Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1017 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1017 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30781/2021 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato al proprio indirizzo PEC iscritto nel REGINDE, rappresentandosi e difendendosi da sé ex art. 86 c.p.c. (CSNFBA66M21G273K);
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
-intimato- avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 570/2021 depositata il 24.6.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.9.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
L’avvocato NOME COGNOME prestava assistenza legale in secondo grado a favore di COGNOME, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in un processo penale davanti alla Corte d’Appello di Palermo, che si concludeva con la riduzione della pena inflitta al suo assistito e con l’esclusione di alcune aggravanti applicate in primo grado.
La Corte d’Appello di Palermo, con decreto collegiale del 9.3.2021, liquidava in favore del legale richiedente il compenso di € 1.035,00, di cui € 900.00 per compensi, oltre IVA e CPA, partendo dai valori medi tariffari, riducendoli del 50% ex art. 9 del D.M. n. 140/2012 ed ulteriormente riducendoli di 1/3 ex art. 1, comma 606 della L. n. 147/2013.
Avverso tale decreto proponeva opposizione ex artt. 84 e 170 D.P.R. n. 115/2002 l’avv. COGNOME nei confronti del Ministero della Giustizia, contestando la praticabilità della doppia riduzione e lamentando l’esiguità del compenso liquidatogli rispetto al pregio dell’opera prestata.
La Corte d’Appello di Palermo, in persona del Presidente della terza sezione civile, nella contumacia del Ministero, con l’ordinanza del 24.6.2021, accoglieva parzialmente l’opposizione, rilevando la compatibilità della riduzione di 1/3 dell’art. 1, comma 606 della L. n.147/2013 con quella di ½ ai sensi però dell’art. 12, comma 2 del D.M. n. 55/2014, applicabile ratione temporis in luogo del richiamato art. 9 del D.M. n. 140/2012, ma riconoscendo per il pregio dell’attività svolta un aumento della tariffa media delle tre voci (studio, introduttiva e decisionale) del 40% ciascuna, prima dell’applicazione delle suddette due riduzioni, e liquidando quindi a favore dell’opponente la somma di € 1.260,00 oltre al rimborso spese generali ed accessori di legge, con compensazione delle spese del giudizio di opposizione.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso a questa Corte l’avv. COGNOME notificato al Ministero della Giustizia, rimasto intimato, il 6.12.2021, affidato a due motivi.
Il Ministero è rimasto intimato.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata per manifesta infondatezza, comunicata al ricorrente il 3.5.2023, ed il 9/10.6.2023 l’avv. COGNOME ha presentato istanza di decisione.
Fissata quindi l’udienza camerale, il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Col primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.M. n.140/2012, dell’art. 106 bis del D.P.R. n. 115/2002 e dell’art. 15 delle preleggi in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c.) il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello di Palermo non avrebbe potuto operare una doppia riduzione del compenso professionale del ricorrente, in quanto l’art. 106 bis del D.P.R. n.115/2002, introdotto dall’art. 1, comma 606 della legge di stabilità del 2014 (L. 27.12.2013 n. 147), avrebbe introdotto una disciplina (con la riduzione di 1/3) incompatibile con quella dell’art. 9 del D.M. n. 140/2012, che prevedeva la riduzione della metà e che sarebbe stata sostituita dalla nuova disciplina del D.M. n. 55/2014.
Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto l’ordinanza impugnata non ha fatto applicazione dell’art. 9 del D.M. n.140/2012, tariffa non più vigente all’epoca dello svolgimento del patrocinio compensato, riferito ad un processo penale di secondo grado iniziato nel 2020, ma dell’art. 12 comma 2 del D.M. n.55/2014, che è sopravvenuto all’entrata in vigore della L.n.147/2013, e la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha riconosciuto che in tema di patrocinio a spese dello Stato il difensore d’ufficio dell’imputato irreperibile (al quale va assimilato il difensore nel processo penale di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato) ha diritto ad un compenso che non dev’essere superiore ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, potendosi
quindi applicare il valore tariffario riducendolo del 50% corrispondente, con l’ulteriore decurtazione di 1/3 prevista dall’art. 106 bis del D.P.R. n. 115/2002 (vedi in tal senso Cass. ord. n. 22257/2022; Cass. ord. n. 4759/2022; Cass. ord. n. 31404/2019).
Col secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli articoli 2233 cod. civ., art. 12 comma 1 del D.M. n. 55/2014 ed art. 36 della Costituzione in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.) il ricorrente lamenta che gli sarebbe stato liquidato un compenso professionale simbolico, lesivo del decoro della professione di avvocato.
Il secondo motivo è a sua volta infondato, in quanto la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto che, in sede di liquidazione del compenso professionale dell’avvocato che abbia patrocinato in un giudizio penale un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, la liquidazione non può scendere al di sotto della metà della misura media della tariffa applicabile e quindi dei minimi tariffari, risultando altrimenti lesiva del decoro della professione di avvocato (vedi Cass. ord. n. 22761/2023), ma nella specie tale limite non risulta superato.
L’ordinanza impugnata, infatti, ha dapprima maggiorato del 40% i valori medi tariffari del D.M. n. 55/2014 per il pregio dell’attività professionale svolta dall’avvocato ricorrente nel giudizio di appello per le tre voci riconosciute (studio, introduttiva e decisionale), in considerazione dello sconto di pena e dell’esclusione di circostanze aggravanti applicate in primo grado, poi ha provveduto alla riduzione della metà ex art. 12 comma 2 del D.M. n. 55/2014, e quindi all’ulteriore riduzione di 1/3, imposta dalla legge di stabilità del 2014 per esigenze di contenimento della spesa pubblica, pervenendo così alla liquidazione di un importo (€ 1.260,00) superiore rispetto al minimo che sarebbe stato liquidabile per le suddette tre voci secondo il D.M. n. 55/2014, pari ad € 1.230,00 (€
237,00 + € 284,00 + € 709,00), che non può quindi ritenersi lesivo del prestigio della professione di avvocato.
Risultando tali motivazioni conformi a quelle addotte nella proposta di definizione anticipata, alla reiezione del ricorso si accompagna la condanna del ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma indicata in dispositivo, in base alla previsione dell’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c. nuova formulazione, mentre devono escludersi la condanna alle spese processuali ed il risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. a carico del ricorrente in quanto il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso e condanna COGNOME Fabio ex art. 96, comma quarto c.p.c., al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda