Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20920 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20920 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5306/2019 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) con procura speciale in calce al ricorso; -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO, (P_IVA) che lo rappresenta e difende ex lege; -controricorrente-
avverso l’ORDINANZA del TRIBUNALE di NAPOLI n. 5198/2018 depositata il 15.1.2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.5.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In data 21.12.2015 l’AVV_NOTAIO veniva nominata dal Gip presso il Tribunale di Napoli, AVV_NOTAIO, custode giudiziario di una serie di beni (prevalentemente beni immobili, oltre alle quote RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) sottoposti a sequestro per equivalente nell’ambito del procedimento penale n. 2372/2013 RGNR del Tribunale di Napoli, beni del valore complessivo di € 7.408.780,00.
Svolta attività di identificazione e custodia dei beni immobili e del patrimonio RAGIONE_SOCIALE società suddetta dal 26.1.2016 fino alla data delle dimissioni, rassegnate il 22.11.2017, nelle quali evidenziava al Gip subentrato nel procedimento, AVV_NOTAIO, che non era necessario procedere alla nomina di un amministratore giudiziario, non essendovi esigenze di gestione attiva dei beni sequestrati, l’AVV_NOTAIO in data 26.1.2017 presentava al Gip istanza di liquidazione del compenso. Nell’istanza la AVV_NOTAIO indicava l’art. 3, comma 9 RAGIONE_SOCIALE tariffa del D.P.R. n. 177/2015, relativa agli amministratori giudiziari, ritenendola applicabile anche ai custodi giudiziari, ed al valore complessivo dei beni sequestrati (€ 7.408.780,00), per la liquidazione del compenso, senza richiedere maggiorazioni per la gestione di quote societarie, con indicazione di un importo minimo di € 139.366,46, medio di € 157.532,96 e massimo di € 175.649,24, precisando che le era stato già liquidato dal precedente Gip l’importo di € 5.452,50 (incluso il rimborso spese documentate), con richiamo espresso ai criteri del D.P.R. n. 177/2015 e alla maggiorazione per la gestione anche di quote societarie ex art. 3, comma 6° del d.p.r. invocato.
Con decreto del 10/11.1.2018 il Gip presso il Tribunale di Napoli, AVV_NOTAIO, escludeva l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE tabella degli amministratori giudiziari di cui al D.P.R. n. 177/2015, in quanto riteneva che l’AVV_NOTAIO avesse svolto, per sua stessa ammissione, compiti di mera custodia dei beni oggetto di sequestro per equivalente e non di gestione attiva, per cui in assenza di usi locali, non essendo più applicabili le tariffe prefettizie per effetto dell’abrogazione RAGIONE_SOCIALE disciplina provvisoria dell’art. 276 del D.P.R. n. 115/2002 (Cass. 5.7.2012 n. 11281) e non rientrando i beni in sequestro nelle categorie previste dal D.M. n. 2651/2006, determinava il compenso del custode giudiziario secondo equità, ai sensi dell’art. 2223 cod. civ., e liquidava l’importo di € 15.000,00 (detratto l’acconto ricevuto nel corso RAGIONE_SOCIALE procedura di € 5.452,50) tenuto conto RAGIONE_SOCIALE durata dell’incarico (26.1.2016 – 22.11.2017), del valore degli immobili in sequestro, RAGIONE_SOCIALE diligenza, puntualità e precisione con cui l’incarico era stato svolto e dell’impegno profuso.
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., artt. 170 del D.P.R. n.115/2002 e 15 del D. Lgs. n. 150/2011, del 14.2.2018, COGNOME NOME proponeva opposizione al Tribunale di Napoli avverso il suddetto decreto, comunicatole il 29.1.2018, lamentando che il Gip presso il Tribunale di Napoli avesse considerato l’attività da lei svolta come di mera custodia dei beni immobili sottoposti a sequestro, ed omesso di applicare la tariffa del D.P.R. n. 177/2015, ricorrendo al criterio equitativo, e richiamando, per giustificarne l’applicazione, la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione n. 25651/2015, emessa in un’epoca in cui vi era un vuoto normativo per la determinazione dei compensi dei custodi e non era ancora entrato in vigore il D.P.R. n. 177/2015 relativo indifferentemente agli amministratori giudiziari ed ai custodi giudiziari dopo le modifiche apportate dall’art. 6 punto 3 del D. Lgs. n. 21/2018. In sede di opposizione, la AVV_NOTAIO sosteneva, che anche ritenendo che la sua gestione fosse stata statica e non attiva, il AVV_NOTAIO avrebbe
dovuto applicare l’aliquota minima prevista dal D.P.R. n. 177/2015, semmai con un’ulteriore riduzione ex art. 4 dello stesso decreto, ma non disapplicare una tariffa vigente, peraltro smentendo l’operato del precedente Gip in sede di liquidazione dell’acconto. La AVV_NOTAIO concludeva, quindi, per la liquidazione in suo favore di un compenso di € 133.913,46 al netto dell’acconto ricevuto, in applicazione del D.P.R. n. 177/2015.
Si costituiva nel giudizio di opposizione il RAGIONE_SOCIALE, eccependo preliminarmente la tardività dell’opposizione in relazione al termine di 20 giorni previsto dall’art. 170 del D.P.R. n.115/2002, e chiedendone comunque il rigetto.
Il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza del 15.1.2019, disattesa l’eccezione di tardività, rigettava l’opposizione, ed in applicazione del principio RAGIONE_SOCIALE soccombenza, condannava la AVV_NOTAIO al pagamento delle spese processuali in favore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, liquidandole in € 3.500,00 per compensi oltre accessori.
Nella citata ordinanza, il Tribunale di Napoli, richiamava la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione n. 24106/2011, che aveva evidenziato la necessità di distinguere, in materia di liquidazione del compenso del custode di bene sequestrato nell’ambito di un procedimento penale, tra i casi di svolgimento di mera attività di custodia e conservazione, ed i casi di custodia con amministrazione del bene sequestrato.
L’ordinanza sottolineava poi che nella specie era stato disposto dal Gip il sequestro delle somme di denaro costituenti il profitto del reato nella disponibilità degli indagati, ed in subordine il sequestro per equivalente dei beni mobili, immobili, quote societarie e valori in genere che fossero nella disponibilità degli indagati, nominando per tale ultimo caso l’AVV_NOTAIO quale custode, senza fare alcun riferimento in sede di conferimento di incarico ad attività di gestione o amministrazione alla stessa demandate.
A conferma di tale dato formale, l’ordinanza sottolineava, che anche dalla lettura RAGIONE_SOCIALE relazione del custode giudiziario al 14.3.2016, RAGIONE_SOCIALE relazione annuale al 26.1.2017 e RAGIONE_SOCIALE relazione integrativa del 25.9.2017, emergeva che il custode aveva riferito dello svolgimento di mere attività di accertamento, classificazione e stima del valore dei beni oggetto del sequestro per equivalente, e di custodia degli immobili sequestrati, talvolta affidati in custodia agli stessi indagati ex art. 259 c.p.p., con esclusione di qualunque attività di amministrazione e gestione; né risultava, in base ai documenti prodotti e specificati, che la AVV_NOTAIO aveva svolto alcuna attività di amministrazione delle quote sociali oggetto di sequestro, per cui riteneva condivisibili i criteri seguiti dal Gip per la liquidazione equitativa del compenso.
Avverso la suddetta ordinanza del 15.1.2019, comunicata in pari data e non notificata, ha proposto ricorso straordinario alla Suprema Corte, notificato al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il 15.2.2019, la AVV_NOTAIO, affidato a due motivi, cui ha resistito il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Col primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la mancata applicazione delle norme di cui al D.P.R. n.177/2015.
