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Compenso patrocinio a spese dello Stato: la Cassazione

Un avvocato, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ha contestato la discrepanza tra le spese legali che la parte soccombente è stata condannata a pagare allo Stato e l’importo, inferiore, che lo Stato ha poi liquidato a lui. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che nel processo civile il compenso patrocinio a spese dello Stato per il difensore può legittimamente essere inferiore alla somma recuperata dalla parte soccombente, in quanto tale meccanismo serve a finanziare il sistema di accesso alla giustizia.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso patrocinio a spese dello Stato: la Cassazione conferma la ‘doppia liquidazione’

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per gli avvocati che assistono clienti ammessi al gratuito patrocinio. La questione centrale riguarda la legittimità della differenza tra l’importo che la parte soccombente viene condannata a pagare allo Stato e il minor compenso patrocinio a spese dello Stato che viene effettivamente liquidato al difensore. Con l’ordinanza n. 21990/2024, la Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato, dichiarando inammissibile il ricorso di un legale e condannandolo per abuso del processo.

I Fatti del Caso

Un avvocato aveva assistito con successo un cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Al termine del giudizio, la parte avversaria, risultata soccombente, era stata condannata a rimborsare allo Stato le spese legali. Tuttavia, l’importo liquidato a favore dello Stato era circa il doppio di quello che lo Stato stesso aveva poi riconosciuto all’avvocato a titolo di compenso.

Ritenendo ingiusta tale disparità, il legale aveva proposto opposizione, sostenendo che dovesse esserci piena identità tra le due somme. La Corte d’Appello aveva respinto la sua richiesta, motivando che la disciplina del patrocinio a spese dello Stato ha ‘peculiari connotati pubblicistici’ che giustificano tale differenza. L’avvocato ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul compenso patrocinio a spese dello Stato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la piena legittimità dell’operato della Corte d’Appello. I giudici hanno ritenuto manifestamente infondati entrambi i motivi di ricorso presentati dal legale, basandosi su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato sia a livello di legittimità che costituzionale.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su argomentazioni precise che bilanciano gli interessi del singolo professionista con quelli generali del sistema giustizia.

La Legittimità della ‘Doppia Liquidazione’ nel Processo Civile

Il primo punto chiave chiarito dalla Corte è che, nel processo civile, il sistema di liquidazione delle spese per il patrocinio a carico dello Stato è intrinsecamente ‘scisso’. Da un lato, c’è la condanna del soccombente a pagare le spese allo Stato; dall’altro, c’è la liquidazione del compenso che lo Stato deve al difensore del non abbiente.

Secondo la Corte, questi due importi non devono necessariamente coincidere. Questa scissione persegue due obiettivi fondamentali:
1. Evitare un ingiusto vantaggio al soccombente: Se il soccombente fosse condannato a pagare solo l’importo ridotto spettante all’avvocato, riceverebbe un vantaggio indebito solo perché la controparte era assistita dal gratuito patrocinio.
2. Sostenere il sistema: Consentendo allo Stato di incassare somme potenzialmente maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, si contribuisce a compensare i casi di mancato recupero e a finanziare il funzionamento del sistema di patrocinio nella sua globalità. In sostanza, si tratta di un meccanismo di solidarietà che garantisce l’effettività del diritto di difesa per tutti.

La Piena Compatibilità Costituzionale della Riduzione del Compenso

Il ricorrente aveva sollevato anche questioni di legittimità costituzionale, lamentando una disparità di trattamento e una violazione del diritto a un’equa retribuzione. Anche su questo punto, la Cassazione è stata netta, richiamando una precedente pronuncia della Corte Costituzionale (n. 122 del 2016).

I giudici hanno affermato che la riduzione del compenso prevista dalla legge (art. 130 d.P.R. 115/2002) è pienamente legittima perché:
* È giustificata da ‘peculiari connotati pubblicistici’, legati all’interesse generale di assicurare a tutti l’accesso alla giustizia.
* Rientra nell’ampia discrezionalità del legislatore nel regolare le spese di giustizia.
* Non impone un sacrificio sproporzionato al professionista, ma rappresenta una diversa modalità di determinazione del compenso, compatibile con il valore della sua attività professionale e giustificata dall’interesse pubblico perseguito.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 21990/2024 consolida un principio fondamentale: il meccanismo di liquidazione del compenso patrocinio a spese dello Stato è legittimo anche quando crea una differenza tra quanto lo Stato incassa e quanto paga al difensore. Questa disparità non è un’anomalia, ma un elemento strutturale pensato per garantire la sostenibilità e l’efficacia del sistema di gratuito patrocinio. La condanna del ricorrente per abuso del processo, con il pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, serve da monito: insistere nel contestare principi giurisprudenziali così radicati non solo è inutile, ma può essere considerato un comportamento processuale scorretto.

L’importo che la parte soccombente paga allo Stato per le spese legali deve essere uguale a quello che lo Stato liquida all’avvocato in patrocinio a spese dello Stato?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che nel processo civile questi due importi possono essere diversi. La somma recuperata dal soccombente è calcolata secondo i normali parametri, mentre quella liquidata al difensore è soggetta alle specifiche norme sul gratuito patrocinio, che possono prevedere riduzioni.

La riduzione del compenso per gli avvocati che operano in patrocinio a spese dello Stato è costituzionale?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte Costituzionale, ha confermato che la riduzione è legittima. È giustificata dall’interesse pubblico a garantire il funzionamento del sistema di accesso alla giustizia per i non abbienti e rientra nella discrezionalità del legislatore.

Cosa rischia un avvocato che propone ricorso contro questi principi giurisprudenziali consolidati?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Inoltre, come accaduto in questo caso, l’avvocato può essere condannato per abuso del processo al pagamento di una somma di denaro, poiché insistere su questioni già ampiamente decise dalla giurisprudenza in modo conforme è considerato un comportamento processuale che aggrava il sistema giudiziario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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