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Compenso del mandatario: spetta dopo la morte?

Un professionista, agendo come mandatario, ha richiesto il pagamento per i suoi servizi agli eredi della sua cliente deceduta. Il compenso era una percentuale di un risarcimento che il professionista aveva contribuito a ottenere. La Corte d’Appello aveva negato la richiesta, sostenendo che il mandato si fosse estinto con la morte della cliente prima che il risarcimento venisse liquidato. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, chiarendo che il diritto al compenso del mandatario sorge con l’attività svolta durante la vita del cliente. La liquidazione del risarcimento era solo una condizione per l’esigibilità del compenso, non per la sua esistenza. Di conseguenza, l’obbligo di pagamento è passato agli eredi.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso del Mandatario: Spetta Anche se il Cliente Muore? La Cassazione Chiarisce

Il rapporto tra un professionista e il suo cliente, basato su un contratto di mandato, solleva spesso questioni complesse, specialmente quando eventi imprevisti come il decesso del cliente intervengono prima della conclusione dell’affare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale: cosa succede al compenso del mandatario se il mandante muore prima che il risultato pattuito sia stato formalmente liquidato? La risposta della Suprema Corte è chiara e tutela l’attività svolta dal professionista.

I Fatti del Caso

Un professionista, titolare di una ditta individuale, aveva ricevuto un mandato da una cliente per assisterla nell’ottenere un risarcimento per danni subiti a causa di un errore medico. L’accordo prevedeva un compenso per il professionista pari al 30% della somma che sarebbe stata liquidata. Purtroppo, la cliente decedeva prima che il risarcimento venisse effettivamente incassato, ma dopo che l’attività del professionista era stata in gran parte completata. Successivamente, gli eredi della signora concludevano una transazione con la struttura ospedaliera, incassando il risarcimento.

Il professionista, ritenendo di aver maturato il diritto al suo compenso, citava in giudizio gli eredi per ottenere il pagamento della percentuale pattuita. Gli eredi si opponevano, sollevando diverse eccezioni, tra cui la presunta estinzione del mandato per morte della mandante.

La Decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva dato ragione agli eredi. Secondo i giudici, il diritto al compenso non era mai sorto perché il mandato si era estinto con la morte della cliente. La liquidazione del risarcimento, avvenuta solo dopo il decesso, era stata interpretata come il momento in cui il diritto al compenso sarebbe dovuto nascere. Poiché a quella data il contratto non era più in essere, nessun credito poteva essere preteso dal mandatario.

Analisi del Compenso del Mandatario e della Clausola Contrattuale

La Corte d’Appello aveva basato la sua interpretazione sulla formulazione letterale di una clausola contrattuale, che utilizzava un verbo al futuro per descrivere il pagamento. Questo, secondo i giudici, condizionava non solo l’esigibilità, ma la stessa esistenza del diritto al compenso, al verificarsi della liquidazione. Inoltre, la Corte aveva escluso che si trattasse di un mandato in rem propriam, ovvero conferito anche nell’interesse del mandatario, che non si sarebbe estinto con la morte del mandante.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente questa visione, accogliendo il ricorso del professionista. La Suprema Corte ha chiarito un principio fondamentale di diritto contrattuale: è necessario distinguere tra il momento in cui un diritto sorge e il momento in cui esso diventa esigibile.

Nel caso specifico, il diritto del professionista al compenso è sorto progressivamente con lo svolgimento della sua attività in esecuzione del mandato, quando la sua cliente era ancora in vita. L’attività era stata svolta e aveva prodotto il risultato desiderato. La clausola che legava il pagamento alla liquidazione del risarcimento non determinava la nascita del diritto, ma ne condizionava solo l’esigibilità. Si trattava, in termini giuridici, di una condizione sospensiva che non incideva sull’esistenza del diritto di credito, ma solo sulla possibilità di pretenderne il pagamento.

Di conseguenza, al momento della morte della mandante, il diritto al compenso, sebbene non ancora esigibile, era già entrato a far parte del patrimonio del professionista, mentre l’obbligazione di pagarlo era già presente nel patrimonio della mandante. Con la successione, tale obbligazione si è semplicemente trasferita agli eredi, i quali, una volta incassato il risarcimento (avveramento della condizione), sono diventati debitori della somma pattuita.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un’importante tutela ai professionisti che operano sulla base di un mandato con compenso legato al risultato. Stabilisce che l’attività svolta in vita del mandante genera un diritto al credito che non viene meno con il decesso di quest’ultimo. L’obbligo di pagamento si trasmette agli eredi e diventa esigibile nel momento in cui si verifica la condizione pattuita, come l’effettiva liquidazione di una somma. Si riafferma così il principio che il lavoro prestato e che ha contribuito a un risultato utile deve essere retribuito, indipendentemente dalle vicende personali del cliente.

Il diritto al compenso del mandatario si estingue con la morte del mandante se il risultato non è ancora stato liquidato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto al compenso sorge dall’attività svolta in esecuzione del mandato quando il mandante era in vita. Il fatto che la liquidazione (e quindi l’esigibilità del pagamento) avvenga dopo la morte non estingue il diritto, che si trasferisce come debito agli eredi.

Quando un mandato può essere considerato “in rem propriam” e quindi non estinguersi con la morte del mandante?
Un mandato è “in rem propriam” quando è conferito anche per soddisfare un interesse giuridico specifico del mandatario, preesistente o costituito con il mandato stesso, che va oltre il semplice interesse a ricevere il compenso. Nel caso esaminato, la Corte ha escluso questa fattispecie perché l’unico interesse del mandatario era la percezione del corrispettivo, che includeva anche il rimborso delle spese.

La clausola che lega il pagamento del compenso all’effettiva liquidazione di una somma è una condizione che determina la nascita del diritto o solo la sua esigibilità?
Secondo l’ordinanza, tale clausola va interpretata come una condizione che riguarda solo l’esigibilità del credito, non la sua esistenza. Il diritto al compenso nasce con l’esecuzione della prestazione da parte del mandatario. La liquidazione della somma è solo l’evento che rende il credito concretamente riscuotibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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