Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16688 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16688 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 21693 – 2024 R.G. proposto da:
MINISTERO della GIUSTIZIA -c.f. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del Ministro pro tempore , PROCURA della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di ROMA -c.f. NUMERO_DOCUMENTO rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici, in Roma, alla INDIRIZZO, domiciliano per legge.
RICORRENTI
contro
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE -p.i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
e
NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE –
INTIMATO
NOME COGNOME -c.f. CODICE_FISCALE –
INTIMATA
avverso la sentenza n. 8607 del 21.5.2014 del Tribunale di Roma emessa nel giudizio iscritto al n. 26253/2023 r.g., udita la relazione nella camera di consiglio del 30 maggio 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con decreto del 19.4.2023 il Tribunale di Roma, decima sezione penale, con riferimento al procedimento penale n. 20401/2011 r.g. dib., liquidava in favore della ‘NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE la somma di euro 715,35, oltre i.v.a., a titolo di compenso e spese per la custodia giudiziaria, dal 6.2.2008 al 3.11.2022, di merci varie sottoposte a sequestro.
La ‘NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione.
Si costituivano il Ministero della Giustizia e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma.
Instavano per la declaratoria di inammissibilità ovvero per il rigetto dell’avversa opposizione; in via di opposizione incidentale, in riforma dell’opposto decreto, perchè si accertasse e dichiarasse che nulla era dovuto a controparte e, in via gradata, perché si facesse luogo alla riduzione dell’importo accordato.
Si costituiva NOME COGNOME.
Instava per il rigetto del ricorso.
Non si costituiva NOME COGNOME.
Con sentenza in data 21.5.2024 il Tribunale di Roma accoglieva l’opposizione della ‘NOME COGNOME‘ e liquidava in favore della medesima s.r.l. la somma di euro 7.348,40 a titolo di compensi e di euro 23,75 a titolo di rimborso delle spese per il trasporto; dichiarava inammissibile l’opposizione incidentale;
condannava in solido le parti opposte costituite alle spese del giudizio di opposizione.
Evidenziava il Tribunale di Roma che risultava documentato, oltre che fuor di contestazione, che all’opponente principale erano stati in data 6.2.2008 affidati in custodia materiali automobilistici vari, aventi un ingombro di circa 1,5 metri cubi, e che la custodia in area coperta chiusa si era protratta sino al 3.11.2022, data in cui era stato alla ‘NOME COGNOME‘ notificato il decreto di distruzione del materiale sequestrato (cfr. sentenza impugnata, pag. 3) .
Evidenziava altresì che l’opponente principale all’uopo onerata aveva dato prova del valore di uso locale delle tariffe dell’Agenzia del Demanio (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) .
Evidenziava dunque, su tale scorta, che non era corretta la quantificazione dell’indennità e di custodia e di trasporto dapprima operata, da rideterminare nei maggiori importi, rispettivamente, di euro 7.348,40 e di euro 23,75 (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) .
Evidenziava d’altro canto il tribunale, in ordine alla domanda riconvenzionale, recte all’opposizione incidentale, con cui il Ministero aveva chiesto il disconoscimento e comunque la riduzione dell’indennità in precedenza liquidata, che la medesima impugnazione incidentale doveva reputarsi inammissibile siccome tardivamente proposta (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) .
Evidenziava segnatamente che l’interesse alla proposizione dell’impugnazione incidentale non poteva reputarsi insorto in dipendenza della proposizione dell’impugnazione principale ed ulteriormente che il decreto opposto era stato comunicato in data 19.4.2023 e che la memoria di costituzione era stata dal Ministero depositata in data 10.11.2023 (cfr. sentenza impugnata, pag. 4) .
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso il Ministero della Giustizia e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma; ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
La ‘NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ.
Premettono che il primo giudice aveva reputato prescritto, così come è reso evidente dal riferimento alla pronuncia delle sezioni unite penali della Corte di cassazione n. 25161 del 2.7.2002, il diritto all’indennità in relazione al periodo compreso tra il 6.2.2008 ed il 4.11.2012, benché non avesse espressamente indicato e quantificato la correlata decurtazione (cfr. ricorso, pag. 9) .
Indi deducono che controparte non ha con l’opposizione principale svolto al riguardo alcuna censura, sicché il primo dictum è sul punto della parziale prescrizione passato in giudicato (cfr. ricorso, pag. 9).
Deducono perciò che ha errato il secondo giudice a liquidare l’indennità anche per il periodo dal 6.2.2008 al 4.11.2012 (cfr. ricorso, pag. 9) .
