Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20156 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20156 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11437/2024 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO 4/2010
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di ROVIGO n. 4/2010 depositato il 26/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Rovigo, su istanza del liquidatore giudiziale NOME COGNOME ha liquidato il compenso per l’incarico svolto nell’ambito del Concordato Preventivo RAGIONE_SOCIALE in
liquidazione nella misura di € 470.000,00 , pari all’importo degli acconti percepiti.
Risulta dal decreto impugnato che il concordato ha realizzato un attivo di € 39.999.776,00 , a fronte di un passivo accertato di € 67.138.000,00, e che il liquidatore, designato su proposta della società ricorrente, si era avvalso di coadiutori per i quali erano stati corrisposti compensi per € 684.546,00. Il decreto impugnato ha valorizzato, ai fini della liquidazione del compenso, la circostanza che quattro immobili acquisiti all’attivo della procedura, siti presso diversi Comuni (in province di Rovigo, Bologna e Cremona), sono stati liquidati con una svalutazione del 76% rispetto al valore indicato nel piano, attribuendo tale perdita di valore al comportamento del liquidatore giudiziale, la cui protrazione della liquidazione ha aggravato la procedura di costi in prededuzione per maggiore IMU.
Propone ricorso per cassazione il liquidatore giudiziale, affidato a tre motivi; la società in concordato intimata non si è costituita in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce « violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 182 e 39 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare), in riferimento all’art. 5 del D.M. 25/01/2012 n. 30, nonché erroneità, carenza di motivazione, incoerenza e contraddittorietà tra il Decreto e i precedenti decreti di liquidazione degli acconti, in violazione del primo comma dell’art. 111 della Costituzione ». Il ricorrente denuncia il carattere apparente della motivazione, non essendo stati indicati i criteri per la liquidazione del compenso in relazione alle attività svolte e ai risultati raggiunti, ed osserva che tra le attività svolte vi sarebbe stata la prosecuzione dell’attività di impresa e la gestione degli esuberi del personale, attività che -ad
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avviso del ricorrente -dovrebbe assorbire la liquidazione dei primi due acconti di € 270.000,00 (« importo che costituisce de facto una remunerazione anche e soprattutto per l’esercizio provvisorio dell’attività d’impresa »). Osserva, inoltre, parte ricorrente di avere evidenziato le circostanze ostative a una rapida liquidazione dell’attivo immobiliare , dovute a intrinseche caratteristiche degli immobili.
Il primo motivo è infondato nella parte in cui deduce mancanza o apparenza della motivazione, consentendo il decreto impugnato la ricostruzione dell’iter logico -giuridico che ha condotto alla decisione (Cass., Sez. U., n. 8053/2014); il tribunale, sulla base dell’attivo liquidato e del passivo concordatario, ha liquidato un compenso che tiene conto, in concreto, delle modalità con cui si è svolta la liquidazione di quattro immobili acquisiti all’attivo concordatario, liquidazione ritenuta deficitaria per scarsa diligenza del liquidatore giudiziale. Né il giudice del merito, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, è tenuto a esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili (Cass., n. 25509/2014; Cass., n. 24542/2009).
11437/2024 R.G. 3. Il primo motivo è inammissibile, invece, nella parte in cui deduce violazione delle norme in materia di liquidazione del compenso del liquidatore giudiziale, in quanto si risolve in una rivalutazione degli elementi di prova, già oggetto di valutazione da parte del giudice del merito, ove ha ritenuto che il liquidatore giudiziale sia stato scarsamente diligente nel liquidare quattro immobili dell’attivo concordatario (« la scarsa sollecitudine con la quale il Commissario Liquidatore ha svolto l’attività liquidatoria, segnatamente omettendo di indire procedure di vendita dal
22.06.2018 al 5.07.2021, ha senz’altro contribuito a determinare una grave svalutazione del valore di realizzo dei citati immobili, oltre che a produrre un aumento dei costi di manutenzione e dell’imposta IMU pari circa ad euro 3 milioni »).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dal l’andamento del mercato immobiliare durante l’emergenza epidemiologica da RAGIONE_SOCIALE. Il ricorrente osserva che tale fatto storico ha aggravato l’andamento scarsamente performante del mercato dei capannoni industriali, già in atto del 2012.
