Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23719 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 23719  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE convenzionati – compenso RAGIONE_SOCIALEna gruppo – superamento plafond assistiti – compensazione
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
–
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO rel. –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6799/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale rappresentante pro  tempore, elettivamente  domiciliata  in  ROMA,  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO che la  rappresenta  e  difende,  con  diritto  di  ricevere  le  comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1752/2020 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 18/09/2020 R.G.N. 2452/2015; udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del 18/06/2025 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE ha rigettato il gravame proposto dagli odierni ricorrenti e da altri RAGIONE_SOCIALE convenzionati di assistenza primaria, avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che aveva respinto le loro domande nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, volte ad ottenere il riconoscimento del diritto a percepire nel periodo dal febbraio 2010 a settembre 2013 il compenso intero per la RAGIONE_SOCIALEna di gruppo nella misura forfetaria di Euro 7.00 per assistito, come previsto dall’art. 59 dell’ACN del 23.3.2005 in favore dei RAGIONE_SOCIALE di assistenza primaria che svolgono la propria attività in forma di RAGIONE_SOCIALEna di gruppo, compenso che in detta misura era stato loro corrisposto solo fino al gennaio 2010, essendo stato ridotto ad Euro 5.00 da tale data in poi.
 La Corte territoriale  ha  evidenziato  che  l’art.  59  dell’ACN  del 23.3.2005 prevede la riduzione dell’indennizzo annuale da Euro 7,00 a paziente  a Euro 5,00  a  paziente  in  occasione  del  superamento  del plafond del 12% di pazienti assistiti.
 Ha  osservato  che  tale  riduzione  opera  automaticamente  in occasione del superamento di tale limite, con decorrenza dall’entrata in vigore dell’accordo.
In ragione del meccanismo di integrazione del contratto individuale  da  parte  delle  norme  della  contrattazione  collettiva,  ha escluso che il precedente importo sia stato cristallizzato con l’attribuzione ai RAGIONE_SOCIALE del diritto quesito a mantenere tale compenso.
Ha escluso che tale previsione abbia introdotto una decurtazione che esaurisce il suo effetto nei confronti dei soli RAGIONE_SOCIALE che alla data di entrata in vigore avessero superato il plafond determinando un ‘doppio
regime’  più  favorevole  per  coloro  che  lo  avessero  superato  solo successivamente.
Ha precisato che la previsione contenuta nell’art. 59 dell’ACN del 23.3.2005  produce  effetti  per  tutta  la  durata  del  contratto  collettivo, non esaurendosi in una decurtazione immediata e limitata al solo caso di  avvenuto  superamento  del  plafond  di  pazienti  in  occasione  della riduzione annua della ASL convenuta.
 Ha  aggiunto  che  il  superamento  del plafond aveva  trovato conferma nell’istruttoria effettuata nel giudizio avente analogo contenuto (e definito con sentenza in atti), liberamente valutabile.
 Ha  respinto  le  doglianze  degli  appellanti  anche  quanto  alla mancata  applicazione del meccanismo  di compensazione  previsto dall’art. 59, decimo comma, nell’ipotesi di sottoutilizzo di altri istituti.
Ha  ritenuto  che  un  parziale  approccio  istruttorio,  limitato  alla RAGIONE_SOCIALEna di rete, fosse stato compiuto direttamente dal giudice di prime cure il quale aveva accertato il superamento anche della relativa soglia prevista  e  che  non  fosse  stato  accertato  il  superamento  delle  soglie previste per le rimanenti forme contrattuali del collaboratore di studio e dell’infermiere  professionale,  gravando  la  relativa  prova  sui  ricorrenti (avveramento della condizione sospensiva).
 Avverso  tale  sentenza  i  RAGIONE_SOCIALE  hanno  proposto  ricorso  per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrato da memoria.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1362, 1363, 1366, 1367, 1369, 1370 e 1371 cod. civ., in relazione  all’interpretazione  dell’art.  59  punto  B  commi  4,  8,  9  e  10 ACN RAGIONE_SOCIALEna RAGIONE_SOCIALE 23.3.2005 come vigente ratione temporis ,  per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la riduzione operi automaticamente in occasione del superamento del plafond del 12% dei
pazienti  assistiti,  anche  qualora  tale  superamento  sia  avvenuto  dopo l’entrata in vigore del contratto collettivo.
