giudice delegato (che nella specie aveva, a sua volta, pronunciato sul reclamo ex art 36 l.fall. proposto dal professionista per censurare il comportamento omissivo del curatore, che non aveva trasmesso al giudice la notula RAGIONE_SOCIALE sue competenze professionali onde sollecitarne la liquidazione) avrebbe natura ordinatoria e non inciderebbe su diritti; in secondo luogo perché, versandosi nella specie in materia di credito prededucibile contestato nel suo ammontare, l’odierno ricorrente avrebbe dovuto farlo accertare secondo il procedimento di cui agli artt. 92 e segg. l.fall. anziché esperire i rimedi previsti dagli artt. 36 e 26 l.fall.
1.1 I rilievi sono entrambi manifestamente infondati.
1.2. L’art 111 bis , 1° comma, l.fall. nello stabilire che « i crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al capo V », prevede espressamente due eccezioni alla predetta regola, una RAGIONE_SOCIALE quali costituita proprio dai crediti « sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai
sensi dell’art. 25 » che « se come nel caso -contestati, devono essere accertati con il procedimento di cui all’art. 26 ».
1.2 E’ poi AVV_NOTAIOolidato l’orientamento di questa Corte secondo il quale il decreto con cui il tribunale fallimentare, pronunciando sul reclamo proposto avverso il decreto emesso dal giudice delegato ai sensi dell’art. 26 l.fall., procede alla liquidazione del compenso dovuto al reclamante per l’attività professionale prestata in favore della procedura ha carattere definitivo ed incide su un diritto soggettivo, ragion per cui è impugnabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 111 Cost. (cfr. Cass, 19888/2005 7782/2007, 15941/2007, 16136/2011 e 21826/2017)
Venendo all’esame del ricorso, con il primo motivo, rubricato « violazione e falsa applicazione degli artt. 28, 17 e 16 della tabella C ( riquadro 10.1) del D.M. 20/2/2012 , nr 140, dell’art. 2233 cod.civ. e degli art. 3 e 36 Cost., in relazione all’art 36, primo comma c.p.c. » il ricorrente deduce che il tribunale veneziano ha violato le norme regolamentari in tema di determinazione dei compensi per l’attività difensiva svolta dal AVV_NOTAIO, che prevedono un autonomo corrispettivo per ogni fase processuale, da determinarsi in una misura compresa fra l’1% e il 5% del valore della materia del contendere. Secondo COGNOME il giudice del merito avrebbe, inoltre, erroneamente affermato che egli era stato regolarmente e adeguatamente retribuito per l’attività di «studio e difesa già svolta in precedenza», giacché lo stesso provvedimento dà atto che la domanda da lui proposta per ottenere l’ammissione al passivo dei crediti per compensi maturati prima della dichiarazione del fallimento è stata dichiarata inammissibile.
2.1 Il motivo è infondato.
2 2 E’ fuori discussione che, non essendo intervenuti accordi con la curatela circa la determinazione del corrispettivo spettante al
professionista per la rappresentanza e la difesa del Fallimento nel giudizio svoltosi davanti alla CTR, il tribunale fallimentare, nel liquidare il compenso, fosse tenuto ad osservare le prescrizioni della tariffa professionale.
2.3 E’ altresì incontestato che il dr. NOME COGNOME abbia profuso tutte le attività difensionali (predisposizione e deposito della memoria di costituzione e controdeduzioni, redazione e deposito della comparsa conclusionale, partecipazione all’udienza di discussione) nel giudizio davanti alla CTR conclusosi con la sentenza nr. 485 del 18/3/2014 che ha confermato l’annullamento, già disposto dalla CTP, degli avvisi di accertamento per un importo di € 11.431.000,00 .
