Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6444 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6444 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22129/2022 R.G. proposto da: NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente – contro
NOME COGNOMECODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura speciale allegata al controricorso; elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo st udio dell’Avv. NOME COGNOME – controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste n. 83/2022, depositata l’11 /03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2024 dal dott. NOME COGNOME
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. C’Era l’RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi, semplicemente la ‘ cooperativa ‘ ), conduttrice di un immobile che era stato interessato da un incendio in data 26/06/2003, conferì all’ing. NOME COGNOME l’incarico di stimare i danni e quantificare l’indennizzo cui la società aveva diritto in forza di due polizze assicurative stipulate con RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta, a seguito di diversi passaggi, Unipolsai). Il contratto (datato 4/8/2003) prevedeva un compenso pari al 5% dell’indennizzo che la compagnia assicuratrice avrebbe versato alla cooperativa, in ciò uniformandosi alle condizioni della polizza (che estendeva la copertura assicurativa, per l’appunto, al compenso che l’assicurata avrebbe corrisposto al proprio perito nonché a una parte del compenso che sarebbe spettato al terzo perito del nominando collegio peritale -, entro il limite del 5% dell’indennizzo liquidato). L’ing. COGNOME partecipò, quindi, al collegio peritale il quale, ai termini di polizza, pervenne a una stima dei danni, consacrata in un verbale finale che egli non sottoscrisse, trovatosi in disaccordo con gli altri due componenti. L’indennizzo previsto dal contratto di assicurazione venne corrisposto, peraltro, non già alla cooperativa assicurata, ma direttamente al proprietario dell’immobile danneggiato, in esecuzione della sentenza emessa nell’ambito di un giudizio in cui la cooperativa convenuta aveva chiamato in causa la propria assicurazione.
L’ing. COGNOME agì, quindi, in giudizio, contro la cooperativa (e contro il liquidatore dr. COGNOME ex artt. 2489 e 2476, comma 6, c.c.) per ottenere il compenso pattuito, vedendosi accogliere la domanda dal Tribunale di Trieste, che condannò il COGNOME a pagargli la somma di € 9.379,58, corrispondente al 5% degli indennizzi quantificati all’esito della procedura peritale.
La Corte d’appello di Trieste confermò, sul punto, la sentenza di primo grado, osservando come ‘i riferimenti contenuti nel contratto del 4.8.2003 e nel successivo incarico del 10.10.2003 all’indennizzo ‘corrisposto’ ed a quello ‘liquidato a termini di polizza’, lungi dal condizionare l’insorgenza del diritto al compenso alla stregua del mancato conseguimento di un ‘risultato’, ritenersi finalizzati unicamente a stabilire un criterio per la quantificazione dell’onorario dovuto al perito estimatore, essendo quindi ininfluente che l’indennizzo assicurativo poi stato o meno corrisposto nell’ambito della procedura stragiudiziale’ (pag. 7 del la sentenza impugnata). Venne accolto, invece, il secondo motivo d’appello del COGNOME, con conseguente limitazione della sua condanna alla parte di corrispettivo relativa al pagamento dell’ing. COGNOME (e con esclusione, dunque, di quella -pur compresa, come detto, nel menzionato 5% – idealmente destinata al pagamento del terzo perito del collegio).
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di un unico motivo. NOME COGNOME ha depositato controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
2. Con l’unico motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1369 e 2233 c.c.. Alla stregua del l’interpretazione letterale del contratto di prestazione d’opera professionale del 4 agosto 2003 , l’ing. COGNOME avrebbe avuto diritto al compenso solo all’esito del raggiungimento del risultato, rappresentato dall’ottenimento dell’indennizzo in favore della cooperativa all’esito del procedimento stragiudiziale di stima dei danni; non essendo ciò avvenuto (in quanto l’indennizzo era stato disposto direttamente in favore del proprietario, a seguito del giudizio), il credito azionato in giudizio dal professionista non sussisteva. Secondo il ricorrente, l’unica interpretazione possibile della proposizione che commisurava il compenso al ‘5% dell’importo d’indennizzo netto che sarà corrisposto dalle Assicuratrici’ (contenuta nel contratto del 4.8.2003) è quella che subordinava la
corresponsione del corrispettivo all’effettivo conseguimento del suddetto indennizzo da parte dell’assicurata. Né si potrebbe far riferimento al successivo conferimento dell’incarico all’ing . COGNOME nell’ambito del collegio peritale, non recando quest’ultimo alcuna menzione del pagamento di un corrispettivo, per il quale, quindi, non ci si poteva che rifare al più volte citato incarico del 4 agosto 2003. Secondo il controricorrente, invece, dal testo contrattuale non può trarsi la qualificazione della prestazione del professionista in termini di obbligazione di risultato, essendo stata commissionata all’ ing. Loro unicamente la stima dei danni . Il riferimento all’indennizzo, quindi, lungi dall’istituire un nesso di strumentalità tra l’attività del perito e l’ottenimento dello stesso (nesso neppure astrattamente ipotizzabile, siccome del tutto estraneo alla sfera delle competenze professionali del perito e dipendente dalla condotta di soggetti terzi), aveva ‘l’unico scopo di indicare il parametro di riferimento assunto per la determinazione del quantum del compenso, che in tal modo veniva correlato al valore e alla complessità dell’opera professionale’ (pag. 14 del controricorso).
3. Il ricorso è infondato.
È opportuno premettere che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte , ‘ posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione
dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata ‘ (Cass., n. 9461/2021 ).
Il fulcro delle censure agitate nel ricorso risiede nella sufficienza del criterio di interpretazione letterale ad esprimere univocamente (il ricorrente parla di ‘unica interpretazione letterale possibile’) il contenuto del contratto del 4.8.2003 (segnatamente, sotto il profilo della determinazione del compenso spettante all’odierno controricorrente), in ossequio al principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ‘n ell’interpretazione del contratto, il primo strumento da utilizzare è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate, mentre soltanto se esso risulti ambiguo può farsi ricorso ai canoni strettamente interpretativi contemplati dall’art. 1362 all’art. 1365 c.c. e, in caso di loro insufficienza, a quelli interpretativi integrativi previsti dall’art. 1366 c.c. all’art. 1371 c.c. ‘ (Cass., n. 33451/2021; si veda anche Cass., n. 5595/2014, alla cui stregua, ‘ in tema di interpretazione dei contratti, è prioritario il canone fondato sul significato letterale delle parole, di cui all’art. 1362, primo comma, cod. civ., sicché, quando esso risulti sufficiente, l’operazione ermeneutica deve ritenersi utilmente, quanto definitivamente, conclusa ‘).
Orbene, il passaggio rilevante del contratto in discorso (testualmente riportato a pag. 7 del ricorso per cassazione) recita: ‘Per il presente incarico Le verrà riconosciuto un compenso del 5 (cinque) % dell’importo dell’indennizzo netto che sarà corrisposto dalle Assicuratrici, ogni suo avere compreso, oneri fiscali e previdenziali esclusi’. La Corte d’appello di Trieste, nella sentenza in questa sede impugnata, ha opinato che, ai fini della quantificazione del corrispettivo di un contratto sicuramente concepito come oneroso, le parti si fossero volute riferire all’indennizzo che le compagnie assicuratrici avrebbero erogato in relazione all’evento assicurato (incendio), restando sullo sfondo la natura consensuale o (come accaduto nella specie) coattiva dell’esecuzione della prestazione
assicurativa, cui pure il procedimento stragiudiziale di stima del danno era preordinato. Tale interpretazione appare senz’altro compatibile con la formulazione letterale della clausola sopra riportata, che fa generico riferimento alla corresponsione dell’ indennizzo assicurativo, senza specificare in favore di chi (se della cooperativa assicurata o direttamente dei terzi danneggiati) e in forza di quale ‘titolo’. Già in base a tale considerazione si rivela fallace l’assunto che quella patrocinata dal ricorrente sia l’unica interpretazione letterale possibile, tenuto conto che il testo è privo di qualsivoglia congiunzione ipotetica che appaia condizionare il diritto al compenso all’effettiva erogazione nei confronti della cooperativa assicurata ovvero in conseguenza dell’operato dell’ing. COGNOME (vale a dire all’esito del procedimento di liquidazione stragiudiziale, peraltro neppure contemplato nel contratto del 4.8.2003). Il riferimento all’obbligazione di risultato, d’altronde, non si attaglia in alcun modo al caso di specie, dal momento che la possibilità di ottenere l’indennizzo assicurativo esulava dal perimetro della diligenza ascrivibile all’operato del perito (ragione per la quale non sarebbe neppure possibile discorrere di condizione potestativa). In definitiva, l’impossibilità di convenire in ordine alla ‘unicità’ dell’interpretazione avallata dal ricorrente stante la astratta plausibilità dell’altra, invece, fatta propria dai giudici di secondo grado -preclude l’accoglimento del ricorso, in consonanza con i limiti intrinseci del giudizio di legittimità, tenuto conto che ‘l ‘interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità
del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass., n. 11254/2018; analogamente, Cass., n. 18214/2024).
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in € 2.200,00 (di cui € 200,00 per esborsi), oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza sezione