Il primo motivo di ricorso è da respingere.
Questa Corte spiega che il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario del magistrato nel regime introdotto dall’art. 170 del d.p.r. n. 115/2002, come già nella vigenza della legge n. 319/1980, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere – dovere di verificare la correttezza della liquidazione in
base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell’istante – con il solo obbligo di non superare la somma richiesta, in applicazione del principio di cui all’art. 112 cod. proc. civ. – e di regolare le spese secondo il principio della soccombenza (cfr. Cass. (ord.) 22.1.2018, n. 1470; Cass. 19.4.2000, n. 5112, con riferimento al ricorso ex art. 11, 5° co., della legge n. 319/1980) .
In questi termini (il giudice adito ha il potere – dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell’istante ) non vi è alcun margine per la configurazione di un giudicato ‘interno’ in punto di supposta parziale prescrizione della pretesa della ‘NOME COGNOME‘. Propriamente, di un giudicato ‘interno’ correlato alla mancata proposizione di opposizione a censura dell’asserita mancata liquidazione del compenso per la frazione temporale compresa tra il 6.2.2008 ed il 4.11.2012.
E ciò viepiù che non rinviene puntuale ed univoco riscontro l’assunto delle ricorrenti secondo cui mercé il riferimento sic et simpliciter alla pronuncia delle sezioni unite penali n. 25161/2002 -‘il diritto del custode al compenso (…) è correlato ad una prestazione continuativa e matura di giorno in giorno, sicché è soggetto a prescrizione decennale decorrente da ogni singolo giorno’ – il primo giudice abbia opinato per la prescrizione per il periodo protrattosi dal 6.2.2008 al 4.11.2012.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 59, 2° e 3° co., d.P.R. n. 115/2002 e dell’art. 3 d.m. n. 265/2006.
Deducono che il Tribunale di Roma con la sentenza – in questa sede impugnata – è addivenuto ad una liquidazione errata ed eccessiva in spregio al principio di contenimento della spesa pubblica che ispira il d.P.R. n. 115/2002, tanto più che occorre evitare la liquidazione di cospicue indennità per la custodia di beni,
diversi dai veicoli e dai natanti, di scarso valore economico, che ‘richiedono un’attività di custodia decisamente meno impegnativa’ (cfr. ricorso, pag. 10) .
Deducono segnatamente che ‘le riduzioni percentuali dell’indennità di custodia in relazione allo stato di conservazione del bene debbano trovare applicazione anche alle diversi dai veicoli a motore ed i natanti (come avviene nel caso di specie, in cui si tratta di , e di parti di (moto)veicoli , (…) applicazione del principio generale che dispone l’adeguamento dell’indennità allo stato di conservazione del bene’ (così ricorso, pagg. 10 -11) .
Deducono del resto che, da un canto, il rinvio agli usi contemplato dall’art. 5 del d.m. n. 265/2006 non comporta un rinvio rigido ed esclusivo alle tariffe dell’Agenzia del Demanio applicate dal Tribunale di Roma (cfr. ricorso, pag. 11) ; che, d’altro canto, l’art. 3 del d.m. n. 265/2006 ben si presta all’applicazione analogica ‘sia perché indica mere percentuali di riduzione sia soprattutto perché tali percentuali aumentano per ciascuna ulteriore scadenza annuale -fino alla sesta -(…)’ (così ricorso, pag. 12) .
Deducono, ‘in conclusione, , oltre all’utilizzo delle tariffe dell’Agenzia del Demanio, devono trovare applicazione anche alle i criteri correttivi per le lunghe custodie previsti dal d.m. 265/2006 agli artt. 1 e 2, che, seppure dettati dall’art. 3 per la custodia dei veicoli e natanti, risultano applicabili anche nel caso di specie, trattandosi comunque di beni deteriorabili (parti di veicoli), secondo il principio dell’ analogia iuris (…)’ (così ricorso, pag. 12) .
Deducono che invece le tariffe dell’Agenzia del Demanio applicate dal Tribunale di Roma prevedono una riduzione dell’indennità solo per i giorni successivi al trentesimo e antecedenti al sessantesimo (cfr. ricorso, pag. 13) .
Il secondo motivo di ricorso del pari è da respingere.
Va premesso che non osta alla delibazione del secondo motivo di ricorso la circostanza per cui il Tribunale di Roma, con l’impugnata sentenza, ha dichiarato inammissibile la ‘domanda riconvenzionale con impugnazione incidentale del decreto opposto per l’accertamento della inapplicabilità delle tariffe dell’Agenzia del Demanio’ (così sentenza impugnata, pag. 2) esperita dal Ministero della Giustizia e dalla Procura della Repubblica.
Difatti, e il Ministero e la Procura avevano comunque in sede di opposizione concluso, ‘in subordine dichiarare inammissibile e/o improcedibile, e comunque rigettare l’avverso ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto (…); in via ulteriormente gradata, ridurre il quantum liquidato all’importo ritenuto di giustizia’ (cfr. ricorso, pag. 5, ove sono riprodotte testualmente le conclusioni rassegnate dalle parti opposte innanzi al Tribunale di Roma) .
Evidentemente rivestono valenza pur a tal specifico riguardo gli insegnamenti dapprima citati (il riferimento è a Cass. (ord.) 22.1.2018, n. 1470, e a Cass. 19.4.2000, n. 5112).
13. Su tale scorta va ribadita l’elaborazione di questo Giudice.
Ossia che, in tema di liquidazione dell’indennità spettante al custode di beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale, la determinazione dell’indennità di custodia per i beni diversi da quelli espressamente contemplati dal d.m. n. 265 del 2006 va operata, ai sensi dell’art. 5 del citato d.m. e dell’art. 58, 2° co., del d.P.R. n. 115 del 2002, sulla base degli usi locali, senza che per questi occorra verificare la ricorrenza del requisito della ‘ opinio iuris ac necessitatis ‘, ossia della convinzione, comune ai consociati, dell’obbligatorietà
dell’osservanza delle tariffe, poiché il recepimento e la legittimazione delle prassi dei corrispettivi applicati nella pratica commerciale deriva direttamente dal rinvio operato dalla disciplina legale (cfr. Cass. (ord.) 6.11.2020, n. 24933; Cass. (ord.) 6.7.2021, n. 19064) .
E, beninteso, nella specie è fuor di discussione che la custodia si è correlata ad un procedimento penale (ovvero al procedimento n. 6108/2008 R.G.P.M. e n. 20401/2011 R.G. dib.) e che, ulteriormente, si è al cospetto di ‘, e di parti di (moto)veicoli (…)’ (così ricorso, pag. 11) , quindi di beni senza dubbio diversi, qualitativamente, da quelli – veicoli a motore e natanti – espressamente contemplati dagli artt. 1 e 2 del d.m. n. 265 del 2006.
In tal guisa, di certo, non può nel caso de quo esplicar valenza l’insegnamento per cui, in tema di liquidazione dell’indennità spettante al custode di beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale, qualora il compendio sequestrato non rientri in alcuna delle categorie di beni indicati nel d.m. n. 265 del 2006, di approvazione delle tariffe, emesso in attuazione dell’art. 59 del d.P.R. n. 115 del 2002, il giudice può applicare, in via analogica, la disciplina dettata per casi analoghi, in base alla similitudine fisica dei beni, non potendo trovare applicazione l’art. 2233, 1° co., cod. civ., che si riferisce esclusivamente alle professioni intellettuali (cfr. Cass. (ord.) 21.1.2020, n. 1205) .
14. Nei termini correlati agli insegnamenti di questa Corte n. 24933/2020 e n. 19064/2021, dunque, il Tribunale di Roma in modo congruo ed ineccepibile ha dato atto – lo si è premesso che l’opponente, all’uopo onerata, aveva dato prova del valore di uso locale delle tariffe dell’Agenzia del Demanio.
Segnatamente, che la “NOME COGNOME” aveva ‘depositato una pluralità di precedenti giurisprudenziali (…) da cui risulta il riferimento alle tariffe (…) elaborate dall’Agenzia del Demanio, per la determinazione dell’indennità di custodia ai sensi dell’art. 59 del d.P.R. 115/2006’ e che in taluni di tali precedenti si dava ‘atto della (…) usuale applicazione da parte della Prefettura di Roma per la liquidazione dei compensi ai custodi di beni mobili e di veicoli oggetto di sequestro amministrativo’ (così sentenza impugnata, pag. 4) .
Nei termini correlati agli insegnamenti di questa Corte n. 24933/2020 e n. 19064/2021, dunque, invano i ricorrenti adducono che ‘nulla osta all’applicazione analogica dei criteri di riduzione dell’indennità previsti per la custodia dei veicoli a motore ed i natanti anche ad altre categorie di beni’ (così ricorso, pag. 11) .
15. In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno in solido condannati a rimborsare alla RAGIONE_SOCIALE controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va nei loro confronti assunta.
16. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r . 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r . cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna in solido i ricorrenti a rimborsare alla ‘NOME RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 1.500,00,
oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r . cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte