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Compenso fase istruttoria: quando è dovuto all’avvocato

Un avvocato si è visto negare il compenso per la fase di trattazione e istruttoria in un caso di patrocinio a spese dello Stato, poiché non erano state assunte prove formali in appello. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che il compenso fase istruttoria è dovuto anche per attività che non costituiscono mera raccolta di prove, come il deposito di note scritte o la richiesta di inibitoria. La Corte ha chiarito che la nozione di tale fase è ampia e include qualsiasi istanza o deduzione che contribuisca alla trattazione della causa, annullando la decisione e rinviando per una nuova liquidazione.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Fase Istruttoria: Spetta Anche Senza Prove? La Cassazione Chiarisce

Il compenso fase istruttoria è uno degli argomenti che più spesso genera dubbi nella liquidazione delle parcelle professionali, specialmente nei casi di patrocinio a spese dello Stato. La domanda fondamentale è: questo compenso è dovuto solo quando si assumono prove formali, come testimonianze o consulenze tecniche, oppure ricomprende anche altre attività processuali? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione chiara e favorevole ai professionisti legali, ampliando la portata di questa fase processuale.

I Fatti del Caso: Il Diniego del Compenso in Appello

La vicenda ha origine dalla decisione del Presidente della Corte d’appello di Firenze di non riconoscere a un avvocato il compenso per la fase di trattazione e istruttoria. Il legale aveva assistito due clienti ammessi al patrocinio a spese dello Stato in una causa d’appello. Il giudice, nel liquidare il compenso, aveva escluso tale voce motivando che, nei giudizi di appello, la fase istruttoria è rara e che, nel caso specifico, non era stata svolta. Secondo il provvedimento impugnato, le eventuali richieste istruttorie si risolvono in motivi di censura e, se respinte, si passa direttamente dalla fase introduttiva a quella decisoria.

La Difesa dell’Avvocato e il Ricorso in Cassazione

L’avvocato, ritenendo ingiusta la decurtazione, ha proposto ricorso per cassazione. La sua tesi era semplice ma incisiva: la fase di trattazione e istruttoria non deve necessariamente consistere nel compimento di atti istruttori tipici. Essa, infatti, comprende un insieme più ampio di attività che contribuiscono alla gestione e allo sviluppo della causa. Nel caso specifico, il legale aveva evidenziato di aver svolto attività rilevanti, come la proposizione di un’istanza di inibitoria e il deposito di note scritte, che a suo avviso rientravano a pieno titolo nella “trattazione” della causa.

Le Motivazioni della Cassazione: Un’Interpretazione Estensiva del Compenso Fase Istruttoria

La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi del ricorrente, giudicando il motivo fondato. I giudici hanno richiamato la normativa di riferimento, ovvero l’art. 4, comma 5, lettera c) del D.M. 55/2014, e la consolidata giurisprudenza di legittimità.

Secondo la Corte, l’affermazione del giudice d’appello è errata perché viola la norma citata. La fase di trattazione/istruttoria include una pluralità di attività che vanno ben oltre il semplice espletamento delle prove. Tra queste, la Cassazione elenca esplicitamente:

* Le istanze al giudice, presentate in qualsiasi forma;
* Le deduzioni a verbale;
* I procedimenti comunque incidentali.

In pratica, ogni attività che non sia meramente introduttiva o decisoria, ma che serva a “trattare” la causa e a sottoporre questioni al giudice, deve essere ricompresa in questa fase e, di conseguenza, remunerata. La Corte ha quindi cassato l’ordinanza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello di Firenze affinché proceda a una nuova liquidazione, applicando correttamente i principi enunciati.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per gli Avvocati

Questa ordinanza rappresenta un importante punto fermo per la tutela del lavoro degli avvocati. Essa chiarisce in modo inequivocabile che il compenso fase istruttoria non è legato esclusivamente all’assunzione di prove formali. Qualsiasi attività processuale che contribuisca attivamente allo sviluppo della controversia merita di essere riconosciuta e compensata. Questo principio è fondamentale per garantire una giusta remunerazione per il lavoro svolto, specialmente nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato, dove i compensi sono già tabellari. Gli avvocati possono quindi fare affidamento su questa interpretazione estensiva per veder riconosciuto il valore di tutte le attività difensive poste in essere nell’interesse del cliente.

Il compenso per la fase di trattazione e istruttoria è dovuto solo se si raccolgono prove formali come testimonianze?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che questo compenso è dovuto anche per altre attività, come la proposizione di istanze al giudice, il deposito di note scritte o i procedimenti incidentali, che costituiscono la “trattazione” della causa.

Quali attività rientrano nella “fase di trattazione e istruttoria” secondo la Suprema Corte?
Rientrano tutte le attività ulteriori rispetto al semplice espletamento delle prove, incluse le istanze al giudice in qualsiasi forma, le deduzioni a verbale e i procedimenti incidentali, come previsto dall’art. 4, co. 5, lett. c) del D.M. 55/2014.

Cosa succede se un giudice nega il compenso per la fase istruttoria basandosi sull’assenza di prove?
Secondo questa ordinanza, una tale decisione è errata e viola la normativa sui compensi professionali. L’avvocato può impugnare la decisione e, come avvenuto in questo caso, ottenere l’annullamento del provvedimento con rinvio per una nuova e corretta liquidazione del compenso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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