Il secondo motivo è infondato, in quanto il fatto storico dedotto dal ricorrente è stato preso in esame dal giudice del merito (« il Liquidatore in data 24.02.2021 ha comunicato che non era possibile indire nuove aste nel termine assegnato (26.02.2021) a causa dell’emergenza Covid -19 ») ed è stato, pertanto, oggetto di valutazione. Il motivo si risolve, pertanto, nella deduzione di un cattivo apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice, non censurabile con il vizio in oggetto (Cass., Sez. U., n. 34476/2019).
11437/2024 R.G. 6. Con il terzo motivo si deduce « Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 182, 39 e 32 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare), in riferimento all’art. 5 del D. M. 25/01/2012 n. 30, nonché erroneità, carenza di motivazione, incoerenza e contraddittorietà tra il Decreto e i precedenti decreti di liquidazione dei compensi ai coadiutori o ausiliari tecnici in violazione del primo comma dell’art. 111 della Costituzione» , per avere il decreto impugnato computato nel compenso del ricorrente anche il costo dei coadiutori. Osserva il ricorrente che nella liquidazione del compenso del curatore -e di qui, anche del liquidatore giudiziale -deve tenersi conto della
liquidazione del compenso dei coadiutori, il cui utilizzo è stato autorizzato e che « hanno svolto funzioni di collaborazione e assistenza non sostitutive» di quelle del curatore, liquidate secondo i parametri professionali di competenza.
Il terzo motivo è infondato. Il Tribunale, con statuizione non oggetto di censura, ha accertato che « il liquidatore si è avvalso per lo svolgimento della propria attività di professionisti che lo hanno coadiuvato nel corso della procedura nell’assolvimento dei propri incombenti e ai quali è stato corrisposto complessivamente la somma pari ad € 684.546,00; ritenuto, pertanto, alla luce delle considerazioni sinora svolte, che risulta equo liquidare al commissario liquidatore per l’opera svolta il compenso finale di euro 470.000,00, ritenendo, dunque, che gli acconti percepiti siano già satisfattivi, e considerato altresì che tale importo risulta commisurato a un valore prossimo al parametro medio sia sull’attivo realizzato che sul passivo accertato ».
Il decreto del tribunale ha, pertanto, calcolato il compenso del liquidatore in una misura pari agli acconti percepiti facendo riferimento ai parametri medi di liquidazione di cui al d.m. n. 30/2012 (« a un valore prossimo al parametro medio »), avuto riguardo a passivo accertato e attivo realizzato, con accertamento in fatto qui non censurato, dando atto di avere tenuto conto nelle premesse della liquidazione del compenso ai coadiutori.
11437/2024 R.G. 9. L’applicazione del compenso secondo i parametri medi di cui al d.m. n. 3072012 su attivo realizzato e passivo accertato non ha comportato la detrazione dal compenso spettante al liquidatore giudiziale di un importo determinato, pari a quello già liquidato ai coadiutori, bensì una riduzione generica del compenso del liquidatore giudiziale. Il che riflette il disposto dell’art. 32, secondo comma, l. fall., proprio della liquidazione del compenso del coadiutore del curatore, applicabile per analogia ai coadiutori del
liquidatore giudiziale, secondo cui del compenso del coadiutore deve tenersi conto ai fini della liquidazione del curatore (e del liquidatore giudiziale), diversamente dal delegato del curatore (art. 32, primo comma, l. fall.), il cui compenso « è detratto» algebricamente dal compenso del curatore.
Laddove, pertanto, vengano designati coadiutori del curatore – come del liquidatore giudiziale – per attività ausiliarie, non trattandosi di compiti propri del l’organo della procedura concorsuale, il compenso liquidato non va detratto da quello dell’organo, ma va ridotto di un importo forfetario, a discrezione del tribunale, rispetto alla liquidazione che sarebbe spettata all’organo della procedura , ove non avesse fatto ricorso alla nomina di ausiliari.
Nella specie, il tribunale ha fatto corretta applicazione del suddetto principio, calcolando il compenso del liquidatore giudiziale « a un valore prossimo al parametro medio sia sull’attivo realizzato che sul passivo accertato» , tenuto conto nelle premesse -oltre che delle modalità di svolgimento della liquidazione -anche della liquidazione operata in favore degli ausiliari del liquidatore giudiziale, applicando una riduzione discrezionale del compenso astrattamente liquidabile.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, oltre al raddoppio del contributo unificato. Non vi è liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, attesa l’assenza di difese scritte dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/07/2025.