Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25718 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25718 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
OGGETTO: contratto di prestazione d’opera professionale – art.92 co.1 d.lgs. 163/2006 RG. 13586/2019 C.C. 7-5-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 13586/2019 R.G. proposto da: COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentata e difesa
dall’avv.
NOME COGNOME;
ricorrente contro
COMUNE DI LATERA;
RAGIONE_SOCIALE
intimati avverso la sentenza n.6624/2018 della Corte d’ appello di Roma, depositata il 18-10-2018,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7-52025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Latera ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Viterbo lo aveva condannato al pagamento di Euro 18.995,00 oltre spese a favore dell’ing. NOME COGNOME a titolo di compensi professionali relativi alla progettazione per la ristrutturazione di un plesso scolastico; il Comune ha sostenuto
l’inesigibilità del credito, in quanto il pagamento del compenso era stato subordinato alla condizione, non avveratasi, dell’erogazione del relativo finanziamento da parte della Regione Lazio e in via riconvenzionale ha chiesto anche il risarcimento del danno per la revoca del finanziamento, in quanto determinata dalla mancata consegna degli elaborati progettuali da parte dell’ingegnere. L’opposta NOME COGNOME ha contestato le deduzioni avversarie e ha chiesto l’autorizzazione alla chiamata in causa della sua compagnia di assicurazione UnipolSai RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE , la quale si è costituita eccependo l’inoperatività della polizza.
Con sentenza n. 3232/2016 depositata il 15-12-2016 il Tribunale di Viterbo, accogliendo parzialmente l’opposizione del Comune di Latera, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto e ha rigettato la domanda riconvenzionale del Comune volta a ottenere il risarcimento del danno. La sentenza ha dichiarato che l’art. 7 della convenzione tra il Comune e la professionista subordinava il pagamento di quanto di spettanza all’ingegnere non solo alla concessione del finanziamento, ma anche alla sua effettiva erogazione da parte della Regione, che non era avvenuta; ha escluso la responsabilità della professionista sostenuta dal Comune, rilevando che la determina A6639 del 01-122012 della Regione Lazio enunciava quale causa della revoca del finanziamento la soppressione dei cicli scolastici all’interno del plesso, a sua volta derivata dalla diminuzione degli studenti iscritti.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto appello, che la Corte d’appello di Roma ha integralmente rigettato con sentenza n. 6624/2018 depositata il 18-10-2018.
La sentenza ha dichiarato che dalla lettura del testo della convenzione risultava evidente che la condizione relativa alla ‘concessione del finanziamento’ si riferiva all’effettivo accreditamento delle somme, per cui condizione necessaria e sufficiente affinché il Comune potesse provvedere al pagamento dei compensi professionali
all’ingegnere era la concessione dei fondi pubblici e l’accredito delle somme; ha aggiunto che la convenzione prevedeva il pagamento del compenso al professionista incaricato solo a seguito della completa realizzazione di distinte attività che, al momento della domanda, non erano state eseguite. Ha altresì rilevato che era in capo al creditore l’onere di provare che il mancato avveramento della condizione era imputabile al debitore e tale prova non era stata fornita, perché la professionista non aveva provato il nesso causale tra il comportamento del Comune e la mancata concessione del finanziamento, sopravvenuta a seguito della cessazione dei cicli didattici delle scuole elementari e medie disposta dal Ministero della Pubblica Istruzione e dalla Regione Lazio , essendo le affermazioni dell’appellante generiche .
