Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23712 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23712 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
Oggetto:
dirigente medico – ore
eccedenti – autorizzazione
–
Dott. NOME COGNOME
Presidente
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18726/2022 R.G. proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende, con diritto di ricevere le comunicazioni all ‘ indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all ‘ indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 477/2022 della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA, depositata il 14/02/2022 R.G.N. 398/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME, dirigente medico presso l ‘ AUSL di Rieti, agiva in giudizio dinanzi al Tribunale di Rieti per sentire accertare e dichiarare il suo diritto a percepire, ai sensi degli artt. 14, 55 e 57 c.c.n.l. 08/06/2000 Dirigenza Medica e Veterinaria, il compenso per le ore lavorative effettuate in eccedenza rispetto al debito istituzionale, nel periodo da luglio 2012 ad aprile 2014 con conseguente condanna dell ‘ Azienda al pagamento della complessiva somma di euro 34.827,00.
Il Tribunale di Rieti accoglieva integralmente il ricorso, condannando la ASL a corrispondere al ricorrente la somma di euro 34.827,00 oltre interessi.
Decidendo sull ‘ impugnazione dell ‘ ASL, la Corte d ‘ appello di Roma confermava la pronuncia di prime cure.
Riteneva la Corte territoriale che dall ‘ esame della copiosa documentazione di causa prodotta in atti emergesse che lo svolgimento da parte del dott. NOME delle ore eccedenti il debito orario istituzionale era stato autorizzato -quantomeno implicitamente -dall ‘ azienda appellante, che era ben a conoscenza dei gravosi compiti svolti dallo stesso e dell ‘ effettuazione delle ore aggiuntive oggetto di causa, necessarie per l ‘ espletamento dei servizi aziendali.
Rimarcava che il Direttore sanitario, con la nota del 23/1/2024 aveva rappresentato le difficoltà in cui il dott. COGNOME si trovava ad operare, quale responsabile ed unico medico operante nell ‘ Hospice aziendale (ove veniva eseguita la terapia del dolore e le cure palliative) riconoscendo espressamente lo svolgimento da parte dello stesso delle ore eccedenti il debito orario istituzionale, effettuate per la necessità
dell ‘ Azienda di dover erogare prestazioni di terapia del dolore e di medicina palliativa.
Escludeva la necessità della previsa impugnazione della delibera n. 100 del 5/2/2014 (che aveva liquidato le ore eccedenti solo fino al giugno 2012), non vertendosi in ipotesi di atto amministrativo.
Avverso tale sentenza l ‘ Azienda Sanitaria Locale di Rieti ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell ‘ articolo 17 e articolo 65, comma 3, del c.c.n.l. dell ‘ area della Dirigenza medica e veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale sottoscritto il 5 dicembre 1996, 14 del c.c.n.l. dell ‘ Area della Dirigenza Medica e Veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale sottoscritto il 3 novembre 2005, del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 5, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15, art. 97 Cost., art. 2697 cod. civ. e art. 115 cod. proc. civ.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti sulla propedeutica autorizzazione; nullità della sentenza per erronea applicazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ., art. 99 cod. proc. civ., per aver attribuito alla ASL la conoscenza delle ore richieste senza far riferimento ad una prova (art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.).
Censura la sentenza di appello per non aver riconosciuto la sussistenza della mancata preventiva autorizzazione amministrativa al dott. COGNOME per eseguire e/o retribuire prestazioni eccedenti l ‘ orario di lavoro, nonché per aver riconosciuto le ore di lavoro svolte in eccedenza dal medesimo ‘ senza far riferimento ad una prova ‘.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione del principio di non contestazione, error in procedendo in conseguenza della violazione degli articoli 115, 167 cod. proc. civ., art. 416 cod.
proc. civ., comma 3, artt. 276 cod. proc. civ. ed art. 111 Cost. violazione e/o erronea applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che: ‘ nel costituirsi in primo grado la AUSL di Rieti, altresì, non aveva espressamente contestato la mancanza di una autorizzazione amministrativa allo svolgimento dell ‘ orario aggiuntivo oggetto di causa, lamentando solo che la controparte non aveva menzionato in ricorso la delibera autorizzativa allo svolgimento delle ore eccedenti ( v. punto D ) della comparsa di primo grado’.
Deduce, al contrario, di aver contestato negli atti di causa la pretesa, non sussistendo alcuna ‘pratica autorizzazione’ al dirigente medico per effettuare ore di straordinario oltre il debito istituzionale, procedimento che non venne mai attivato.