2.4 Ciò premesso, va rilevato che in materia di assistenza, rappresentanza e AVV_NOTAIOulenza tributaria l’art. 28 del D.M. n. 140/2012 prevede che « Il compenso per gli adempimenti dichiarativi e le prestazioni connesse è liquidato, di regola, secondo quanto indicato nel riquadro 10.1 della tabella C -Dottori commercialisti ed esperti contabili. Il valore della pratica per la liquidazione di incarichi di predisposizione di ricorsi, appelli e memorie alle commissioni tributarie e ad altri organi giurisdizionali, nonché per la rappresentanza tributaria, è determinato, per ogni grado di giudizio, in funzione dell’importo complessivo RAGIONE_SOCIALE imposte, tasse, contributi, sanzioni, interessi che sarebbero dovuti sulla base dell’atto impugnato o in contestazione oppure dei quali è richiesto il rimborso, e il compenso è liquidato, di regola, secondo quanto indicato dal riquadro 10.2 della tabella C -Dottori commercialisti ed esperti contabili »
Il riquadro 10.2 della tabella C , richiamato dall’art. 28 D.M. citato, stabilisce, a sua volta, che il compenso va calcolato in misura variabile dall’ 1% al 5% dell’importo complessivo RAGIONE_SOCIALE imposte, tasse, contributi, sanzioni, interessi dovuti.
L’art 18 dello stesso D.M. prevede, tuttavia, la possibilità che al compenso liquidabile possa essere applicata una riduzione sino al 50% nel caso in cui « la prestazione può essere eseguita in modo spedito e non implica la soluzione di questioni rilevanti »
2.5 Il tribunale, prendendo a base la percentuale minima dei parametro tariffario sopra esposto -pari ad € 115.311 -, ha operato una decurtazione del 50% tenuto conto « dell’attività di studio e difensiva già svolta in precedenza ed adeguatamente retribuita …e quindi della obiettiva interrelazione tra attività professionale pregressa e la sua estensione al secondo grado di giudizio ».
2.6 I giudici veneziani hanno, quindi, applicato i parametri tariffari previsti, dando conto RAGIONE_SOCIALE ragioni della dimidiazione del compenso spettante a COGNOME, costituite dalla bassa difficoltà e complessità dell’attività svolta in grado di appello dal professionista, che già aveva rappresentato e patrocinato la contribuente nel giudizio di primo grado ed era già stato (almeno in parte) retribuito per tale attività.
2.7 E’, d’altro canto, del tutto irrilevante stabilire se COGNOME sia stato o meno ‘adeguatamente’ remunerato per le prestazioni svolte in favore della fallita, RAGIONE_SOCIALE quali non poteva certo farsi carico il Fallimento.
3.Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt 115 e 116 cpc : ascrive al tribunale di aver omesso di valutare la documentazione e gli altri elementi istruttori che confermavano lo svolgimento da parte sua di attività stragiudiziale successiva alla pronuncia della sentenza di secondo grado.
3.1 Il terzo motivo oppone ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 28, 17 16, della tabella C (riquadro 10.1) del D.M. nr. 140 del 2012, dell’art 2233 c.c. e degli art. 3 e 36 Cost., in relazione all’art 36 , primo comma c.p.c., per non avere il tribunale
riconosciuto alcun compenso per l’attività stragiudiziale profusa dal ricorrente dopo la sentenza di secondo grado, che AVV_NOTAIOentì la definizione del contenzioso tributario in termini favorevoli per la curatela, con risparmio di spese da sostenere per il giudizio di cassazione preannunciato dall’Amministrazione Finanziaria.
3.2 I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, stante la loro intima connessione, sono inammissibili.
3.3. In primo luogo essi difettano di specificità, posto che il ricorrente non chiarisce se abbia effettivamente chiesto un ulteriore, separato compenso per aver assistito il Fallimento anche nella fase successiva all’emissione della sentenza della CTR, onde favorire la transazione della vertenza, né ne indica l’ammontare.
E’ appena il caso di rilevare che la circostanza in questione non emerge dalla lettura del provvedimento impugnato, dalla quale risulta che COGNOME chiese la liquidazione di un compenso, di € 120.000, pari a quello concordato con RAGIONE_SOCIALE prima della sentenza dichiarativa, per l’assistenza complessivamente prestata in fase di appello e neppure può desumersi dalla statuizione con cui il giudice ha escluso che vi fosse prova della ‘negoziazione e stipulazione’ di ‘accordi transattivi’ (ben diversi dall’assunzione di iniziative volte a sollecitare l’annullamento degli avvisi in autotutela).
3.4 Peraltro, quanto alle doglianze oggetto del secondo motivo, va osservato che la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. rileva nella diversa situazione in cui il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri offícíosi riconosciutigli; la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. ricorre invece solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova, non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come per es. il valore di prova
legale), o al contrario non abbia osservato la specifica regola di valutazione di una prova così stabilita dalla legge; non mai invece ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (cfr. risolutivamente Cass. Sez. U n. 20867 -20).
