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Compenso custodia veicolo: quando si paga l’officina

La Corte di Cassazione conferma la condanna di una proprietaria a pagare il compenso per la custodia di un veicolo, anche in assenza di un prezzo pattuito. La sentenza chiarisce che se l’autofficina svolge professionalmente anche attività di autorimessa, la presunzione di gratuità del deposito viene superata. Il giudice può quindi determinare il compenso custodia veicolo secondo equità, basandosi sulla natura professionale del servizio offerto.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso per la Custodia di un Veicolo: La Cassazione Chiarisce Quando è Dovuto

Quando si lascia un’auto in un’officina, ci si aspetta che venga custodita adeguatamente. Ma cosa succede se il veicolo rimane fermo per un lungo periodo? È dovuto un compenso custodia veicolo anche se non era stato esplicitamente pattuito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, stabilendo principi chiari sulla natura onerosa del deposito professionale e sui criteri per determinarne il costo.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di pagamento di un’autofficina nei confronti della proprietaria di un’autovettura, rimasta in custodia per circa due anni dopo essere andata distrutta in un incendio. La proprietaria si opponeva, sostenendo che il rapporto contrattuale fosse intercorso con la figlia, utilizzatrice del mezzo, e che la pretesa fosse ormai prescritta. Il Tribunale, pur revocando il decreto ingiuntivo iniziale per un importo maggiore, condannava la proprietaria al pagamento di una somma ridotta, determinata secondo equità, non essendoci prova di un accordo sul prezzo. La decisione veniva confermata in Appello. La proprietaria decideva quindi di ricorrere alla Corte di Cassazione.

Il Compenso Custodia Veicolo e la Presunzione di Gratuità

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava l’applicazione dell’art. 1767 del Codice Civile, che presume la gratuità del contratto di deposito. La ricorrente sosteneva che l’attività dell’officina fosse primariamente di riparazione, e che la custodia fosse solo un’attività accessoria, quindi gratuita. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, valorizzando quanto accertato dai giudici di merito: l’autofficina svolgeva professionalmente anche un’attività di “autorimessa a cielo aperto”. Questa qualifica professionale è sufficiente a superare la presunzione di gratuità, rendendo il deposito un servizio oneroso per sua natura. La Corte ha precisato che la presunzione di gratuità viene meno quando il depositario è un professionista del settore.

La Determinazione del Corrispettivo in Assenza di Accordo

Un altro motivo di doglianza era relativo alla determinazione del corrispettivo. In assenza di un prezzo pattuito, i giudici di merito avevano fatto ricorso agli usi e all’equità, come previsto dall’art. 1374 del Codice Civile. La ricorrente lamentava che non si fosse tenuto conto dei principi di tutela del consumatore. La Cassazione ha ritenuto infondato anche questo motivo, spiegando che l’equità integrativa è uno strumento flessibile che consente al giudice di adattare la norma al caso concreto, assicurando che il contratto svolga la sua funzione. Questo criterio, secondo la Corte, è idoneo a rispondere anche alle esigenze di tutela del consumatore, permettendo una valutazione che tenga conto della condizione soggettiva delle parti.

L’Accertamento della Titolarità del Rapporto Contrattuale

Infine, la ricorrente insisteva nel negare di essere la parte contrattuale, attribuendo tale ruolo alla figlia. La Corte ha dichiarato inammissibili questi motivi, ribadendo un principio fondamentale del giudizio di legittimità: la Cassazione non può riesaminare i fatti o rivalutare le prove. L’identificazione della proprietaria come parte contrattuale era il risultato di una valutazione probatoria operata dai giudici di merito (basata, tra l’altro, su un’offerta transattiva e sull’accettazione della restituzione del veicolo da parte della stessa proprietaria), che in sede di legittimità non è sindacabile se adeguatamente motivata.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso basandosi su argomentazioni solide e coerenti con i propri precedenti. In primo luogo, ha stabilito che l’accertamento del carattere professionale dell’attività di deposito svolta dall’autofficina è una valutazione di fatto, incensurabile in sede di legittimità, che giustifica il superamento della presunzione di gratuità del deposito. In secondo luogo, ha confermato che il ricorso all’equità integrativa per determinare il compenso è un potere del giudice di merito, e la ricorrente non aveva dimostrato alcuna carenza logica nel percorso valutativo seguito. Infine, i motivi relativi all’identificazione del soggetto obbligato sono stati giudicati inammissibili perché si traducevano in una richiesta di riesame del merito della causa, preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione del diritto, non ricostruire i fatti.

Conclusioni

L’ordinanza offre importanti spunti sia per gli operatori del settore sia per gli automobilisti. Insegna che quando un’autofficina offre anche servizi di custodia in modo professionale, tale servizio si presume a pagamento. Se il prezzo non è concordato, non significa che nulla sia dovuto: un giudice potrà stabilirlo secondo equità. La decisione ribadisce inoltre i limiti del giudizio in Cassazione, sottolineando che le valutazioni sulle prove e sui fatti, se motivate in modo logico e coerente, non possono essere rimesse in discussione.

La custodia di un veicolo presso un’autofficina è sempre gratuita se non è previsto un compenso?
No. Secondo la Corte, se l’autofficina svolge professionalmente anche attività di deposito o autorimessa, la presunzione di gratuità prevista dall’art. 1767 c.c. viene superata e il servizio si considera oneroso, anche senza un accordo esplicito.

Se non c’è un accordo sul prezzo, come viene stabilito il compenso per la custodia di un veicolo?
In mancanza di un accordo tra le parti, il giudice può determinare il compenso dovuto utilizzando i criteri degli usi e dell’equità, come previsto dall’art. 1374 c.c., per integrare il contratto e stabilire un corrispettivo giusto per il servizio prestato.

Chi è considerato parte del contratto se l’utilizzatore del veicolo è diverso dal proprietario?
L’identificazione della parte contrattuale è una questione di fatto che i giudici di merito devono accertare sulla base delle prove disponibili. Nel caso specifico, elementi come un’offerta transattiva e l’accettazione della restituzione del veicolo sono stati considerati prove sufficienti a individuare la proprietaria, e non l’utilizzatrice, come soggetto obbligato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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