Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15772 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15772 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2061/2023 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da se medesimo; -ricorrente-
contro
MINISTERO DI GIUSTIZIA;
-intimato- avverso ORDINANZA di TRIBUNALE PESCARA n. 1913/2022 depositata il 11/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Pescara, con ordinanza del 3.1.2022, in accoglimento dell’opposizione proposta dall’Avv. NOME COGNOME avverso il decreto di liquidazione per l’attività difensiva svolta in favore di NOME COGNOME ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato, ha
liquidato il compenso nella misura di € 1 .617,50, applicando i valori medi della tariffa professionale, senza riconoscere la ‘fase istruttoria e/o trattazione’ e con esclusione della fase decisoria.
L’Avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Pescara sulla base di due motivi.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. e dell’art. 4 comma 5 lett. d) DM 55/14, per non avere il Tribunale liquidato la fase istruttoria, nonostante tale fase fosse svolta e liquidata nel decreto di liquidazione opposto. Rileva il ricorrente che, nel procedimento presupposto, egli aveva richiesto la concessione dei termini ex art. 183, comma VI c.p.c. e depositato le memorie istruttorie, attività che, ai sensi dell’art. 4, comma 5 del D.M. n. 55 del 2014 rientrerebbero nella fase istruttoria.
Il motivo è inammissibile.
Il vizio di cui all’art. 112 c.p.c. è configurabile nell’ipotesi in cui il giudice non si sia pronunciato sulla domanda mentre, nel caso di specie, il Tribunale si era pronunciato sull’istanza di liquidazione anche se non aveva liquidato tutte le voci richieste dal ricorrente.
A nulla rileva che tale voce fosse stata liquidata nel decreto di liquidazione – circostanza peraltro affermata in modo apodittico -dal momento che l’opposizione investe il giudice della liquidazione nel suo complesso.
L’opposizione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 170 non s’atteggia come impugnazione bensì come atto introduttivo di un giudizio contenzioso, sicché è riconosciuto al Giudice investito il potere-dovere di liquidare il compenso secondo i criteri legali a prescindere dalle ragioni agitate dalle parti in causa, con il solo limite dell’ammontare del compenso riconosciuto nel decreto opposto (Cass., sez. 2, n. 5112/2000; Cass., sez. 2, n. 1470/2018).
Inammissibile è la denuncia della violazione dell’art. 4, comma 5 del D.M. n. 55 del 2014 con riferimento all’omesso esame delle memorie ex art. 183, comma VI, che legittimerebbero il compenso per la fase istruttoria, trattandosi di vizio censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., il quale richiede la specifica allegazione dell’atto su cui il ricorso si fonda.
D’altra parte, nel procedimento sommario di cognizione, ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., la trattazione del giudizio di primo grado non esclude la liquidazione dell’onorario al difensore per la fase istruttoria, prevedendo il d.m. invocato un compenso unitario per la fase di trattazione e/o istruttoria complessivamente considerata, tale che l’importo rimane in ogni caso riferibile solo alla diversa fase della trattazione (v. in termini, Cass., sez. 3, n. 28627/2023).
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 4 comma 5 lett. d) DM 55/14, ai sensi dell’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c., per non avere il Tribunale liquidato la fase decisionale del giudizio di opposizione motivando la decisione sul mancato deposito della comparsa conclusionale sebbene la fase decisionale comprenda anche la precisazione delle conclusioni e la discussione orale. Il motivo è fondato.
L’art 4 co 5 lett. d) DM 55/2014 che prevede: ‘d) per fase decisionale: le precisazioni delle conclusioni e l’esame di quelle delle
altre parti, le memorie, illustrative o conclusionali anche in replica, compreso il loro deposito ed esame, la discussione orale, sia in camera di consiglio che in udienza pubblica, le note illustrative accessorie a quest’ultima, la redazione e il deposito delle note spese, l’esame e la registrazione o pubblicazione del provvedimento conclusivo del giudizio, comprese le richieste di copie al cancelliere, il ritiro del fascicolo, l’iscrizione di ipoteca giudiziale del provvedimento conclusivo stesso; il giudice, nella liquidazione della fase, tiene conto, in ogni caso, di tutte le attività successive alla decisione e che non rientrano, in particolare, nella fase di cui alla lettera e)’.
È, pertanto, errata l’affermazione in diritto secondo cui la fase decisoria non sia dovuta se non viene depositata la comparsa conclusionale.
L ‘ordinanza impugnata deve, pertanto, sul punto essere cassata e, riconosciuta la fase decisionale anche con la sola richiesta di precisazione delle conclusioni. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, l a causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., liquidando in € 190,00 la fase decisionale.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, tenendo conto del valore in concreto liquidato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e, decidendo nel merito, integra il provvedimento del Tribunale di Pescara del 3.1.2022, liquidando all’Avv. NOME COGNOME la somma di euro 190,00 per la fase decisionale in aggiunta all’importo già riconosciuto;
condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del ricorrente, che liquida in euro
340,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione