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Compenso difensore d’ufficio: assistito irreperibile?

Un avvocato si è visto negare il compenso come difensore d’ufficio poiché i giudici di merito ritenevano non avesse provato a sufficienza l’irreperibilità del suo assistito. La Corte di Cassazione, prima di decidere nel merito la questione del compenso difensore d’ufficio, ha rilevato un vizio di notifica e ha ordinato la sua rinnovazione, rinviando la causa a nuovo ruolo.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Difensore d’Ufficio: La Prova dell’Irreperibilità dell’Assistito

Ottenere il giusto compenso come difensore d’ufficio rappresenta spesso una sfida, specialmente quando l’assistito si rende irreperibile. La questione centrale diventa: quali prove deve fornire l’avvocato per dimostrare di aver fatto tutto il possibile per rintracciare il cliente prima di chiedere il pagamento allo Stato? Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto procedurale cruciale, rinviando la decisione sul merito ma offrendo spunti importanti.

I Fatti del Caso

Un avvocato aveva svolto l’incarico di difensore d’ufficio per un cittadino straniero, privo di documenti e senza fissa dimora, in un procedimento penale. Al termine del suo mandato, il legale presentava istanza per la liquidazione del proprio compenso.

La richiesta veniva rigettata sia dal giudice penale che, in sede di opposizione, dal Tribunale Civile. La motivazione di entrambi i dinieghi era simile: l’avvocato non aveva sufficientemente dimostrato l’irreperibilità di fatto del proprio assistito. Secondo i giudici, il legale avrebbe dovuto compiere ulteriori ricerche, come verificare un suo eventuale stato di detenzione o tentare una notifica presso un centro di accoglienza dove l’assistito risultava formalmente domiciliato, anche se il legale sosteneva, con prove documentali, che tale domiciliazione non fosse mai stata effettiva.

La Decisione della Cassazione e il Compimento di un Atto Procedurale

L’avvocato, ritenendo ingiusta la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che il Tribunale avesse ignorato le prove fornite, tra cui i verbali d’udienza che attestavano lo stato di libertà del suo assistito e documenti che smentivano la sua presenza presso il centro di accoglienza.

La Suprema Corte, con la presente ordinanza, non è entrata nel merito della questione. Ha invece rilevato un vizio di natura procedurale: il ricorso era stato notificato all’Avvocatura Distrettuale dello Stato anziché all’Avvocatura Generale, unico organo legittimato a rappresentare il Ministero della Giustizia in quella sede. Anziché dichiarare inammissibile il ricorso, la Corte ha disposto un rinvio a nuovo ruolo, ordinando al legale di rinnovare la notifica all’indirizzo corretto entro un termine stabilito.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio della ragionevole durata del processo e sulla sanabilità dei vizi procedurali. Citando un precedente delle Sezioni Unite, i giudici hanno affermato che un errore nella notifica all’Avvocatura dello Stato, quando non vi è incertezza sull’ente che si intende convenire in giudizio, costituisce una nullità sanabile e non un motivo di inammissibilità.

Una decisione contraria, che avrebbe chiuso il processo per un mero errore formale, sarebbe stata in contrasto con il principio di economia processuale e di effettività della tutela giurisdizionale. La Corte ha quindi privilegiato la sostanza sulla forma, consentendo al ricorrente di correggere l’errore per poter poi discutere nel merito il suo diritto a ottenere il compenso come difensore d’ufficio.

Le Conclusioni

Sebbene questa ordinanza abbia una natura prettamente processuale, essa offre due importanti indicazioni. La prima è un monito sulla precisione necessaria nel compimento degli atti giudiziari: un errore di notifica, sebbene in questo caso sanabile, può causare ritardi significativi. La seconda, più sostanziale, è che la questione sulla prova dell’irreperibilità dell’assistito ai fini del compenso è tutt’altro che scontata. La causa proseguirà e sarà interessante scoprire quale sarà il verdetto finale della Cassazione su quali e quanti oneri probatori gravino sull’avvocato per dimostrare di aver diritto al pagamento da parte dello Stato quando il proprio assistito svanisce nel nulla.

A chi deve essere notificato un ricorso in Cassazione contro il Ministero della Giustizia?
Secondo l’ordinanza, l’atto deve essere notificato all’Avvocatura Generale dello Stato e non all’Avvocatura Distrettuale, poiché solo la prima è legittimata a rappresentare l’amministrazione statale davanti alla Suprema Corte.

Un errore nella notifica all’Avvocatura dello Stato comporta sempre l’inammissibilità del ricorso?
No. La Corte ha stabilito che, in linea con un orientamento consolidato, un errore di questo tipo costituisce una nullità sanabile. Pertanto, al ricorrente può essere concesso un termine per rinnovare la notifica in modo corretto, al fine di garantire la ragionevole durata del processo.

La Corte ha deciso quali prove sono necessarie per dimostrare l’irreperibilità di un assistito?
No, questa ordinanza non decide la questione nel merito. Essendo un provvedimento interlocutorio, si è limitata a risolvere un problema procedurale (il vizio di notifica), rinviando la discussione sul tema della prova dell’irreperibilità a un’udienza successiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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