Secondo la ASL ‘… sarebbe stato onere del dr. COGNOME integrare sino all ‘ udienza di discussione, la produzione documentale ed a fronte della eccezione della mancata preventiva autorizzazione, controparte avrebbe dovuto offrire specifica contestazione, asserendo o provando che la stessa era stata data o che la stessa non era necessaria ‘.
I motivi sono infondati.
Innanzitutto, le censure non si confrontano con il decisum della Corte territoriale là dove quest ‘ ultima ha fatti riferimento ad una autorizzazione ‘quantomeno implicita’ delle ore eccedenti come si evinceva dalla attestazione del Direttore sanitario di cui alla nota del 23.1.2014 richiamata nello storico di lite.
Per il resto i motivi, nonostante le dedotte violazioni di legge e del contratto collettivo, in realtà contrappone a quella della Corte territoriale una diversa lettura delle risultanze di causa.
Si ricorda che il vizio ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’elencazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica
indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla SRAGIONE_SOCIALE di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (v. Cass. 26 luglio 2024, n. 20870; Cass. 12 gennaio 2016, n. 287; Cass. 15 gennaio 2015, n. 635; Cass. 1° dicembre 2014, n. 25419; Cass. 26 giugno 2013, n. 16038).
Nella specie i motivi, nonostante la veste formale di cui alle rubriche, nella sostanza censurano quelli che sono stati accertamenti in fatto della Corte territoriale concernenti sia la sussistenza di un’autorizzazione (ancorché implicita) allo svolgimento delle ore eccedenti l’orario istituzionale sia l’effettuazione di tale eccedenza per l’espletamento ‘necessitato’ di servizi istituzionali, che però incontrano i ristretti limiti imposti dal novellato n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., così come rigorosamente interpretato da Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054.
Vertendosi in ipotesi di doppia conforme in punto di fatto, le censure non potrebbero essere esaminate nemmeno riqualificandole sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell ‘ art. 360, n. 5, cod. proc. civ., ostandovi il chiaro divieto dell ‘ art. 348ter, ult. comma, cod. proc. civ., nel testo vigente ratione temporis .
Inoltre, quanto alla dedotta violazione del principio di non contestazione, il motivo è carente sotto il profilo dell’autosufficienza in quanto non indica sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell’atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta di cui al giudizio di primo grado e
degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
Dei suddetti atti la ricorrente, alle pagg. 20 -25 del ricorso, si è limitata ad offrire una mera personale sintesi narrativa senza alcuna puntuale localizzazione ovvero trascrizione degli stessi.
Né si rinvengono le denunciate violazioni di legge.
7.1. L’art. 24, comma 3, d.lgs. 165 del 2001 sancisce che il trattamento economico fondamentale ed accessorio «remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti (…), nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa». Nel pubblico impiego privatizzato, dunque, vige il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in virtù del quale il trattamento economico remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo nonché qualsiasi incarico conferito dall’Amministrazione di appartenenza o su designazione della stessa o che sia riconducibile a funzioni e poteri connessi all’ufficio ricoperto ( ex multis , Cass., n. 6021 del 2023).
7.2. Come recentemente ribadito da questa Corte (Cass. n. 14120 del 2023; Cass. n. 23102 del 2023) le prestazioni eccedenti l’impegno ordinario, nella dirigenza, ed in quella medica in particolare, che qui viene in rilievo, sono, in termini generali, destinate a rifluire nella disciplina della retribuzione per obiettivi oppure in particolari prestazioni ‘aggiuntive’, specificamente previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva e come tali remunerate.
7.3. Nell’esaminare la disciplina contrattuale della dirigenza medica, questa Corte con giurisprudenza consolidata ha, infatti, affermato (Cass., S.U., n. 9146 del 2009, si riporta la massima) che l’art. 65 del c.c.n.l. 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria, nel prevedere la corresponsione di una retribuzione di risultato
compensativa anche dell’eventuale superamento dell’orario lavorativo per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato, esclude in generale il diritto del dirigente, incaricato della direzione di struttura, ad essere compensato per lavoro straordinario, senza che, dunque, sia possibile la distinzione tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poiché la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli. Nella citata sentenza n. 9146 del 2009, si legge che ‘nei confronti dei lavoratori con qualifica dirigenziale, che sono esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, un diritto a compenso per lavoro straordinario può sorgere o nel caso in cui la normativa collettiva (o la prassi aziendale o il contratto individuale) delimiti anche per essi un orario normale di lavoro, che risulti nel caso concreto superato’; tuttavia pur determinando la contrattazione l’orario dei dirigenti medici in 38 ore settimanali, il citato art. 65, comma 3, secondo periodo, dispone che « la retribuzione di risultato compensa anche l’eventuale superamento dell’orario di lavoro di cui agli artt. 17 e 18 per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato ».
7.4. Il principio è stato ribadito nella successiva giurisprudenza di legittimità, e si è precisato che lo stesso si applica anche al personale dirigente in posizione non apicale, in quanto principio di ordine generale e riferibile ai dirigenti in quanto tali (v. Cass. 4 giugno 2012, n. 8958, cui adde , sul punto, Cass., n. 16855 del 2020).
7.5. Va rilevato che il tema degli orari di lavoro della dirigenza medica non ha carattere unitario, sussistendo figure, come il dirigente di struttura complessa, per le quali la contrattazione non prevede orari esatti di lavoro, ed altre, come quelle degli altri dirigenti medici,
rispetto alle quali un orario (38 ore settimanali) è stato mantenuto già dalla contrattazione collettiva (si. v., Cass., n.16711 del 2020).
7.6. Fermi questi principi, questa Corte ha chiarito che, se è pur vero che la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli, proprio a conferma di tale principio, quando la disciplina collettiva ha inteso riconoscere una compensazione delle ore di lavoro straordinario per i medici -dirigenti lo ha specificamente previsto, come avvenuto per l’attività connessa alle guardie mediche o alla cosiddetta pronta disponibilità (Cass., n. 36839 del 2022, n. 32264 del 2019, n. 28787 del 2017, n. 8958 del 2012, quest’ultima richiamata dalla Corte d’Appello e che afferma ‘le parti sociali quando hanno voluto una compensazione delle ore di lavoro straordinario per i medici dirigenti lo hanno specificamente previsto per le attività connesse alle guardie mediche o alla cosiddetta pronta disponibilità articoli 19 e 20 del c.c.n.l.’).
7.7. Il lavoro straordinario rimane dunque limitato a specifiche prestazioni aggiuntive, come ad esempio guardie mediche e pronta disponibilità ma, in tal caso, sulla base della previa autorizzazione del datore di lavoro, la cui mancanza non consente di riconoscere altrimenti alcun diritto retributivo a tale titolo. Le parti collettive, anche al fine di armonizzare la disciplina della dirigenza medica con i principi che regolano nel settore pubblico il rapporto dirigenziale, hanno reso del tutto residuale la possibilità del compenso del lavoro straordinario, limitata alle sole ipotesi in cui il superamento sia reso necessario da fattori eccezionali e, comunque, condizionata alla previa autorizzazione dell’ente datore (si v., Cass., n. 7348 del 2017).
Si ricorda che l’art. 14 c.c.n.l. 3 novembre 2005, al comma 2, prevede che: « L’orario di lavoro dei dirigenti di cui al comma 1 è confermato in 38 ore settimanali, al fine di assicurare il mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari, amministrativi,
tecnici e professionali per favorire lo svolgimento delle attività gestionali e/o professionali correlate all’incarico affidato e conseguente agli obiettivi di budget negoziati a livello aziendale, nonché quelle di didattica, ricerca ed aggiornamento. » ed al comma 6 che: « Ove per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti quelli negoziati ai sensi dei commi 1 e 5, per i dirigenti del ruolo sanitario biologi, fisici, chimici, psicologi e farmacisti sia necessario un impegno aggiuntivo, l’azienda, sulla base delle linee di indirizzo regionali di cui all’art. 9, comma 1, lettera g) ed ove ne ricorrano i requisiti e le condizioni, può concordare con l’equipe interessata l’applicazione dell’istituto previsto dall’art. 55, comma 2 del c.c.n.l. 8 giugno 2000 in base al regolamento adottato con le procedure dell’art. 4, comma 2, lett. G). La misura della tariffa oraria da erogare, per tali prestazioni, è di € 60,00 lordi. Nell’individuazione dei criteri generali per l’adozione di tale atto dovrà essere indicato che l’esercizio dell’attività libero professionale di cui all’art. 55 comma 2 è possibile solo dopo aver garantito gli obiettivi prestazionali negoziati ».