Deduce che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, l’art. 59 lett. B, comma 4, dispone letteralmente ed univocamente che, in attesa della stipula dei nuovi accordi regionali, ai RAGIONE_SOCIALE che svolgono la propria attività in forma di RAGIONE_SOCIALEna di gruppo, a partire dal 1.1.2005 è corrisposto un compenso forfetario annuo per ciascun assistito pari ad Euro 7,00, mentre il comma 8 stabilisce che i compensi relativi alla RAGIONE_SOCIALEna di gruppo sono corrisposti nella misura e nei tempi di cui al comma 4, quando nella Regione non sia stata superata la percentuale del 12%, da calcolarsi sugli assistiti complessivi della Regione medesima, mentre qualora alla data di entrata in vigore dell’ACN tale valore fosse superiore al 12%, ai RAGIONE_SOCIALE interessati continuerebbe ad essere riconosciuto quanto previsto dagli accordi regionali vigenti.
Sostiene che, in base al dato letterale, la volontà delle parti contraenti a livello nazionale era di riconoscere il diritto al compenso di 7,00 Euro a partire dal 1.1.2005 se alla data del 23.3.2005 il valore del 12% non fosse già stato superato oppure in caso di sottoutilizzazione di altre voci, mentre i commi 4, 8 e 9 dell’art. 59 lett. B non prevedono una riduzione dell’indennizzo annuale in occasione del superamento della percentuale del 12% su base regionale dei soggetti assistiti nella tipologia ‘ RAGIONE_SOCIALEna di gruppo ‘ .
Evidenzia  che  in  base  alla  lettera  e  alla  finalità  della  richiamata disposizione, il  limite  del  12%  non  poteva  essere  superato ad libitum per  l’intera  durata  dell’RAGIONE_SOCIALE  del  23.3.2005 sino  alla stipula  di eventuali  nuovi  accordi  collettivi  che  ne  avessero  modificato  i  termini contrattuali, e che lo sforamento intervenuto era da ascrivere esclusivamente all’inadempienza della ASL.
Precisa che in base alle previsioni contenute nel d.P.R. n. 270/2000 e  nell’ACN  2005,  l’erogazione  dell’indennità  di  collaboratore  di  studio
non era garantita a tutti coloro che ne facevano richiesta, ma solo nel limite ricompreso tra il 6% e il 12% degli assistiti.
Aggiunge che il parere reso dal RAGIONE_SOCIALE aveva confermato la rilevanza del 23.3.2005 quale unico momento di verifica e la precisa volontà delle parti contrattuali di garantire ai RAGIONE_SOCIALE interessati lo stesso ammontare di risorse, anche da parte delle RAGIONE_SOCIALE che prima dell’entrata in vigore dell’ACN del 23.3.2005, nella vigenza del d.P.R. n. 270/2000 avessero eventualmente attribuito risorse superiori ai tetti percentuali fissati dallo stesso ACN, il quale non consente analoga misura migliorativa in caso di intervenuto decremento della percentuale.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazionefalsa applicazione dell’art. 59 lett. B ACN RAGIONE_SOCIALEna RAGIONE_SOCIALE 23.3.2005, in relazione all’art. 48, comma 1 legge n. 833/1978 e all’art. 8 d.lgs. n. 502/1992, per avere la Corte territoriale illegittimamente derogato ai principi posti dalla norma primaria vigente, che garantisce l’uniformità del trattamento economico e normativo su tutto il territorio nazionale ad opera degli accordi nazionali collettivi, riconoscendo la legittimità di una quota che si colloca al di sotto del minimo inderogabile.
Evidenzia  che  tale  deroga  si  pone  in  contrasto  con  la  riserva  di competenza prevista dall’art. 3 dell’ACN 31.3.2005, che affida esclusivamente all’accordo nazionale la struttura e l’entità minima del compenso.
Addebita alla Corte territoriale di avere elevato il contratto integrativo regionale a strumento di modifica in peius del trattamento economico previsto a livello nazionale.
Sostiene  che  la  Corte  territoriale  avrebbe  dovuto  annullare  la clausola  nulla,  oppure  fornire  un’interpretazione  che  consentisse  alla clausola di produrre un effetto.
