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Compenso curatore: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro il decreto di liquidazione del compenso al curatore fallimentare. La Corte chiarisce che il provvedimento, non avendo carattere definitivo, doveva essere impugnato tramite reclamo alla Corte d’Appello e non con ricorso straordinario. La decisione sottolinea l’importanza di scegliere il corretto mezzo di impugnazione per evitare una pronuncia di inammissibilità.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Curatore Fallimentare: La Cassazione Chiarisce il Rimedio Corretto

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento procedurale in materia di impugnazione del decreto che liquida il compenso curatore fallimentare a seguito della revoca del fallimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso proposto direttamente contro tale provvedimento, ribadendo un principio fondamentale: la scelta del corretto mezzo di impugnazione è un presupposto essenziale per poter ottenere una decisione nel merito della controversia. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata, dopo aver ottenuto la revoca della propria dichiarazione di fallimento, si è vista destinataria di un decreto del Tribunale che liquidava il compenso spettante al curatore per l’attività svolta. Il Tribunale poneva tale compenso, pari a circa 85.000 euro, a carico della società stessa, ritenendola ‘in colpa’ per aver omesso di comunicare circostanze che avrebbero potuto impedire la dichiarazione di fallimento.

Ritenendo errata tale decisione, sia per questioni di merito che di rito, la società ha deciso di impugnare il decreto proponendo un ricorso straordinario direttamente davanti alla Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

Impugnazione del Compenso Curatore Fallimentare: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto la tesi dell’inammissibilità del ricorso. Gli Ermellini hanno stabilito che il percorso procedurale scelto dalla società era errato. Il decreto emesso dal Tribunale non era un provvedimento ‘definitivo’ e, pertanto, non poteva essere oggetto del ricorso straordinario per cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Corte si fonda su una precisa interpretazione delle norme procedurali in materia fallimentare. L’articolo 18 della legge fallimentare stabilisce che, in caso di revoca del fallimento, le spese della procedura e il compenso del curatore sono liquidati dal tribunale con un decreto ‘reclamabile’ ai sensi dell’articolo 26 della stessa legge. Quest’ultimo articolo, a sua volta, prevede che contro i decreti del tribunale può essere proposto reclamo alla Corte d’Appello.

Di conseguenza, il decreto che liquida il compenso e ne individua il soggetto pagatore è un provvedimento suscettibile di un mezzo di impugnazione ordinario, ovvero il reclamo in appello. La possibilità di esperire tale rimedio esclude il carattere della ‘definitività’ del provvedimento, che è il presupposto indispensabile per poter accedere al ricorso straordinario per cassazione previsto dall’art. 111, comma 7, della Costituzione.

In altre parole, la legge offre una via specifica per contestare quella decisione (il reclamo alla Corte d’Appello), e tale via deve essere obbligatoriamente percorsa. Solo dopo l’esaurimento dei mezzi di impugnazione ordinari, la decisione diventa definitiva e, a quel punto, eventualmente ricorribile in Cassazione per i soli vizi di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia ribadisce un principio cruciale per chiunque operi nel contenzioso legale: la corretta individuazione del mezzo di impugnazione è fondamentale. Un errore procedurale, come quello commesso nel caso di specie, porta a una declaratoria di inammissibilità che impedisce al giudice di entrare nel merito delle ragioni, anche se potenzialmente fondate. Per le società e i professionisti coinvolti in procedure concorsuali, questa ordinanza serve da monito: prima di impugnare un provvedimento relativo al compenso curatore fallimentare, è essenziale verificare scrupolosamente quale sia il rimedio previsto dalla legge, che, come chiarito, è il reclamo alla Corte d’Appello e non il ricorso diretto in Cassazione.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione il decreto che liquida il compenso del curatore dopo la revoca del fallimento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale decreto non ha carattere definitivo e deve essere impugnato con reclamo davanti alla Corte d’Appello, come previsto dalla legge fallimentare.

Qual è il rimedio corretto contro il decreto di liquidazione del compenso del curatore fallimentare?
Il rimedio corretto previsto dalla legge è il reclamo alla Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 26 della legge fallimentare.

Cosa succede se si sbaglia il mezzo di impugnazione?
Se si utilizza un mezzo di impugnazione non corretto, come il ricorso per cassazione in questo caso invece del reclamo, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione, e la parte perde la possibilità di far valere le proprie ragioni a causa di un errore procedurale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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