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Compenso custode veicoli: la Cassazione chiarisce

Una società di custodia ha citato in giudizio il Ministero per il mancato pagamento del compenso per veicoli sequestrati. La questione centrale era come calcolare il compenso custode veicoli sequestrati dopo che la legge di riferimento era stata dichiarata incostituzionale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando l’applicazione delle tariffe precedenti alla legge annullata e riconoscendo al custode il diritto a un’azione diretta per il pagamento, escludendo quella per indebito arricchimento.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Custode Veicoli Sequestrati: La Cassazione Fa Chiarezza sulle Tariffe Applicabili

Il tema del compenso custode veicoli sequestrati rappresenta una questione di notevole importanza pratica, che interseca il diritto amministrativo e quello civile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su come determinare tale compenso, specialmente quando la normativa di riferimento viene dichiarata incostituzionale. Questa decisione consolida principi fondamentali sulla retroattività delle sentenze della Corte Costituzionale e sulla tutela dei diritti del custode.

I Fatti del Caso

Una società specializzata nella rimozione e custodia di veicoli sottoposti a sequestro amministrativo ha agito in giudizio contro il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo. L’impresa lamentava di non aver ricevuto il pagamento delle indennità di custodia per numerosi veicoli, la cui cessione era avvenuta sulla base di un contratto stipulato in applicazione dell’art. 38 del d.l. n. 269/2003.

Il Percorso Giudiziario

Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato la nullità del contratto, poiché la normativa su cui si fondava (l’art. 38 d.l. 269/2003) era stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 92/2013. Di conseguenza, il Tribunale aveva condannato le Amministrazioni al pagamento di una somma calcolata secondo le tariffe previste dalla normativa precedente, ovvero il d.p.r. 571/1982.

La Corte d’Appello aveva confermato la decisione, rigettando il gravame del Ministero. I giudici di secondo grado avevano ribadito che, a seguito della declaratoria di incostituzionalità, dovevano tornare in vigore le tariffe del d.p.r. 571/1982 e che una legge successiva (L. 147/2013) non poteva essere applicata retroattivamente a un rapporto di custodia già cessato.

I Motivi del Ricorso in Cassazione e il compenso custode veicoli sequestrati

Il Ministero ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi principali:
1. Errata applicazione delle tariffe: Secondo il Ministero, la declaratoria di incostituzionalità non comportava l’automatica applicazione delle tariffe del d.p.r. 571/1982. Si sarebbe dovuta applicare, in via analogica, la normativa più recente (L. 147/2013), che prevedeva un calcolo forfettario.
2. Errata qualificazione dell’azione legale: L’Amministrazione sosteneva che, in assenza di un provvedimento formale di liquidazione, il custode avrebbe dovuto agire non per l’adempimento, ma con l’azione sussidiaria di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.).
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Il Ministero lamentava che i giudici non avessero considerato lo stato di degrado dei veicoli, che avrebbe dovuto comportare una riduzione del compenso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una motivazione chiara e dettagliata su ciascuno dei punti sollevati.

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio cardine: la dichiarazione di incostituzionalità di una norma ha efficacia ex tunc, ovvero retroattiva. La norma incostituzionale si considera come mai esistita. Di conseguenza, le situazioni giuridiche sorte sotto il suo vigore devono essere regolate dalla normativa previgente, che nel caso di specie era proprio il d.p.r. 571/1982. La legge successiva (L. 147/2013) non poteva essere applicata, poiché entrata in vigore quando il rapporto di custodia era già terminato.

In secondo luogo, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo relativo all’azione di indebito arricchimento. Richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 16555/2009), la Corte ha affermato che il custode di veicoli sottoposti a sequestro amministrativo ha sempre la facoltà di adire il giudice civile per ottenere il riconoscimento del proprio compenso, anche in assenza di un provvedimento di liquidazione da parte dell’autorità amministrativa. L’azione per il pagamento è un diritto primario, e non vi è spazio per l’azione sussidiaria di indebito arricchimento.

Infine, riguardo allo stato dei veicoli, la Corte ha ritenuto il motivo infondato. Ha osservato che la Corte d’Appello aveva correttamente valutato la questione, sottolineando che spettava all’Amministrazione provare che i veicoli fossero in buone condizioni al momento dell’affidamento per poter poi dimostrare una custodia negligente. Tale prova non era stata fornita. Il verbale dell’ASL, inoltre, era stato giustamente ritenuto irrilevante perché non riferibile ai mezzi oggetto di causa.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione consolida la tutela del custode giudiziario, garantendo certezza giuridica sul calcolo del compenso custode veicoli sequestrati. La decisione riafferma l’effetto retroattivo delle sentenze di incostituzionalità, che riportano in vita la disciplina precedente. Viene inoltre confermato il diritto del custode a un’azione diretta per il pagamento del compenso, un principio fondamentale che rafforza la sua posizione contrattuale nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Dopo la dichiarazione di incostituzionalità di una legge, quali tariffe si applicano per il compenso del custode di veicoli sequestrati?
Si applicano le norme e le tariffe previgenti alla legge dichiarata incostituzionale. Questo perché la declaratoria ha effetto retroattivo (ex tunc), eliminando la norma incostituzionale dall’ordinamento come se non fosse mai esistita.

Il custode di un veicolo sequestrato deve agire per indebito arricchimento se l’Amministrazione non paga il compenso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito, richiamando una precedente pronuncia delle Sezioni Unite, che il custode ha il diritto di adire direttamente il giudice civile per ottenere il riconoscimento e il pagamento del proprio compenso, senza dover ricorrere all’azione sussidiaria di indebito arricchimento.

La cattiva conservazione dei veicoli può ridurre il compenso del custode?
Sì, ma solo se l’Amministrazione dimostra la negligenza del custode. Spetta all’Amministrazione provare che le condizioni dei veicoli al momento dell’affidamento erano buone e che il successivo degrado è imputabile a una custodia non diligente. In assenza di tale prova, il compenso non può essere ridotto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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