Lamenta, anzitutto, che l’ordinanza impugnata, perpetuando l’errore commesso dal primo giudice, l’abbia qualificata come mero custode giudiziario, e non come amministratore giudiziario, non avendo considerato: a) che il Gip che l’aveva nominata in sede di pagamento dell’acconto aveva parificato ai fini RAGIONE_SOCIALE liquidazione del compenso il custode giudiziario all’amministratore giudiziario; b) che al di là RAGIONE_SOCIALE formale nomina come custode giudiziario, era stata a più riprese considerata da quel Gip come amministratore
giudiziario, ed aveva anche compiuto atti di amministrazione attiva delle quote RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con l’affidamento di una perizia finalizzata alla valutazione di riscatto anticipato dell’imbarcazione Persching 72; c) che la mancata istanza di liquidazione di un compenso per la gestione attiva di tale società poteva essere l’effetto di una mera svista, e poteva ritenersi giustificata dal fatto che la AVV_NOTAIO aveva chiesto la liquidazione del compenso in base al D.P.R. n. 177/2015, che nel caso di sequestro di beni appartenenti a classi distinte prevedeva il criterio RAGIONE_SOCIALE prevalenza RAGIONE_SOCIALE gestione più onerosa, che era stata individuata ai sensi dell’art. 1 lettera c) nella classe dei beni immobili (per numero ed importanza degli stessi), ed il cui compenso andava poi maggiorato ex art. 3 comma 6 dello stesso decreto per la gestione RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, maggiorazione non richiesta in sede di istanza di liquidazione in quanto la società suddette era già stata dissequestrata il 18.11.2017 prima che il procedimento penale fosse assegnato al AVV_NOTAIO; d) che il Gip che le aveva liquidato il compenso, non poteva basarsi sbrigativamente sulla circostanza che la AVV_NOTAIO, nel rassegnare le dimissioni, avesse indicato che a quella data non si ravvisavano profili di amministrazione attiva; e) che la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione n. 25791/2018 aveva cassato la sentenza del Tribunale di Brescia per motivazione apparente, per avere escluso che l’incarico conferito ai due ausiliari giudiziari relativo a tre aziende sottoposte a sequestro preventivo avesse comportato anche l’espletamento di attività di amministrazione attiva e sostitutiva, oltre che conservativa, applicando quindi le indennità previste dall’art. 58 del D.P.R. n. 115/2002 anche se col richiamo in via parametrica e secondo equità all’art. 29 del D.P.R. n. 645/1994.
Col secondo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., l’errata applicazione dell’art. 91
c.p.c. Lamenta che il provvedimento impugnato l’abbia condannata al pagamento delle spese processuali, anziché disporre almeno la compensazione delle spese processuali, in considerazione del fatto che aveva impugnato il decreto di liquidazione del compenso per avere disatteso quanto stabilito dal precedente Gip, assegnatario del procedimento penale in cui il sequestro per equivalente era stato disposto, in sede di liquidazione di un acconto, risultando quindi quanto meno controversa la questione sottoposta al giudice dell’opposizione.
9) Il Collegio rileva che preliminare all’esame dei motivi di ricorso è la verifica RAGIONE_SOCIALE regolare instaurazione del contraddittorio, verifica che dà esito negativo, dovendosi rilevare d’ufficio, che al giudizio di opposizione ex art. 170 del D.P.R. n. 115/2002 svoltosi avanti al Tribunale di Napoli avrebbero dovuto prendere parte, oltre al custode giudiziario e al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, anche le parti del procedimento penale RG NR n. 2372/2013 pendente dinanzi allo stesso ufficio, vale a dire la Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica presso il Tribunale penale di Napoli e gli stessi indagati.
Infatti, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso al custode di beni sequestrati nell’ambito del procedimento penale ex art. 170 del D.P.R. n.115/2002, sono contraddittori necessari, oltre al beneficiario, le parti processuali, compreso il Pubblico RAGIONE_SOCIALE e, tra esse, in particolare, i soggetti a carico dei quali è posto l’obbligo di corrispondere detto compenso o nei confronti dei quali il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che anticipa le spese processuali, potrebbe rivalersi in caso di condanna (Cass. 31.1.2023 n. 2789; Cass. 2.5.2022 n. 13784; Cass. 18.6.2020 n. 11795; Cass. n.28711/2013; Cass. n.24786/2010; Cass. n. 4697/1999).
L’omessa notificazione del ricorso e del decreto di comparizione delle parti “ad uno dei soggetti obbligati al pagamento, ove manchi la partecipazione di costui al procedimento, determina non
l’inammissibilità del ricorso (dato che il suo deposito realizza la editio actionis necessaria all’incardinamento RAGIONE_SOCIALE seconda fase processuale), ma la nullità del successivo procedimento e RAGIONE_SOCIALE relativa decisione, in ragione RAGIONE_SOCIALE mancanza di integrità del contraddittorio, con conseguente cassazione RAGIONE_SOCIALE decisione stessa e rinvio RAGIONE_SOCIALE causa al giudice a quo” (così Cass. 24786/2010 cit.).
L’ordinanza impugnata è pertanto nulla.
La causa deve essere rinviata al Tribunale di Napoli, che la deciderà in persona di diverso magistrato.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità dell’ordinanza impugnata e rimette la causa al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
sì deciso nella camera di consiglio del 16.5.2024
Il Presidente NOME COGNOME