Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22546 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22546 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25410/2019 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTERICORRENTE INCIDENTALE- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DELL’AQUILA n. 1145/2019, depositata il 26/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha evocato in giudizio NOME COGNOME al quale aveva affidato l’incarico di progettazione e direzione de i lavori di un impianto fotovoltaico da realizzare in INDIRIZZO di Pianella, lamentando che il progetto presentava errori nell’indicazione di dati catastali che avevano provocato ritardi nella realizzazione dell’opera. L’attrice ha altresì dedotto di aver avuto
accesso ad un finanziamento di € 4.365.000,00 per un periodo di contrattazione di sei mesi ma che, per i ritardi accumulati a causa degli errori del progettista, era stata costretta a cedere l’autorizzazione unica per un prezzo notevolmente ribassato (€ 1.000.000,00), essendo emersi ulteriori errori tecnici, consistenti nell’err ata collocazione delle vele con conseguente fenomeno dell’ombreggiamento e con ridotta produttività di energia per gran parte dell’anno. Ha chiesto la risoluzione del contratto, la restituzione di € 25.000,00 già versati, di dichiarare che nessun a ulteriore somma spettava al professionista e di condannarlo al risarcimento del danno.
NOME COGNOME ha resistito, respingendo ogni addebito e proponendo riconvenzionale per il pagamento del residuo compenso , pari ad € 175.000,00, sostenendo di aver concordato l’importo globale di € 200.00,00 e di aver ricevuto solo un acconto di € 25.000,00.
Il tribunale ha accolto la riconvenzionale, respingendo le domande dell’attrice.
Su appello di NOME COGNOME la Corte territoriale di L’Aquila ha confermato la decisione di primo grado.
Secondo il giudice distrettuale il progetto era esente da difetti poiché l’err onea indicazione dei dati catastali, tempestivamente rettificati, era imputabile alla committenza e non era presente nelle tavole di progetto, mentre il fenomeno dell’ ombreggiatura non costituiva un errore progettuale. Non era addebitabile al progettista neppure l’errato calcolo dei costi dell’impianto , non paragonabili a quelli della struttura successivamente realizzata dal cessionario dell’autorizzazione unica .
Esclusa, per tali ragioni, la responsabilità del professionista, la sentenza ha ritenuto generiche le critiche alla quantificazione del compenso liquidato e ha confermato l’importo del saldo ancora da versare pari ad € 175.000,00.
La cassazione della sentenza è chiesta da NOME COGNOME con ricorso in otto motivi, illustrati con memoria, cui ha resistito NOME COGNOME con controricorso e con ricorso incidentale articolato in un motivo.
NOME COGNOME ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., sostenendo che la Corte d’Appello abbia pronunciato sulla domanda di risarcimento del danno benché non riproposta in appello, ma abbia omesso di definire tutte le censure della ricorrente riguardo alla grave responsabilità del progettista per l’errata indicazione dei dati catastali, l’errato calcolo dei costi di realizzazione dell’impianto, gli errori di progettazione .
Il motivo è infondato.
La ricorrente non ha ragione di dolersi della pronuncia sulla domanda di risarcimento, solo incidentalmente esaminata e non accolta per effetto della dichiarata inconsistenza degli addebiti di negligenza professionale mossi al resistente, con statuizione che non ha inciso sugli esiti della causa o sulla regolazione delle spese, avendo il giudice invece pronunciato, escludendola motivatamente, sulla responsabilità del progettista oggetto dell’eccezione di inadempimento, riguardo all’errata indicazione dei dati catastali, al posizionamento delle vele e ai costi dell’impianto, maggiori rispetto a quelli della struttura successivamente realizzata dalla cessionaria dell’autorizzazione unica solo a causa della notevole diversità e delle dimensioni d ell’opera progettata.
Va peraltro ricordato che il vizio di omessa pronuncia ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto, indispensabile per la soluzione del caso concreto, di domande o eccezioni o motivi di appello, non quando la fondatezza
dell’eccezione o della domanda, anche se non espressamente esaminata, è incompatibile con le ragioni della decisione, sicché il mancato esame di singole argomentazioni da ritenersi implicitamente disattese, può farsi valere non quale violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), ma come violazione di legge o difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita adottata e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. 24953/2020; Cass. 12131/2023).
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 1453 e 1460 c.c., contestando alla Corte d’Appello di non aver prudentemente valutato le prove della negligenza professionale, sull’assunto che anche nelle tavole di progetto i dati catastali erano stati erroneamente riportati, che la lunghezza dei pannelli solari e la loro distanza erano indicati nei vari atti in maniera difforme e che il resistente aveva sottovalutato i costi di costruzione dell’impianto, superiori di circa € 700.000,00 rispetto a quelli dell’impianto , poi realizzato, avente la medesima capacità produttiva.
Il motivo è infondato.
La Corte di merito ha escluso in fatto l’esistenza di errori di progettazione, dando risposta, per quanto sinteticamente, a ciascuna delle doglianze dedotte in appello, avendo escluso che l’errata indicazione dei dati catastali fosse imputabile al progettista, avendo spiegato che i dati erano stati rettificati, che la stima a preventivo dei costi dell’impianto, diversi e maggiori rispetto a quelli della struttura realizzata dal cessionario, dipendevano dalla diversità delle due opere, e avendo negato ulteriori difetti della progettazione in base alle testimonianze, evidenziando che l’unica rettifica necessaria aveva riguardato i dati catastali, non anche altri aspetti della progettazione.
Non sussiste alcuna omissione di pronuncia, né la violazione dell’art. 116 c.p.c., che ricorre solo se il giudice, nel valutare una prova non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle il valore di prova legale, oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutarla secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice abbia male interpretato le risultanze processuali, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. 27000/2016; Cass. 1229/2019; Cass. 6774/2022; Cass. 32505/2023).
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. , assumendo che il giudice abbia omesso di pronunciare sul motivo di appello con cui era stato negato il perfezionamento di un accordo sul compenso per euro 200.000,00.
Il quarto motivo lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. , per aver la Corte d’Appello omesso di pronunciar e sul motivo di gravame volto a denunciare che il primo giudice, pur riconoscendo che il compenso di euro 200.000,00 era stato pattuito anche per il progetto esecutivo e la direzione dei lavori, non avesse tenuto conto che dette attività non erano state svolte ed aveva decurtato dal corrispettivo concordato solo l’acconto di € 25.000,00 .
Il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. .
La ricorrente si duole che la Corte d’Appello avrebbe dovuto pronunciare sulle censure con cui era stata evidenziata l’incongruità delle somme liquidate, oltre che il negligente espletamento dell’incarico, ponendo in rilievo che, data la particolarità dell’opera , il corrispettivo doveva essere liquidato in base agli usi.
Il sesto motivo deduce la violazione degli artt. 2233 e 1430 c.c., nonché dell’art. 3 del D.M. n. 140/2012 , sostenendo che, per la
particolarità e novità del progetto, occorreva liquidare il compenso in base agli usi.
3.1 Il terzo motivo è fondato; dal suo accoglimento consegue l’assorbimento dei motivi quarto, quinto e sesto.
NOME COGNOME aveva sostenuto di aver concordato con la ricorrente un compenso annuo di € 200.000,00, incontrando la decisa opposizione della ricorrente che, in primo grado e poi in appello (cfr. ricorso, pagg. 15, 16 e 29 e ss.), aveva negato di aver preventivamente stabilito il corrispettivo, in replica alle conclusioni del Tribunale secondo cui la pattuizione era incontestata e trovava conferma in una missiva inviata dal professionista.
Su tale questione il giudice non ha adottato alcuna statuizione, neppure implicita, avendo solo dichiarato generiche le ragioni di appello con riferimento ad un profilo diverso e secondario, concernente la possibilità di effettuare la liquidazione in base agli usi, utilizzando il rapporto Althesys sull’andamento del mercato delle energie fotovoltaiche, dovendo preliminarmente stabilire se un accordo, nei termini dedotti dal professionista, fosse stato effettivamente concluso, essendo oggetto di specifica contestazione in appello.
Il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. , lamentando che la sentenza non abbia pronunciato sulla richiesta di rinnovazione della c.t.u. con la nomina di altro tecnico.
L’ottavo motivo deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. , sostenendo che, poiché il tribunale aveva aderito acriticamente alla consulenza tecnica, la puntualità dei rilievi sollevati in appello avrebbero richiesto la rinnovazione della c.t.u..
I due motivi sono inammissibili.
Rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o “in toto”, le indagini,
sostituendo l’ausiliare del giudice. L’esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità neppure per carenza di una motivazione espressa, quando, come nel caso di specie, dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta (Cass. 21525/2019; Cass. 2103/2019; Cass. 15666/2011).
Con l’unico motivo d el ricorso incidentale NOME COGNOME censura la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di appello con cui era stato evidenziato che il Tribunale aveva liquidato un compenso di € 175.000,00 sulla base del l ‘accordo con il cliente, non considerando che il corrispettivo pattuito si riferiva solo ad una parte delle prestazioni espletate, dovendo riconoscersi un importo aggiuntivo per quelle ulteriori, oltre alla maggiorazione del 25% di cui agli artt. 10 e 18 L. 143/1949.
Il motivo è assorbito, essendo preliminare l’accertamento, devoluto al giudice di rinvio, circa il perfezionamento di un accordo sul compenso, in mancanza del quale dovrà procedersi ad una nuova quantificazione ai sensi dell’art. 2333 c.c. e rivalutare la complessiva attività svolta, tenendo conto dei rilievi oggetto del ricorso incidentale.
È, quindi, accolto il terzo motivo del ricorso principale, sono respinti i motivi primo, secondo, settimo e ottavo, con assorbimento delle altre censure e del ricorso incidentale; la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso principale, rigetta i motivi primo, secondo, settimo e ottavo, dichiara assorbite le restanti censure e l’unico motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione
al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione