Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8438 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8438 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente –
R.G.N. 27552/21
U.P. 7/3/2024
Prestazioni professionali -Adempimento -Liquidazione equitativa
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto n. 306/2021, pubblicata il 13 settembre 2021, notificata a mezzo PEC il 16 settembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M., in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo del ricorso, con l’assorbimento del secondo; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse RAGIONE_SOCIALE parti, in ragione dell’originaria fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.;
richiamata la precedente ordinanza interlocutoria n. 33816/2022, depositata il 16 novembre 2022, all’esito della camera di consiglio non partecipata del 20 ottobre 2022, di rimessione alla pubblica udienza.
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 40/2012, depositato il 23 marzo 2012, notificato il 19 aprile 2012, il Tribunale di Taranto ingiungeva, nei confronti di COGNOME NOME e in favore di COGNOME NOME, il pagamento della complessiva somma di euro 37.378,10, oltre interessi legali dal 9 febbraio 2012, a titolo di compenso residuo dovuto per le prestazioni professionali di commercialista eseguite nel periodo compreso tra il 1° aprile 2008 e il 30 aprile 2011.
Con atto di citazione notificato il 30 maggio 2012, proponeva opposizione COGNOME NOME e, per l’effetto, conveniva, davanti al Tribunale di Taranto, COGNOME NOME, chiedendo che il provvedimento monitorio opposto fosse revocato alla stregua dei seguenti rilievi: a ) per non aver conferito altri incarichi al commercialista, oltre quello della tenuta dell’ordinaria contabilità fiscale della sua impresa artigiana; b ) per aver corrisposto mensilmente le spettanze relative alle prestazioni eseguite con denaro contante; c ) per essere maturata la prescrizione dei presunti crediti relativi all’anno 2008. In via riconvenzionale, chiedeva che l’ingiungente fosse condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute in forza RAGIONE_SOCIALE due fatture emesse per acquisti effettuati dal COGNOME presso il negozio di mobili dell’COGNOME nell’anno 2011.
Si costituiva in giudizio COGNOME NOME, il quale resisteva all’opposizione e alla domanda riconvenzionale proposte, chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Nel corso del giudizio erano assunte le prove orali per interpello e per testimoni ammesse.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1035/2019, depositata il 16 aprile 2019, notificata il 18 aprile 2019, rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo opposto.
2. -Con atto di citazione notificato il 10 maggio 2019, proponeva appello COGNOME NOME, il quale lamentava: l’erronea decisione della causa per il travisamento RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e l’arbitraria determinazione del quantum dovuto; l’erronea valutazione RAGIONE_SOCIALE prove orali assunte sia in RAGIONE_SOCIALE all’ an
sia in RAGIONE_SOCIALE al quantum debeatur , in difetto di alcuna considerazione dei pagamenti effettuati nel corso degli anni.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione COGNOME NOME, il quale concludeva per il rigetto dell’appello, producendo il fascicolo di parte relativo alla fase monitoria.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Lecce -Sezione distaccata di Taranto, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglieva in parte qua l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore di COGNOME NOME, della somma di euro 24.892,40, oltre interessi legali dalla domanda, con maggiorazione del contributo previdenziale e dell’IVA al 21%.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a ) che il conferimento dell’incarico per lo svolgimento della pratica di ottenimento della rateizzazione dell’esposizione dell’COGNOME verso la Banca Carime di Palagianello non era dimostrato nella sua esatta consistenza, a fronte RAGIONE_SOCIALE analitiche prestazioni descritte nella relazione allegata alla richiesta di parere di congruità indirizzata all’RAGIONE_SOCIALE competente, non essendovi alcuna prova scritta della predisposizione di un piano di rateizzazione, dell’assenza dallo studio per un’intera giornata allo scopo di redigere detto piano e della relativa urgenza nell’espletamento di tale pratica, sicché, alla stregua del mero richiamo all’esistenza di trattative svolte dal commercialista a tale scopo, doveva essere riconosciuta equitativamente la somma complessiva di euro 500,00; b ) che,
con riferimento alla trattazione della pratica di ottenimento di un prestito da parte della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, agli atti vi era solo una lettera indirizzata alla RAGIONE_SOCIALE, sicché doveva ritenersi congrua, sempre in via equitativa, per tale ulteriore prestazione resa, la somma complessiva di euro 500,00; c ) che, in RAGIONE_SOCIALE alla ulteriore prestazione resa, consistente nella richiesta di rateizzazione rivolta all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, poteva essere riconosciuto, in via equitativa, il solo importo di euro 300,00; d ) che era invece conforme alle prescrizioni della tariffa il compenso richiesto per la tenuta della contabilità ordinaria, espressamente riconosciuta dall’appellante, ivi compresa la maggiorazione del 50% per l’assenza della prima nota, cui doveva aggiungersi il complessivo importo liquidato equitativamente di euro 1.300,00, in RAGIONE_SOCIALE alle prestazioni rese per gli incarichi diversi dalla tenuta della contabilità ordinaria, in mancanza di una specifica prova dell’espletamento RAGIONE_SOCIALE attività riportate nelle relative voci di cui alla parcella, per un totale di euro 24.426,75, oltre euro 465,65 per il proporzionale costo del parere ottenuto; e ) che non poteva essere accolta l’eccezione di parziale pagamento RAGIONE_SOCIALE somme pretese per il titolo rivendicato, poiché fondata sull’emissione di assegni bancari, in RAGIONE_SOCIALE ai quali operava la presunzione di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un’obbligazione cartolare, restando, per l’effetto, a carico del debitore convenuto l’onere di superare tale presunzione dimostrando il collegamento tra il precedente debito azionato e il successivo debito cartolare, con la conseguente estinzione del primo in ragione del rilascio degli assegni.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME NOME.