3.5 Nel caso di specie le allegazioni e le prove sono state in concreto valutate dal giudice del merito; si legge, infatti, a pag. 6 del decreto impugnato, che « per quanto attiene alle pretese correlate alla fase indicata come transattiva risulta dagli atti che all’esito sfavorevole per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del secondo grado di giudizio sia venuta meno la pretesa tributaria per autotutela mentre nulla AVV_NOTAIOta in ordine alla stipulazione di accordi transattivi propriamente intesi ».
3.6 L’ulteriore doglianza sviluppata nel terzo motivo, sotto l’apparente denuncia di vizi di violazione di norme sostanziali, tende invece, inammissibilmente, ad una revisione del giudizio espresso nel merito dal tribunale circa l’insussistenza di tale attività, senza che neppure sia indicato il fatto decisivo, oggetto di discussione, che il giudice avrebbe omesso di valutare e che, se esaminato, avrebbe determinato un diverso esito della decisione.
4 Il Fallimento, col primo motivo del ricorso incidentale (che non è qualificato come ‘condizionato’, se non al rigo 7 della pag. 28, e che, comunque, propone censure del tutto autonome, volte all’integrale riforma del decreto impugnato) denuncia la violazione degli artt. 26, 36 e 111 bis l. fall., rimproverando al tribunale di aver pronunciato in sede di reclamo su una domanda che avrebbe dovuto essere avanzata da COGNOME nelle forme previste dagli artt. 93 e segg. l.fall.
4.1. La doglianza, che fa confusione fra reclamo ex art. 36 e reclamo ex art. 26 l. fall., dimenticando che il giudice delegato ha comunque liquidato il compenso, con provvedimento che COGNOME ha
correttamente impugnato dinanzi al tribunale, ripropone (se ben si è compreso), sia pur sotto il diverso profilo dell’errore compiuto dal giudice per non aver dichiarato il reclamo improcedibile/inammissibile, la medesima questione già dedotta in via pregiudiziale al fine di ottenere la declaratoria di inammissibilità del ricorso ed è manifestamente infondata per le ragioni già esposte al par. 1.2.
Col secondo motivo il ricorrente incidentale, denunciando violazione dell’ art. 1, comma 6, del D.M. n. 140 del 2012, dell’art. 9, comma 4.1, del d.l. n. 1 del 2012 e degli artt. 1337, 1338 e 1440 c.c. , lamenta che il tribunale non abbia tenuto conto che il COGNOME non aveva pattuito per iscritto il compenso all’atto dell’incarico conferitogli, così venendo meno a un preciso dovere deontologico e incorrendo in una responsabilità precontrattuale fonte del diritto del curatore al risarcimento del danno.
5.1.Il motivo, prima ancora che infondato, è inammissibile in quanto introduce in sede di legittimità una questione, mista di fatto e di diritto, che non risulta essere stata dedotta in sede di reclamo.
Con il terzo motivo, che denuncia violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. e 4 comma 2 D.M. n. 140 del 2012, il Fallimento sostiene che la somma di € 146.176,00 già ricevuta da COGNOME costituiva corrispettivo anche dell’attività difensiva da questi svolta in fase di impugnazione, sicché, imputati € 120.000 al giudizio di primo grado (e tenuto altresì conto dell’ulteriore somma di € 70.000 percepita dal professionista per l’assistenza in giudizio, in analoga controversia, della società controllante di RAGIONE_SOCIALE), il residuo avrebbe dovuto essere detratto dal compenso liquidato.
6.1 Il motivo, a prescindere dalla sua scarsa intellegibilità (non essendo dato comprendere perché la fallita avrebbe dovuto remunerare il AVV_NOTAIO COGNOME anticipatamente, per un incarico che gli è stato in concreto conferito dal Fallimento) è inammissibile in
quanto volto a ottenere un totale riesame dell’ accertamento in fatto operato dal tribunale, sindacabile nella presente sede di legittimità solo nei ristretti limiti contemplati dall’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c..
5 La reciproca soccombenza RAGIONE_SOCIALE parti giustifica l’integrale compensazione RAGIONE_SOCIALE spese.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa le spese.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 13 settembre