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Compenso equa riparazione: è contenzioso?

La Cassazione chiarisce la natura del giudizio per il compenso equa riparazione. L’ordinanza stabilisce che tale procedimento è contenzioso, non di volontaria giurisdizione. Di conseguenza, la liquidazione delle spese legali deve seguire parametri più elevati. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva liquidato somme insufficienti a due legali, omettendo anche di considerare le attività esecutive svolte.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Equa Riparazione: La Cassazione chiarisce la natura contenziosa del giudizio

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è intervenuta per fare chiarezza sulla corretta qualificazione giuridica dei procedimenti per l’equa riparazione da irragionevole durata del processo (ex Legge Pinto) e, di conseguenza, sui criteri per la liquidazione del compenso equa riparazione dovuto agli avvocati. La decisione sottolinea un principio fondamentale: tali giudizi hanno natura contenziosa e non di volontaria giurisdizione, con importanti implicazioni sulla determinazione delle spese legali.

I Fatti del Caso

Due avvocati avevano assistito una cliente in due distinti procedimenti volti a ottenere l’indennizzo per l’eccessiva durata di un processo, ai sensi della Legge n. 89/2001. Successivamente, i legali agivano in giudizio contro la stessa cliente per ottenere il pagamento dei loro compensi professionali per l’attività svolta, includendo anche le spese per le successive procedure esecutive.

La Corte d’Appello, pur accogliendo parzialmente la richiesta, liquidava somme ritenute dai legali del tutto insufficienti. L’errore di fondo, secondo i ricorrenti, risiedeva nell’aver qualificato il procedimento per l’equa riparazione come un’ipotesi di volontaria giurisdizione, applicando così parametri di calcolo dei compensi (previsti dal D.M. 55/2014) notevolmente inferiori a quelli previsti per i giudizi contenziosi. Inoltre, la Corte territoriale aveva completamente omesso di pronunciarsi sulle richieste di compenso relative alle procedure esecutive intraprese nell’interesse della cliente.

La Decisione della Corte di Cassazione e il corretto calcolo del compenso equa riparazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso degli avvocati, cassando l’ordinanza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione. La Suprema Corte ha ribadito un orientamento già consolidato, stabilendo che il giudizio per il riconoscimento dell’equo indennizzo ha un inequivocabile carattere contenzioso.

Questo perché si tratta di una procedura volta a risolvere una controversia su diritti soggettivi contrapposti, che si svolge in pieno contraddittorio tra le parti e si conclude con un provvedimento che, pur avendo la forma del decreto motivato, ha natura sostanziale di sentenza e acquista autorità di giudicato. Pertanto, la liquidazione delle spese processuali deve seguire i parametri previsti per i giudizi ordinari davanti alla corte d’appello (tabella n. 12 del D.M. 55/2014) e non quelli, ridotti, previsti per la volontaria giurisdizione (tabella n. 7).

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha fondato la sua decisione su due pilastri principali. In primo luogo, ha richiamato la propria giurisprudenza (in particolare, l’ordinanza n. 6015/2019) per riaffermare la natura contenziosa del procedimento ex Legge Pinto. La Corte ha spiegato che la presenza di una controversia tra posizioni di diritto soggettivo contrapposte esclude categoricamente la possibilità di ricondurre il giudizio nell’alveo della volontaria giurisdizione, che attiene invece alla gestione di interessi privati senza un conflitto tra parti.

In secondo luogo, la Corte ha censurato la Corte d’Appello per aver commesso un’omissione di pronuncia. Il giudice di secondo grado, infatti, aveva del tutto trascurato di esaminare le richieste di compenso avanzate dai due legali per le procedure esecutive svolte nell’interesse della loro assistita. Tale omissione ha contribuito a rendere la liquidazione complessiva del compenso palesemente inadeguata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio cruciale per la tutela della professione forense. Stabilire che il giudizio per il compenso equa riparazione ha natura contenziosa garantisce che l’attività difensiva venga remunerata secondo parametri adeguati alla complessità e all’importanza del contenzioso stesso. La decisione serve anche come monito per i giudici di merito a non trascurare alcuna voce di compenso richiesta, comprese quelle relative alle fasi esecutive, che rappresentano una parte integrante e fondamentale dell’attività professionale. La causa torna ora alla Corte d’Appello, che dovrà procedere a una nuova liquidazione delle spese, attenendosi scrupolosamente ai principi di diritto enunciati dalla Cassazione.

Il procedimento per l’equa riparazione per eccessiva durata del processo è di volontaria giurisdizione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale giudizio ha natura contenziosa, poiché mira a risolvere una controversia su diritti soggettivi contrapposti e si conclude con un provvedimento che ha natura sostanziale di sentenza.

Quali parametri si usano per liquidare il compenso dell’avvocato in un giudizio per equa riparazione?
La liquidazione deve essere effettuata sulla base dei parametri previsti per i giudizi contenziosi ordinari (nello specifico, la tabella n. 12 del D.M. 55/2014 per i giudizi davanti alla corte d’appello) e non secondo quelli, inferiori, previsti per i procedimenti di volontaria giurisdizione.

Il giudice deve considerare anche le attività esecutive svolte dall’avvocato nel liquidare il compenso complessivo?
Sì, il giudice deve pronunciarsi su tutte le richieste di compenso avanzate, comprese quelle relative alle procedure esecutive svolte nell’interesse del cliente. Omettere di farlo costituisce un vizio della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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