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Compenso medicina di gruppo: decide la Cassazione

Un gruppo di medici ha contestato la riduzione del proprio compenso forfettario per la medicina di gruppo da 7 a 5 euro per assistito, applicata da un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) a seguito del superamento di un tetto di spesa (plafond). La Corte di Cassazione ha confermato che la riduzione opera automaticamente al superamento del plafond, ma ha accolto il ricorso dei medici su un punto cruciale: l’onere della prova. Ha stabilito che spetta all’ASL, e non ai medici, dimostrare l’indisponibilità di fondi derivanti dalla sottoutilizzazione di altri servizi, previsti da un meccanismo di compensazione, che avrebbero potuto reintegrare il compenso medicina di gruppo. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Medicina di Gruppo: Chi Prova la Mancanza di Fondi?

La questione del compenso medicina di gruppo per i medici convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale è spesso al centro di dibattiti e contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali su un aspetto specifico: la riduzione del compenso in caso di superamento dei tetti di spesa (plafond) e, soprattutto, su chi grava l’onere di provare l’esistenza di fondi per meccanismi di compensazione.

I Fatti del Caso: La Riduzione del Compenso

Alcuni medici di medicina generale, operanti in forma associata, si sono visti ridurre il compenso forfettario annuo per assistito da 7,00 Euro a 5,00 Euro. La riduzione è stata applicata dall’Azienda Sanitaria Locale (ASL) di competenza a partire dal febbraio 2010, motivandola con il superamento del cosiddetto ‘plafond’ del 12% di pazienti assistiti in questa forma, come previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) del 2005.

I medici hanno agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del loro diritto a percepire il compenso intero, sostenendo che la riduzione non fosse automatica e che, in ogni caso, l’ASL avrebbe dovuto attivare dei meccanismi di compensazione previsti dallo stesso accordo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato torto ai medici, confermando la legittimità dell’operato dell’ASL.

Il Ricorso in Cassazione e l’Onere della Prova

I medici hanno quindi proposto ricorso per Cassazione, basandolo su diversi motivi. I primi due motivi, relativi all’interpretazione delle norme contrattuali sulla riduzione del compenso, sono stati respinti. La Corte ha confermato che la riduzione del compenso da 7 a 5 euro è una conseguenza generale e automatica prevista dall’ACN qualora la percentuale di assistiti in medicina di gruppo nella Regione superi il tetto del 12%.

Il punto di svolta del giudizio ha riguardato però il terzo e il quarto motivo di ricorso, che la Corte ha ritenuto fondati. Questi motivi si concentravano sul meccanismo di compensazione e sul riparto dell’onere della prova.

Il Meccanismo di Compensazione previsto dall’ACN

L’articolo 59, comma 10, dell’ACN del 2005, prevede un importante correttivo. Stabilisce che la ‘maggiore spesa’ derivante dal superamento del plafond per la medicina di gruppo può essere ‘compensata’ dalla ‘eventuale disponibilità di risorse’ derivante dalla sottoutilizzazione di altri istituti, come ad esempio l’indennità per il collaboratore di studio o per l’infermiere.
In pratica, se l’ASL spende di più per la medicina di gruppo ma risparmia su altre voci, quelle risorse risparmiate dovrebbero essere usate per mantenere il compenso dei medici al livello più alto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che il meccanismo descritto non è una ‘compensazione’ in senso tecnico-giuridico (come quella tra debiti e crediti reciproci), ma piuttosto una ‘condizione negativa ostativa’ all’inadempimento dell’ASL. Ciò ha un’implicazione processuale fondamentale sull’onere della prova.

I giudici hanno stabilito che l’eccezione basata su questo meccanismo non è un’eccezione di compensazione, ma un’eccezione di inadempimento. Di conseguenza, non spetta al medico (creditore) dimostrare che esistevano fondi disponibili da altre voci di spesa. Al contrario, grava sull’ASL (debitore) l’onere di provare l’eventuale indisponibilità di tali risorse per giustificare la mancata erogazione del compenso pieno.

La Corte d’Appello aveva erroneamente posto a carico dei medici la prova del mancato superamento delle soglie per gli altri istituti (collaboratore di studio, infermiere), invertendo così la regola sancita dalla Cassazione. L’onere di dimostrare che non vi era stata una sottoutilizzazione di altri fondi, e che quindi non c’erano risorse per la compensazione, spettava interamente all’Azienda Sanitaria.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto i motivi relativi all’onere della prova, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso attenendosi al principio di diritto secondo cui è l’ASL a dover provare l’assenza di fondi disponibili per la compensazione. Questa decisione rafforza la posizione dei medici convenzionati, chiarendo che, pur essendo legittima la riduzione del compenso al superamento dei tetti di spesa, l’ente sanitario non può semplicemente tagliare i compensi senza prima dimostrare di non avere a disposizione risorse alternative previste dagli accordi nazionali.

La riduzione del compenso per la medicina di gruppo è automatica se si supera il tetto di spesa regionale?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che, secondo l’art. 59 dell’Accordo Collettivo Nazionale, la riduzione del compenso forfettario è una conseguenza generale che si applica in caso di superamento della percentuale di assistiti stabilita (plafond).

Esiste un modo per evitare la riduzione del compenso anche se il tetto di spesa è stato superato?
Sì, l’art. 59, comma 10, dell’ACN prevede un meccanismo di compensazione. Se ci sono risorse disponibili derivanti dal minor utilizzo di altri servizi (come fondi per collaboratori di studio o infermieri), queste possono essere usate per coprire la maggiore spesa e mantenere il compenso al livello più alto.

A chi spetta dimostrare se ci sono o non ci sono fondi per la compensazione?
La Corte di Cassazione ha stabilito che l’onere della prova grava sull’Azienda Sanitaria Locale (ASL). È l’ASL che deve dimostrare l’eventuale indisponibilità di risorse derivanti dalla sottoutilizzazione di altri istituti per poter legittimamente ridurre il compenso, e non i medici a dover provare la disponibilità di tali fondi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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