Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24331 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 24331 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
RAFFAELLA D’COGNOME.
-INTIMATA- avverso la sentenza del la Corte d’appello di Firenze n. 1896/2020, depositata in data il 7.10.2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9.7.2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto: patrocinio
a spese dello Stato
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 31765/2020 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIOCOGNOME.
-RICORRENTE –
contro
NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Firenze, INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE-
e
Udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, che ha concluso, chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME è stato nominato consulente tecnico d’ufficio con il compito di stimare la quota di legittima di cui NOME COGNOME , parte ammessa al gratuito patrocinio, aveva chiesto la reintegra, ritenendosi lesa dalle disposizioni testamentarie della madre NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME. Espletata la consulenza e liquidato il compenso a carico solidale delle parti, il c.t.u. ha notificato il precetto e successivamente ha agito con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. per far dichiarare che le convenute erano eredi della madre NOME COGNOME e per ordinare la trascrizione dei lasciti immobiliari sui quali l’attore era intenzionato a soddisfare il proprio credito professionale. NOME COGNOME COGNOME ha eccepito di non dover rispondere del compenso, essendo stata ammessa al gratuito patrocinio.
La pronuncia di primo grado, che ha respinto la domanda verso NOME COGNOME ed ha dichiarato NOME COGNOME erede pura e semplice della de cuius, poiché in possesso dei beni ereditari senza aver redatto l’inventario, è stata confermata in appello.
La Corte distrettuale ha -in particolare – ritenuto irrilevante che la COGNOME fosse stata ammessa al gratuito patrocinio, reputando non preclusa al creditore la facoltà di agire per ottenere il pagamento e per dimostrare l’insussistenza dei requisiti per godere del beneficio nonostante la pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 131, comma terzo, D.P.R. 115/2002.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, illustrato con memoria.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME non ha proposto difese.
La causa, avviata alla trattazione camerale dinanzi alla Sesta sezione, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza n. 37966/2021.
Il AVV_NOTAIO Generale ha fatto pervenire conclusioni scritte.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 131, comma terzo, del D.P.R. 115/2002, sostenendo che, per effetto della sentenza n. 217/2019 che ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale della norma, le spese del consulente tecnico sono anticipate dallo Stato e non più prenotate a debito su domanda e che pertanto gli ausiliari del giudice non possono percepire alcun compenso dalla parte ammessa , non occorrendo la prova dell’infruttuosità dei tentativi di recupero del credito.
Il motivo è fondato.
L’art. 131, comma terzo, DPR 115/2002 prevedeva originariam ente che gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte e all’ausiliario del magistrato, fossero prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, nel caso di impossibilità della ripetizione dalla parte gravata dal carico delle spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell’ammissione.
Erano invece anticipati dallo Stato le indennità e le spese di viaggio spettanti a testimoni, a notai, a consulenti tecnici di parte e ausiliari del magistrato, nonché le spese sostenute per l’adempimento dell’incarico da parte di questi ultimi.
Deve premettersi che, mentre la prenotazione a debito” è l’annotazione a futura memoria di una voce di spesa per la quale non vi è pagamento, annotazione effettuata ai fini dell’eventuale successivo recupero, l’anticipazione consiste nell’effettivo pagamento di una voce di spesa recuperabile dallo Stato a date condizioni.
E’ inoltre utile considerare che p er i compensi del difensore della parte ammessa, per i quali vi è obbligo di anticipazione da parte dell’erario , il successivo art. 133 TUGS statuisce che il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato mentre l ‘art. 134 prevede che qualora lo Stato non recuperi, ma la vittoria della causa o la composizione della lite ha posto la parte ammessa al patrocinio in condizione di poter restituire le spese erogate in suo favore, su questa lo Stato ha diritto di rivalsa. Se la parte ammessa è soccombente e non sussistono i presupposti per la revoca dell’ammissione, lo Stato non ha quindi alcuna facoltà di rivalsa verso la parte che beneficia del patrocinio, la quale non risponde delle somme dovute al difensore.
L ‘ammissione costituisce un rapporto diretto tra il professionista che ha prestato la propria opera nel processo e lo Stato, rapporto cui è estranea la parte ammessa dalla quale il difensore non può pretendere alcun pagamento.
Il congegno della prenotazione a debito imponeva -invece – al c.t.u. di escutere preliminarmente la parte che aveva beneficiato del patrocinio a spese dello Stato, potendo solo successivamente, a sua domanda, ottenere la prenotazione – che non era automatica – in caso di esito infruttuoso delle iniziative di recupero.
Inizialmente si è esclusa la sussistenza di profili di illegittimità dell’art. 133, comma terzo, TUSG , per il rischio che l’attività del c.t.u. fosse svolta di fatto a titolo gratuito nei procedimenti non contenziosi in cui non si configura la soccombenza o quando la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato fosse risultata soccombente senza aver subito la revocato del beneficio.
Si era evidenziato che il procedimento di liquidazione previsto dalla norma consentiva al consulente tecnico d’ufficio, mediante il rimedio residuale della prenotazione a debito, di ottenere il pagamento delle somme, non profilandosi alcuna disparità di trattamento rispetto ai
differenti modi di liquidazione dei compensi previsti per gli altri professionisti, data eterogeneità delle figure processuali, e non risultato leso il diritto della parte di avvalersi del c.t.u. poiché l’art. 63 c.p.c. prevede l’obbligo del consulente di prestare la propria opera nel processo (Corte cost. 278 e 408 del /2008; Corte cost. 195/2009; Corte cost. 12 e 88/2013).
In tal modo -come ha poi osservato la stessa Corte costituzionale si avallava un’ automatica equiparazione tra prenotazione a debito e liquidazione del compenso, assumendo che lo Stato dovesse provvedere al pagamento dell’importo liquidato al c.t.u. una volta esperiti inutilmente i mezzi di tutela verso la parte, pur essendo la prenotazione possibile solo in caso di recupero delle somme prenotate dalla parte ammessa (o da quella soccombente).
Nel ribadire che la finalità del patrocinio a spese dello Stato è di assicurare la tutela dell’indigente con carico all’erario in tutti i casi in cui particolari categorie professionali espletino attività di assistenza nei confronti dell’indigente, la Corte costituzionale ha affermato che la locuzione «prenotazione a debito» non può essere equiparata all’anticipazione degli onorari a carico dello Stato, poiché detta prenotazione si risolve in una annotazione a futura memoria ai fini dell’eventuale successivo recupero: l ‘art. 131, comma terzo, nel richiedere al professionista di intimare il pagamento alla parte e di ottenere l’eventuale successiva prenotazione a debito del relativo importo («se non è possibile la ripetizione») è in contrasto con la logica del sistema improntato alla regola dell’assunzione, a carico dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio del non abbiente, sistema non basato sulla gratuità del patrocinio stesso.
La disposizione è perciò illegittima nella parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai soggetti ivi indicati sono «prenotati a debito, a domanda», «se non è possibile la ripetizione», anziché direttamente anticipati dall’erario.
Ne consegue che l ‘equiparazione sotto tale profilo – della posizione di tutti coloro che abbiano prestato la propria attività professionale
nel processo (avvocato, periti di parte o c.t.u.) non consente di differenziarne il trattamento, poiché attualmente anche gli onorari del c.t.u. sono direttamente anticipati dallo Stato, anziché prenotati a domanda.
Essendo caducata la norma che contemplava, come meccanismo ordinario di soddisfacimento potenziale del credito del c.t.u. la prenotazione a debito, è venuta meno anche la previsione che imponeva al c.t.u. di intimare il pagamento, in coerenza con il principio per cui -salvo l’eventuale revoca dell’ammissione l’ausiliario del giudice non può chiedere e percepire compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli previsti dal testo unico (suscettibili di soddisfacimento solo mediante l’anti cipazione), né ha possibilità di agire in giudizio prima del provvedimento di revoca dell’ammissione (cfr., per i compensi del difensore, Cass. 10669/2020).
Non persiste, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte distrettuale, la facoltà di prenotazione a debito su domanda dell’interessato del credito per il pagamento del compenso, facoltà che è oggetto della previsione dichiarata illegittima, poiché il credito professionale è direttamente anticipato dallo Stato non costituendosi, per effetto dell’ammissione, alcun rapporto diretto tra il c.t.u. e la parte ; è, parimenti, superato l’indirizzo che consentiva al giudice, all’esito della causa, di far gravare g li onorari del c.t.u. a carico della parte ammessa, risultata soccombente in giudizio, in mancanza di revoca (in tal senso Cass. 1705/2017), non essendo più corretto disporre tale addebito, in via esclusiva o solidale, neppure con il decreto di liquidazione dell’onorario che ne regoli il carico in via provvisoria.
Nessun diritto di credito poteva vantare il consulente verso la parte ammessa, non essendo stata disposta la revoca, né alcun interesse attuale, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., giustificava la proposizione della domanda di accertamento del possesso della qualità di eredi delle convenute o della capienza patrimoniale della parte ammessa in
modo da azionare in executiviis il decreto di liquidazione, benché il compenso fosse stato posto a carico solidale delle parti, essendo tale statuizione del tutto provvisoria ed insuscettibile di giudicato, avendo il decreto di liquidazione la sola funzione di quantificare le spettanze all’ausiliario e l’indennità di custodia, non anche quella di stabilire il soggetto tenuto al pagamento (Cass. 6766/2012; Cass. 4545/2017; Cass. 5200/2017; Cass. 11178/2017; Cass. 12434/2021), dovendo invece riconoscersi alla pronuncia di incostituzionalità dell’art. 131, comma terzo, TUSG piena efficacia retroattiva e l’effetto di impedire l’applicazione della norma illegittima con il solo limite dei rapporti ormai esauriti.
È accolto l’unico motivo di ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione