Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25443 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 25443 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7790/2020 R.G. proposto da:
NEW RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di PARMA n. 3805/2019 depositata il 15/01/2020;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udita la relazione del Pubblico Ministero, nella persona del dott. NOME COGNOME;
udito l’avvocato NOME COGNOME per parte ricorrente.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ricorreva, ex art. 15 d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 e art. 170 DPR 30 maggio 2002, n. 115, dinanzi al Tribunale civile di Parma avverso il provvedimento emesso dal Tribunale penale di Parma in data 10.07.2019, nel procedimento penale RG n. 417/18, ritenendo che il primo giudice avesse erroneamente rigettato l’istanza di liquidazione per spese di custodia giudiziaria per tardività del deposito.
1.1. A sostegno delle sue ragioni esponeva la società opponente:
di essere stata nominata dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Parma, in data 31.01.2018, custode giudiziario di n. 163 bovini nell’ambito del procedimento penale di cui sopra, a carico del proprietario della mandria;
con decreto del 12.12.2018 il GIP aveva disposto la revoca del sequestro;
di aver depositato, in data 03.07.2019, istanza di liquidazione per il rimborso delle spese sopportate, per aver provveduto al mantenimento ed al sostentamento del bestiame, in qualità di custode giudiziario della mandria per 321 giorni (dal 01/02/2018 al 18.12.2018);
di avere diritto alla liquidazione delle documentate spese di custodia, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento del primo giudice, che aveva deciso sull’erroneo presupposto che il decreto di nomina emesso in data 30/01/2018 prevedeva espressamente che il custode nominato doveva provvedere a proprie cure e spese sia allo spostamento del bestiame presso le proprie la propria azienda sia alle
spese di mantenimento degli animali, con possibilità di fruire del latte prodotto.
Con provvedimento del 15.01.2020, il giudice dell’opposizione rigettava il ricorso sostenendo che:
si applica anche al custode – sia esso nominato in procedimento civile o penale -la disciplina prevista per il pagamento degli onorari/compensi degli ausiliari del magistrato, tra cui il combinato disposto degli artt. 71 e 168 D.P.R. n. 115/2002;
-l’istanza di liquidazione è stata proposta dall’opponente in data 03.07.2019, ovvero ben oltre il termine di 100 giorni, previsto dall’art. 71 D.P.R. n. 115/2002, dalla cessazione della qualità di custode, avvenuta il 18.12.2018.
RAGIONE_SOCIALE promuoveva ricorso per cassazione avverso tale provvedimento, affidato ad un solo motivo di ricorso.
Resisteva con controricorso il Ministero dell’Economia e Finanze.
La parte ricorrente depositava memoria in prossimità dell’adunanza camerale, fissata per il 26.11.2021.
Il Collegio non ravvisava l’evidenza decisoria, rilevando che il precedente richiamato nella proposta del relatore si riferiva ad una fattispecie avente ad oggetto un sequestro giudiziario autorizzato nell’ambito di un procedimento civile, mentre nel presente caso si discute di una misura cautelare disposta nell’ambito di un procedimento penale (v. Cass. ordinanza interlocutoria n. 39760 del 13.12.2021).
La decisione veniva, pertanto, rimessa alla Pubblica Udienza, fissata per il 12.12.2024.
Il Procuratore Generale si è espresso nel senso dell’accoglimento del ricorso ricorrendo gli estremi per ravvisare un possibile overruling , in omaggio al principio dell’affidamento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 71 e 72 DPR 115/2002 (art. 360, n. 3) cod. proc. civ.). La società ricorrente lamenta l’errata statuizione del Tribunale di Parma nella parte in cui l’ha ritenuta deca duta dal diritto di ottenere la liquidazione a lei spettante, quale custode giudiziaria nominata nell’ambito di un procedimento penale. In particolare, la custode si duole dell’erronea applicazione al caso di specie della disciplina di cui all’art. 71 D.P. R. n. 115/02, norma di carattere eccezionale rispetto alle regole sulla prescrizione dettate dal codice civile, e della discendente tardività dell’istanza di liquidazione per decorso del termine dei cento giorni imposti da detta norma. La Corte ha, infatti, qualificato il custode giudiziario come ausiliario del giudice, mentre, ad avviso della ricorrente, l’art. 3 D.P.R. n. 115/02 differenzia le due figure. Da tale differenziazione discenderebbe l’applicazione al custode della diversa disciplina di cui all’ art. 72 D.P.R. n. 115/2002, che non pone alcun termine di decadenza e per il quale deve trovare applicazione la regola generale della prescrizione decennale, ove il diritto al compenso sia correlato ad una prestazione non periodica, ovvero quinquennale ex art. 2948, n. 4, cod. civ., ove esso sia correlato ad una prestazione periodica. Entrambi i termini della prescrizione ordinaria non sono certamente decorsi, sia che si faccia riferimento al provvedimento di nomina (01.02.2018) ovvero alla comunicazione alla ricorrente del decreto di restituzione dei beni sottoposti a sequestro (18.12.2018).
1.1. Il motivo è infondato.
E’ utile innanzitutto riportare la normativa oggetto della contestata interpretazione:
Art. 71 D.P.R. 30 Maggio 2002, n. 115 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (‘T.U.S.G.’) -Domanda di liquidazione e decadenza del diritto per testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte:
Le indennità e le spese di viaggio spettanti ai testimoni e ai loro accompagnatori, le indennità e le spese di viaggio per trasferte relative al compimento di atti fuori dalla sede in cui si svolge il processo di cui al titolo V della parte II, e le spettanze agli ausiliari del magistrato, sono corrisposte a domanda degli interessati, presentata all’autorità competente ai sensi degli articoli 165 e 168.
La domanda è presentata, a pena di decadenza: trascorsi cento giorni dalla data della testimonianza, o dal compimento delle operazioni per gli onorari e le spese per l’espletamento dell’incarico degli ausiliari del magistrato; trascorsi duecento giorni dalla trasferta, per le trasferte relative al compimento di atti fuori dalla sede in cui si svolge il processo e per le spese e indennità di viaggio e soggiorno degli ausiliari del magistrato.
In caso di pagamento in contanti l’importo deve essere incassato, a pena di decadenza, entro duecento giorni dalla ricezione dell’avviso di pagamento di cui all’articolo 177.
Art. 72 : Domanda di liquidazione di acconti dell’indennità di custodia:
L’indennità di custodia è liquidata su domanda del custode, successiva alla cessazione della custodia, presentata all’autorità competente ai sensi dell’articolo 168; a richiesta, sono liquidati acconti sulle somme dovute.’
1.2. Alla base della doglianza elevata dalla ricorrente vi è l’errata sussunzione della nozione di «custode giudiziario» nella più ampia nozione di «ausiliario del giudice».
1.2.1. Orbene, questa Corte ha già avuto modo di osservare che: «L’inquadramento del custode giudiziario civile nel novero degli ausiliari del giudice, da cui ripete l’investitura e sotto la cui direzione e controllo è tenuto ad operare, trova specifico e puntuale riscontro nella costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11577 del 11/05/2017, Rv. 644210 -02; Cass. Sez. L, Sentenza n. 8483 del 08/04/2013, Rv. 625914 – 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5084 del 03/03/2010, Rv. 611612 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22860 del 30/10/2007, Rv. 600450 -01; Cass. 10252/2002; Cass. 6115/1984; Cass. 3544/1983; Cass. 4348/1979; Cass. 1406/1971) e nel dato positivo.
Il capo II del libro primo del codice di rito, nel contemplare la disciplina della nomina, delle responsabilità e dei compensi degli ausiliari del giudice, menziona esplicitamente, agli artt. 65 e ss. anche il custode giudiziario, affiancandolo agli altri ausiliari del giudice (art. 68), quali soggetti idonei al compimento di determinati atti. Parimenti l’art. 3, D.P.R. 115/2002 prevede, con formula onnicomprensiva e senza alcun distinguo, che ai fini del testo unico, se non diversamente ed espressamente indicato, per ausiliari del giudice si intendono il perito, il consulente tecnico, l’interprete, il traduttore e qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all’ufficio può nominare a norma di legge.
L’oggettiva diversità dei compiti svolti dai singoli ausiliari, i dati letterali valorizzati in ricorso e la diversa collocazione delle rispettive discipline nell’ambito del testo unico non consentono di differenziare il regime dei compensi. L’art. 71 del testo unico dispone che le spettanze degli ausiliari del magistrato sono corrisposte su domanda degli interessati da presentare all’autorità competente ai sensi degli articoli
165 e 168, a pena di decadenza, trascorsi cento giorni dal compimento delle operazioni. Il successivo art. 72 dispone che l’indennità di custodia è liquidata su domanda del custode, successiva alla cessazione dell’incarico, presentata all’autorità competente ai sensi dell’articolo 168 e che, a richiesta, sono liquidati acconti sulle somme dovute. Il compenso del custode è, quindi, oggetto di una previsione ad hoc (art. 72) che, pur non prevedendo termini di decadenza, non va isolata dall’intero contesto del testo unico e che, comunque, non offre elementi per ravvisare una reale diversità di disciplina. Non è anzitutto decisivo che al custode competa un’indennità e non un onorario, poiché l’art. 71 assoggetta al termine di decadenza tutte le spettanze degli ausiliari, con formula che, per la sua genericità, è idonea a ricomprendere qualsiasi emolumento dovuto per le attività espletate su incarico del giudice.
1.2.2. Osta a differenziare – in astratto – la posizione del custode da quella degli altri collaboratori del giudice, anche il dato letterale dell’art. 3, lettera n), D.P.R. 115/2002, nel punto in cui, ai fini dell’applicabilità delle singole disposizioni del T.U.S.G., uniforma il trattamento normativo delle singole figure, salvo che non sia diversamente ed espressamente indicato.
L’art. 71, D.P.R. 115/2002 ha riprodotto il disposto dell’art. 24, R.D. 1043/1923 che, nella sua formulazione originaria, sottoponeva il diritto al compenso e alle indennità ivi contemplate alla prescrizione breve di cento giorni dalla data del compimento delle operazioni, con previsione che, ai sensi del successivo art. 27, trovava applicazione anche ai compensi e alle indennità in materia civile. Come chiarito dalla relazione illustrativa, l’intervento di riordino della materia, esitato nell’adozione del testo unico, si è tradotto nella rielaborazione degli articoli originari, eliminando le ambiguità terminologiche e adeguandoli
alle novità normative in tema di modalità di pagamento, in ottemperanza alle disposizioni dell’art. 7, comma 2, lettera, d), legge n. 50/1999, che autorizzavano il coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti e la possibilità di apportare, compatibilmente con tale obiettivo, le modifiche – anche di carattere innovativo – necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, dovendosi «ricondurre a sistema una disciplina stratificata negli anni», i cui principi erano già presenti nell’ordinamento, essendo sufficiente per garantire la legittimità dell’intervento normativo, anche se di carattere innovativo, il criterio del riordino di una materia delimitata (Corte cost. 53/2005; Corte cost. 174/2005). L’equiparazione del custode agli altri ausiliari del giudice (assente nel R.D. 1043/1923) attuata, come si è detto, dagli artt. 3 e 71 D.P.R. 115/2002, non viola ma anzi realizza pienamente gli obiettivi di armonizzazione sanciti dalla L. n. 50/1999» (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24652 del 2023, che richiama Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21482 del 2019).
1.2.3. Neanche ha pregio l’argomento utilizzato dalla ricorrente, in base al quale la tesi della disciplina speciale del custode ex art. 72 T.U.S.G., tale da escludere i termini di decadenza previsti nell’art. 71, sarebbe derivabile dai termini di prescrizione, quinquennali ex art. 1948, n. 4 cod. civ. ovvero decennali, a seconda che nel provvedimento di conferimento dell’incarico sia stabilita o meno una determinata periodicità nella corresponsione del compenso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22362 del 13/09/2018, Rv. 650321 -01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 3070 del 06/02/2017; Rv. 642576 – 01).
Tale argomento sovrappone l’istituto della decadenza con quello ontologicamente diverso della prescrizione: il primo riguarda un termine di vera ed inequivocabile manifestazione di volontà di far valere il proprio diritto, che -ove non rispettato – preclude all’ausiliario
la proposizione di una domanda di riconoscimento del compenso; mentre il secondo attiene ai tempi imposti per la proposizione giudiziale della domanda di liquidazione del compenso.
1.2.4. E’ pur vero che l’orientamento sopra riportato in tema di qualificazione del custode come ausiliario del giudice si riferisce all’attività di custodia espletata nel corso di procedimenti civili, mentre le Sezioni Penali di questa Corte hanno seguito un percorso interpretativo diverso, come ampiamente documentato dalla ricorrente, anche in memoria (p. 2, 1° capoverso).
Tuttavia, il Collegio condivide l’interpretazione delle disposizioni sopra riportate suggerita dai precedenti di questa Corte (v. di recente: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 14906 del 28/05/2024, Rv. 671508 -01; Cass. n. 24652 del 2023; Cass. n. 21482 del 2019, cit.), dando particolare rilievo al carattere di norma generale all’art. 71 D.P.R. n. 115 del 2002, rispetto alla quale la norma speciale di cui all’art. 72 non aveva ragione di occuparsi dei termini di decadenza, già disciplinati nell’articolo precedent e.
1.2.5. Né è prospettabile la distinzione riguardante la natura della prestazione svolta dal custode (penale o civile del procedimento nell’ambito del quale egli è stato nominato): ove, infatti, si tratti di attività di custodia in senso stretto, priva di qualsivoglia impegno di amministrazione dei beni sequestrati (v. artt. 520, 521 cod. proc. civ. in materia di custodia di cose pignorate), neanche la diversità di impegno giustificherebbe, in termini di ragionevolezza, l’interpretazione dell’art. 72 del med esimo decreto presidenziale nel senso di prevedere un trattamento differenziato per la liquidazione dell’indennità di competenza, rispetto al regime decadenziale dei diritti alle rispettive spettanze degli ausiliari del giudice.
In entrambi i casi, infatti, l’attività è caratterizzata da compiti non solo di custodia, ma di conservazione ed amministrazione di beni sequestrati sotto il diretto controllo del giudice, ai quali sono senz’altro assimilabili gli amministratori giudiziari di beni sequestrati nell’ambito di processi penali, che ugualmente non svolgono la mera funzione conservativa tipica del custode, ma quella ben più dinamica di gestione di beni produttivi (Cass. n. 14906 del 2024, cit.).
Inoltre, anche la ratio dell’art. 71 D.P.R. n. 115/02 è la medesima per entrambi i procedimenti civile e penale, ossia quella di non consentire agli amministratori giudiziari di procrastinare a loro piacimento il termine di presentazione della richiesta di pagamento, vanificando quelle esigenze di certezza della spesa pubblica che sono alla base della previsione del termine di decadenza, atteso che lo Stato anticipa i costi della custodia posti a carico del proprietario dei beni sequestrati.
Diversamente argomentando si opererebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra le prestazioni dei custodi, non supportata da nessuna disposizione normativa, lesiva del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost. (come peraltro evidenziato dal Ministero controricorrente: p. 5, ultimo capoverso).
1.3. Infine, non può farsi applicazione del principio di derivazione giurisprudenziale del c.d. prospective overruling , come pure suggerito dal P.M., atteso che non ne ricorrono tutte le condizioni.
Come noto, affinché si possa parlare di prospective overrulling , devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: i. che si versi in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; ii. che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso;
iii. che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte (Cass. S.U. n. 13676/14; v. anche Cass. 18 novembre 2021, n. 35336).
Nel caso che ci occupa non ricorrono né la prima né la seconda delle condizioni riportate: quanto alla prima, la prescrizione di decadenza prevista dall’art. 71 DPR n. 115/2002 è norma regolatrice del rapporto tra la parte privata e quella pubblica, non già norma regolatrice del processo; quanto alla seconda, nell’àmbito del procedimento civile non vi è stato alcun revirement repentino ed imprevedibile con riferimento all’assimilazione del custode all’ausiliario del giudice e, quindi, all’applicabilità dell’art. 71 D.P.R. n. 115/2002. Il diverso orientamento sostenuto dalla giurisprudenza penale incontra il limite del procedimento di opposizione ex art. 170 d.p.r. 115/2002, che introduce una controversia di natura civile relativa alla spettanza e alla liquidazione dell’onorario.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese sono liquidate in dispositivo secondo la regola della soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 3.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 12 dicembre 2024.
Il Consigliere Relatore NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME