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Compenso professionale avvocato: l’accordo transattivo

La Corte di Cassazione si è pronunciata su una complessa controversia relativa al compenso professionale di un avvocato nei confronti di una banca. La disputa verteva sull’interpretazione di un accordo transattivo del 2015. La Corte ha stabilito che l’interpretazione del giudice di merito, secondo cui l’accordo regolava in modo onnicomprensivo le attività pregresse, è insindacabile se plausibile. Tuttavia, ha accolto il ricorso del legale su un punto cruciale: il diritto al rimborso delle spese generali del 15%, anche in presenza di un compenso pattuito contrattualmente, cassando con rinvio la decisione su tale aspetto.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso professionale avvocato: l’accordo transattivo fa fede, ma le spese generali sono dovute

La determinazione del compenso professionale avvocato è spesso fonte di complesse controversie, specialmente in presenza di accordi e convenzioni che si sovrappongono nel tempo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sull’interpretazione degli accordi transattivi e sul diritto del legale al rimborso delle spese generali, anche quando il compenso è pattuito contrattualmente. La decisione analizza i limiti del sindacato di legittimità sull’interpretazione del contratto e l’inapplicabilità retroattiva della legge sull’equo compenso.

I Fatti di Causa

Un avvocato ha richiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per circa 87.000 euro nei confronti di un istituto di credito, a titolo di compensi per attività professionali svolte. La banca si è opposta, sostenendo che i rapporti tra le parti fossero regolati da specifici accordi, in particolare una transazione del 2015 che, a suo dire, aveva definito in modo onnicomprensivo le pendenze per le attività svolte fino al giugno 2014.

Il Tribunale di Milano, in prima istanza, ha accolto l’opposizione della banca, revocando il decreto ingiuntivo e condannando l’istituto a pagare una somma molto inferiore, pari a circa 7.400 euro, oltre accessori. Secondo il Tribunale, l’accordo del 2015 aveva effettivamente un carattere tombale per le prestazioni passate, mentre per quelle successive si applicavano le tariffe di una precedente convenzione del 2013.

Insoddisfatto, l’avvocato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando ben quindici motivi di impugnazione. La banca ha resistito con un controricorso, proponendo a sua volta un ricorso incidentale.

I Motivi del Ricorso e l’interpretazione del compenso professionale avvocato

Il fulcro del ricorso principale del legale era la contestazione dell’interpretazione data dal Tribunale all’accordo transattivo del 2015. L’avvocato sosteneva che tale accordo si riferisse solo a un elenco specifico di pratiche e non a tutta l’attività pregressa. Tra i vari motivi, il legale lamentava:

* La violazione del giudicato esterno, derivante da un’altra decisione definitiva che, a suo dire, aveva stabilito l’applicabilità di un diverso regime tariffario.
* Il vizio di extra petizione, per aver il Tribunale adottato un’interpretazione dell’accordo non prospettata dalle parti.
* La violazione delle regole di ermeneutica contrattuale e il vizio di motivazione.
* La mancata applicazione della disciplina sull’equo compenso.
* Il mancato riconoscimento del rimborso forfettario per le spese generali.

La banca, nel suo ricorso incidentale, lamentava principalmente l’abusivo frazionamento del credito da parte del professionista.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato dettagliatamente tutti i motivi, rigettandone la maggior parte ma accogliendone uno di fondamentale importanza pratica.

Interpretazione dell’Accordo Transattivo

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’interpretazione del contratto è un’attività riservata al giudice di merito. In sede di legittimità, non è possibile proporre una diversa interpretazione, anche se plausibile, ma solo censurare la decisione per violazione dei canoni legali di ermeneutica o per vizi logici insanabili. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l’interpretazione del Tribunale di Milano, secondo cui l’accordo del 2015 avesse un effetto onnicomprensivo per il passato, fosse una delle possibili e plausibili letture del testo negoziale. Di conseguenza, tale valutazione era insindacabile in Cassazione.

Esclusione del Giudicato Esterno e dell’Equo Compenso

Anche il motivo relativo al giudicato esterno è stato respinto. La Corte ha chiarito che ogni incarico professionale, pur inserito in un rapporto continuativo, costituisce un titolo autonomo. Pertanto, una decisione su specifici incarichi non può avere efficacia di giudicato su altri. Allo stesso modo, è stata respinta la doglianza sull’equo compenso, poiché la relativa legge (L. 148/2017) non ha efficacia retroattiva e non può applicarsi a prestazioni professionali concluse prima della sua entrata in vigore nel 2018.

L’Accoglimento del Motivo sulle Spese Generali

Il punto di svolta della decisione risiede nell’accoglimento del quattordicesimo motivo di ricorso. Il legale aveva lamentato il mancato riconoscimento del rimborso forfettario del 15% per le spese generali. Il Tribunale lo aveva negato, ritenendolo non previsto dalla convenzione del 2013.

La Cassazione ha corretto questa impostazione. Ha osservato che, al momento della stipula dell’accordo liquidatorio del 2015, era già in vigore il D.M. 55/2014, il cui art. 2 prevede espressamente che tale rimborso sia dovuto anche in caso di determinazione contrattuale del compenso. Poiché l’accordo del 2015 richiamava le “tariffe” della convenzione precedente, questo richiamo doveva intendersi esteso anche alle componenti accessorie come le spese generali, regolate dalla normativa vigente. Pertanto, il diniego del rimborso era illegittimo.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato quasi tutti i motivi del ricorso principale dell’avvocato e tutti quelli del ricorso incidentale della banca. Ha però accolto il motivo relativo al diritto del professionista al rimborso delle spese generali.

Di conseguenza, la sentenza del Tribunale di Milano è stata cassata limitatamente a questo punto. La causa è stata rinviata allo stesso Tribunale, in diversa composizione, che dovrà ora rideterminare il compenso professionale avvocato includendo il rimborso forfettario del 15% sulle somme liquidate, oltre a regolare le spese del giudizio di legittimità. Questa decisione sottolinea un principio importante: anche in presenza di accordi specifici, le normative sui parametri professionali possono integrare il pattuito, specialmente per quanto riguarda le componenti accessorie come le spese generali.

Un accordo transattivo sul compenso professionale di un avvocato può regolare anche incarichi non esplicitamente elencati?
Sì, secondo la Corte, se l’interpretazione del testo contrattuale da parte del giudice di merito porta in modo plausibile a concludere che le parti intendevano liquidare in modo onnicomprensivo tutti i compensi per un’attività svolta fino a una certa data, tale decisione è legittima e non censurabile in Cassazione.

Il rimborso forfettario per le spese generali (15%) è dovuto anche se il compenso è stabilito da un accordo tra le parti?
Sì. La sentenza chiarisce che il rimborso delle spese generali, previsto dal D.M. 55/2014, è dovuto anche in caso di determinazione contrattuale del compenso. Se l’accordo richiama le “tariffe”, si presume che includa anche le componenti accessorie previste dalla normativa vigente al momento dell’accordo.

La legge sull’equo compenso si applica a prestazioni professionali svolte prima della sua entrata in vigore?
No. La Corte ha confermato che la disciplina sull’equo compenso, introdotta con la legge n. 148/2017 ed efficace dal 1° gennaio 2018, non ha valore retroattivo e non può essere applicata a prestazioni professionali già effettuate prima di tale data.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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