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Compenso patrocinio a spese dello Stato: come agire

La Corte di Cassazione chiarisce che la richiesta di liquidazione del compenso per il patrocinio a spese dello Stato non è soggetta a un termine di decadenza che coincide con la fine del giudizio. Un avvocato, a cui era stata negata la liquidazione perché presentata dopo la conclusione della causa, aveva avviato un nuovo procedimento. La Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che la richiesta tardiva non preclude il diritto al compenso e ha specificato la corretta procedura da seguire, annullando la decisione del Tribunale che aveva erroneamente dichiarato inammissibile la domanda.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Patrocinio a Spese dello Stato: Nessuna Decadenza se la Richiesta è Tardiva

Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa chiarezza su una questione cruciale per gli avvocati che assistono clienti ammessi al gratuito patrocinio. La richiesta di liquidazione del compenso patrocinio a spese dello Stato non deve necessariamente avvenire prima della chiusura del procedimento. Questa decisione conferma che il diritto alla retribuzione del difensore prevale su interpretazioni eccessivamente formalistiche dei termini processuali, garantendo tutele fondamentali per la professione forense.

I Fatti del Caso

Un avvocato, dopo aver assistito con successo una parte in una procedura di sfratto ammessa al patrocinio a spese dello Stato, presentava istanza per la liquidazione del proprio compenso. L’istanza, tuttavia, veniva depositata dopo la conclusione del procedimento e, per questo motivo, veniva respinta.
Ritenendo leso il proprio diritto alla retribuzione, il legale decideva di non proporre opposizione al decreto di rigetto, ma di instaurare un autonomo giudizio di cognizione per ottenere la liquidazione delle sue spettanze professionali per l’attività svolta.

La Decisione del Tribunale e l’Errore Procedurale

Il Tribunale adito, invece di esaminare il merito della domanda, la riqualificava, ritenendo che dovesse seguire il rito speciale previsto per gli onorari di avvocato (art. 14 del D.Lgs. n. 150/2011). A seguito di questo mutamento di rito, dichiarava la domanda inammissibile. Secondo il giudice di primo grado, l’avvocato avrebbe dovuto proporre opposizione al decreto di rigetto entro un termine perentorio. Essendo tale termine scaduto, il provvedimento di rigetto era divenuto definitivo, impedendo l’avvio di un nuovo giudizio autonomo.

Compenso patrocinio a spese dello Stato: La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione del Tribunale, accogliendo il ricorso dell’avvocato. I giudici di legittimità hanno chiarito due punti fondamentali: la correttezza della procedura e l’interpretazione dei termini per la richiesta di liquidazione.

Le Motivazioni

La Corte ha innanzitutto stabilito che il Tribunale ha errato nel modificare il rito. La procedura corretta per le richieste di liquidazione del compenso patrocinio a spese dello Stato non è quella dell’articolo 14 del D.Lgs. 150/2011 (che riguarda le controversie tra avvocato e cliente), bensì quella dell’articolo 15 dello stesso decreto, che si applica quando la controversia è contro lo Stato. Pertanto, l’azione autonoma intentata dall’avvocato era proceduralmente corretta.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda l’articolo 83, comma 3-bis, del D.P.R. n. 115/2002. Questa norma raccomanda che la liquidazione del compenso avvenga contestualmente al provvedimento che chiude il giudizio. La Cassazione ha ribadito, in linea con la sua giurisprudenza consolidata, che questa disposizione ha una finalità acceleratoria, ma non stabilisce un termine di decadenza. In altre parole, non prevede la perdita del diritto al compenso se l’istanza viene presentata dopo la fine della causa. Il giudice che ha trattato il caso mantiene il potere di decidere sulla liquidazione anche dopo aver definito il merito.

Di conseguenza, il rigetto dell’istanza perché ‘tardiva’ era illegittimo, e l’avvocato aveva pieno diritto di agire in un giudizio separato per vedere riconosciuto il suo compenso.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha implicazioni pratiche significative. Viene affermato con forza il principio secondo cui il diritto dell’avvocato al compenso per l’attività svolta in regime di patrocinio a spese dello Stato non può essere annullato da un mero ritardo nel deposito dell’istanza di liquidazione. La Corte ha cassato la decisione del Tribunale, rinviando la causa affinché venga decisa nel merito, seguendo il corretto rito sommario e tutelando il diritto del professionista alla giusta retribuzione.

È previsto un termine di decadenza per richiedere il compenso per il patrocinio a spese dello Stato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma che raccomanda di liquidare il compenso contestualmente alla chiusura del giudizio (art. 83, comma 3-bis, D.P.R. 115/2002) ha solo una finalità acceleratoria e non stabilisce un termine di decadenza. La richiesta può essere presentata anche dopo la conclusione del procedimento.

Cosa può fare un avvocato se la sua istanza di liquidazione viene respinta perché depositata dopo la fine della causa?
L’avvocato non perde il diritto al compenso. Può instaurare un autonomo giudizio di cognizione (ad esempio, con rito sommario ex art. 702 bis c.p.c.) per ottenere la liquidazione delle sue spettanze, poiché il rigetto per tardività è illegittimo.

Qual è la procedura corretta per un avvocato che agisce contro lo Stato per ottenere il pagamento del compenso da gratuito patrocinio?
La procedura corretta non è quella prevista dall’art. 14 del D.Lgs. n. 150/2011 (usato per le controversie con il cliente), ma quella indicata dall’art. 15 dello stesso decreto legislativo, che si applica specificamente ai casi in cui il pagamento è a carico dello Stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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