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Compenso difensore d’ufficio: sì anche per appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha stabilito che il compenso del difensore d’ufficio deve essere liquidato anche se l’impugnazione presentata è dichiarata inammissibile. La Corte ha chiarito che la norma che nega il compenso in caso di inammissibilità (art. 106 d.P.R. 115/2002) si applica esclusivamente ai difensori di parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato e non può essere estesa per analogia alla difesa d’ufficio. Il Ministero della Giustizia, che aveva proposto ricorso, è stato condannato anche per abuso del processo.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Difensore d’Ufficio: Sì al Pagamento anche con Impugnazione Inammissibile

Un avvocato nominato d’ufficio ha sempre diritto al pagamento per la sua attività, anche quando l’impugnazione che ha proposto viene dichiarata inammissibile? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 23977/2024, ha fornito una risposta netta, consolidando un principio fondamentale a tutela della professione forense e del diritto di difesa. La questione ruota attorno alla corretta interpretazione delle norme sul compenso del difensore d’ufficio e alla sua distinzione rispetto al patrocinio a spese dello Stato, confermando che la remunerazione per l’attività svolta non è legata all’esito del giudizio.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di liquidazione presentata da un’avvocatessa, nominata difensore d’ufficio per un imputato irreperibile in un giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione. Al termine dell’incarico, l’appello veniva dichiarato inammissibile. L’avvocatessa richiedeva quindi alla Corte d’Appello competente la liquidazione del proprio onorario a carico dello Stato.

Inizialmente, l’istanza veniva rigettata proprio a causa dell’inammissibilità del ricorso. Tuttavia, a seguito dell’opposizione della legale, la Corte d’Appello accoglieva la richiesta e liquidava le spettanze. Il Ministero della Giustizia, non condividendo tale decisione, proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che al difensore d’ufficio non dovesse spettare alcun compenso in caso di impugnazione inammissibile, applicando per analogia una norma prevista per il gratuito patrocinio.

La Distinzione tra Difesa d’Ufficio e Gratuito Patrocinio

Il nodo centrale della controversia era l’applicabilità dell’art. 106 del d.P.R. 115/2002 (Testo Unico sulle spese di giustizia) alla difesa d’ufficio. Tale articolo prevede esplicitamente che il compenso non sia dovuto al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato se l’impugnazione è dichiarata inammissibile.

Il Ministero sosteneva che questa regola dovesse essere estesa anche al difensore d’ufficio per ragioni logiche e sistematiche, al fine di disincentivare la proposizione di impugnazioni a “rischio zero”, che gravano inutilmente sulle casse dello Stato. Secondo questa tesi, entrambe le figure professionali svolgono un’attività necessaria e remunerata dall’Erario, rendendo ragionevole un’applicazione estensiva delle norme.

Il Compenso del Difensore d’Ufficio: le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Ministero inammissibile, ribadendo con fermezza un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici hanno chiarito che la disciplina prevista per il patrocinio a spese dello Stato e quella per la difesa d’ufficio, sebbene entrambe inserite nella Parte III del Testo Unico, non sono sovrapponibili.

L’art. 116 dello stesso Testo Unico estende al difensore d’ufficio la disciplina del gratuito patrocinio limitatamente alle norme che regolano le forme e la misura della liquidazione dei crediti professionali. L’art. 106, che nega il compenso per l’impugnazione inammissibile, non è una norma sulla misura o sulle forme della liquidazione, ma una norma sostanziale che incide direttamente sull’esistenza stessa del diritto al compenso. Pertanto, essa non può essere applicata al di fuori del suo specifico ambito, ovvero quello del patrocinio a spese dello Stato.

La Corte ha specificato che la difesa d’ufficio è un’istituzione volta a garantire il diritto di difesa a chiunque ne sia sprovvisto, indipendentemente dalle condizioni economiche e dall’esito del giudizio. Il diritto al compenso sorge per il solo fatto di aver svolto l’attività difensiva richiesta dalla legge.

Le Conclusioni: Abuso del Processo e Sanzioni Esemplari

La decisione della Cassazione va oltre la semplice conferma del diritto al compenso. Il ricorso del Ministero è stato ritenuto talmente infondato da integrare un’ipotesi di abuso del processo. Poiché il Ministero aveva insistito nella sua tesi nonostante un consolidato orientamento contrario e una proposta di definizione anticipata del giudizio, la Corte lo ha condannato ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4, del codice di procedura civile.

Di conseguenza, oltre al rimborso delle spese legali, il Ministero è stato condannato a versare un’ulteriore somma all’avvocatessa a titolo di risarcimento per lite temeraria e un’altra somma in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione sottolinea la gravità del comportamento di chi contribuisce a “dissipare la risorsa giustizia” con ricorsi palesemente destinati al fallimento, un monito a utilizzare gli strumenti processuali con maggiore responsabilità.

Un difensore d’ufficio ha diritto al compenso se l’impugnazione che presenta viene dichiarata inammissibile?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto al compenso per il difensore d’ufficio non viene meno in caso di inammissibilità dell’impugnazione, poiché la norma che prevede tale esclusione (art. 106 d.P.R. 115/2002) si applica esclusivamente ai casi di patrocinio a spese dello Stato.

Qual è la differenza fondamentale tra la disciplina del patrocinio a spese dello Stato e quella della difesa d’ufficio in questo contesto?
La differenza risiede nell’ambito di applicazione delle norme. La regola che nega il compenso per appello inammissibile è una norma sostanziale specifica per il patrocinio a spese dello Stato. Per la difesa d’ufficio, si estendono solo le norme relative alle modalità e alla misura della liquidazione dei compensi, non quelle che ne condizionano il diritto stesso.

Perché il Ministero della Giustizia è stato condannato anche a pagare una sanzione aggiuntiva?
Il Ministero è stato condannato per abuso del processo ai sensi dell’art. 96 del codice di procedura civile perché ha proposto un ricorso manifestamente infondato, insistendo su una tesi già ampiamente smentita dalla giurisprudenza consolidata e ignorando una proposta di definizione anticipata, contribuendo così a un inutile dispendio di risorse giudiziarie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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