Gli artt. 16 e 17 del medesimo c.c.n.l. regolano i servizi di guardia e di pronta disponibilità.
L’art. 55 del c.c.n.l. 8 giugno 2000 (Tipologie di attività libero professionali) a sua volta stabilisce che: « 1. L’esercizio dell’attività libero professionale avviene al di fuori dell’impegno di servizio e si può svolgere nelle seguenti forme: a) libera professione individuale, caratterizzata dalla scelta diretta -da parte dell’utente -del singolo professionista cui viene richiesta la prestazione, ai sensi dell’art. 54, comma 4; b) attività libero professionale a pagamento, ai sensi dell’art. 54, comma 4, svolte in èquipe all’interno delle strutture aziendali, caratterizzata dalla richiesta di prestazioni da parte dell’utente, singolo o associato anche attraverso forme di rappresentanza, all’équipe, che vi provvede nei limiti delle disponibilità orarie concordate; c) partecipazione ai proventi di attività richiesta a pagamento da singoli
utenti e svolta individualmente o in èquipe, in strutture di altra azienda del SSN o di altra struttura sanitaria non accreditata, previa convenzione con le stesse; d) partecipazione ai proventi di attività professionali, a pagamento richieste da terzi all’azienda all’interno delle strutture aziendali, anche al fine di consentire la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, sentite le équipe dei servizi interessati 2. Si considerano prestazioni erogate nel regime di cui alla lettera d) del comma 1 anche le prestazioni richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell’attività istituzionale, dalle aziende ai propri dirigenti allo scopo di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive, soprattutto in presenza di carenza di organico ed impossibilità anche momentanea di coprire i relativi posti con personale in possesso dei requisiti di legge, in accordo con le équipe interessate e nel rispetto delle direttive regionali in materia. ».
L’art. 18 del c.c.n.l. del 2005 ha integrato l’art. 55 del c.c.n.l. del 2000 in questi termini: « 1. Con l’entrata in vigore del presente contratto, dopo il comma 2 dell’art. 55 del c.c.n.l. 8 giugno 2000, è aggiunto il seguente: ‘2 bis. Qualora tra i servizi istituzionali da assicurare -eccedenti gli obiettivi prestazionali di cui all’art. 14, comma 6 -rientrino i servizi di guardia notturna, l’applicazione del comma 2, ferme rimanendo le condizioni di operatività ivi previste, deve avvenire nel rispetto delle linee di indirizzo regionali di cui all’art. 9, comma 1, lett. g), che definiranno la disciplina delle guardie e la loro durata. E’ inoltre necessario che: -sia razionalizzata la rete dei servizi ospedalieri interni dell’azienda per l’ottimizzazione delle attività connesse alla continuità assistenziale; -siano le aziende a richiedere al dirigente le prestazioni in tale regime, esaurita la utilizzazione di altri strumenti retributivi contrattuali; -sia definito un tetto massimo delle guardie retribuibili con il ricorso al comma 2 non superiore al 12% delle guardie notturne complessivamente svolte in azienda nell’anno precedente, il
quale rappresenta il budget di spesa massimo disponibile; -la tariffa per ogni turno di guardia notturna è fissata in € 480,00 lordi’. 2. La presente disciplina, che decorre dall’entrata in vigore del presente contratto, ha carattere sperimentale ed è soggetta a verifiche e monitoraggio secondo quanto stabilito nelle linee di indirizzo di cui all’art. 9, comma 1, lett. G».
Anche tale integrazione è stata evidentemente disposta in funzione della possibilità, da parte delle aziende ed enti ed in relazione alle risorse disponibili, di retribuire prestazioni lavorative aggiuntive da parte dei propri dirigenti sanitari (qui finalizzate alla effettuazione di turni di guardia).
Tale essendo la normativa di riferimento e richiamati i sopra riportati principi giurisprudenziali va rilevato che, nello specifico, le prestazioni richieste al dott. COGNOME rientravano, per quanto accertato dal Giudice del merito, tra le prestazioni richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell’attività istituzionale ordinaria ed al previsto debito orario (si veda il sopra riportato art. 55, comma 2, del c.c.n.l.), come tali regolarmente (ancorché implicitamente) autorizzate.
Del resto, l’Azienda ha sempre e solo sostenuto la mancanza di rituale autorizzazione, non anche contestato il fatto che il superamento si fosse reso necessario per eccezionali e temporanee esigenze di servizio.
In conclusione il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi
professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro