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Compenso professionale architetto: la Cassazione decide

La richiesta di onorari di un architetto è stata significativamente ridotta nei primi due gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del professionista sui metodi di calcolo, ma ha accolto quello dei clienti per l’omessa pronuncia del giudice d’appello sulla restituzione delle somme pagate in eccesso. La sentenza chiarisce i criteri per determinare il compenso professionale architetto e le conseguenze di un vizio di procedura.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Professionale Architetto: La Cassazione fa Chiarezza su Calcolo e Restituzioni

La determinazione del corretto compenso professionale dell’architetto è spesso fonte di controversie legali. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha recentemente affrontato un caso emblematico, offrendo importanti chiarimenti sul calcolo degli onorari, sulla prova dei costi accessori e sulle conseguenze processuali di una mancata decisione sulla restituzione delle somme pagate in eccesso. La vicenda, nata dalla richiesta di pagamento di un professionista per lavori di ampliamento di un immobile, è giunta fino al terzo grado di giudizio, delineando principi utili per professionisti e committenti.

I Fatti di Causa

La controversia ha origine quando un architetto ottiene un decreto ingiuntivo di circa 44.500 euro nei confronti di due clienti per le sue prestazioni professionali. Le committenti si oppongono e il Tribunale, pur riconoscendo il lavoro svolto, revoca il decreto e riduce drasticamente l’importo dovuto a poco più di 18.000 euro. La riduzione è motivata da due fattori principali: una diversa base di calcolo per la progettazione e un taglio della percentuale per i compensi accessori dal 40% al 20%.

L’architetto impugna la decisione in Appello, ma la Corte territoriale conferma la sentenza di primo grado. Anche le clienti propongono un appello incidentale, che viene però respinto. Un punto cruciale, tuttavia, emerge: la Corte d’Appello omette di pronunciarsi sulla richiesta delle committenti di condannare l’architetto alla restituzione delle somme che esse avevano versato in eccesso rispetto a quanto stabilito dal Tribunale. Di conseguenza, entrambe le parti si rivolgono alla Corte di Cassazione.

Le Questioni Giuridiche e i Motivi del Ricorso

L’architetto basa il suo ricorso principale su diverse censure, sostenendo che i giudici di merito avrebbero errato nel:

1. Ricalcolare la base degli onorari: secondo il professionista, la Corte aveva erroneamente ritenuto che nella sua parcella vi fosse una duplicazione di compensi, separando il valore delle opere civili da quello degli impianti.
2. Ridurre i compensi accessori: la decurtazione della percentuale dal 40% al 20% era ritenuta ingiustificata, poiché non si sarebbe tenuto conto delle varianti e dell’ausilio di collaboratori esterni.
3. Valutare le prove: il ricorrente lamentava una scorretta valutazione delle prove testimoniali riguardo all’impiego di collaboratori.

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’architetto, ritenendo corrette e ben motivate le decisioni dei giudici di merito.

Il Ricorso Incidentale e l’Omessa Pronuncia

Il punto di svolta del giudizio di legittimità risiede nel ricorso incidentale delle committenti. Esse lamentavano la violazione dell’art. 112 c.p.c. (principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato), poiché la Corte d’Appello, pur confermando la riduzione del compenso professionale dell’architetto, aveva omesso di decidere sulla loro conseguente domanda di restituzione dell’eccedenza già pagata.

Su questo punto, la Cassazione ha dato piena ragione alle clienti, accogliendo il loro ricorso. Si è configurato, infatti, un classico vizio di “omessa pronuncia”, che imponeva la cassazione della sentenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni distinguendo le posizioni delle parti.

Sul ricorso dell’architetto

La Corte ha confermato l’interpretazione della tariffa professionale (L. 143/1949) secondo cui le opere civili e gli impianti costituiscono categorie distinte. È corretto, quindi, liquidare i compensi separatamente per evitare un’ingiustificata duplicazione. Riguardo ai compensi accessori, i giudici hanno ribadito che, in caso di contestazione, spetta al professionista provare l’effettiva esistenza delle prestazioni che giustificano una maggiorazione percentuale (come l’imprevedibilità delle varianti o l’uso di collaboratori esterni). La semplice vicinanza dello studio al cantiere, come nel caso di specie, è stata ritenuta una valida ragione per ridurre la percentuale richiesta.

Sul ricorso delle committenti

La Cassazione ha chiarito che la domanda di restituzione delle somme pagate in eccedenza è una conseguenza diretta della revoca di un decreto ingiuntivo o della riduzione della pretesa creditoria. Tale domanda non costituisce una domanda nuova e può essere proposta per la prima volta anche in appello, in ossequio al principio di economia processuale. L’aver omesso di pronunciarsi su tale richiesta integra un vizio procedurale che rende necessaria la cassazione della sentenza con rinvio al giudice d’appello per la decisione sul punto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre importanti spunti operativi. Per i professionisti, emerge la necessità di una redazione della parcella estremamente chiara e analitica, distinguendo le diverse categorie di opere per evitare contestazioni sulla base di calcolo. Inoltre, la richiesta di compensi accessori forfettari, sebbene legittima, espone al rischio di riduzione se non supportata da prove concrete in caso di disaccordo del cliente.

Per i committenti, la sentenza ribadisce il diritto di ottenere la restituzione di quanto versato in eccesso qualora il compenso venga ridotto in sede giudiziale. È fondamentale, in questi casi, formulare un’esplicita domanda di restituzione e, qualora il giudice ometta di pronunciarsi, far valere tale vizio nei successivi gradi di giudizio.

Come va calcolato il compenso per la progettazione di opere civili e impianti secondo la vecchia tariffa?
La Corte ha confermato che, secondo la L. 143/1949, le opere civili e gli impianti appartengono a categorie diverse. Pertanto, i compensi devono essere calcolati separatamente sugli importi di ciascuna categoria e non globalmente. Includere il valore degli impianti nella base di calcolo delle opere civili genera una duplicazione ingiustificata del compenso.

Quando un professionista ha diritto a un aumento percentuale per compensi accessori e rimborso spese?
Il professionista ha diritto a compensi accessori, ma se chiede una percentuale forfettaria e questa viene contestata, è tenuto a provare l’effettività delle prestazioni e degli esborsi che la giustificano (es. varianti imprevedibili, uso di collaboratori esterni). La semplice vicinanza dello studio al cantiere può giustificare una riduzione della percentuale richiesta.

Cosa succede se il giudice riduce il compenso di un professionista ma non si pronuncia sulla restituzione di quanto già pagato in eccesso?
Si verifica un vizio di “omessa pronuncia”. La domanda di restituzione è una conseguenza diretta della riduzione del compenso e può essere proposta anche per la prima volta in appello. La sentenza che omette di decidere su questo punto può essere cassata con rinvio affinché il giudice d’appello provveda sulla richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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