 Con  il  terzo  motivo  il  ricorso  denuncia  in  relazione  all’art.  360, comma  primo,  n.  3  cod.  proc.  civ.  violazione  dell’art.  59  lett.  B), comma 10, ACN RAGIONE_SOCIALEna RAGIONE_SOCIALE 23/03/2005 e dell’art. 2697 c.c.
Deduce che la prova dell’esistenza dei meccanismi di compensazione non poteva gravare sui dipendenti da cui non dipendevano i dati ad essa relativi che erano nella esclusiva disponibilità dell’RAGIONE_SOCIALE.
Con il quarto motivo il ricorso denuncia in relazione all’art. 360, comma  primo,  n.  3  cod.  proc.  civ.  violazione  dell’art.  2697  c.c. violazione  e  falsa  applicazione  dell’art.  59  lett.  B),  comma  10,  ACN RAGIONE_SOCIALEna RAGIONE_SOCIALE 23/03/2005 e dell’art. 1353, 1369, 1370, 1371 c.c.
Censura  la  sentenza  impugnata  quanto  al  riparto  dell’onere  della prova.
 Il  primo  motivo  è  infondato  (si  veda  Cass.  6  gennaio  2025,  n. 142, in vicenda analoga).
L’art. 59, comma 4, dell’RAGIONE_SOCIALE sottoscritto il 23.3.2005 riconosce ai RAGIONE_SOCIALE che svolgono la propria attività in forma di RAGIONE_SOCIALEna di gruppo ed in forma di RAGIONE_SOCIALEna in rete, a partire dal 1.1.2005 « un compenso forfetario annuo per ciascun assistito in carico nella misura, rispettivamente di Euro 7.00 e di Euro 4,70… »; i commi 6 e 7 disciplinano l’indennità per il collaboratore di studio e l’indennità per l’utilizzo di un infermiere professionale.
Il successivo comma 8 precisa che i compensi relativi alla RAGIONE_SOCIALEna in rete, alla RAGIONE_SOCIALEna di gruppo e le indennità relative al personale di studio e all’infermiere professionale sono corrisposti nella misura e nei tempi di cui ai commi 4, 6 e 7 quando nella Regione non siano state superate le rispettive percentuali, da calcolarsi sugli assistiti complessivi della Regione; la medesima disposizione fissa la percentuale  del  12%  per  la  RAGIONE_SOCIALEna  di  gruppo  e  del  9%  per  la RAGIONE_SOCIALEna in rete.
Per  il  caso  di  percentuali  superiori  a  quelle  previste,  alla  data  di entrata  in  vigore  dell’accordo  collettivo,  il  comma  9  stabilisce:  « le risorse  complessivamente  impegnate  continuano  ad  essere  utilizzate secondo quanto previsto dagli Accordi regionali in vigore e continui ad essere riconosciuto ai RAGIONE_SOCIALE interessati quanto previsto da tali accordi regionali o dal D.P.R. 270/2000 ».
La previsione di cui al comma  8,  che  subordina dunque  la corresponsione del compenso forfetario nella misura prevista dall’art. 4 al  mancato  superamento  delle  percentuali  indicate  nella  medesima disposizione, ha carattere RAGIONE_SOCIALE.
La disposizione contenuta nel comma 9, riferita all’ipotesi in cui la percentuale di una o più delle voci di spesa di cui ai commi 4, 6 e 7 sia superiore  a  quella  prevista  nel  comma  4,  è  infatti  distinta  e  ulteriore rispetto a quella contenuta nel comma 8.
Dalla  sentenza  impugnata  e  dallo  stesso  ricorso  per  cassazione risulta che la riduzione era stata disposta in ragione del travalicamento della percentuale del 12%; secondo la Corte territoriale, lo sforamento aveva trovato conferma nell’istruttoria svolta.
Nel sostenere che ai sensi dell’art. 59  dell’ACN il  compenso forfetario per assistito non era suscettibile di riduzione qualora alla data di entrata in vigore dell’ACN (23.3.2005) la percentuale di cui al comma 8 non fosse stata superata, la censura non considera che la percentuale del 12% da calcolarsi sugli assistiti complessivi della Regione è un dato meramente aritmetico, indipendente dalla volontà della RAGIONE_SOCIALE.
Né  può  ritenersi  che  in  ragione  del  tetto  di  spesa  la  RAGIONE_SOCIALE  fosse tenuta a negare l’autorizzazione a costituire nuove RAGIONE_SOCIALEne di gruppo.
La Corte territoriale, avendo escluso che ai fini della quantificazione del  compenso  forfetario  il  superamento  della  percentuale  del  12% avesse  rilievo  solo  al  momento  dell’entrata  in  vigore  dell’ACN  del 23.3.2005, ha correttamente interpretato l’art. 59 dell’ACN.
Peraltro,  i  ricorrenti  non  contestano  la  quantificazione  del  minore importo e fanno riferimento all’RAGIONE_SOCIALE Integrativo regionale del 2003 che  aveva  previsto  il  minor  compenso  nella  misura  di  Euro  5.00  (v. pag. 14 del ricorso).
6. Anche il secondo motivo è infondato.
Questa Corte ha ricostruito il quadro normativo di specifico rilievo, che ricomprende sia la disciplina del rapporto convenzionale instaurato con il RAGIONE_SOCIALE, sia gli interventi legislativi con i quali, nel settore della tutela della salute e della gestione del connesso servizio, il legislatore statale ha imposto vincoli alla spesa regionale al fine di contenere i disavanzi del settore sanitario e di assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica (v. Cass. n. 22533/2021; v. anche Corte Cost. n. 91/2012).
Sin dall’istituzione del RAGIONE_SOCIALE, risalente alla legge n. 833/1978, la disciplina del rapporto convenzionale con i RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALEna RAGIONE_SOCIALE ed i pediatri di libera scelta è stata configurata in termini di necessaria uniformità sull’intero territorio nazionale; l’art. 48 ha a tal fine previsto che le convenzioni debbano essere conformi agli accordi collettivi nazionali resi esecutivi con decreto del Presidente della Repubblica ed ha assicurato la necessaria conformazione agli stessi attraverso la previsione della nullità delle pattuizioni, individuali ed anche collettive, sottoscritte in contrasto con i richiamati accordi (commi 7 e 8).
Il d.lgs. n. 502/1992 di riordino della disciplina in materia sanitaria ha ribadito, all’art. 8, il ruolo centrale dell’accordo collettivo, assegnando allo stesso il compito di definire, fra l’altro, ‘ la struttura del compenso spettante al medico prevedendo una quota fissa per ciascun soggetto affidato, corrisposta su base annuale come corrispettivo delle funzioni previste in convenzione, e una quota variabile in funzione delle prestazioni e attività previste negli accordi di livello regionale ‘ (lett. f della formulazione originaria).
La disposizione in commento è stata più volte modificata ed integrata dal legislatore; a partire dal d.lgs. n. 299/1999, la distinzione, contenuta nella lett. f), fra quota fissa e quota variabile è stata sostituita da quella inserita nella lett. d) che, oltre a distinguere il compenso fisso da quello variabile, opera un’ulteriore suddivisione fra la quota variabile connessa al raggiungimento di obiettivi e quella, parimenti variabile, legata da nesso di corrispettività a prestazioni, previste dagli accordi nazionali e regionali, funzionali allo sviluppo di specifici programmi adottati dalle aziende sanitarie locali (la riformulata lett. d) recita: « ridefinire la struttura del compenso spettante al medico, prevedendo una quota fissa per ciascun soggetto iscritto alla sua lista, corrisposta su base annuale in rapporto alle funzioni definite in convenzione; una quota variabile in considerazione del raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi di attività e del rispetto dei conseguenti livelli di spesa programmati di cui alla lettera f); una quota variabile in considerazione dei compensi per le prestazioni e le attività previste negli accordi nazionali e regionali, in quanto funzionali allo sviluppo dei programmi di cui alla lettera f) …»).
In  tutte  le  versioni  succedutesi  nel  tempo  è  rimasto  pressoché immutato  l’ incipit della  disposizione  che,  quanto  al  contenuto  delle convenzioni, rinvia agli accordi collettivi nazionali da stipulare ai sensi dell’art. 4 della legge n. 412/1991.
Detta norma,  nella sua formulazione originaria,  al  comma  9 disciplinava  la  composizione  della  delegazione  di  parte  pubblica  per  il rinnovo degli accordi riguardanti sia i dipendenti del comparto sanità sia il personale sanitario con rapporto convenzionale, e, quindi, equiparava già, quanto alle forme di contrattazione, quest’ultimo rapporto a quello di impiego pubblico.
Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 165/2001 la procedura è stata superata,  per  il  personale  del  comparto  sanità,  da  quella  disciplinata dagli  artt.  40  e  seguenti  dello  stesso  decreto,  mentre  per  i  RAGIONE_SOCIALE
convenzionali, sottratti all’abrogazione dell’art. 4, comma 9, della legge n. 412/1991 disposta dall’art. 72 del d.lgs. n. 165/2001, il legislatore è intervenuto a modificare il testo originario e, con l’art. 52, comma 27, della  legge  n.  289/2002 ha istituito  la  struttura  RAGIONE_SOCIALE per la disciplina dei RAGIONE_SOCIALE con il personale convenzionato, alla quale ha  affidato  il  compito  di  rappresentare  la  parte  pubblica  in  occasione dei rinnovi degli accordi collettivi.
Quanto alla procedura di contrattazione lo stesso art. 52, pur affidandone la definizione all’accordo da adottare in sede di RAGIONE_SOCIALE tra RAGIONE_SOCIALE, ha richiamato gli artt. da 40 a 49 del d.lgs. n. 165/2001 (ad eccezione degli artt. 43 e 45) riconoscendo, quindi, alla contrattazione collettiva il medesimo ruolo centrale che la stessa riveste nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato.
Questo ruolo centrale degli accordi collettivi è stato, poi, ribadito dall’art. 2 nonies del D.L. n. 81/2004, convertito dalla legge n. 138/2004, secondo cui « il contratto del personale sanitario a rapporto convenzionale è garantito sull’intero territorio nazionale da convenzioni conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati mediante il procedimento di contrattazione collettiva definito con l’accordo in sede di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per i RAGIONE_SOCIALE tra lo RAGIONE_SOCIALE le regioni e le province autonome di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE previsto dall’ articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni. Tale accordo nazionale è reso esecutivo con intesa nella citata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di cui all’ articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 ».
Attraverso il  rinvio  alla  disciplina  dettata  dal  d.lgs.  n.  165/2001  il legislatore ha esteso al rapporto convenzionale il medesimo ‘equilibrato dosaggio  di  fonti  regolatrici’  (Corte  Cost.  nn.  313/1996  e  309/1997) che caratterizza  l’impiego  pubblico  contrattualizzato,  ed  ha  affidato  la realizzazione dell’obiettivo della disciplina uniforme dei RAGIONE_SOCIALE
convenzionali  alla  ‘forte  integrazione  tra  la  normativa  statale  e  la contrattazione collettiva nazionale, con una rigorosa delimitazione degli ambiti  della  contrattazione  decentrata  e  con  un  limitato  rinvio  alla legislazione regionale per aspetti e materie ben definite’ (Corte Cost. n. 157/2019 e Corte Cost. n. 186/2016).
Da ciò il giudice delle leggi ha tratto la conseguenza che, quanto ai limiti della potestà legislativa regionale, valgono i medesimi principi affermati per l’impiego pubblico e, pertanto, non è consentito alla legge regionale intervenire sulla fase esecutiva del rapporto in convenzione, ridisegnando i diritti ed i doveri delle parti relativamente alla percezione di compensi, perché all’adempimento delle obbligazioni, che rientra nell’ambito dell’ordinamento civile riservato al legislatore statale, si applicano gli istituti uniformi del diritto privato (cfr. le pronunce sopra richiamate).
A conclusioni non dissimili, circa la natura del rapporto convenzionale e degli atti che attengono alla gestione dello stesso, è pervenuta anche questa Corte la quale, con giurisprudenza costante, ha sottolineato che i RAGIONE_SOCIALE tra i RAGIONE_SOCIALE convenzionati e le aziende sanitarie locali, pur se costituiti allo scopo di soddisfare le finalità istituzionali del servizio sanitario nazionale in funzione della tutela della salute pubblica, hanno la natura di RAGIONE_SOCIALE libero professionali parasubordinati, che si differenziano da quelli di pubblico impiego per il difetto del vincolo della subordinazione.
L’ente  pubblico  opera,  pertanto,  nell’ambito  esclusivo  del  diritto privato  ed  assume  nei  confronti  del  professionista  gli  obblighi  che derivano dalla disciplina collettiva, alla quale la legge assegna un ruolo centrale, affidandole la funzione specifica di garantire, su base pattizia, ‘l’uniformità  del  trattamento  economico  e  normativo  del  personale sanitario a rapporto convenzionale… sull’intero territorio nazionale’.
La  sentenza  impugnata,  che  ha  ritenuto  legittima  la  riduzione  del compenso forfetario in applicazione delle previsioni contenute nell’art. 59 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, si è dunque attenuta a tali principi.
 Il  terzo  e  quarto  motivo  sono  fondati  per  le  ragioni  di  seguito illustrate.
È stato da questa Corte già evidenziato (v. Cass. n. 142/2025 sopra citata) che l’art. 59, comma 10, dell’ACN 23.3.2005 prevede: « La maggiore spesa derivante dal superamento di una o più percentuali di cui al comma 8 è compensata dalla eventuale disponibilità di risorse derivante dalla sottoutilizzazione, in relazione alle percentuali di cui al comma 8, di altri istituti tra quelli di cui ai precedenti commi 4, 6 e 7. In tal caso i compensi e le indennità sono corrisposti nella misura e nei tempi previsti ai commi 4, 6 e 7 sia per gli istituti oggetto di compensazione che per quelli che non hanno superato le relative percentuali ».
Al  di  là  della  terminologia  utilizzata,  il  meccanismo  descritto  nella suddetta disposizione non è riconducibile all’istituto della compensazione, che costituisce una modalità di estinzione dell’obbligazione quando sussistono debiti reciproci.
L’art.  1241  cod.  civ.  prevede  infatti:  « Quando  due  persone  sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono ».
Dalla sentenza impugnata risulta che i ricorrenti hanno fondato le domande proposte nel giudizio di primo grado sull’applicazione dell’art. 59 dell’ACN; la Corte territoriale era ,  dunque, tenuta ad esaminare la fattispecie  anche  con  riferimento  al  meccanismo  di  cui  al  comma  10, sulla  base dei relativi oneri probatori (v. il ridetto precedente di cui a Cass. n. 142/2025).
Il meccanismo descritto non è quello della compensazione in senso tecnico  ma  quello  dell’esistenza  di  una  condizione  negativa  ostativa all’integrarsi di un inadempimento .
Vale, allora, il principio di cui a Cass. 17 luglio 2023, n. 20719 e a Cass. 22 novembre 2016, n. 23759.
Le eccezioni di compensazione e di inadempimento differiscono per presupposti e funzione, i quali implicano una diversa distribuzione dell’onere probatorio: la prima, infatti, rileva quale fatto estintivo dell’obbligazione e presuppone che due soggetti siano obbligati l’uno verso l’altro in forza di reciproci crediti e debiti, sicché grava sulla parte che la invoca l’onere della prova circa l’esistenza del proprio controcredito; la seconda, invece, integra un fatto impeditivo dell’altrui pretesa di pagamento avanzata, nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, in costanza di inadempimento dello stesso creditore, con la conseguenza che il debitore potrà limitarsi ad allegare l’altrui inadempimento, gravando sul creditore l’onere di provare il proprio adempimento ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione o ancora l’esistenza di una condizione negativa impeditiva del perdurare del diritto.
Gravava, dunque, sull’RAGIONE_SOCIALE la prova della eventuale indisponibilità di risorse per il compenso in questione anche nel caso di superamento dei limiti previsti per quest’ultimo per non esservi stata sottoutilizzazione di altri istituti come indicato nell’art. 59, comma 10, dell’ACN 23.3.2005.
In conclusione, vanno accolti il terzo e quarto motivo di ricorso e rigettati  gli  altri;  la  sentenza  impugnata  va  cassata  in  relazione  ai motivi  accolti,  con  rinvio  alla  Corte  d’appello  indicata  in  dispositivo anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 18 giugno 2025.
La Presidente
NOME COGNOME