Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3483 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3483  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
Oggetto: spese
processuali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18790/2023 R.G. proposto da COGNOME  NOME,  rappresentato  e  difeso  in  proprio,  con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t..
-INTIMATO – avverso  l’ordinanza  del Tribunale  di  Monza  pubblicata  in  data 6.6.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.1.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
AVV_NOTAIO  ha  adito  il Tribunale  di  Monza  per ottenere  il  compenso  per  la  difesa  d’ufficio  di  NOME  COGNOME, esponendo  che,  dopo  la  definizione  del  processo  penale,  aveva agito verso  l’assistita in INDIRIZZO  e, ottenuto  il  decreto ingiuntivo, aveva avviato l’esecuzione, risultata infruttuosa.
Con provvedimento del 3.12.2021 il Tribunale ha liquidato l’importo di € 489,38, oltre accessori ; su ricorso ex art. 170 D.P.R. 115/2002 dell’AVV_NOTAIO,  il  giudice  dell’opposizione  ha  conferma to  il
provvedimento per carenza di prova delle attività espletate, respingendo  anche  la  richiesta  di  rimborso  delle  spese  volte  al recupero del credito per la prolungata inerzia del ricorrente nell’assumere ogni iniziativa in proposito.
Per  la  cassazione  del  provvedimento  l’AVV_NOTAIO  propone ricorso  affidato  a  due  motivi,  illustrati  con  memoria;  il  Ministero della giustizia è rimasto intimato.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 82 e 116  TUGS,  sostenendo  che  il  giudice  avrebbe  dovuto  liquidare anche le spese per le attività di recupero del credito professionale che il difensore aveva dovuto necessariamente espletare prima di chiedere la liquidazione a carico dello Stato.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 15 d.lgs. 150/2011  e  l’omesso  esame  della  documentazione ,  per  aver  il Tribunale  negato  il  diritto  agli  onorari,  ritenendo  indimostrato  lo svolgimento di attività difensiva ma senza acquisire d’ufficio gli atti del processo penale.
3. Il primo motivo è fondato.
A norma dell’art. 116 D.P.R. 115/2002, l’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio sono liquidati dal magistrato, nella misura e con le modalità previste dall’articolo 82 ed è ammessa opposizione ai sensi dell’articolo 84, quando il difensore dimostri di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali. Occorre la prova di aver effettuato un vano e non pretestuoso tentativo di recupero, pur non richiedendosi la dimostrazione della totale incapienza del debitore (Cass. 8359/2020; Cass. 3673/2019) e che quindi il difensore abbia ottenuto un titolo giudiziale per il pagamento del compenso e che abbia avviato l’esecuzione mobiliare (anche presso terzi) risultata infruttuosa o verificato la possibilità di procedere al pignoramento
immobiliare, essendo irrilevante il solo ritardo con cui siano state avviate le attività di recupero, ritardo che di per sé non è indice di un  non  adeguato  sforzo  da  parte  del  difensore  nel  coltivare  le proprie ragioni di credito.
Deve ribadirsi, in conformità all’ormai costante orientamento di questa Corte, che il suddetto tentativo di recupero costituisce un passaggio obbligato per poter chiedere la liquidazione dei compensi ai sensi del combinato disposto degli artt. 82 e 116, D.P.R. 115/2002e che, in presenza degli indicati requisiti di serietà e non pretestuosità delle iniziative intraprese, i relativi costi, comprensivi di spese, diritti ed onorari, devono rientrare nell’ambito di quelli che l’erario è tenuto a rim borsare al difensore d’ufficio (Cass. 3673/2019; Cass. 24104/2011; Cass. pen. 1630/2008; Cass. pen. 27473/2009).
4. Il secondo motivo è inammissibile.
La censura risulta carente dei requisiti di specificità richiesti dall’art. 366 c.p.c., contestando al Tribunale di non aver acquisito d’ufficio gli atti processuali utili per la liquidazione, secondo quanto disposto dall’ultimo  comma  dell’art.  15,  comma  quinto,  d.lgs.  150/2011, senza specificare quali attività non siano state remunerate.
Avendo  il  giudice  riconosciuto  le  spettanze  professionali  solo  per talune prestazioni, competeva al difensore indicare in ricorso quali ulteriori  attività  avesse  espletato,  chiarendone  natura  ed  oggetto, non essendo sufficiente l’elencazione degli atti non acquisiti che si legge  a  pag.  7  del  ricorso,  essendo  carente  una  più  precisa illustrazione della loro correlazione con le difese svolte, in rapporto al contenuto della pronuncia impugnata.
E’  accolto  il  primo  motivo  di  ricorso;  il  secondo  è  dichiarato inammissibile.
L’ordinanza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa al Tribunale di Monza, in persona di altro Magistrato, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e  rinvia  la  causa  al  Tribunale  di  Monza,  in  persona  di  altro Magistrato, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Seconda