Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21951 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21951 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
sul ricorso 21695/2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
–
ricorrente – contro
REGIONE VENETO, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2203/2019 depositata il 29/05/2019;
udita la relazione della causa svolta all’adunanza non partecipata del 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre a questa Corte onde sentire cassare la sopra riportata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Venezia, respingendone il gravame, ha confermato il rigetto pronunciato in primo grado della domanda da lui proposta in pregiudizio della Regione Veneto, intesa a vedersi corrisposto il compenso dovutogli per la prestata attività di difensore civico per conto della Regione nella misura antecedente alla riduzione del 70% decretatane dall’art. 6 l. Reg. Veneto 6 aprile 2012, n. 13.
Il giudice territoriale ha motivato il proprio deliberato escludendo inizialmente, sul filo degli enunciati di SS.UU. 19971/2014 -che, in sede di regolamento di giurisdizione sulla controversia, aveva ravvisato la sussistenza della giurisdizione ordinaria in ragione del riconosciuto diritto soggettivo alla percezione dell’emolumento -che tra il COGNOME e la Regione in relazione all’incarico attribuito al primo intercorresse un rapporto contrattuale, atteso il carattere onorario dell’ufficio rivestito e la natura indennitaria e non retributiva del trattamento economico corrispondente; ha di poi negato la rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal COGNOME con riferimento alle previsione recata dall’art. 6 l. reg. 13/2012, non risultando la norma irragionevole e non applicandosi il precetto della proporzionalità risultante dall’art. 36 Cost. ai rapporti non aventi carattere sinallagmatico; ed ha conclusivamente ritenuto non scrutinabile per difetto di specificità il motivo di appello inteso a contestare l’incompetenza dell’ufficio che aveva proceduto ad applicare materialmente la decretata riduzione del compenso.
Il ricorso del COGNOME, seguito da memoria, si vale di tre motivi di impugnazione, ai quali resiste l’intimata con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui si denuncia la violazione dell’art. 11 delle preleggi, dell’art. 15 l. Reg. Veneto 6 giugno 1988, n. 28 e del principio dell’intangibilità della retribuzione per avere il decidente rigettato la domanda, negando la natura contrattuale del rapporto, sebbene in tal senso si fossero espresse le SS.UU. rilevando viceversa la natura retributiva dell’emolumento quando, come nel caso in esame, la determinazione di esso sia operata ex lege e sia perciò sottratta alla discrezionalità amministrativa -è infondato in quanto si radica su una lettura del precedente di legittimità evocato che non ne interpreta fedelmente lo spirito.
E’ ben vero che le SS.UU., allorchè in relazione alla vicenda sono state investite della questione di giurisdizione, nel pronunciarsi in favore della giurisdizione del giudice ordinario, hanno affermato che fanno eccezione alla regola secondo cui il trattamento economico dei funzionari onorari ha, di norma, natura indennitaria e non retributiva e resta, quindi, affidato alle determinazioni discrezionali dell’autorità che ha proceduto alla nomina, a fronte delle quali il funzionario ha una posizione di mero interesse legittimo, «i casi in cui specifiche disposizioni di legge attribuiscano natura retributiva al compenso spettante, il quale discenda direttamente dalla legge, con conseguente sua determinazione automatica». Ma, a parte il fatto che il passaggio motivazionale in parola non è riprodotto nel motivo in modo fedele, perché le SS.UU. nell’affermare il principio si sono date pure cura di specificare in modo espresso che ciò non comporta alcun riconoscimento negoziale («con esclusione di qualsiasi nesso di sinallagmaticità», si legge in motivazione), va rimarcato con
decisione che non si può far dire alle SS.UU. più di quanto esse potevano, nell’occasione, effettivamente dire. Le SS.UU., infatti, si sono pronunciate solo sulla questione di giurisdizione, in ragione della quale hanno ritenuto che il difensore civico, circa il compenso dovutogli per l’espletamento dell’incarico, sia portatore di un diritto soggettivo, tanto bastando ai fini di riconoscere la giurisdizione del giudice ordinario. Il sindacato così esperito, coerentemente con i fini del mezzo azionato, si è quindi arrestato all’accertamento di un punto pregiudiziale, senza assumere nessuna connotazione meritale, sicché il ravvisarvi l’espressione di un giudizio in grado di indirizzare le sorti della lite di merito non solo è frutto di una citazione incompleta del percorso motivazionale, ma eccede manifestamente i limiti entro i quali detto sindacato poteva essere esperito, non potendo per vero il giudice di legittimità, neppure nella sua più alta espressione, travalicare i limiti del proprio ufficio dando luogo ad un valutazione di merito.
Il secondo motivo di ricorso -con cui si deduce la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 l. reg. 13/2012 per violazione degli artt. 2, 3, 23, 35, 36, 53, 97 e 117 Cost. -è, come più volte affermato da questa Corte, inammissibile non potendo configurarsi al riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne la cassazione e, più in generale, l’accoglimento dell’impugnazione (Cass., Sez. I, 9/07/2020, n. 14666).
Delibando, tuttavia, la questione, poiché la stessa può essere sempre proposta, o riproposta, dall’interessato, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo, il collegio reputa che essa non possa trovare alcun seguito, vuoi perché in relazione a taluni dei parametri asseritamente violati (art. 2, 35 e 117 Cost.) non sono indicate le
ragioni di contrasto della norma in disamina (Cass., Sez. III, 26/11/2019, n. 30738), vuoi perché altri non sono invocabili al di fuori di un rapporto di lavoro subordinato (Cass., Sez. IV, 20/07/2007, n. 16134), vuoi, ancora, perché altri non legittimano una valutazione di non manifesta infondatezza o per inconferenza del tertium comparationis , non potendo in tal senso evocarsi il trattamento retributivo previsto in favore di chi esercita incarichi non onorari, o per difetto di irragionevolezza e di contrasto con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, con il principio di legalità delle prestazioni patrimoniali e con il principio della generalità delle imposte, la riduzione dell’emolumento, tenuto conto della natura politica dell’incarico, rispondendo al contrario ad un principio di contenimento dei costi relativi a cui ha inteso attenersi il legislatore RAGIONE_SOCIALE. Va soggiunto che la questione non è in linea neppure con la ratio della decisione impugnata, che si è fondata sulla -qui condivisa -natura non sinallagmatica e negoziale del compenso in discussione.
4. Il terzo motivo di ricorso -con cui si denuncia la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. per avere il decidente dichiarato inammissibile il motivo di gravame inteso a rappresentare il vizio di incompetenza sotteso alla determinazione di riduzione del compenso adottata dall’RAGIONE_SOCIALE, in quanto non era stato indicato l’organo competente, e ciò sebbene ai sensi dell’art. 21 dello Statuto RAGIONE_SOCIALE la relativa competenza spettasse al RAGIONE_SOCIALE -è inammissibile per difetto di autosufficienza, giacché il motivo non riproduce nel suo esatto tenore il contenuto del corrispondente motivo di appello. Sicché la Corte, quantunque sia l’onere del ricorrente riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, non potendo limitarsi a rinviare all’atto di appello (Cass., Sez. I, 6/09/2021, n. 24048), non
è in grado di apprezzare, prima della sua decisività, la veridicità dell’asserzione così operata, peraltro smentita dalla Corte territoriale.
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto, sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 .
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 5200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 23.04.2024.
Il AVV_NOTAIO COGNOME