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Compenso custode giudiziario: la Cassazione decide

Una società di custodia giudiziaria ha contestato l’importo del compenso per la conservazione di beni contraffatti. In assenza di tariffe specifiche o usi locali, il tribunale ha calcolato il compenso per analogia, equiparando lo spazio occupato dai beni a quello di un grosso scooter. La Corte di Cassazione ha confermato questa metodologia, stabilendo che il criterio analogico basato sull’ingombro fisico è un metodo valido e oggettivo per la liquidazione del compenso custode giudiziario.

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Pubblicato il 30 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Custode Giudiziario: la Cassazione Chiarisce il Criterio dell’Analogia

Determinare il corretto compenso custode giudiziario è una questione complessa, specialmente quando i beni sequestrati non rientrano nelle categorie tariffarie standard. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, confermando la legittimità del ricorso al criterio analogico basato sull’ingombro fisico dei beni. Analizziamo questa importante decisione per comprendere come i giudici liquidano l’indennità in assenza di tariffe predefinite.

I Fatti del Caso: La Custodia di Beni Sequestrati

Una società, incaricata della custodia di 11 colli contenenti capi di abbigliamento e scarpe contraffatti e sottoposti a sequestro penale, si era opposta al decreto di liquidazione del compenso. Il giudice penale aveva riconosciuto un importo ritenuto insufficiente dalla società, che aveva svolto l’incarico per un lungo periodo, dal 2010 al 2018. Il Tribunale, in sede di opposizione, aveva rigettato la richiesta della società, motivando che, in assenza di tariffe ministeriali specifiche per quel tipo di merce e di usi locali comprovati, era necessario procedere per analogia.

La Decisione del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il giudice di merito aveva stabilito che l’indennità di custodia dovesse essere determinata non più sulla base delle vecchie tabelle prefettizie (come previsto da una norma transitoria ormai superata), ma in base agli usi locali. Poiché la società custode non era riuscita a dimostrare l’esistenza di usi locali applicabili al caso, il giudice ha utilizzato un criterio analogico. Ha equiparato l’ingombro complessivo degli 11 colli di merce a quello di un motociclo di grossa cilindrata, applicando la tariffa prevista per la custodia di tale veicolo in un’area coperta. Il calcolo risultante era addirittura inferiore a quanto già liquidato, portando al rigetto dell’opposizione.

Contro questa decisione, la società ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:
1. Errata applicazione dell’analogia: secondo la ricorrente, il giudice avrebbe dovuto confrontare beni simili (es. ogni collo con un motoveicolo) e non basarsi solo sul volume occupato.
2. Mancata considerazione delle tabelle prefettizie: si sosteneva che tali tabelle, pur non essendo più direttamente applicabili, avrebbero dovuto essere considerate come un parametro di riferimento rappresentativo delle prassi di settore.

Il Criterio dell’Analogia nel Compenso Custode Giudiziario

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la correttezza dell’operato del Tribunale. Il punto centrale della decisione è la validità del criterio analogico basato sulla similitudine fisica e, in particolare, sull’ingombro dei beni. La Corte ha ribadito che, quando mancano tariffe specifiche e usi locali, il giudice può e deve applicare la disciplina dettata per casi analoghi. Questo approccio non è nuovo ed è stato già utilizzato in passato, ad esempio equiparando la custodia di un container di merce a quella di un autocarro.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che il ragionamento del Tribunale non era affatto irrazionale. Confrontare il volume complessivo della merce sequestrata con l’ingombro di un bene per cui esiste una tariffa (il motociclo) è un metodo oggettivo per determinare il compenso custode giudiziario. La Corte ha sottolineato che la società ricorrente non aveva fornito prove concrete né sulle modalità di custodia né sul volume esatto occupato, rendendo le sue critiche generiche e attinenti a una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità.

Inoltre, la Cassazione ha definitivamente chiarito che, a seguito dell’emanazione del Decreto Ministeriale n. 265 del 2006, le vecchie tariffe prefettizie non possono più essere applicate, neanche come parametro di riferimento, a meno che non si dimostri che esse costituiscano un vero e proprio ‘uso locale’, ovvero una prassi costantemente e generalmente applicata dagli operatori del settore. Anche in questo caso, la società non ha fornito tale prova.

Conclusioni: Principi per la Liquidazione del Compenso

La decisione in esame consolida un principio fondamentale per tutti gli operatori del settore della custodia giudiziaria. In assenza di una tariffa specifica per i beni custoditi, la liquidazione del compenso segue una gerarchia di criteri:
1. Tariffe Ministeriali: Si applicano se il bene rientra in una delle categorie previste.
2. Usi Locali: In assenza di tariffe, si fa riferimento alle consuetudini commerciali della zona, che devono però essere provate dal custode.
3. Analogia: Se mancano anche gli usi locali, il giudice può ricorrere all’analogia, basandosi sulla similitudine fisica dei beni e utilizzando criteri oggettivi come le dimensioni e l’ingombro per applicare tariffe previste per beni simili.

Questa sentenza riafferma la discrezionalità del giudice di merito nella scelta del criterio analogico più appropriato, purché motivato in modo logico e non manifestamente irrazionale.

Come viene determinato il compenso per un custode giudiziario se i beni sequestrati non sono previsti nelle tariffe ufficiali?
In assenza di tariffe specifiche, il compenso si determina in base agli usi locali. Se anche questi mancano o non vengono provati, il giudice può procedere per analogia, applicando la tariffa prevista per beni fisicamente simili, basandosi su criteri oggettivi come le dimensioni e l’ingombro complessivo.

Le vecchie tariffe prefettizie possono ancora essere utilizzate per calcolare il compenso del custode?
No. A seguito dell’entrata in vigore del Decreto Ministeriale n. 265 del 2006, le tariffe prefettizie non sono più direttamente applicabili. Possono essere considerate solo se si dimostra che esse costituiscono un ‘uso locale’ consolidato, cioè una prassi correntemente applicata dagli operatori del settore sia in ambito giudiziale che extragiudiziale.

Qual è il criterio analogico che la Corte di Cassazione ha ritenuto valido in questo caso?
La Corte ha ritenuto valido il criterio di assimilare l’ingombro complessivo di 11 colli di merce sequestrata a quello di un motociclo di grossa cilindrata, applicando di conseguenza la tariffa prevista per la custodia di tale veicolo. Questo metodo, basato sul volume occupato, è stato considerato un parametro oggettivo e non irrazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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