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Sono rimasti intimati il Comune di Latera e Unipolsai RAGIONE_SOCIALE, ai quali la notificazione è stata eseguita a mezzo pec con consegna del messaggio il 18-42019 all’indirizzo dei difensori, rispettivamente EMAIL per il Comune e EMAIL per la compagnia di assicurazione.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 7-5-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 92 d.lgs. 163/2006, sostenendo che la Corte d’appello, stante la natura imperativa della disposizione, avrebbe dovuto rilevare d’ufficio la
nullità della clausola secondo la quale il compenso spettava al professionista solo in caso di erogazione del finanziamento; evidenzia che non si era formato alcun giudicato implicito sulla validità del contratto e della clausola e aggiunge che la clausola era irrilevante in quanto gli artt. 9 e 10 legge n. 143/1949 prevedevano che il professionista fosse pagato per l’attività effettivamente prestata anche in caso di sospensione dei lavori.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1358, 1359, 1362 e 1370 cod. civ. e sostiene che la clausola sia stata erroneamente interpretata, in quanto la condizione sospensiva era legata alla concessione del finanziamento da parte della Regione Lazio, mentre il materiale pagamento riguardava la modalità di estinzione dell’obbligazione; evidenzia che le clausole devono essere interpretate nel dubbio a favore del contraente debole e lamenta che la sentenza, dichiarando che le opere non erano state eseguite, sia incorsa anche nella violazione dell’art.112 cod. proc. civ., perché il Comune non aveva dedotto che le fasi richieste in pagamento non fossero state completate. Aggiunge altresì che la condizione era mista, in quanto la sua realizzazione dipendeva in parte dalla volontà della terza Regione Lazio e in parte dalla volontà del contraente Comune di Latera e quindi la condizione si doveva considerare avverata ex art. 1359 cod. civ. per fatto imputabile al Comune di Latera o comunque per sua colpa, in quanto il Comune aveva conoscenza della cessazione dei cicli scolastici quando aveva conferito l’incarico alla professionista.
Con il terzo motivo, proposto ex art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ., la ricorrente rileva di avere dato la prova documentale dell’avveramento della condizione con i propri documenti 2, 4 e 12, relativi alla concessione del finanziamento da parte della Regione al Comune il 16-1-2008, alla stipulazione della convenzione tra il Comune
e l’ing. COGNOME il 22-4-2008, alla delibera del Comune di Latera del 242009 di approvazione del progetto consegnato dall’ingegnere, alla determinazione della Regione Lazio del 01-12-2010 di revoca del finanziamento con indicazione del formale provvedimento del 01-92010 del Comune di soppressione del plesso scolastico con decorrenza settembre 2009. Aggiunge che, diversamente da quanto dichiarato dalla sentenza impugnata, il suo appello non era generico.
Con il quarto motivo, proposto ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, ritenendo non assolto dalla creditrice l’onere della prova sull’avveramento della condizione, le abbia erroneamente addossato l’ onere della prova e non abbia esaminato la determinazione della Regione Lazio, nonché le delibere e determine comunali, dalle quali risultava che il progetto dell’ing. COGNOME era stato approvato e il finanziamento era stato concesso e poi revocato a causa del fatto che il Comune e gli uffici scolastici avevano soppresso i cicli scolastici con decorrenza settembre 2009.
Il primo motivo è fondato, in quanto censura la sentenza impugnata per non avere rilevato di ufficio la nullità della clausola contrattuale. Infatti, in caso di omessa proposizione in appello di una eccezione di nullità contrattuale, il mancato rilievo da parte del giudice non integra il vizio di omessa pronuncia, ma è denunciabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ., per v iolazione delle norme che prevedono la rilevabilità d’ufficio della questione (Cass. Sez. 3, 9-5-2019 n. 12259, Rv. 653780-01; Cass. Sez. L, 8-12-2024 n. 31517, Rv. 673152-02).
Nell’interpretare la clausola 7 della convenzione tra il Comune e il professionista nel senso che il diritto al compenso per l’attività svolta sarebbe spettato all’ingegnere solo nel caso di effettiva erogazione del finanziamento, la Corte d’appello non ha considerato che con tale
significato la clausola risultava contraria alla disposizione imperativa dell’art. 92 co. 1 d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163. L’art. 92 co.1 d.lgs. 163/2006, abrogato dal d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 ma vigente allorché era stato conferito dal Comune di Latera all’ing. COGNOME l’incarico di progettazione e direzione dei lavori per la ristrutturazione del plesso scolastico e allorché l’incarico era stato svolto , disponeva: «Le amministrazioni aggiudicatrici non possono subordinare la corresponsione dei compensi relativi allo svolgimento della progettazione e delle attività tecnico-amministrative ad essa connesse all’ottenimento del finanziamento dell’opera progettata. Nella convenzione stipulata fra amministrazione aggiudicatrice e progettista incaricato sono previste le condizioni e le modalità per il pagamento dei corrispettivi con riferimento a quanto previsto dagli articoli 9 e 10 della legge 2 marzo 1949, n.143 e successive modificazioni. Ai fini dell’individuazione dell’importo stimato il conteggio deve ricomprendere tutti i servizi, ivi compresa la direzione dei lavori qualora si intenda affidarla allo stesso progettista esterno» . L’art. 10 legge n. 143/1949 a sua volta prevede: «La sospensione per qualsiasi motivo dell’incarico dato al professionista non esime il committente dall’obbligo di corrispondere l’onorario relativo al lavoro fatto e predisposto come precisato al seguente articolo 18».
L’art. 92 co. 1 è disposizione imperativa in base al suo contenuto letterale, in quanto vieta alle amministrazioni appaltanti («non possono») di subordinare la corresponsione dei compensi relativi alla progettazione e alle attività tecnicoamministrative all’ottenimento del finanziamento. Il divieto, indirizzato alle amministrazioni, evidentemente comprende anche le clausole contrattuali aventi il medesimo contenuto; diversamente, laddove si ritenesse la disposizione derogabile sulla base del l’accordo tra amministrazione e professionista , l’accordo costituirebbe il meccanismo finalizzato a
eludere illegittimamente l’applicazione della disposizione , finalizzata a garantire al professionista incaricato della progettazione l’ottenimento del compenso per l’attività effettivamente svolta anche nel caso in cui la mancata erogazione del finanziamento per qualsiasi ragione impedisca l’attuazione del progetto. Infatti, l’accordo sarebbe concluso dall’amministrazione solo con il professionista disposto ad accettare la clausola che sottopone il sorgere del suo diritto al compenso all’ottenimento del fin anziamento.
Nella fattispecie non si è posta nel giudizio di merito la questione dell’applicazione dell’art. 92 co. 1 d.lgs. n. 163/2006, in quanto il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda della professionista sulla base dell’assunto che la clausola 7 della convenzione dalla stessa conclusa con il Comune comportava il sorgere del diritto al compenso solo in caso di effettiva erogazione de l finanziamento dell’opera per la quale era stata svolta l’attività di progettazione ; la Corte d’appello ha confermato tale conclusione, rigettando i motivi di appello della professionista, che contestava l’interpretazione della clausola e negava che la clausola ostasse al riconoscimento del diritto al compenso. Diversamente, la rilevazione ex officio delle nullità negoziali è sempre obbligatoria, purché la pretesa azionata non venga rigettata in base a una individuata ‘ragione più liquida’ , e va intesa come indicazione alle parti di tale vizio (Cass., Sez. Un., 12-12-2014 n. 26242, Rv. 63350201). Nella fattispecie sulla validità della clausola , all’esito del giudizio di primo grado non si era formato il giudicato interno, per il fatto che la questione dell’applicazione della clausola al rapporto contrattuale era stata devoluta alla cognizione del giudice di appello e la nullità della clausola non aveva neppure formato oggetto di domanda ed eccezione in primo grado, così da potersi ritenere una decisione implicita su tale questione che dovesse formare oggetto di un motivo di impugnazione (cfr. Cass. Sez. 3, 3-1-2023 n. 50, Rv. 666944-01).
Ne consegue che la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare che l’interpretazione data alla clausola ne comportava la contrarietà a norma imperativa ai sensi dell’art. 1418 co. 1 cod. civ. , in quanto collegava il sorgere del diritto del professionista al compenso per l’attività di progettazione già svolta all’ ottenimento del finanziamento, in violazione del l’art. 92 co.1 d.lgs. 163/2006 . Quindi, dovendo rilevare d’ufficio ex art. 1421 cod. civ. la nullità della clausola per violazione della disposizione imperativa in mancanza di giudicato sulla validità della clausola, il giudicante avrebbe dovuto sottoporre alle parti ex art. 101 co. 2 cod. proc. civ. la questione; nel caso in cui, all’esito del contraddittorio sollecitato sul punto, fosse stata confermata la nullità della clausola, avrebbe dovuto rilevarla e procedere all’accertamento del diritto della professionista al pagamento del compenso per l’attività effettivamente svolta ex art. 10 legge n. 143/1949, in quanto la circostanza che l’incarico fosse stato sospeso in ragione della mancata erogazione del finanziamento non escludeva il diritto al compenso per l’attività svolta.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento dei successivi motivi, in quanto tutte le questioni poste dai motivi presuppongono la validità della clausola; si impone la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che deciderà facendo applicazione dei principi enunciati e attenendosi a quanto sopra esposto, regolamentando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la
causa alla Corte d’appello di Roma , in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 7-5-2025.
La Presidente NOME COGNOME