Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21990 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21990 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8708 -2020 proposto da:
AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso il suo studio, rappresentato e difeso da sé stesso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore,;
– intimato – avverso l’ordinanza n. repert. 5845/2019, pronunciata dalla CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicata il 5/8/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/2/2024 dal consigliere COGNOME;
letta la memoria del ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza n.repert. 5845/2019, il Presidente della Corte d’ a ppello di Roma ha rigettato l’opposizione ex art. 170 d .P.R. 115/02 e 15 d.lgs. 150/2011, proposta dall’AVV_NOTAIO avverso il decreto di liquidazione dei compensi maturati per l’assistenza di una parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato; in particolare, l’avv ocato opponente aveva lamentato che al suo assistito, in quanto vittorioso e, per lui, allo Stato, fossero state attribuite in rimborso spese, con la sentenza resa a conclusione del procedimento in cui aveva prestato patrocinio, somme a titolo di onorari del difensore di importo doppio rispetto a quelli a lui poi riconosciuti nel decreto di liquidazione.
In motivazione, la Corte d’appello aveva rappresentato che la mancanza di coordinazione tra la misura degli onorari liquidata in sentenza alla parte ammessa a patrocinio a carico dello Stato e quella riconosciuta al difensore trova ragione nei «peculiari connotati pubblicistici» della disciplina.
Avverso questa ordinanza l’AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi; il Ministero non ha svolto difese.
In data 22/9/2023, il Consigliere delegato di questa sezione ha formulato proposta di definizione anticipata, ex art. 380 bis c.p.c., rilevando l’inammissibilità di entrambi i motivi ex art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ..
Con istanza del 26/10/2023, l’AVV_NOTAIO ha chiesto la decisione del ricorso. Nei termini dell’art. 380 bis 1 cod. proc. civ., ha quindi depositato memoria.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha lamentato la violazione e
falsa applicazione degli art. 133 d.P.R. 115/02 e 91 cod. proc. civ., per non essersi la Corte uniformata al principio di diritto secondo cui deve esservi identità tra la spesa liquidata al difensore dalla parte ammessa a patrocinio a carico dello Stato e quella posta a carico del soccombente, dovuta allo Stato.
Il primo motivo è inammissibile ex art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ., per avere il provvedimento impugnato deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame della censura non offre elementi per mutare l’orientamento .
In particolare, come rimarcato nella proposta di definizione accelerata, costituisce ormai principio consolidato che in tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R.; il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato è, infatti, caratterizzato da peculiarità non comuni al giudizio civile e, diversamente decidendo, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130.
Scindendo, allora, la condanna della parte soccombente verso quella non abbiente e la liquidazione del compenso in favore del difensore della parte non abbiente, da un lato si evita che il soccombente nel giudizio in cui vincitrice sia una parte non abbiente risulti avvantaggiato rispetto agli altri soccombenti e , dall’altro, si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità ( ex multis , Cass. Sez. 2,
n. 541 del 2024, Sez. 2, n. 7570 del 2023, Sez. 2, n. 13028 del 2022, Sez. 6 – L, n. 11590 del 03/05/2019, Sez. 2, n. 22017 del 11/09/2018).
Così stabilendo, questa Corte ha definitivamente superato l’apparente contrasto venuto a determinarsi con le pochissime pronunce di diverso tenore come indicate in ricorso.
Da questo principio questo Collegio non ha ragioni per discostarsi.
Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha prospettato la violazione degli art. 23, 97, 111, 3 e 53 della Cost..
Anche il secondo motivo è inammissibile ex art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ.. Con ordinanza n. 122 del 2016, la Corte costituzionale ha già ribadito la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 130 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 poste in relazione agli artt. 3, 24, commi 2 e 3, e 111, comma 1, Cost., in quanto dispone che, in caso di patrocinio a spese dello Stato, «gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della metà». Infatti, con riguardo alla denunciata disparità di trattamento fra avvocati, i quali subiscono la riduzione della metà dei compensi nell’ipotesi in cui la liquidazione giudiziale concerna difese apprestate nei confronti di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, la specifica disciplina applicabile al patrocinio dei non abbienti è coerente con il margine di ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nel dettare le norme processuali, nel cui novero sono comprese anche quelle in materia di spese di giustizia, ed è giustificata da peculiari connotati pubblicistici, che rendono le fattispecie disomogenee; la circostanza secondo cui il sistema di liquidazione degli onorari civili impone al difensore di prestare la propria opera per un compenso inferiore al minimo previsto, che, normalmente, costituirebbe infrazione ai doveri
deontologici e fatto suscettibile di sanzione disciplinare, è costituzionalmente irrilevante ove si tenga presente che il sistema di liquidazione è imposto da una norma di legge, che, come tale, può legittimamente derogare anche ai minimi tariffari; peraltro, il criterio di determinazione del compenso spettante al professionista che difende la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in un giudizio civile non impone al professionista un sacrificio tale da risolvere il ragionevole legame tra l’onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una parzialmente diversa modalità di determinazione del compenso medesimo, giustificata dalla considerazione dell’interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell’ambito di una disciplina che mira ad assicurare al non abbiente l’effettività del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo, nella quale la liquidazione degli onorari professionali è suscettibile di restare a carico dell’erario.
In definitiva, gli interessi privilegiati dal legislatore -da un canto il diritto di difesa del non abbiente e, dall’altro, l’interesse pubblico ad assicurare allo Stato il funzionamento del sistema nella sua globalità -sono stati ritenuti come pienamente compatibili con la diversa modalità di determinazione del compenso del difensore senza che risulti violato il diritto di quest’ultimo a vedere adeguatamente riconosciuto il valore della sua attività professionale.
Il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile. Non vi è luogo a statuizione sulle spese perché il Ministero non ha svolto difese.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ., in applicazione, secondo la previsione del comma terzo dello stesso articolo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., il ricorrente deve essere condannato al pagamento, a
favore della Cassa delle ammende, di una somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 e Cass. Sez. U 13-102023 n. 28540, l’art. 380 bis comma III cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 comma III e IV cod. proc. civ., codifica, att raverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’AVV_NOTAIO, ex art. 96 comma IV cod. proc. civ., al pagamento di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda