Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14550 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 14550 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28339/2020 R.G. proposto
da
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Compenso ex artt. 18, Legge n. 109/1994 e 92, Legge n. 163/2006 -Presupposti
R.G.N. 28339/2020
Ud. 09/05/2024 CC
INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello Napoli n. 62/2020 depositata il 13/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 09/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 62/2020 pubblicata in data 13 marzo 2020, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME, avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 679, pubblicata in data 8 marzo 2017, la quale, a propria volta, aveva respinto la domanda dell’appellante volta a conseguire l’accertamento del diritto alla corresponsione del compenso correlato allo svolgimento del ruolo di Responsabile Unico del Procedimento ex art. 10, comma 1, D. Lgs. n. 163/2006.
La Corte d’appello, dopo aver ricostruito l’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia, ha in primo luogo ritenuto non corretta l’affermazione, alla base della decisione del giudice di prime cure, secondo cui il diritto al compenso doveva riten ersi escluso in virtù dell’operatività del principio di onnicomprensività della retribuzione, sottolineando che il compenso veniva richiesto per un incarico diverso da quello di Direttore Generale presso la Provincia di Caserta di cui l’appellante era tito lare.
La Corte territoriale, invece, ha ritenuto infondata la domanda dell’appellante rilevando che: 1) non risultava né dall’atto introduttivo né della documentazione allegata quale attività resa dall’appellante fosse
stata concretamente portata ad esecuzione; 2) parimenti non risultava che i criteri di determinazione del compenso fossero stati individuati mediante contrattazione collettiva come previsto dall’art. 18, Legge n. 109/1994.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ora RAGIONE_SOCIALE COGNOME.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la ‘violazione ed errata applicazione’ degli artt. 112, 115, 116, 210, 414, 416, 421, secondo comma, 434 e 437 c.p.c. e 2697 c.c.;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto dl discussione tra le parti.
Il ricorrente censura la decisione della Corte partenopea nella parte in cui quest’ultima ha escluso che fossero stati allegati sia l’esecuzione dell’attività resa dall’appellante sia l’individuazione dei criteri di determinazione del compenso, evidenziando in contrario che:
-sia nel giudizio di primo grado sia nel giudizio di appello era stato dedotto che le procedure in relazione alle quali il ricorrente era stato nominato R.U.P. erano state portate a compimento,
provando tale allegazione con la produzione della Deliberazione della Giunta Provinciale di Caserta n. 302 del 22 dicembre 2006;
-il compimento delle opere, peraltro, non era mai stato contestato dall’odierna controricorrente;
-erano stati parimenti prodotti sia il Regolamento previsto dall’art. 18, Legge n. 109/1994, sia il Regolamento per l’erogazione degli incentivi di cui all’art. 92, D. Lgs. n. 163/2006, fermo restando che anche tale circostanza non era stata oggetto di contestazione.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3 e 4, c.p.c., la ‘violazione ed errata applicazione’ dell’art. 18, Legge n. 109/1994 ‘e successive integrazioni e modificazioni’ .
Il ricorrente censura la decisione impugnata in quanto quest’ultima ha conferito rilievo esclusivo -ai fini dell’applicazione dell’art. 18, Legge n. 109/1994 -all’approvazione dei criteri di determinazione in sede di contrattazione collettiva, omettendo di considerare che tali criteri erano stati individuati con regolamento dell’Amministrazione provinciale.
I due motivi devono essere esaminati congiuntamente e devono essere dichiarati inammissibili, operando nella specie il principio per cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza
n. 22753 del 03/11/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 24/05/2006).
Il primo motivo di ricorso, infatti, viene a censurare la decisione della Corte partenopea nella parte in cui la stessa ha ritenuto che la domanda del ricorrente non fosse assistita né da adeguate allegazioni né da adeguate prove in ordine a ll’individuazione de i progetti portati ad esecuzione dall’odierno ricorrente , risultando unicamente il conferimento dell’incarico .
Orbene, in disparte le censure concernenti il profilo dell’omessa allegazione dei fatti costitutivi della domanda -che il ricorrente argomenta di avere invece compiutamente dedotto -assume valore dirimente il giudizio della Corte territoriale in ordine a ll’assenza di adeguate prove in ordine al compimento dei progetti che l’odierno ricorrente afferma avere seguito come R.U.P.
Le censure avverso tale giudizio, infatti, risultano inammissibili in quanto si traducono nella sollecitazione a sindacare la valutazione delle prove operata dalla Corte d’Appello, ponendosi in conflitto con il principio enunciato da questa Corte, per cui, nel procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 -Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
Le diffuse argomentazioni spese dal ricorrente in ordine alla presenza in atti di un adeguato bagaglio documentale di conferma del compimento
dei progetti, invero, mirano a conseguire da questa Corte un riesame delle prove che è invece precluso in sede di legittimità, non essendo, del resto, dedotta dal ricorrente neppure l’ipotesi recentemente individuata da Cass. Sez. U – Sentenza n. 5792 del 05/03/2024.
Si deve allora quindi ribadire che compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass., Sez. 3, n. 3267 del 12/02/2008), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile, cosa che, nella specie, risulta avvenuta.
Atteso, pertanto, che la ratio decidendi costituita da ll’assenza di adeguata prova del compimento dei progetti costituisce di per sé ratio idonea a sorreggere la decisione impugnata, risulta inammissibile non solo il primo motivo -nella già richiamata parte in cui censura la valutazione di inadeguatezza delle allegazioni -ma anche il secondo motivo di ricorso, atteso che il profilo della prova dell’avvenuta adozione del regolamento contenente i criteri di dettaglio per l’attribuzione de l compensi incentivante risultava – e risulta – comunque logicamente subordinato alla dimostrazione del presupposto del compimento dei progetti.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 9 maggio 2024.