Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4248 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4248 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16482/2022 R.G. proposto da :
Agenzia Regionale per le Attività Irrigue e Forestali – ARIF Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale legale come da pec Registri di Giustizia
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale legale come da pec Registri di Giustizia
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 73/2022 depositata il 31/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Bari che aveva accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’Agenzia Regionale per le Attività Irrigue e Forestali -ARIF Puglia avente ad oggetto il riconoscimento del diritto al compenso per lavoro straordinario a far tempo dal 1° aprile 2016 nella
misura di un’ ora e trenta minuti per ogni giorno lavorativo, con conseguente condanna dell’ ARIF alla corresponsione delle relative somme, riformando la sentenza di primo grado solo nella parte in cui aveva riconosciuto in favore del lavoratore il cumulo di rivalutazione monetaria e interessi, inapplicabile ai dipendenti di enti pubblici non economici, come l’ ARIF.
Per come emerge dalla sentenza impugnata, NOME COGNOME era stato assunto dall’ARIF ai sensi della legge regionale n. 3 del 2010 a far tempo dal 17 maggio 2010 a seguito del trasferimento delle attività irrigue e forestali dalla Regione Puglia all’ente strumentale, con contratto a tempo determinato di natura privatistica, qualifica di operaio forestale ed inquadramento nel quarto livello specializzato dei CCNL per gli addetti a lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria del 2 agosto 2006 e del 7 dicembre 2010, nonché del contratto integrativo regionale per gli operai addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulicoagraria della Regione Puglia del 5 ottobre 2009 e del 10 giugno 2014; aveva continuato a svolgere le medesime mansioni di forestale già in precedenza espletate presso la Regione Puglia -alle cui dipendenze aveva lavorato sino al 2009 con contratti di lavoro a termine e con identica qualifica di operaio forestale -prestando la propria attività presso l ‘azienda agricola Cavone ; in ottemperanza all’ordine di servizio del 10 aprile 2012 prot. n. 13195 (con cui l’ ARIF aveva stabilito i nuovi turni di lavoro degli operai addetti all’attività di custodia dell’azienda Cavone ) aveva lavorato per sei giorni alla settimana per la durata di giornaliera ordinaria di sei ore e trenta minuti nonché per un’ora e trenta minuti di lavoro straordinario ; aveva ricevuto regolarmente il compenso per il lavoro straordinario, come previsto dalla contrattazione collettiva di settore (artt. 9 e 50 CCNL forestali e art. 12 CIRL 2009) solo sino a marzo 2016.
In punto di diritto, la Corte territoriale ha ritenuto che, in base al l’art. 12, comma 3, della legge regionale 25 febbraio 2010, n. 3, istitutiva dell ‘ ARIF (quale ente strumentale della Regione Puglia, v. art. 1), al personale operaio assunto con contratto a termine transitato dalla Regione e stabilizzato solo presso l ‘ ARIF (art. 12, comma 2, lett. b) – nel cui ambito
rientrava anche la posizione di NOME COGNOME -trovava applicazione la disciplina privatistica, con inquadramento, a domanda, nel contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulicoforestale e idraulico-agraria e conseguente riconoscimento del relativo trattamento giuridico-economico e assicurativo-previdenziale. Così qualificato il rapporto di lavoro in oggetto, ha esclus o l’ applicazione del l’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007, che prevede che le pubbliche amministrazioni non possano retribuire il lavoro straordinario, se non previa attivazione dei sistemi di rilevazione automatica delle presenze; di conseguenza, ha applicato gli artt. 9 e 50 del CCNL di categoria e 12 del CIRL Puglia 2009, e riconosciuto il diritto del dipendente al pagamento dello straordinario nella misura di un’ora e trenta minuti per giorno lavorativo, a far data da aprile 2016.
In punto di fatto, ha rimarcato che i fogli di presenza attestanti la presenza del lavoratore e lo svolgimento dello straordinario sono stati esibiti proprio dall ‘ ARIF, che mai aveva contestato lo svolgimento da parte di NOME COGNOME del lavoro extra ordinem .
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione l’ ARIF articolando due motivi, cui resiste NOME COGNOME con controricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 165 del 2001, della legge Regione Puglia n. 3 del 2010, dell’art. 3, comma 83, della legge n 244 del 2007 e dell’art. 97 Cost., perché la Corte territoriale non avrebbe correttamente tenuto conto della natura pubblica dell’ARIF e, quindi, della necessità di applicare, nella specie, il d.lgs. n. 165 del 2001, con conseguente obbligo di preventiva autorizzazione formale dello straordinario. In particolare, denuncia l’erroneo ricorso agli artt. 9 e 50 del CCNL forestali e 12 CIRL, in contrasto con la norma imperativa
dell’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007, atteso che, comunque, non sarebbero stati neppure installati i sistemi di rilevazione automatica delle presenze, unici strumenti in grado di accertare la presenza in ufficio del dipendente. In ogni caso, sarebbe stato possibile ricorrere allo strumento del riposo compensativo.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., l’assenza ovvero l’ apparenza della motivazione, comunque manifestamente e irriducibilmente contraddittoria in relazione al venir meno dell’esigenza di contenimento della spesa pubblica, laddove ha riconosciuto che sulle somme dovute al dipendente non può applicarsi la rivalutazione, in ragione della natura di ente pubblico non economico dell’ARIF , senza tuttavia trarne le dovute conclusioni in ordine alla necessaria applicazione della norma imperativa di cui all’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007.
Le censure, che possono essere trattate unitariamente, non comportano la cassazione della sentenza impugnata, in quanto il dispositivo risulta conforme a diritto, dovendosi unicamente correggere la motivazione ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass. Sez. U, 25/11/2008, n. 28054; in senso conforme, fra altre, Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29886, secondo cui il vizio di motivazione riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. può concernere esclusivam ente l’accertamento e la valutazione di fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia e non anche l ‘i nterpretazione o l’applicazione di norme giuridiche, potendo l’eventuale vizio di motivazione su questione di diritto, in presenza di una corretta decisione del giudice di merito della quesitone sottoposta al suo esame, dar luogo alla correzione della stes sa ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.).
Infatti, quanto alla natura del rapporto di lavoro in oggetto, questa Corte ha già avuto modo di ricostruire la disciplina di riferimento, ricordando che l’applicazione della contrattazione collettiva del settore privato agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria dipendenti delle pubbliche amministrazioni affonda le sue radici nella legge
n. 124 del 1985, con la quale era stato previsto che il «Ministero dell’agricoltura e delle foreste, per fronteggiare le esigenze relative all’esecuzione dei lavori condotti in amministrazione diretta per la conservazione e la protezione dei beni indicati negli articoli 68 e 83 del citato decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, può ricorrere ad assunzioni di personale operaio con contratto a tempo indeterminato e a tempo determinato« ed era stato stabilito che «Le assunzioni e il trattamento economico sono regolati dalle norme sulla disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro e da quelle sul collocamento» (così Cass. Sez. L, 01/03/2023, n. 6193; in senso conforme, fra molte, Cass. Sez. L, 05/09/2024, n. 23894).
Come osservato nei richiamati precedenti, tale disciplina si poneva a sua volta in continuità con le previsioni della legge n. 205 del 1962, che già in precedenza aveva consentito all’amministrazione forestale di assumere, sia pure solo a tempo determinato, operai con contratti di diritto privato (Cass. S.U. nn. 3465/1998 e 24670/2009). A seguito del trasferimento delle competenze dallo Stato alle Regioni, anche queste ultime si sono dotate di normative analoghe, tra le quali rientra la legge della Regione Puglia n. 3 del 2010, istitutiva della «Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali», e, in particolare, il suo art. 12, comma 3, secondo cui: «Al personale operaio dell’Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulicoforestale e idraulico-agraria con conseguente applicazione del relativo trattamento giuridico-economico e assicurativoprevidenziale ai sensi dell’articolo 1, comma 14, del decreto legge 1 ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608. Al restante personale dell’Agenzia, ivi inclusi gli operai già inquadrati nei ruoli regionali di cui alla lettera a) del comma 2 e salvo quanto disposto dal comma 5, si applica lo stato giuridico e la disciplina contrattuale per i dipendenti di regioni e autonomie locali e viene confermato il diritto al rientro in casi di mutamento della natura giuridica dell’Agenzia».
In sostanza, mentre agli operai già dipendenti della Regione a tempo indeterminato («operai già inquadrati nei ruoli regionali di cui alla lettera a) del comma 2») «si applica lo stato giuridico e la disciplina contrattuale per i dipendenti di regioni e au tonomie locali», agli operai assunti dall’ARIF, di cui alla lettera b) del precedente comma 2 (tra i quali, come accertato in sentenza, l’attuale controricorrente), «si applica il contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulicoforestale e idraulico-agraria».
In continuità con le precedenti decisioni, si conferma, pertanto, che l’applicazione del CCNL di diritto privato non osta alla qualificazione del rapporto in termini di lavoro pubblico contrattualizzato. Di conseguenza, il richiamo contenuto n ell’art. 12, comma 3, prima parte al ‘contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulicoforestale e idraulicoagraria’ ed al relativo ‘trattamento giuridico -economico e assicurativoprevidenziale’ va inteso come strettament e inerente alle qualifiche di inquadramento dei lavoratori ed alle mansioni esigibili, nonché al trattamento economico ivi previsto, mentre non possono trovare applicazione disposizioni non conformi alla disciplina del pubblico impiego, come, ad esempio, in tema di acquisizione del diritto all’inquadramento per effetto dell’esercizio di fatto delle corrispondenti mansioni superiori (fra molte, Cass. Sez. L., 24/04/2023, n. 10811).
Dall’inquadramento del rapporto di lavoro, come sopra operato, discende l’applicazione della disciplina del lavoro pubblico contrattualizzato per il riconoscimento del lavoro straordinario.
In proposito, la giurisprudenza di questa Corte, fino a pochi anni fa, riteneva che il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto presupponesse , di necessità, la previa autorizzazione dell’amministrazione, poiché essa implica la valutazione della sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che impongono il ricorso a tali prestazioni e comporta, altresì, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio (Cass. Sez. L, 31/01/2017, n. 2509).
Più di recente, però, tale orientamento è stato precisato nel senso che il disposto dell’art. 2126 cod. civ. non si pone in contrasto con le previsioni della contrattazione collettiva che prevedono autorizzazioni o con le regole normative sui vincoli di spesa, ma è integrativo di esse nel senso che, quando una prestazione, come quella di lavoro straordinario, è stata svolta in modo coerente con la volontà del datore di lavoro o comunque di chi abbia il potere di conformare la stessa, essa va remunerata a prescindere dalla validità della richiesta o dal rispetto delle regole sulla spesa pubblica, dovendosi dare la prevalenza alla necessità di attribuire il corrispettivo al dipendente, in linea con il disposto dell’art. 36 Cost. (Cass. Sez. L, 28/06/2024, n. 17912). Ciò perché, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che presuppone la previa autorizzazione dell’amministrazione, spetta al lavoratore anche laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima e/o contraria a disposizioni del contratto collettivo, atteso che l’art. 2108 cod. civ., applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato, interpretato alla luce degli artt. 2 e 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell ‘ art. 97 Cost., prevede il diritto al compenso per lavoro straordinario se debitamente autorizzato e che, dunque, rispetto ai vincoli previsti dalla disciplina collettiva, la presenza dell’autorizzazione è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ. (Cass. Sez. L, 27/07/2022, n. 23506).
Espressione di questo orientamento più attuale è pure la giurisprudenza per la quale il riconoscimento del diritto a prestazioni ‘aggiuntive’ -ai sensi dell’art. 1 d.l. n. 402 del 2001, conv., con modif., dalla legge n. 1 del 2002, – è subordinato al ricorrere dei presupposti dell’autorizzazione regionale, della presenza in capo ai lavoratori di requisiti soggettivi e della determinazione tariffaria; tuttavia, pur in mancanza dei menzionati presupposti, l’attività lavorativa oltre il debito orario comporta il diritto al compenso per lavoro straordinario nella misura prevista dalla contrattazione collettiva, purché sussista il consenso datoriale che, comunque espresso, è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ. , in relazione all’art. 2108 cod. civ., a nulla rilevando il
superamento dei limiti e delle regole riguardanti la spesa pubblica, che determina, però, la responsabilità dei funzionari verso la pubblica amministrazione (Cass. Sez. L, 23/06/2023, n. 18063).
Nella stessa ottica, va letta la sentenza di questa Sezione n. 27842 del 3 ottobre 2023, per la quale, in tema di pubblico impiego privatizzato, il dipendente di un’agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) che nell’ambito del rapporto di lavoro ha eseguito, in favore di soggetti terzi e con il consenso dell’amministrazione di appartenenza, prestazioni oltre il normale orario ha diritto a essere retribuito per il lavoro straordinario svolto ( ex art. 2126 cod. civ. , in relazione all’art. 2108 cod. civ. e alla luce degli artt. 35 e 36 Cost.) in base alle previsioni della contrattazione collettiva nazionale applicabile e di quella integrativa conforme, senza che rilevi la mancata approvazione, da parte del datore di lavoro, dei progetti relativi a siffatte prestazioni e dei correlati atti interni di riparto, fra il personale interessato, delle somme riscosse in dipendenza di tali progetti.
Dalla giurisprudenza menzionata, emerge come nel pubblico impiego contrattualizzato l’autorizzazione della P.A. sia necessaria perché il dipendente possa prestare lavoro straordinario. Si tratta, quindi, di un elemento costitutivo della pretesa del lavoratore che agisca per il suo pagamento e che, pertanto, deve essere da lui allegato e dimostrato.
Questa autorizzazione, però, può essere anche implicita e, soprattutto, è sufficiente che la prestazione integrante lavoro straordinario sia comunque resa in modo coerente con la volontà del datore o del soggetto preposto.
5.1. Nella specie, la Corte territoriale, oltre a richiamare l’ordine di servizio sui turni di lavoro degli operai, ha rimarcato che i fogli presenza attestanti lo svolgimento del lavoro straordinario sono stati esibiti proprio da ll’ARIF, che non ha mai contestato la circostanza.
Il requisito dell’autorizzazione , nei termini sopra precisati, è stato, quindi, rispettato.
Risulta, poi, infondata anche la censura in ordine al rilievo degli strumenti di rilevazione delle presenze.
L’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007 prescrive, in effetti, che «Le pubbliche amministrazioni non possono erogare compensi per lavoro straordinario se non previa attivazione dei sistemi di rilevazione automatica delle presenze».
Tuttavia, come sopra osservato, l’interpretazione di questa Corte è ormai orientata nel senso che il riconoscimento del diritto al compenso per lavoro straordinario è condizionato unicamente dal consenso datoriale, comunque espresso, in linea con il disposto dell’art. 36 Cost. , a nulla rilevando il superamento dei limiti e delle regole riguardanti la spesa pubblica (che determina, però, la responsabilità dei funzionari verso la pubblica amministrazione).
In coerenza con tale approdo ermeneutico, l’eventuale mancato rispetto del disposto dell’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007 non può assumere rilievo.
Infine, risulta inammissibile il richiamo alla tematica del riposo compensativo.
La Corte d’appello di Bari ha respinto la contestazione sul presupposto che la sentenza di primo grado, negativa per l ‘odierna ricorrente , non era stata impugnata sul punto e, al riguardo, nulla di specifico ha dedotto nel suo ricorso l’ARIF.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, con la correzione della motivazione nei sensi su indicati; le spese di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza , con distrazione in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in euro 1.800,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00, al rimborso delle spese generali al 15%, ed
accessori di legge, da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025.