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Compenso fase istruttoria: quando spetta all’avvocato?

Un avvocato si vede negare il compenso fase istruttoria perché una memoria è stata giudicata inammissibile. La Cassazione chiarisce che la fase istruttoria è più ampia e non può essere negata per un singolo atto, accogliendo il ricorso e cassando la decisione del Tribunale.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso fase istruttoria: la Cassazione chiarisce i criteri di liquidazione

Il riconoscimento del compenso fase istruttoria è un aspetto cruciale nella determinazione degli onorari di un avvocato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su come debba essere valutata l’attività svolta dal legale in questa delicata fase processuale, anche quando un singolo atto, come una memoria, venga ritenuto inammissibile.

I fatti del caso

Un avvocato agiva in giudizio contro un suo ex cliente per ottenere il pagamento dei compensi professionali relativi a un’attività svolta in un precedente procedimento. Il Tribunale adito accoglieva solo in parte la richiesta, riconoscendo i compensi per la fase di studio e quella introduttiva, ma escludendo completamente il compenso fase istruttoria.
La decisione del giudice di merito si basava sulla considerazione che l’unica attività rilevante svolta dall’avvocato in quella fase, ovvero il deposito di una terza memoria, era stata ritenuta inammissibile. Di conseguenza, secondo il Tribunale, nessun compenso era dovuto per l’intera fase.
Inoltre, il Tribunale menzionava nella motivazione il diritto dell’avvocato a percepire gli interessi sulla somma liquidata, ma ometteva di inserire tale statuizione nel dispositivo dell’ordinanza. Insoddisfatto, il legale proponeva ricorso per Cassazione.

La valutazione del compenso fase istruttoria secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso relativi alla liquidazione del compenso. Gli Ermellini hanno stabilito che il Tribunale ha errato nel ridurre l’intera fase istruttoria al solo deposito di una memoria, peraltro giudicata inammissibile.
Il D.M. 55/2014, che regola i parametri forensi, definisce la fase istruttoria in modo molto ampio. Essa non si limita alla redazione di memorie, ma include una vasta gamma di attività, tra cui:
* Le richieste di prova;
* L’esame di documenti e atti avversari;
* La partecipazione alle udienze;
* Gli adempimenti connessi ai provvedimenti del giudice;
* La gestione di procedimenti incidentali.

Il Tribunale, quindi, avrebbe dovuto considerare tutte le attività documentate dall’avvocato e non fermarsi alla valutazione di un singolo atto.

L’errore materiale e la sua correzione

Per quanto riguarda l’omessa indicazione degli interessi nel dispositivo, la Corte ha dichiarato il motivo di ricorso inammissibile. La discrepanza tra motivazione e dispositivo, quando chiaramente derivante da una svista, costituisce un mero errore materiale. Questo tipo di errore non può essere impugnato in Cassazione, ma deve essere corretto attraverso l’apposita procedura di correzione di errore materiale (artt. 287 e 288 c.p.c.) davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento.

le motivazioni
La Corte ha ritenuto fondati i primi due motivi di ricorso, sottolineando che l’interpretazione del Tribunale era stata eccessivamente restrittiva e contraria alla normativa sui parametri forensi (art. 4 del D.M. 55/2014). La valutazione del compenso fase istruttoria deve basarsi sull’effettiva attività svolta, la cui prova era stata fornita dal ricorrente. Trascurare tale documentazione e negare il compenso sulla base dell’inammissibilità di un singolo atto costituisce una violazione di legge. Per contro, il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile perché la problematica sollevata (omissione degli interessi nel dispositivo) rientrava nella fattispecie dell’errore materiale, emendabile con una procedura specifica e non tramite ricorso per Cassazione.

le conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato l’ordinanza impugnata e ha rinviato la causa al Tribunale, in diversa composizione, per una nuova valutazione del compenso fase istruttoria. Il giudice del rinvio dovrà tenere conto di tutte le attività svolte dall’avvocato, liquidando il giusto compenso secondo i parametri di legge. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la liquidazione dei compensi professionali deve essere ancorata a una valutazione complessiva e non atomistica dell’attività difensiva.

Quali attività rientrano nella fase istruttoria ai fini del compenso legale?
Secondo la Corte, la fase istruttoria non si limita alla redazione di memorie, ma comprende un’ampia gamma di attività come le richieste di prova, l’esame di documenti, la partecipazione alle udienze, gli adempimenti processuali e la gestione di procedimenti incidentali.

Si può negare il compenso per la fase istruttoria se una memoria viene dichiarata inammissibile?
No. La Corte ha stabilito che non è corretto negare l’intero compenso per la fase istruttoria basandosi sull’inammissibilità di un singolo atto, se l’avvocato ha documentato lo svolgimento di altre attività pertinenti a quella fase.

Cosa fare se il giudice menziona gli interessi in motivazione ma li omette nel dispositivo finale?
Questa omissione è considerata un errore materiale. Non si deve impugnare la decisione in Cassazione per questo motivo, ma si deve avviare il procedimento di correzione dell’errore materiale davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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