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Compenso difensore d’ufficio: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha stabilito che per il calcolo del compenso difensore d’ufficio di un imputato irreperibile, è corretto partire dai valori minimi tariffari e applicare l’ulteriore riduzione prevista dalla legge, senza violare il minimo tariffario. Tuttavia, ha chiarito che le spese esenti, se documentate, devono sempre essere rimborsate. La Corte ha parzialmente accolto il ricorso di un avvocato, condannando il Ministero della Giustizia al pagamento delle sole spese vive non liquidate in precedenza.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso difensore d’ufficio: la Cassazione fa chiarezza su minimi e spese

La determinazione del corretto compenso difensore d’ufficio rappresenta una questione di primaria importanza per la professione forense, specialmente quando si tratta di assistere un imputato irreperibile. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per delineare con precisione i criteri di liquidazione, bilanciando l’equo compenso dell’avvocato con le esigenze di finanza pubblica. La decisione chiarisce il rapporto tra valori minimi, medi e la specifica decurtazione prevista dalla legge, oltre a ribadire un principio fondamentale sul rimborso delle spese vive.

I Fatti di Causa

Un avvocato, nominato difensore d’ufficio in un procedimento penale dinanzi alla Corte di Cassazione, si opponeva al decreto di liquidazione del suo compenso emesso dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva liquidato una somma complessiva di € 1.140,00, oltre accessori, partendo dai valori minimi delle tariffe professionali e applicando poi la riduzione prevista dall’art. 106-bis del D.P.R. 115/2002.

Il legale ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando tre violazioni principali:
1. Errata applicazione dei parametri: La Corte d’Appello avrebbe dovuto utilizzare i valori medi della tariffa come base di calcolo, non quelli minimi, tenendo conto dell’impegno profuso e dell’esito favorevole del giudizio (estinzione di reati per prescrizione). Inoltre, non erano state liquidate le spese esenti documentate.
2. Omessa motivazione: Il provvedimento impugnato non avrebbe giustificato adeguatamente la scelta di applicare i valori minimi anziché quelli medi.
3. Violazione dei principi di liquidazione: La liquidazione era stata effettuata in modo onnicomprensivo, senza distinguere le varie fasi processuali, e con una decurtazione superiore a quella consentita, ledendo il decoro professionale.

La Decisione della Corte e il calcolo del compenso difensore d’ufficio

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il primo motivo di ricorso, rigettando gli altri. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di compenso difensore d’ufficio per imputati irreperibili.

Applicazione dei Minimi Tariffari e Riduzione

La Suprema Corte ha confermato la correttezza dell’operato della Corte d’Appello nell’utilizzare i valori minimi come base di calcolo. Ha ribadito che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, il compenso per il difensore di un imputato irreperibile non deve superare i valori medi. Questo significa che i valori medi fungono da limite massimo, ma il giudice può legittimamente liquidare un compenso inferiore, purché non al di sotto dei minimi.

Su tale importo, determinato anche sulla base dei minimi, si applica poi la successiva decurtazione prevista dall’art. 106-bis del D.P.R. 115/2002. Questa operazione, secondo la Corte, non costituisce una violazione del minimo tariffario, in quanto si tratta di una disposizione speciale che contempera l’interesse generale alla difesa del non abbiente con il diritto dell’avvocato a un compenso equo.

Omessa Liquidazione delle Spese Esenti

L’unico punto in cui la Cassazione ha ravvisato un errore è stata la mancata liquidazione delle spese esenti, per un importo di € 13,25. Queste spese (marche da bollo, raccomandate, etc.), essendo state regolarmente documentate dal difensore, dovevano essere rimborsate. La Corte ha quindi accolto il ricorso su questo specifico punto e, decidendo nel merito, ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento di tale somma.

Rigetto degli Altri Motivi di Ricorso

Il secondo motivo, relativo alla presunta carenza di motivazione, è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha considerato sufficiente la giustificazione della Corte d’Appello, che aveva legato l’uso dei minimi alla circostanza che l’esito per prescrizione non aveva permesso una valutazione approfondita nel merito della difesa.
Anche il terzo motivo è stato respinto, poiché il ricorrente si era lamentato di una valutazione onnicomprensiva senza però contestare specificamente la violazione del minimo tariffario.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Suprema Corte si radicano nella necessità di bilanciare due diritti fondamentali: il diritto alla difesa, garantito anche a chi è irreperibile attraverso la nomina di un difensore d’ufficio, e il diritto dell’avvocato a ricevere un compenso giusto per il lavoro svolto. La normativa speciale, come interpretata dalla giurisprudenza consolidata, prevede un meccanismo che parte dai parametri forensi (con facoltà di scendere fino ai minimi) e applica un’ulteriore riduzione specifica per i casi di patrocinio a spese dello Stato. Questo sistema è ritenuto costituzionalmente legittimo. La Corte ha però voluto sottolineare un punto cruciale: il rimborso delle spese vive, documentate e non imponibili, è un diritto distinto dall’onorario e non può essere omesso. Queste spese rappresentano un esborso diretto del professionista che deve essere sempre ristorato.

Conclusioni

La pronuncia della Corte di Cassazione offre importanti indicazioni pratiche. Per gli avvocati che svolgono la funzione di difensore d’ufficio per imputati irreperibili, è chiaro che la liquidazione del compenso partirà, con alta probabilità, dai valori minimi, a cui seguirà l’ulteriore decurtazione di legge. Tuttavia, è fondamentale documentare meticolosamente tutte le spese esenti sostenute, in quanto il loro rimborso è un diritto che, se negato, può essere validamente fatto valere in sede di impugnazione. La sentenza ribadisce che, sebbene il compenso possa essere ridotto per contemperare esigenze di finanza pubblica, le spese vive anticipate dal legale devono essere integralmente restituite.

Come viene calcolato il compenso per il difensore d’ufficio di un imputato irreperibile?
Secondo la Corte, il giudice può liquidare il compenso partendo dai valori minimi delle tariffe professionali. A questa somma va poi applicata l’ulteriore riduzione prevista dall’art. 106-bis del D.P.R. 115/2002. I valori medi della tariffa fungono da limite massimo, non da base di calcolo obbligatoria.

La liquidazione di un compenso inferiore ai minimi tariffari è legittima in questo caso?
No. La liquidazione deve essere calcolata partendo da un valore non inferiore ai minimi. La successiva riduzione prevista dalla legge speciale (art. 106-bis) è un’operazione distinta che non costituisce una violazione del minimo tariffario, in quanto risponde a specifiche esigenze di contemperamento tra diritto alla difesa e finanza pubblica.

Le spese vive sostenute dall’avvocato devono sempre essere rimborsate?
Sì. La Corte ha stabilito che le spese esenti (come marche da bollo o costi di notifica), se regolarmente documentate dal difensore, devono essere liquidate e rimborsate. L’omessa liquidazione di tali spese costituisce un errore che giustifica l’accoglimento del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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