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Compenso difensore d’ufficio: spese recupero incluse

La Corte di Cassazione ha stabilito che il compenso del difensore d’ufficio, liquidato dallo Stato, deve includere anche le spese sostenute per il tentativo, seppur infruttuoso, di recuperare il credito professionale dal proprio assistito. La Corte ha chiarito che tale procedura è un presupposto necessario per accedere al pagamento da parte dell’Erario e, pertanto, i relativi costi non possono gravare sul legale, riformando così un precedente orientamento giurisprudenziale.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Difensore d’Ufficio: Sì al Rimborso delle Spese di Recupero Crediti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha finalmente consolidato un principio di equità fondamentale per gli avvocati: il compenso difensore d’ufficio a carico dello Stato deve comprendere anche le spese sostenute per il tentativo, non andato a buon fine, di recuperare l’onorario dall’assistito. Questa decisione chiarisce che l’avvocato non può essere penalizzato per aver seguito una procedura richiesta dalla legge stessa.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di un avvocato che, dopo aver assistito un imputato come difensore d’ufficio in un procedimento penale, si era visto negare dal Tribunale di Milano la liquidazione delle spese sostenute per l’infruttuosa procedura di recupero del proprio credito professionale nei confronti del cliente. Il Tribunale aveva basato la sua decisione su un vecchio orientamento giurisprudenziale, sostenendo che tali costi non rientrassero tra quelli necessari per la difesa e che l’attività fosse svolta nell’interesse esclusivo del difensore.

L’avvocato, ritenendo ingiusta tale esclusione, ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che il tentativo di recupero del credito non è una scelta, ma un presupposto indispensabile imposto dalla normativa (D.P.R. 115/2002) per poter poi richiedere il pagamento all’Erario.

La Decisione della Corte e il compenso difensore d’ufficio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’avvocato, ribaltando la decisione del Tribunale. Gli Ermellini hanno affermato un principio ormai consolidato e univoco: le spese e i compensi relativi ai procedimenti per il tentativo di recupero del credito devono essere inclusi nella liquidazione a carico dello Stato.

La Suprema Corte ha dichiarato superato il precedente orientamento restrittivo, riconoscendo che la procedura di recupero del credito è strumentale e funzionale non solo all’interesse del legale, ma anche a quello dello Stato. Infatti, solo se tale procedura si rivela infruttuosa, sorge l’obbligo di pagamento a carico dell’Erario. Accollare questi costi al professionista risulterebbe, quindi, palesemente iniquo.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su una lettura coerente degli articoli 82 e 116 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. L’articolo 116, in particolare, subordina la possibilità per il difensore d’ufficio di ottenere il compenso dallo Stato proprio all’infruttuoso esperimento delle procedure di recupero nei confronti di chi ha beneficiato della prestazione.

Di conseguenza, tale procedura non è un’attività autonoma e slegata dalla difesa, ma ne costituisce un’appendice necessaria. È un onere che la legge impone all’avvocato. Pertanto, i costi associati a questo onere non possono che essere ricompresi tra le spese che l’Erario è tenuto a rimborsare. La Corte sottolinea come questa estensione sia coerente non solo con la lettera della legge, ma anche con la sua ratio, che mira a garantire al difensore un’adeguata remunerazione per un’attività svolta anche nell’interesse pubblico della giustizia.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rappresenta un punto fermo a tutela dei difensori d’ufficio. In pratica, significa che gli avvocati possono avviare le procedure di recupero del credito nei confronti degli assistiti insolventi con la certezza che, in caso di esito negativo, i costi sostenuti non andranno persi, ma saranno liquidati e pagati dallo Stato insieme all’onorario per la difesa. Viene così rimosso un onere finanziario ingiusto, rafforzando la funzione sociale e l’effettività della difesa d’ufficio.

Un difensore d’ufficio ha diritto al rimborso delle spese sostenute per tentare di recuperare il proprio onorario dal cliente insolvente?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che le spese e i compensi relativi alla procedura di recupero del credito, anche se infruttuosa, devono essere rimborsati dallo Stato insieme all’onorario per l’attività di difesa.

Perché il tribunale di grado inferiore aveva negato il rimborso di tali spese?
Il tribunale aveva aderito a un orientamento giurisprudenziale più risalente e ormai superato (Cass. pen. 46741/2007), secondo cui tali spese non erano considerate necessarie per la difesa e l’attività era svolta nell’interesse esclusivo del difensore.

Qual è il fondamento normativo che giustifica il rimborso integrale del compenso al difensore d’ufficio?
Il fondamento si trova nel combinato disposto degli articoli 82 e 116 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. L’art. 116, in particolare, subordina il pagamento da parte dello Stato all’infruttuoso esperimento della procedura di recupero, rendendola un’attività strumentale e necessaria il cui costo deve essere rimborsato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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