Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15273 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15273 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8205/2024 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, l’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende; -ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che lo rappresenta e difende in forza di legge; -resistente- avverso RAGIONE_SOCIALE di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 767/2024 depositata il 08/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato su tre motivi avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Bologna dell’8.2.2024,
che, in parziale accoglimento dell’opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso per l’attività svolta quale difensore d’ufficio di Tarca Giovanni nel procedimento penale dinanzi alla Corte di Cassazione, ha liquidato la somma complessiva di € 1.140,00, oltre accessori di legge e spese del giudizio di opposizione, liquidate complessivamente in € 372,00.
Il Ministero della Giustizia ha depositato un atto di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 6, della L. 31/12/2012 n. 247, dell’art. 12, comma 1 del D.M. 10/3/2014 n. 55, come modificato dal D.M. 8/3/2018 n. 37, e degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello considerato come parametro di riferimento i valori minimi, sulla base dei quali ha applicato la riduzione ex art.106 bis DPR n.115 del 2002 mentre, invece, avrebbe dovuto considerare i valori medi. La liquidazione non avrebbe tenuto conto dell’impegno profuso dal difensore nel procedimento penale in cui aveva prestato la propria attività difensiva, né dell’esito favorevole del giudizio, che si era concluso con la declaratoria di estinzione di numerosi reati per prescrizione. La Corte d’appello avrebbe, inoltre, omesso la liquidazione delle spese esenti, che il difensore avrebbe sostenuto e documentato nell’ambito del giudizio di opposizione.
Il motivo è fondato nei limiti di cui in motivazione.
La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, il difensore di ufficio
dell’imputato irreperibile ha diritto ad un compenso che non deve essere superiore ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, cui aggiungere l’ulteriore decurtazione di cui all’art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002, senza che si possa ritenere che siffatta modalità di liquidazione costituisca violazione del minimo tariffario, da un lato in quanto si tratta di disposizione speciale, applicabile soltanto alle liquidazioni del compenso previsto per il difensore di ufficio dell’imputato irreperibile, e dall’altro lato in quanto, per detta specifica ipotesi, si ravvisano le medesime esigenze di contemperamento tra la tutela dell’interesse generale alla difesa del non abbiente ed il diritto dell’avvocato ad un compenso equo (Cassazione civile sez. II, 14/02/2024, n.4048; Cassazione civile sez. VI-2, 14/02/2022, n.4759).
Come ben chiarito da Cassazione civile sez. VI-2, 02/12/2019, n.31404, in tema di patrocinio a spese dello Stato, la disposizione di cui all’art. 82 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, va interpretata nel senso che la media dei valori tariffari funge da limite massimo e non nel senso che la liquidazione debba avvenire necessariamente secondo la media delle tariffe, potendo il compenso essere liquidato anche in misura inferiore ad essa, purché non al di sotto delle tariffe minime ( in tal senso anche Cass. n. 22257 del 2022; Cass. n. 4759/2022; Cass. n. 31404/2019; Cass. n. 26643/2011).
Sul compenso determinato anche nei valori minimi, la successiva applicazione della ulteriore decurtazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 106-bis, non costituisce violazione del minimo tariffario: la norma costituisce disposizione speciale, applicabile alle liquidazioni del compenso previsto per il difensore di ufficio dell’imputato irreperibile, per le quali sussistono le medesime esigenze di contemperamento tra la tutela dell’interesse generale alla difesa del
non abbiente ed il diritto dell’avvocato ad un compenso equo, che avevano condotto questa Corte a ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130 in tema di gratuito patrocinio (Cass. n. 9808/2013 e Corte cost. n. 350/2005, Corte cost. nn. 201/2006 e 270/2012)
La Corte d’appello di Bologna ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto sopra richiamati, applicando sui valori minimi della tariffa la riduzione di un terzo ai sensi dell’art. 106 bis DPR n.115 del 2002.
La Corte ha, invece, errato nell’aver omesso di liquidare al ricorrente le spese esenti, nella misura di € 13,25, spese che erano state documentate nell’ambito del giudizio di opposizione e che sono state allegate al ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n.6 c.p.c. (€ 3,84 per manca da bollo, € 6,50 per spese lettera raccomandata ed € 2,91 per marca per copia estratto della sentenza).
Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4 c.p.c., la nullità per omessa motivazione in quanto, trattandosi di provvedimento decisorio emesso nella forma di ordinanza, la Corte d’appello non avrebbe rispettato il minimum costituzionale della motivazione per giustificare, nella liquidazione degli onorari, la decisione di fare applicazione dei valori minimi tabellari anziché di quelli medi.
Il motivo è infondato.
Per effetto dell’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il controllo sulla motivazione è ridotto al “minimo costituzionale” ed è denunciabile in cassazione solo la violazione di legge costituzionalmente rilevante, attinente all’esistenza della motivazione in sé, ipotesi che si configura in caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”,
“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione stessa (Cass. n. 7090/2022; Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 16502/2017; Cass., Sez. Un., n. 8053/2014).
Nel caso in esame è stato assolto l’obbligo di motivazione sia riguardo alla liquidazione delle singole fasi, sia riguardo all’applicazione dei minimi tabellari, giustificata dalla circostanza che la declaratoria di intervenuta prescrizione non ha consentito una verifica sulla fondatezza del ricorso.
Le ulteriori doglianze attengono all’appezzamento in ordine al pregio ed all’attività svolta dal difensore che sono affidati al giudice di merito e sono insindacabili in questa sede.
Con il terzo motivo di ricorso è lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., dell’art. 13, 6° comma della L. 31/12/2012 n. 247 e dell’art. 4, 1° e 5° commi, del D.M. 10/3/2014 n. 55 come modificato dal D.M. 8/3/2018 n. 37 e della tabella n. 12 relativa ai giudizi dinanzi alla Corte d’Appello allegata al D.M. n.55/2014, in relazione all’art. 360, 1° comma n. 3 c.p.c., per avere il giudice di secondo grado liquidato gli onorari in forma omnicomprensiva anziché per fasi processuali e, comunque, aver applicato i parametri minimi con decurtazione superiore a quella consentita dall’art. 12 del D.M. n. 55/2012, con ciò ledendo il decoro professionale e i principi di cui all’art. 2233 c.c.
Il motivo è infondato in quanto il ricorrente lamenta la valutazione omnicomprensiva delle spese di lite in suo favore senza dolersi della violazione del minimo tariffario.
Come affermato da questa Corte, non è ammissibile il motivo con il quale il ricorrente lamenti che il giudice abbia liquidato in maniera
onnicomprensiva il compenso per onorari – ove, ratione temporis , non trovi più vigenza la categoria dei “diritti” -, senza dolersi della violazione della tariffa, nel massimo o nel minimo, spiegandone le ragioni, e senza, infine, dolersi della mancata distinzione fra compensi e rimborso di esborsi (Cassazione civile sez. II, 30/04/2024, n. 11657).
In definitiva il primo motivo di ricorso deve essere accolto per quanto di ragione e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, riconoscendo al ricorrente la somma di € 13, 25 a titolo di spese esenti.
La statuizione sulle spese di lite del giudizio di opposizione va confermata e, considerata la reciproca soccombenza delle parti, le spese del giudizio di legittimità vanno interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso per quanto di ragione, rigettati i restanti motivi;
decidendo nel merito, ad integrazione del dispositivo e della motivazione, condanna il controricorrente al pagamento della somma di € 13, 25 a titolo di spese esenti.
Conferma la statuizione sulle spese di lite del giudizio di opposizione e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, in data 19 novembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME