Compenso curatore fallimentare: cosa succede se l’attivo viene confiscato?
Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione solleva una questione di fondamentale importanza nel diritto fallimentare. Il caso riguarda la stabilità del decreto che liquida il compenso del curatore fallimentare di fronte a un evento imprevisto e radicale: la confisca penale dell’intero attivo della procedura. Può un provvedimento, già emesso, essere revocato a causa di una tale sopravvenienza? La Suprema Corte ha ritenuto la questione talmente rilevante da non poter essere decisa in camera di consiglio, rimettendo il caso a una pubblica udienza per un esame più approfondito.
I fatti di causa
La vicenda trae origine da un ricorso presentato contro un decreto del Tribunale che aveva liquidato il compenso finale spettante al curatore di un fallimento. Successivamente all’emissione di tale decreto, è intervenuto un fatto nuovo e dirompente: l’attivo liquidato, ovvero il denaro ricavato dalla vendita dei beni del fallito, è stato oggetto di un provvedimento di confisca in un separato procedimento penale. Di conseguenza, la procedura fallimentare si è trovata improvvisamente priva di qualsiasi liquidità, rendendo materialmente impossibile il pagamento del compenso al curatore.
I quesiti sul compenso curatore fallimentare rimessi alla pubblica udienza
L’ordinanza interlocutoria della Cassazione ha cristallizzato il dilemma in due quesiti giuridici di grande spessore:
1. Revocabilità del decreto di liquidazione: Si chiede se il principio di stabilità dei provvedimenti giudiziari valga anche quando un evento sopravvenuto, come la confisca dell’attivo, modifica completamente la situazione di fatto su cui si basava la liquidazione del compenso. In altre parole, un decreto emesso sulla base di un attivo esistente può essere messo in discussione se quell’attivo svanisce per cause esterne?
2. Applicabilità della normativa sulle spese a carico dello Stato: Nel caso in cui la confisca sia rilevante e abbia azzerato la liquidità, è possibile applicare l’articolo 146, comma 3, del d.P.R. 115/2002 (Testo Unico sulle spese di giustizia)? Questa norma, nel testo modificato dalla Corte Costituzionale, prevede che in determinate circostanze le spese della procedura, inclusi i compensi, possano essere poste a carico dell’erario quando il fallimento è privo di fondi.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione non ha fornito una risposta, ma ha spiegato perché una risposta non può essere data con leggerezza. Riconoscendo la “particolare rilevanza” delle questioni, i giudici hanno deciso di rinviare la causa alla pubblica udienza. Questa scelta procedurale indica che il Collegio ritiene necessario un dibattito approfondito e pubblico per bilanciare principi contrapposti: da un lato, la certezza del diritto e la stabilità dei provvedimenti giurisdizionali; dall’altro, la necessità di tener conto di eventi eccezionali che minano le fondamenta stesse di una decisione. La confisca penale non è un semplice inadempimento, ma un atto autoritativo che sottrae i beni alla disponibilità della procedura, creando uno scenario del tutto nuovo che la legge deve poter affrontare.
Le conclusioni
L’ordinanza interlocutoria non chiude il caso, ma lo apre a uno scenario di grande interesse per tutti gli operatori del diritto fallimentare. La futura sentenza della Corte di Cassazione, che verrà emessa dopo la pubblica udienza, stabilirà un precedente cruciale. Si chiarirà se il diritto del curatore al compenso, una volta liquidato, sia intangibile o se possa essere travolto da eventi esterni e imprevedibili come la confisca. Inoltre, la decisione avrà un impatto diretto sulla possibilità per i professionisti che operano nelle procedure concorsuali di accedere al fondo per le spese di giustizia in casi di azzeramento dell’attivo per cause non dipendenti dalla gestione della procedura stessa. Si attende quindi un verdetto che potrebbe ridisegnare i confini della stabilità dei provvedimenti di liquidazione e la tutela del lavoro dei curatori.
È possibile revocare il decreto che liquida il compenso al curatore fallimentare se, dopo la sua emissione, l’attivo della procedura viene confiscato penalmente?
La Corte di Cassazione non ha ancora dato una risposta definitiva. Ha ritenuto la questione di “particolare rilevanza” e ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per un esame approfondito, segnalando che il principio di stabilità dei provvedimenti potrebbe essere messo in discussione da un evento così radicale.
Cosa significa che la Cassazione ha rimesso la causa in pubblica udienza?
Significa che i giudici considerano le questioni legali sollevate troppo complesse e importanti per essere decise con la procedura semplificata della camera di consiglio. La pubblica udienza consente un dibattito più ampio e approfondito prima di emettere una sentenza che creerà un precedente significativo.
Se l’attivo fallimentare viene azzerato dalla confisca, il curatore può essere pagato dallo Stato?
Questa è la seconda questione che la Corte dovrà risolvere. Si sta valutando se in un caso del genere possa trovare applicazione l’art. 146, comma 3, del d.P.R. n. 115/2002, che disciplina l’anticipazione delle spese da parte dell’Erario quando la procedura è priva di fondi. La sentenza finale chiarirà se questa norma si applichi anche a casi di “incapienza sopravvenuta” dovuta a confisca.
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24379 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24379 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 16734-2024 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore speciale Avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso da sé stesso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO del TRIBUNALE DI LECCE DEL 17/6/2024; udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 9/7/2025;
letta la memoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica NOME COGNOME;
considerato che il ricorso pone le seguenti questioni: – a) se il principio per cui il decreto con il quale il tribunale liquida, dopo l ‘ approvazione del rendiconto, il compenso finale al curatore non è suscettibile di essere revocato o modificato dall ‘ autorità
giudiziaria che lo ha emesso trovi (o meno) applicazione anche nel caso di sopravvenienza in fatto, come la confisca in sede penale dell’attivo liquidato, che modific hi in via definitiva la situazione posta a fondamento di tale provvedimento; – b) se tale sopravvenienza, ove rilevi, nella misura in cui abbia determinato il definitivo azzeramento della liquidità della procedura, consenta (o meno) l’applicazione dell’art. 146 , comma 3, del d.P.R. n. 115/2002, nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 104/2006;
ritenuto che le questioni di diritto sopra indicate sono di particolare rilevanza;
letto l’art. 375, comma 1°, c.p.c.;
P.Q.M.
rimette il ricorso a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima