Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27833 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27833 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
SENTENZA
sul ricorso 1071-2020 proposto da: COGNOME NOME rappresentata e difesa da se stessa;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimato –
Avverso il decreto del TRIBUNALE di RIETI, depositato il 17/12/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’ accoglimento del ricorso;
uditi l’ AVV_NOTAIO in delega per la ricorrente;
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO, nominata curatore di un fallimento, chiedeva e otteneva (provvedimento del 26/7/2013 del Giudice delegato) prenotazione a debito e anticipazione delle spese ex art. 146, d.P.R. n. 115/2002.
In data 26/11/2014 chiedeva la chiusura del fallimento, poiché la procedura non poteva utilmente essere portata avanti, in assenza di beni e della possibilità di recuperare crediti o esercitare l’azione revocatoria, essendo state compiute tutte le operazioni previste dalla legge, e in data 5/12/2014 depositava istanza di liquidazione per i propri compensi.
Il 27/1/2015 il Giudice delegato si riservava di decidere sull’istanza di liquidazione della professionista all’esito della chiusura del fallimento che veniva disposta il 19/3/2015 senza tuttavia dar luogo alla liquidazione.
Dopo svariati solleciti, il 3/7/2018, il Tribunale di Rieti disponeva la liquidazione. Con successivo provvedimento del 28/2/2019 il medesimo Tribunale revocava il decreto di liquidazione.
L’interessata proponeva ricorso averso il decreto di revoca, ai sensi dell’art. 702 bis cod. proc. civ..
Il Tribunale ne dichiarava l’improcedibilità e sull’ ulteriore istanza di liquidazione presentata dal curatore, dichiarava il non luogo a provvedere.
AVV_NOTAIO NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto provvedimento sulla base di un motivo.
Su proposta del relatore, ai sensi degli artt. 391-bis, comma 4, e 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c., che aveva ravvisato la manifesta fondatezza del ricorso il Presidente fissava con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.
La causa veniva chiamata all’ adunanza del 24 marzo 2021.
In esito alla discussione in camera di consiglio la trattazione del ricorso era rimessa alla pubblica udienza non emergendo evidenza decisoria.
La parte ricorrente con istanza del 19.9.2024 ha chiesto procedersi con trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c. e ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
Con provvedimento presidenziale la suddetta richiesta è stata dichiarata inammissibile stante il chiaro disposto dell’art. 379 cpc, norma speciale per il giudizio di legittimità e quindi prevalente su quella generale di cui all’art. 127 ter cpc.
6 . Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt.39 e 120 legge fallimentare nonché degli artt.83, comma 3 bis (come interpretato dalla circolare 10 gennaio 2018 del Ministero della Giustizia) e 140 dpr n. 115 del 2002 (come modificato e integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 174 del 2006).
La ricorrente evidenzia che in forza delle norme sopraindicate il curatore di un fallimento senza attivo deve, subito dopo l’approvazione del rendiconto, presentare istanza di liquidazione del compenso e delle spese dovute il Tribunale provvede alla liquidazione su relazione del giudice delegato con decreto. La liquidazione del compenso è posta a carico dello Stato, pertanto, seppure gli organi fallimentari decadano, nessuna disposizione di legge, meno che mai l’articolo 120 della legge fallimentare, stabilisce che dopo la chiusura del fallimento il Tribunale a fronte della legittima e tempestiva istanza di liquidazione del compenso e delle spese ex articolo 146 comma 3, lettera c, d.p.r. n. 115 del 2002 non possa più liquidare il compenso. Il giudice, anche se ha emesso il provvedimento di chiusura di un procedimento, non si spoglia della potestà di procedere alla liquidazione del compenso e delle spese. Peraltro, l’articolo 83, comma 3 bis , del D.P.R. n.115 del 2002 non ha introdotto alcun termine a provvedere e il giudice può subordinare l ‘adozione del provvedimento di liquidazione al deposito di ulteriore documentazione da parte dell’ammesso al patrocinio o attendere gli esiti delle verifiche reddituali. Il provvedimento deve essere emesso con atto distinto e separato rispetto al provvedimento che definisce il giudizio.
La proposta del relatore è stata di manifesta fondatezza del ricorso. In particolare, si è evidenziato che la circostanza che il procedimento fosse stato definito nel momento in cui il tribunale aveva preso in esame con notevole ritardo l’istanza della professionista non poteva costituire ragione per precludere il diritto al compenso e al rimborso delle spese tempestivamente richiesti, non potendosi addebitare all’avente diritto il tempo occorso per la
deliberazione giudiziale. L’articolo 120 della legge fallimentare non giustifica in alcun modo il non liquet , stante che se è del tutto ovvio che la chiusura del fallimento fa venir meno gli effetti sul patrimonio e sulla capacità del fallito impedisce il protrarsi oltre delle azioni spedite dal curatore, non è dubbio che non sono ipotizzabili ragionevoli motivi, tantomeno in una lettura costituzionalmente orientata, per negare il diritto al compenso e al rimborso tempestivamente ritualmente richiesto dal collaboratore del giudice virgola non trattandosi di attività giudiziaria diretta a far rivivere le imposizioni fallimentari ma di un atto dovuto che non incide in alcun modo sulla definizione della procedura.
Il ricorso è inammissibile.
Il Collegio condivide l ‘assunto dell’Ufficio della Procura Generale secondo cui ad essere impugnato in questa sede è il provvedimento di non liquet disposto dal Tribunale, successivamente a quello di revoca dell’originaria liquidazione, non impugnato.
In altri termini in questa sede è impugnato il provvedimento con cui, all’esito della dichiarazione di improcedibilità disposta ai sensi dell’art. 702 bis cod. proc. civ. dal Tribunale (provvedimento dell’8 ottobre 2019) ed a fronte di nuova istanza di liquidazione, depositata in data 15 ottobre 2019, il Tribunale ha dichiarato il non luogo a provvedere
Ciò posto, deve rilevarsi che il ricorso straordinario si rivela inammissibile in quanto avrebbe dovuto essere proposto avverso il primo provvedimento di revoca della liquidazione. Dal momento che tale provvedimento non è stato impugnato nel termine di legge con ricorso straordinario, come evidenziato anche dal Tribunale nel
rigettare il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., non può dirsi erronea la successiva decisione di non luogo a provvedere.
In proposito deve ribadirsi che il decreto con il quale il Tribunale liquida, dopo l’approvazione del rendiconto, il compenso finale al curatore ha natura decisoria e carattere definitivo; esso non è soggetto a reclamo ai sensi dell’art. 39 l.fall., è impugnabile per cassazione ex art. 111 Cost. ma non è suscettibile di essere revocato o modificato dall’autorità giudiziaria che lo ha emesso, consumando questa, con la sua adozione, il proprio potere decisionale. (In applicazione del principio, la RAGIONE_SOCIALEC. ha annullato il provvedimento con il quale il tribunale, su impulso di parte, aveva modificato un proprio precedente decreto di liquidazione) (Sez. 1, Ord. n. 1394 del 18/01/2019, Rv. 652404 – 01).
Ne consegue che, per le stesse ragioni, il provvedimento di revoca adottato dal Tribunale avrebbe dovuto essere impugnato con il medesimo mezzo di impugnazione non essendo suscettibile di ulteriore reclamo o istanza di revisione. Di conseguenza, l’onere di impugnazione immediata tramite ricorso per Cassazione della revoca del provvedimento di liquidazione già emesso non può in alcun modo essere posticipato ad un termine successivo all’esito di un eventuale reclamo o istanza di revisione (peraltro non previsti), così come nel caso sia impugnato per Cassazione, come nel caso in esame, un eventuale successivo provvedimento di non luogo a provvedere, peraltro successivo alla declaratoria di inammissibilità di un ricorso ex art.702 bis c.p.c., detta impugnazione deve ritenersi inammissibile per effetto del formarsi del giudicato sul primo decreto, non tempestivamente impugnato (Sez. 1, Sentenza n. 3488 del 21/02/2004, Rv. 570374 – 01).
Si impone dunque la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Nulla sulle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
A i sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione