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Compenso difensore d’ufficio: no riduzioni extra

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25897/2024, ha stabilito che il compenso del difensore d’ufficio non può essere ridotto per le attività successive volte al recupero del proprio credito professionale. La riduzione legale si applica esclusivamente alle prestazioni rese nell’ambito del procedimento penale a favore dell’assistito, e non alle procedure esecutive intraprese dall’avvocato per ottenere il pagamento. La Corte ha cassato la decisione del giudice di merito che aveva erroneamente esteso la riduzione anche a tali attività.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Difensore d’Ufficio: Stop alla Riduzione sulle Spese di Recupero Crediti

L’ordinanza n. 25897/2024 della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sul compenso del difensore d’ufficio, stabilendo un principio di equità a tutela della professione forense. La questione centrale riguarda l’ambito di applicazione delle riduzioni legali previste per l’attività difensiva: si estendono anche alle procedure intraprese dall’avvocato per recuperare il proprio onorario? La risposta della Suprema Corte è un netto no.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla richiesta di liquidazione di un avvocato, nominato difensore d’ufficio in un procedimento penale. Al termine del suo mandato, e dopo aver tentato senza successo un’azione esecutiva per recuperare il suo credito dalla propria ex assistita, il legale aveva ottenuto solo un pagamento parziale.

Nel procedere alla liquidazione del compenso residuo, la Corte d’Appello aveva applicato la riduzione prevista dalla legge (in questo caso la dimidiazione ex art. 106 bis del D.P.R. 115/2002) non solo alle attività svolte nel processo penale, ma anche a quelle relative alla successiva e infruttuosa procedura di recupero del credito. L’avvocato ha quindi impugnato tale decisione, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte e il compenso difensore d’ufficio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’avvocato, cassando l’ordinanza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione. Il principio di diritto affermato è chiaro e di grande importanza pratica.

Gli Ermellini hanno sancito che la riduzione del compenso del difensore d’ufficio è strettamente limitata alle prestazioni professionali rese in favore della parte ammessa al beneficio del patrocinio, ovvero all’attività difensiva svolta all’interno del procedimento penale. Questa riduzione non può e non deve essere estesa alle attività successive che l’avvocato è costretto a intraprendere per recuperare il proprio legittimo onorario.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte fonda la sua decisione su un’interpretazione logica e sistematica della normativa in materia di spese di giustizia. Citando propri precedenti consolidati (Cass. n. 3606/2024 e n. 30380/2023), la Corte ribadisce un concetto cruciale: una volta esaurita la prestazione a favore del soggetto patrocinato, l’eventuale controversia sulla misura del compenso riguarda unicamente il rapporto tra l’avvocato e lo Stato (o, come in questo caso, l’azione di recupero verso il cliente).

L’oggetto del contendere, in questa fase, non è più la difesa del cliente, ma la giusta remunerazione del professionista. Pertanto, le spese legali relative a queste procedure (come l’opposizione al decreto di liquidazione o l’azione esecutiva) devono essere regolate secondo l’ordinario principio della soccombenza, senza subire alcuna riduzione. Applicare le riduzioni previste per il patrocinio a spese dello Stato anche a queste attività costituirebbe un errore di diritto, poiché la ratio della norma è quella di contenere i costi della difesa per lo Stato, non di penalizzare il difensore che agisce per tutelare un proprio diritto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione rappresenta una vittoria per la dignità e la tutela economica della professione forense. Viene tracciata una linea netta tra l’attività difensiva svolta nell’interesse del cliente e le azioni successive, necessarie per ottenere il giusto compenso.

In pratica, questo significa che i compensi maturati per le procedure esecutive o per le opposizioni ai decreti di liquidazione devono essere liquidati per intero, senza le decurtazioni previste per il patrocinio. Questo principio garantisce che l’avvocato non sia doppiamente penalizzato: prima dalla difficoltà nel recuperare il proprio credito e poi da una riduzione ingiustificata del compenso per l’attività di recupero stessa. Si tratta di un’affermazione di equità che rafforza la posizione dei difensori d’ufficio, riconoscendo il pieno valore di ogni fase della loro attività professionale.

La riduzione del compenso per il difensore d’ufficio si applica a tutte le sue attività?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la riduzione si applica esclusivamente alle prestazioni professionali rese nell’ambito del procedimento penale in favore della parte assistita.

Le spese sostenute dall’avvocato per recuperare il proprio onorario sono soggette a riduzione?
No. La Corte ha chiarito che i compensi relativi alle procedure volte al recupero del credito professionale, come un’azione esecutiva, non devono essere soggetti alla riduzione prevista per l’attività difensiva d’ufficio.

Come vengono liquidate le spese legali se un avvocato contesta il decreto di liquidazione del suo compenso?
In tal caso, le spese vengono liquidate in base al principio della soccombenza (chi perde paga), senza alcuna possibilità di riduzione, poiché la controversia verte unicamente sulla misura del compenso e non più sulla prestazione resa al cliente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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