Ha resistito, con controricorso, l’intimato COGNOME NOME.
4. -Le parti hanno presentato memorie illustrative in ragione della fissazione dell’adunanza camerale.
Con ordinanza interlocutoria n. 33816/2022, depositata il 16 novembre 2022, all’esito della camera di consiglio non partecipata del 20 ottobre 2022, la causa è stata rimessa alla pubblica udienza.
-Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1226, 2233, 2697 e 1236 c.c., con difetto di motivazione, per avere la Corte di merito riconosciuto il compenso per le prestazioni professionali rese sulla base di una valutazione equitativa, senza averne le specifiche competenze e in difetto di alcuna prova sul quantum .
Obietta l’istante che tale quantificazione non era stata preceduta da alcuna consulenza tecnica d’ufficio, atta ad esaminare e valutare la parcella liquidata dall’RAGIONE_SOCIALE professionale di appartenenza del richiedente e a quantificare l’ammontare della somma dovuta.
Né la sola parcella liquidata dall’RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata sufficiente ad accogliere la richiesta del professionista, anche in ragione della contestazione RAGIONE_SOCIALE
prestazioni rese, che non avrebbe giustificato la quantificazione in via equitativa.
1.1. -Il motivo è fondato.
Si premette che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali, ogni contestazione, anche generica, in RAGIONE_SOCIALE all’espletamento e alla consistenza dell’attività, è idonea e sufficiente ad investire il giudice del potere-dovere di verificare anche il quantum debeatur , costituendo la parcella una semplice dichiarazione unilaterale del professionista, sul quale perciò rimangono i relativi oneri probatori del credito azionato ex art. 2697 c.c. (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 357 del 10/01/2023; Sez. 2, Sentenza n. 230 del 11/01/2016; Sez. 2, Sentenza n. 3463 del 15/02/2010; Sez. 2, Sentenza n. 14556 del 30/07/2004).
Nella fattispecie, il giudice di merito, in RAGIONE_SOCIALE alle prestazioni rese dal commercialista al di fuori dell’ordinaria contabilità fiscale, e con precipuo riguardo a ) al conferimento dell’incarico per lo svolgimento di una pratica di ottenimento della rateizzazione dell’esposizione dell’COGNOME verso la Banca Carime di Palagianello; b ) alla trattazione di una pratica per l’ottenimento di un prestito da parte della Banca Popolare di Puglia e Basilicata; c ) alla richiesta di rateizzazione rivolta all’RAGIONE_SOCIALE; ha escluso, sulla scorta del quadro probatorio in atti, non già in radice l’ an dello svolgimento di tali attività, ma più limitatamente ne ha ridimensionato il quomodo ( recte l’esatta consistenza), reputando che le attività analiticamente descritte nella relazione allegata alla richiesta di parere di congruità indirizzata all’RAGIONE_SOCIALE competente non fossero dimostrate.
E ciò perché: 1) quanto al primo incarico, non vi era alcuna prova scritta della predisposizione di un piano di rateizzazione, dell’assenza dallo studio per un’intera giornata allo scopo di redigere detto piano e della relativa urgenza nell’espletamento di tale pratica, ma vi era solo la dimostrazione all’esistenza di trattative svolte dal commercialista a tale scopo; 2) con riferimento al secondo incarico, vi era agli atti solo una lettera indirizzata alla RAGIONE_SOCIALE; 3) anche con riguardo al terzo incarico, vi era solo la prova generica dello svolgimento di tale attività, ma non RAGIONE_SOCIALE singole voci invocate a titolo di compenso.
Per l’effetto, la sentenza impugnata ha negato che spettassero i compensi nei termini quantitativi riportati nella parcella, ma avendo ritenuto che, comunque, in RAGIONE_SOCIALE a tali attività, vi fossero i presupposti per il riconoscimento dell’ an , ha provveduto ad una liquidazione in via equitativa, rispettivamente nella misura di euro 500,00 per la prima attività, di euro 500,00 per la seconda attività e di euro 300,00 per la terza, in sostituzione della somma pretesa di euro 7.050,12.
Ebbene, nell’effettuare tale liquidazione equitativa, il giudice non ha dato conto RAGIONE_SOCIALE specifiche prestazioni in RAGIONE_SOCIALE alle quali il compenso spettasse, della correlata impossibilità di ricondurne la quantificazione alle specifiche tariffe professionali vigenti o agli usi e della proporzionalità RAGIONE_SOCIALE somme fissate con il tipo di prestazioni rese e con il vantaggio derivatone per il cliente.
Infatti, in tema di compenso per l’attività svolta dal professionista, il giudice, indipendentemente dalla specifica richiesta del medesimo, a fronte di risultanze processuali carenti
sul quantum e purché difettino tariffe professionali e usi, non può rigettare la domanda di pagamento del compenso, assumendo l’omesso assolvimento di un onere probatorio in RAGIONE_SOCIALE alla misura del medesimo, bensì deve determinarlo, ai sensi degli artt. 1709 e 2225 c.c., con criterio equitativo ispirato alla proporzionalità del corrispettivo con la natura, quantità e qualità RAGIONE_SOCIALE prestazioni eseguite e con il risultato utile conseguito dal committente (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10057 del 24/04/2018; Sez. 2, Sentenza n. 7510 del 31/03/2014; Sez. 3, Sentenza n. 9829 del 18/09/1995).
Pertanto, la valutazione equitativa è preclusa ove sussistano specifiche tariffe, carenza di cui nella pronuncia non si rinviene traccia in relazione alle prestazioni ritenute dimostrate.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione dell’art. 1193 c.c. e l’omesso esame di fatti decisivi con motivazione perplessa e incomprensibile, in relazione all’ an debeatur , per avere la Corte territoriale tralasciato di considerare l’eccezione di pagamento sollevata, anche sulla scorta dei dedotti pagamenti in contanti e mediante l’emissione di assegni in bianco consegnati dal COGNOME ai suoi creditori senza girata, come sarebbe emerso dalla prova testimoniale assunta.
Ad avviso del ricorrente, dunque, i pagamenti eseguiti, anche mediante assegni, avrebbero dovuto essere imputati al rapporto di cui è causa, benché il creditore non li avesse riconosciuti, non avendo emesso fattura per le prestazioni saldate.
2.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, in tema di ricorso per cassazione, l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito -e che investe
l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa (o meno) del fatto che si intende provare -non è mai sindacabile nel giudizio di legittimità (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Sez. 3, Sentenza n. 7187 del 04/03/2022; Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 27033 del 24/10/2018; Sez. 3, Sentenza n. 9356 del 12/04/2017).
Ne discende che la censura mira, in realtà, nella parte in cui si contesta che il giudice non avrebbe correttamente valutato le risultanze probatorie in RAGIONE_SOCIALE alla ritenuta dimostrazione dei pagamenti, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, inammissibile in questa sede (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Sotto il secondo aspetto sottoposto a sindacato di legittimità, invece, deve essere ribadito quanto affermato dalla sentenza impugnata, secondo cui, in tema di prova del pagamento, quando il pagamento venga eccepito mediante la produzione di assegni o cambiali, che per la loro natura presuppongono l’esistenza di un’obbligazione cartolare (e l’astrattezza della causa), l’onere probatorio è ribaltato in capo al debitore, che deve dimostrare il collegamento dei titoli di credito prodotti con i crediti azionati, ove ciò sia contestato dal creditore (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27247 del 25/09/2023; Sez. 6-2, Ordinanza n. 15708 del 04/06/2021; Sez. 6-1, Ordinanza n. 26275 del 06/11/2017; Sez. 2, Sentenza n. 3194 del 18/02/2016; Sez. 3, Sentenza n. 3008 del 28/02/2012).
Di tale imputazione degli assegni alle prestazioni professionali rese, secondo l’assunto non sindacabile della pronuncia impugnata, il debitore non ha dato adeguata dimostrazione.
-In definitiva, il primo motivo del ricorso deve trovare accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, mentre il secondo motivo deve essere respinto.
La sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda