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Compenso professionale avvocato: l’accordo prevale

Un avvocato contesta la liquidazione del suo compenso professionale dopo la revoca del mandato. La Corte di Cassazione stabilisce che l’accordo economico tra le parti prevale sulle tariffe, ma chiarisce che i procedimenti autonomi, come quelli cautelari, devono essere liquidati separatamente, anche se l’accordo fa riferimento a parametri generali. La richiesta di compensi extra per atti interni alla causa principale, come una diffida, è stata invece respinta.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Professionale Avvocato: l’Accordo tra le Parti Vince, ma con dei Limiti

La determinazione del compenso professionale dell’avvocato è spesso fonte di contenzioso, specialmente quando il rapporto con il cliente si interrompe prima della conclusione della causa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 23737/2024) offre chiarimenti cruciali sulla gerarchia delle fonti per la liquidazione degli onorari, ribadendo la prevalenza dell’accordo tra le parti ma specificando importanti limiti alla sua applicazione, soprattutto per le attività collaterali al giudizio principale.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce dalla richiesta di liquidazione del compenso da parte di un avvocato per l’attività di difesa svolta in favore di una società in un contenzioso immobiliare di rilevante valore. Il rapporto professionale si era interrotto prima della conclusione del giudizio. Il Tribunale aveva liquidato una somma basandosi su un accordo scritto del 2011, che prevedeva l’applicazione dei parametri minimi stabiliti dal D.M. 140/2012. Tuttavia, il giudice aveva negato un compenso autonomo per alcune attività specifiche svolte dal legale, tra cui un procedimento cautelare, la redazione di una diffida ad adempiere e una richiesta di condanna anticipata.

Il Contenzioso sul Compenso Professionale dell’Avvocato

L’avvocato, insoddisfatto della liquidazione, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due principali violazioni.

In primo luogo, sosteneva che, in caso di cessazione anticipata del mandato, l’accordo del 2011 non fosse più applicabile. A suo dire, il compenso avrebbe dovuto essere determinato secondo le tariffe vigenti all’epoca dell’accordo (D.M. 127/2004) e in base all’importanza e complessità della lite, non ai parametri minimi concordati.

In secondo luogo, il legale contestava il mancato riconoscimento di un compenso autonomo per il procedimento d’urgenza (ex art. 700 c.p.c.) e le altre attività stragiudiziali e processuali svolte, ritenendo che queste non potessero essere assorbite nel compenso liquidato per la causa principale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi, giungendo a una decisione che accoglie parzialmente le ragioni del professionista.

Sulla Prevalenza dell’Accordo sul Compenso

La Corte ha rigettato il primo motivo, riaffermando un principio cardine sancito dall’art. 2233 del Codice Civile: l’accordo tra le parti è la fonte primaria per la determinazione del compenso professionale. Le tariffe professionali e gli altri criteri (usi o liquidazione giudiziale) intervengono solo in via subordinata, ossia in assenza di una pattuizione.

Secondo gli Ermellini, l’accordo era pienamente applicabile anche in caso di revoca del mandato, poiché non era stato concepito come un compenso forfettario per l’intera prestazione fino al risultato finale, ma come un criterio di calcolo (i parametri minimi) applicabile alle singole attività svolte. La cessazione anticipata del rapporto non rendeva inefficace la volontà contrattuale delle parti.

Sul Diritto al Compenso Autonomo per i Procedimenti Incidentali

Il secondo motivo di ricorso è stato, invece, parzialmente accolto. La Corte ha chiarito che, se le parti hanno concordato di applicare i parametri di un decreto ministeriale (in questo caso, il D.M. 140/2012), sono tenute a rispettarne non solo i valori, ma anche i criteri di liquidazione.

Il D.M. 140/2012 prevede espressamente che per i procedimenti cautelari (come quello ex art. 700 c.p.c.) e le relative fasi di reclamo, debba essere riconosciuto un compenso autonomo, distinto da quello della causa di merito. Questi procedimenti, infatti, pur essendo collegati a quello principale, hanno una loro autonomia procedurale e richiedono un’attività difensiva specifica. Pertanto, il Tribunale aveva errato nel non liquidare un compenso separato per questa attività.

Diversamente, la Corte ha confermato la decisione del Tribunale di non riconoscere un compenso extra per la diffida ad adempiere e per la richiesta di ordinanza anticipata. Queste attività sono state considerate strettamente strumentali e integrate nelle fasi del giudizio di merito, e quindi già remunerate all’interno della liquidazione complessiva basata sulle fasi processuali, come previsto dall’accordo e dalle norme di riferimento.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione delinea con chiarezza i confini dell’autonomia contrattuale nella determinazione del compenso professionale dell’avvocato. L’accordo tra professionista e cliente è sovrano e prevale sulle tariffe, anche in caso di interruzione del rapporto. Tuttavia, se tale accordo rinvia a specifici parametri normativi, questi devono essere applicati integralmente, compresi i criteri che prevedono compensi autonomi per procedimenti distinti e separati, come quelli cautelari. La decisione sottolinea l’importanza di redigere accordi sul compenso chiari e dettagliati, che disciplinino esplicitamente anche l’ipotesi di cessazione anticipata del mandato e la remunerazione per eventuali procedimenti incidentali, al fine di prevenire future controversie.

Un accordo sul compenso professionale dell’avvocato è valido anche se il mandato viene revocato prima della fine della causa?
Sì. Secondo la Corte, l’accordo sul compenso è applicabile anche in caso di revoca del mandato, a meno che non sia stato pattuito un compenso forfettario legato unicamente al risultato finale della causa. Se l’accordo stabilisce criteri di calcolo per le attività svolte, questi restano validi.

Se un accordo fa riferimento a parametri ministeriali, quali attività danno diritto a un compenso autonomo?
Se l’accordo richiama i parametri di un decreto ministeriale (come il D.M. 140/2012), danno diritto a un compenso autonomo tutti quei procedimenti che la normativa stessa considera separati, come i procedimenti cautelari (es. ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c.) e le relative fasi di reclamo.

La redazione di una diffida ad adempiere durante una causa dà diritto a un compenso separato?
No. La Corte ha stabilito che attività come la diffida ad adempiere o la richiesta di un’ordinanza di pagamento anticipato, se svolte nel corso del giudizio di merito, sono considerate strumentali e strettamente collegate a quest’ultimo. Pertanto, il loro compenso è già incluso nella liquidazione per fasi del giudizio principale e non dà diritto a un pagamento autonomo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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